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Non è poi così sorprendente che la canzone "Malavita" dei Coma-Cose dopo mesi dalla pubblicazione sia arrivata al primo posto dei brani più trasmessi in radio. Intanto è una canzone che si merita quel posto perché è un gran bel brano, vicino allo spirito di De André ma non nostalgico e, soprattutto, molto ben arrangiato e interpretato. E poi perché, a metà agosto nel pieno dell'estate, è la conferma che il 2024 passerà alla storia come uno dei rari anni senza un tormentone che diventi il simbolo della stagione. Non c'è una spiegazione precisa del fenomeno. Forse è una coincidenza. Forse è la reazione a un Festival che a febbraio grondava già aspiranti tormentoni (vedasi i The Kolors). Più probabilmente è uno dei sintomi della fase di stallo creativo che vive il pop. Ossessionato dai numeri (farlocchi) dei social o da quelli troppo settoriali e poco trasversali delle piattaforme, e anche produttori e artisti sono vagamente confusi e indecisi. Ci sta. È fisiologico. Resta il fatto che l'unico brano con i crismi del tormentone (Sesso e samba di Tony Effe con Gaia) è sceso al secondo posto e il brano che a settembre potrebbe vincere i Power Hits di Rtl 102.5 (ossia Storie brevi di Annalisa e Tananai) non ha le coordinate tipiche del cosiddetto tormentone. A seguire, in classifica Earone ci sono Coldplay, The Kolors, Elodie (foto), Anna eccetera. È agosto ma potrebbe essere novembre o marzo.
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I media sono divisi sulla decisione di mattarella d'invitare al quirinale insieme ai medagliati anche chi è arrivato quarto . ecco cosa dice il giornale uno dei tanti organi di questa destra )
<<Nel giorno in cui si celebra l’Italvolley con fiumi di retorica inclusiva e un po’ femminista, c’è un’altra questione olimpica che fa andare il sangue al cervello. Quale? Allora. Nello sport esiste il “podio” dei tre migliori non perché realizzare quattro medaglie costerebbe troppo, ma perché nelle competizioni è giusto che uno solo vinca e tutti gli altri perdano. Può essere crudele, ma fa parte della vita. Qualche giorno fa facevamo notare che “partecipare” conta solo a livello amatoriale, ai Giochi della Gioventù, tra i bambini. I professionisti devono aspirare a vincere o, almeno, a migliorare il proprio personale. Non esiste “agonismo dolce” o “agonismo tossico”, solo la sana competizione in cui ognuno fa di tutto per battere l’altro e si dispiace in caso di sconfitta, senza disperarsi. In queste Olimpiadi di Parigi, visto l’elevato numero di fregature raccolte dai nostri atleti, i media si sono lanciati nell’elogio del quarto posto. Il mantra è sempre lo stesso: bisogna sapere accettare il fallimento, perdere può essere gratificante, l’importane è il percorso eccetera eccetera eccetera. Balle. Nello sport professionistico conta vincere. E vincere più possibile. Ecco perché è assurdo, populista e anche un tantino imbarazzante che il Quirinale - sempre attento ad accarezzare gli umori zuccherini del Belpaese - abbia deciso di invitare alla cerimonia dei medagliati olimpici anche chi la medaglia non l’ha ricevuta. La premiazione dei primi degli sconfitti farà piacere ai giornali, che tesseranno le lodi di Mattarella. Ma non è una bella immagine per lo sport e per la sana competizione. E poi che facciamo: tra quattro anni invitiamo anche i quinti classificati? Le olimpiadi sono per natura “esclusive”: uno vince, il secondo si accontenta dell’argento, il terzo del bronzo. Tutti gli altri restano fuori ed è giusto così. Perché “andarci vicino” conta solo a bocce. [....] La Stampa sostiene che “la novità” di queste olimpiadi sono i social che ci avrebbero reso tutti esperti di batteri e cromosomi. Balle. Intanto perché i social esistono da più di un decennio, dunque da almeno due edizioni dei Giochi. E poi perché siamo sempre stati un popolo di Ct e allenatori. Solo che adesso lo facciamo al cellulare, anziché al bar. [....] Non abbiamo avuto modo prima, e dunque lo facciamo ora, di elogiare la finale di salto in alto tra Kerr e McEwen. Non per la qualità del gesto sportivo, di cui siamo totalmente ignoranti. Ma per la scelta di non condividere l’oro come fecero Tamberi e Barshim. Quella decisione, molto celebrata in Italia e all’estero, venne elogiata come spirito sportivo, di amicizia, di condivisione. Ma fu un errore. Lo spirito olimpico incoraggia a competere, non a dividersi l’oro. Bene hanno fatto i due saltatori a urlare “we jump”, saltiamo, anche a costo di commettere errori grossolani in misure che avevano già superato. Se ogni competizione olimpica seguisse le regole del salto in alto, non avremmo più finali per l’oro. Immaginate l’Italvolley e la nazionale Usa che, anziché giocarsi la medaglia fino alla fine, con un set a testa decidessero di fermare lì la partita e accontentarsi entrambe dell’oro condiviso. Cosa diremmo? E se la finale di basket fosse finita in parità, perché giocare il supplementare e non far salire entrambe le squadre sul gradino più alto del podio? La verità è che la scelta di Tamberi e Barshim fu empatica, calda, mielosa, zuccherosa, ma con lo spirito sportivo non c'entrava un fico secco. Alle Olimpiadi conta la competizione. E quando si compete, uno vince e l’altro perde. Può apparire crudele, ma è la base di ogni sport. Altrimenti, che giochiamo a fare? >> gli invitati a chi ha chiuso al quarto posto ha fatto esultare il giornalista che, una volta appresa la notizia, ha scritto: “Giusto così” ma oltre ai media ad essere diviso è anche il popolo dei social s Tantissimi i commenti:“In questo Paese mancano riferimenti positivi tra i quali il Presidente è uno degli ultimi. Abbiamo imparato, anche grazie ai social, che offendere, sminuire, attaccare è l’unico modo per “vincere”. Cosa? Non si sa. L’importante è prevaricare l’altro. Grazie Presidente Mattarella” e poi: “Sono il lavoro, l’impegno, il sacrificio , la fatica, l’amarezza, le lacrime, di chi si classifica dal quarto fino all’ultimo posto, che regalano prestigio, orgoglio e quell’immensa gioia di indossare una medaglia olimpica. Per questo un grazie al nostro grande Presidente Sergio Mattarella” e anche: “Giusto così. Mi viene in mente Acerenza, che ha nuotato in quel letamaio per 10 km e ha dato anche l’anima, quarto per 6 centesimi.
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