13.8.24

L’oro folle della principiante, il dilettante senza sponsor ultimo e felice e la toilette del Bistrot, Made in Hollywood Gli Usa si prendono i Giochi già a Parigi

 si vede  che ancora   il  clamore  di queste  olimpiadi non si è  ancora  spento  . Infatti credevo  d'aver   chiuso  la mia rassegna  stampa    qu.ando  ricevo la  segnalazione di questi due  articoli  .  

dail fatto quotidiano  del  13\8\2024   



L’oro folle della principiante, il dilettante senza sponsor ultimo e felice e la toilette del Bistrot

FOTO ANSA

 L’italiano Diego Aldo Pettorossi

Lo spilungone tedesco Nils Politt, mentre pedalava come una furia per le strade di Montmartre, nel mezzo della gara olimpica si è dovuto rifugiare nella toilette del bistrot parigino Les Deux Moulins: l’accoppiata poca acqua in borraccia e troppi gel ingeriti prima della competizione hanno reso l’impresa più insidiosa del previsto. Le Olimpiadi sono lacrime, sudore, sport e medaglie, ma anche un gran contorno che dà forma all’evento sportivo globale. “Bob the Cap Catcher”, il dipendente della piscina olimpica rimasto senza nome che si è tuffato in costume colorato per raccogliere dal fondo la cuffia di un’atleta.

Il duecentometrista Diego Aldo Pettorossi ha gareggiato da unico non professionista della Nazionale italiana, senza sponsor. Alle qualificazioni è arrivato 48° su 48. Si allena nel tempo libero e fa lo sviluppatore per un’azienda Usa, ha chiesto un periodo di aspettativa per potersi preparare. I democratici giochi francesi hanno accolto anche la breakdance: In gara, la b-girl Rachel Gunn. Ricercatrice alla Macquarie University di Sydney, Raygun – il nome di battaglia – ha ottenuto 0 come punteggio. Performance sbertucciata per bizzarria e totale assenza di tecnica, ma che le è valsa la difesa da parte del capo dei giudici di breaking Martin Gilian per “anticonformismo e originalità”, e l’applauso alla cerimonia di chiusura. Impossibile non aver notato il faccione allungato di Snoop Dogg. Un po’ come Where’s Wally, il gioco dell’inglese Martin Handford, in cui il lettore deve trovare nell’illustrazione il ragazzino con la maglia a righe bianche e rosse, era diventata una sfida intercettare il rapper. Con un cachet di circa 500 mila dollari al giorno, Calvin Cordozar Broadus (nome di battesimo) era inviato dell’nbc, oltre che ospite d’eccezione: entra nella storia la tenuta da fantino alle gare di equitazione. Con lui, la conduttrice tv e regina del bon ton Usa Martha Stewart.

Sanità pubblica in Francia è la scoperta che lascia sbigottita Ariana Ramsey, americana e medaglia di bronzo nel rugby, che su Tik Tok racconta: “Non solo abbiamo cibo gratis, ma anche cure mediche!”. Dice di essersi prenotata per un check-up completo. Poco dopo, Ebony Morrison, specialista dei 110 ostacoli, ha colto l’occasione per fissare visite specialistiche. Definita “folle” la storia della ciclista Kristen Faulkner: nata in Alaska, dopo la laurea ad Harvard in Informatica nel 2015, diventa capitalist. Comincia col ciclismo su strada solo 7 anni fa con un corso per principianti a Central Park; gli allenamenti ogni mattina all’alba, poi il trasferimento in California per allenarsi a tempo pieno. Un mese prima dei Giochi viene aggiunta alla squadra: a Parigi vince l’oro nella corsa su strada.



Leonardo Coen Momenti

Made in Hollywood Gli Usa si prendono i Giochi già a Parigi

La Francia saluta l’olimpiade con una cerimonia di chiusura quasi “riparativa”. Lo show di Tom Cruise passa le consegne a Los Angeles 2028

FOTO ANSA
Mission Impossibile Tom Cruise, 62 anni, nei panni di Ethan Hunt allo stade de France

Hollywood va a Parigi e porta via le Olimpiadi. Le prossime saranno sue, ed è la terza volta. Ci pensa il divo più emblematico: Tom Cruise nei panni di Ethan Hunt, l’agente della Mission Impossible Force. Succede domenica sera, 11 agosto, allo Stade de France. Dove si svolge una cerimonia di chiusura protocollare e dimessa. Quasi riparatoria, dopo le polemiche seguite alla provocatoria, geniale e inclusiva cerimonia d’apertura che si è svolta lungo la Senna.

Siamo agli sgoccioli. Sul grande palco allestito nello stadio, Thomas Bach, presidente del Cio, consegna la bandiera olimpica alla settantenne Karen Bass, sindaca dem di Los Angeles. Quattro fari inquadrano Tom Cruise sul tetto dello stadio. Irrompe la colonna sonora di Mission Impossible. Tom si cala rapido, come nei film della saga cinematografica. Molla l’imbracatura. Attraversa la folla in delirio degli atleti sciamati sul terreno dello stadio, rito di fine Giochi. Balza sul palco. Ammirazione per l’atletica star 62enne. Avvicina la Bass, prende la bandiera, saluta e corre a perdifiato verso una moto nera di grossa cilindrata. In piedi sui pedali, sgasa. Schizza fuori dallo stadio. Altro che Los Angeles. I prossimi Giochi hanno l’imprimatur di Hollywood. Ne saranno il manifesto. Lo specchietto per le allodole degli sponsor.

Adieu, Paris! Ora tocca di nuovo a noi. Alla Mecca del cinema. Dei sogni. Delle avventure. Della fantasia. Ma anche delle illusioni. Dei melodrammi amarissimi, come quelli in agguato nello sport, dei campioni sul viale del tramonto (il Sunset Boulevard non è mai in estinzione). Siamo diventati piuttosto accorti, nelle produzioni. Spendiamo per guadagnare, come abbiamo fatto nel 1984, varando la più economica e redditizia Olimpiade di sempre, l’unica che ha fruttato subito quattrini (75 milioni di dollari di utili agli organizzatori). Non costruiremo un Villaggio Olimpico, ma ospiteremo gli atleti al campus dell’ucla, una delle università più famose, ha promesso Casey Wa s s e r m a n , presidente del Comitato organizzatore, “non abbiamola Tour Eiffel, ma abbiamo le lettere di Hollywood”. Il fascino indiscreto del cinema…

Come il minifilm di Tom Cruise, sugli schermi giganti dello Stade de France: eccolo scorrazzare per gli Champs Elysées, eccolo mentre s’infila con la moto nella pancia di un grosso Hercules militare da trasporto. Rotta sulla California. Ora è giorno. L’aereo sorvola le colline di Los Angeles. Cruise si prepara al lancio in caduta libera. Atterra perfettamente a due passi dall’immortale scritta Hollywood. Tra la “y” e la “w” campeggiano i cinque cerchi delle Olimpiadi. Tom sventola la bandiera. Inquadratura successiva. Tom arriva al Coliseum, lo storico stadio olimpico di Los Angeles del 1932. Consegna la bandiera: missione compiuta. Ovazione. Lo sciovinismo francese cede alla seduzione dello schermo.

Purtroppo, delude il siparietto successivo. Spiaggia di Palm Beach, piccola folla di ragazzi che si sbracciano: su un palco accanto alla baracca dei bagnini suonano i Red Hot Chili Peppers, Billie Eilish e i rapper Snoop Dog e Dr Dre. Cosa c’entrano coi Giochi? Col progetto di Olimpiadi “verdi” senza auto? Con il trovare alloggio a 75 mila senzatetto? Con “implicare tutta la popolazione”, secondo l’idea della Bass, ispirandosi a Parigi, ma non tradendo l’anima profonda della città degli angeli? Non a caso la stampa Usa si è incazzata, trovando deprimente guardare un video così, e il relativo scaltro messaggio (made in France) che nessuno saprà mai fare come Parigi. Ogni Olimpiade ha la sua identità, ha detto la Bass, quello di Los Angeles affonda nel mito del cinema, nelle sue riflessioni sui temi, sui problemi individuali e collettivi, sui conflitti tra passione e ideologia, sullo spettacolo come alimento sociale. Come lo è, in fondo, lo sport. Metafora di tutto. Anche della libertà, dei diritti che vietano la discriminazione e dei conflitti multiculturali, come si è visto a Parigi. Non solo di gloria. Comunque, il film raccolse 4 Oscar.





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