vedendo sia indiretta che in differita le gare delle paraolimpiadi mi chiedo quali espressioni , in questo mondo ricco di umanità, usare o non usare o cancellare al mio vocabolario frasi come handicappato, invalido, disabile, diversamente abile, meglio persona con disabilità... .
Ma sopratutto come parlare Come parlare delle donne e dei transgender \ lgbtq alle Olimpiadi senza sembrare un viscido retrogrado.Credo che proverò a seguire quanto consigliato da questi due articoli che ho trovato cercando una riuspostra al mio dubbio in rete : << Paralimpici, via ai Giochi: quali parole usare. >> da La Gazzetta dello Sport sule paraolimpiadi di Rio se ho letto bene e un altro articolo molto interessante << Disabili o diversamente abili : cosa usare per parlare di disabilità?>> da disablog.it in sintesi se ho ben capito ecco evitare le parole passive e vittimistiche. Usare un linguaggio che rispetti le persone disabili come individui attivi con controllo sulla propria vita. Ecco un elenco delle parole da evitare e la loro terminologia corretta:
- Da evitare: Handicappato, disabile; da usare: persone disabili.
- Da evitare: afflitto da, soffre di, vittima di; da usare: ha (seguito dal tipo di disabilità).
- Da evitare: confinato su una sedia a rotelle, relegato su sedia a rotelle; da usare: utente su sedia a rotelle.
- Da evitare: handicappato mentale, mentalmente carente, ritardato, subnormale; da usare: con difficoltà di apprendimento.
- Da evitare: paralizzato, invalido; da usare: persona con disabilità o persona disabile.
- Da evitare: spastico o spastica; da usare: persona con paralisi cerebrale.
- Da evitare: malato di mente, pazzo; da usare: persona con una condizione di salute mentale.
- Da evitare: sordo e muto, sordomuto; da usare: sordo, persona con problemi di udito.
- Da evitare: cieco; da usare: persone con disabilità visive, persone cieche, persone non vedenti e ipovedenti.
- Da evitare: un epilettico, un diabetico, un depresso e così via; da usare: persona con epilessia, diabete, depressione o qualcuno con epilessia, diabete, depressione.
- Da evitare: nano; da usare: qualcuno con crescita limitata o bassa statura.
Dopo queste precisazioni Eccoci al il terzo giorno di Paralimpiadi .
Se vi era già venuta nostalgia delle nazionali italiane di pallavolo, soprattutto quella femminile,da ieri ne abbiamo un'altra da seguire e a cui eventualmente appassionarci una squadra molto detterminata ed combattiva visto che ha sconfitto quella Francese per tre set a 0 .
Se vi era già venuta nostalgia delle nazionali italiane di pallavolo, soprattutto quella femminile,da ieri ne abbiamo un'altra da seguire e a cui eventualmente appassionarci una squadra molto detterminata ed combattiva visto che ha sconfitto quella Francese per tre set a 0 .
In questi giorni si stanno svolgendo anche le gare In questi giorni pieni di gare di atletica leggera forse qualcuno si sarà chiesto: perché “leggera”? Serve a distinguerla da altri tipi di atletica? C'è un'atletica pesante? In effetti sì, o almeno c'era: fino a qualche decennio fa infatti a livello internazionale gli sport di lotta e il sollevamento pesi erano gestiti da un'unica federazione di atletica pesante, che peraltro in Italia ha ancora una rappresentanza rispetto a gli altri paesi europei . Infatti Le Olimpiadi moderne si ispirarono ai Giochi dell'antica Grecia, in cui erano previste sia gare di lotta che di sollevamento pesi: tutte le gare che erano state ispirate a quel modello vennero comprese nella definizione di atletica, che poi si distinse in “leggera” e “pesante”: non è comunque così sorprendente che si usi la parola “atletica” anche per questi sport, visto che viene dal greco antico athlos, che significa proprio “lotta”, “combattimento”. Nel corso del Novecento le discipline dell'atletica pesante si organizzarono in federazioni distinte e quindi si smise di chiamarle con quell'unica definizione. Oggi la distinzione tra “leggera” e “pesante” di fatto non è più rilevante .
dalla newsletter paris de ilpost.it
La partenza della finale dei 100 metri maschili T47 disputata ieri, tra le gare d'atletica (David Ramos/Getty Images)
Un po' troppo entusiasmo allo Stade de France
In diverse discipline per ciechi alle Paralimpiadi – ne avevamo già parlato – c'è bisogno che il pubblico faccia silenzio: tra queste c'è anche il salto in lungo, dove ogni saltatore o saltatrice ha una guida posizionata in prossimità della buca con la sabbia che dà un'indicazione sonora per far capire dove l'atleta deve indirizzare la corsa. Ciascuno ha un suo metodo: ci sono guide che battono solo le mani, altre che danno indicazioni con la voce e altre ancora che fanno entrambe le cose. La guida dell'italoalbanese Arjola Dedaj, per esempio, dice molte volte «vai!».
Più l'atleta si avvicina al punto in cui deve saltare, più la guida aumenta il ritmo del segnale acustico per farle aumentare anche il ritmo della corsa. La guida deve poi spostarsi in tempo dalla traiettoria di corsa per evitare che l'atleta le finisca addosso (alcune lo fanno molto all'ultimo momento).
Ieri durante la finale femminile della categoria T11 (che è appunto quella per saltatrici cieche) tutte queste operazioni sono state molto complicate: il pubblico dello Stade de France – dove si svolgono le gare – era molto esaltato per l'atletica, pure troppo, e faceva un gran rumore anche nei momenti in cui si chiedeva silenzio. Il personale sugli spalti non riusciva a zittire le persone, e alcune atlete hanno dovuto aspettare molto tempo prima di ogni salto. È stato forse il primo grande intoppo organizzativo di queste Paralimpiadi.
Arjola Dedaj è stata tra le atlete penalizzate da questa situazione e a tratti è sembrata piuttosto sconfortata. Alla fine è arrivata quarta con un salto di 4,75 metri, a un centimetro dal terzo posto: un ottimo risultato soprattutto se si considera che ha 42 anni e questa sarà con ogni probabilità la sua ultima Paralimpiade. Nelle sue gare Dedaj è spesso tra le più fotografate per via delle eccentriche mascherine che indossa sugli occhi: tutte le saltatrici cieche ne hanno una, ma nella gran parte dei casi sono oggetti del tutto anonimi. Ieri ne aveva una a forma di farfalla che è molto piaciuta (non è l'unica atleta fantasiosa, comunque).
La mascherina a forma di farfalla usata ieri da Dedaj (Julian Stratenschulte/dpa) |
Amore e amicizia
Alla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi Tony Estanguet, presidente del comitato organizzatore di Parigi 2024, aveva celebrato con una certa fierezza un record dell'edizione che si era appena conclusa: era stata, aveva detto, quella con più proposte di matrimonio di sempre, ben 6. Secondo Estanguet il record era da attribuire in qualche modo all'influenza di Parigi, che lui definiva la città dell'amore per eccellenza.
Lì per lì quella frase di Estanguet era sembrata semplicemente uno dei tanti espedienti retorici per celebrare i Giochi che lui stesso aveva organizzato, ma in effetti per qualche ragione difficilmente spiegabile a Parigi 2024 le storie d'amore e relazioni tra gli atleti sembrano molto più visibili del solito (i social c'entrano, certo), e la tendenza sta continuando anche a queste Paralimpiadi. C'è stata addirittura una storia che ha fatto da “ponte” tra i due eventi, molto raccontata: quella della recente campionessa olimpica di salto in lungo Tara Davis e del marito Hunter Woodhall, atleta paralimpico specializzato nelle gare di velocità. È probabile che il video di lui che segue molto emozionato la finale di lei, e che piange dopo la vittoria, vi sia già capitato sotto mano.
Dopo di loro è stata la volta dei nigeriani Christiana e Kayode Alabi, che sono sposati e sono entrambi nella nazionale di tennistavolo a queste Paralimpiadi: è una storia d'amore piuttosto normale, in realtà, ma anche questa è finita un po' ovunque.
(Alex Slitz/Getty Images) |
Poi sono cominciate le proposte di matrimonio anche alle Paralimpiadi: la prima l'ha fatta fuori dalla mensa del villaggio olimpico il triatleta spagnolo Lionel Morales Gonzalez; la seconda, in una location forse un po' migliore, è stata fatta sui campi da badminton ieri mattina dal brasiliano Rogerio de Oliveira, che dopo una partita si è inginocchiato con in mano un anello e un cartello che diceva «Edwarda vuoi sposarmi?». E siamo solo al secondo giorno.
per altre storie d'amore ma anche d'amicizia eccovi altri url :
- https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2024/08/limportanza-della-relazione.html
- Giochi Paralimpici di Parigi 2024: coppie in gara insieme nella città dell’amore (olympics.com)
- Anna Barbaro e Charlotte Bonin: «Le nostre Paralimpiadi di Parigi: il triathlon si fa in coppia» | Vanity Fair Italia
- Una storia d’amore e amicizia sognando le paralimpiadi (eni.com)
come nelle olimpiadi non paraolimpiche anche il quarto posto o non arrivare a medaglia può essere prezioso soprattutto in queste parolimpiadi le cose storie \ vicende sono più sofferte di noi che abbiamo problemi non invalidanti
sempre dalla Nw pari de ilpost.it
Eliminata con stile
Se siete tra quelli che si erano appassionati all'inaspettata coolness di certi tiratori di pistola alle Olimpiadi, allora forse vorrete almeno sapere qualcosa di lei: Asia Pellizzari, 22enne tiratrice con l'arco trentina che stamattina è stata eliminata agli ottavi di finale della categoria W1. Anche se è molto giovane Pellizzari è già alla sua seconda Paralimpiade e ha diversi titoli nei tornei internazionali: non è difficile immaginare che la ritroveremo in altre edizioni dei Giochi. Nel frattempo potete cominciare ad appassionarvi alla sua posa molto fotogenica di quando fa scoccare la freccia dall'arco.
In quanto
(Dal sito del Comitato paralimpico italiano) |
Il tiro con l'arco è il primo sport paralimpico di sempre, e anche quello dov'è ormai comune che gli atleti con disabilità gareggino con quelli normodotati.
.......
da Open 30 Agosto 2024 - 16:42
Paralimpiadi di Parigi, atleta tunisino boicotta la sfida di bocce con un israeliano: «È per la causa palestinese»
di Ugo Milano
EPA/CHRISTOPHE PETIT TESSON I Alcuni portabandiera durante la cerimonia di chiusura di Parigi 2024, Francia, 11 August 2024. |
Achraf Tayahi non si è presentato alla gara con lo sfidante Nadav Lev
Un atleta tunisino, Achraf Tayahi, ha deciso di boicottare la gara di bocce contro lo sfidante israeliano Nadav Lev per dare voce alla «causa palestinese». Una scelta, quella portata avanti dall’atleta, che in modo automatico lo esclude dalle competizioni alle Paralimpiadi di Parigi 2024. Decisione che per il tunisino «rappresenta una vittoria per la causa». A riferirlo è stata una fonte della delegazione tunisina al sito di informazione Al-Araby Al-Jadeed. Lev approda quindi alla fase successiva dove incontrerà stasera il brasiliano Maciel Santos. Non è la prima volta che lo scontro tra Tel Aviv e Hamas approda a Parigi. Già durante lo svolgimento delle Olimpiadi era circolato un video della propaganda iraniana in cui si criticava la partecipazione di Israele ai Giochi.
-----
Parigi, 30 agosto 2024 – Le Paralimpiadi di Parigi 2024, già alla seconda giornata di finali, hanno fatto segnare un momento storico, con la prima medaglia vinta dal Team Rifugiati. È accaduto nel parataekwondo femminile (categoria 47 kg), con il bronzo ottenuto da Zakia Khodadadi, ragazza afghana, nata e vissuta fino al 2021 nella provincia di Herat, da dove venne evacuata tre anni fa dopo il ritorno al potere dei talebani. Infatti Zakia Khudadadi porta con sé molti titoli che potrebbero
appesantirla nella vita quotidiana: rifugiata, donna, persona con disabilità.Anche a causa della sua disabilità (è nata senza l’avambraccio sinistro), e non solo per questioni politiche ma culturali, fatte di discriminazioni, già da ragazzina Khodadadi – che oggi vive e si allena proprio a Parigi – aveva dovuto vivere una quotidianità molto difficile in Afghanistan, sino a pensare addirittura al suicidio ancora bambina. “Ho combattuto per anni per dimostrare che quella non fosse una limitazione”, ha detto in una recente intervista al sito ufficiale delle Paralimpiadi, e se in qualche modo era riuscita a uscire da quella situazione, nulla ha potuto contro le privazioni imposte dal regime talebano.
Ma questo, a Parigi 2024, le ha consentito di realizzare il sogno di una medaglia paralimpica, e di farlo entrando appunto nella storia avendo portato il primo alloro al Team Rifugiati. Lo scorso 9 agosto, anche alle Olimpiadi era arrivata la prima medaglia nella storia del Team Rifugiati: a ottenerla era stata ancora una volta una donna, la pugile Cindy Ngamba (bronzo nei pesi medi), camerunense fuggita dal proprio Paese, dove avrebbe rischiato l’arresto a causa della sua omosessualità. Oggi vive in InghilterraQuando le è stato chiesto quale sia il titolo più pesante da portare, l'atleta nata in Afghanistan che giovedì (29 agosto) ha vinto la prima medaglia in assoluto per la Squadra Paralimpica dei Rifugiati, non ha esitato a rispondere: donna.
“Per me, il bronzo, è come l'oro perché vengo in Francia. Prima ero in Afghanistan e in Afghanistan non era possibile (praticare) questo sport”, ha dichiarato Khudadadi a Olympics.com dopo aver festeggiato la sua medaglia nel Para taekwondo K44, classe -47 kg.
L'atleta 25enne è stata evacuata dall'Afghanistan dopo che i Talebani hanno preso il potere nel suo Paese nell'agosto 2021. All'epoca, Khudadadi si stava preparando a fare il suo debutto Paralimpico a Tokyo 2020, dove è diventata la seconda atleta donna a rappresentare l'Afghanistan ai Giochi Paralimpici e la prima donna Paralimpica del Paese da Atene 2004.
Come atleta donna, Khudadadi ha subito minacce di morte in Afghanistan ed è stata evacuata da Kabul dopo la presa del potere, una settimana prima dell'inizio di Tokyo 2020, insieme al velocista Hossain Rasouli. In seguito si è stabilita a Parigi, in Francia, e ha partecipato ai Giochi Paralimpici del 2024 come unica atleta donna della Squadra Paralimpica dei Rifugiati, composta da otto membri.
Simbolicamente, è stata un'allenatrice donna, la medaglia d'argento di Rio 2016 Haby Niare, a guidarla verso lo storico podio. Niare è stata anche la prima a correre a congratularsi con un'emozionata Khudadadi dopo il suo storico risultato.
“Sono così emozionata. Sono così felice perché questo è il mio sogno”, ha detto Khudadadi. “Oggi ho vinto una medaglia di bronzo e sono la prima donna Paralimpica rifugiata (medagliata) al mondo e ho vinto una medaglia di bronzo. Questo per me è un sogno. E ora sono in un sogno”.
Nessun commento:
Posta un commento