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https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2020/03/l8-marzo-non-e-e-non-dovrebbe-essere.html
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Continuando come ho accennato nel post precedente riguardante l'8 marzo ecco per tale data altre due storie due che possono sembrare agli antipodi ma che in realtà non lo sono se leggete se rileggete il precedente post : 1) una poetessa che fa nascere e poi ricrea dopo la distruzione per un incendio una libreria in u paese di montagna di 200 anime in somma un pese dimenticato da dio e dagli uomini :, 2) la solidarietà dela figlia di Paolo Borsellino verso la famiglia di uno del gruppo che uccise il padre .
Iniziamo . La prima parla di una libreria trovate la storia per esteso in questi due articoli del sito https://libreriamo.it/libri :
Iniziamo . La prima parla di una libreria trovate la storia per esteso in questi due articoli del sito https://libreriamo.it/libri :
Si chiama "Sopra la penna", la mini libreria che la poetessa toscana Alba Donati ha aperto nel borgo toscano di Lucignana
Aprire una libreria in un piccolo borgo toscano. “Fare come Juliette Binoche con la cioccolata al peperoncino”, così aveva scritto Alba Donati nel post che ha poi dato vita a una vera e propria campagna crowdfunding. Protagonisti questa volta non sono il cioccolato né antichi intrugli Maya, bensì i libri. La nostra Juliette Binoche si chiama Alba Donati, è una poetessa raffinata e ha appena realizzato un sogno: aprire una libreria nel suo villaggio natale, Lucignana.
Il sogno della poetessa di Lucignana è diventato realtà. Si chiama “Sopra la penna” ed è un mini cottage letterario. Piccolo, caldo e accogliente, un luogo magico immerso nella natura impervia dell’Appennino Toscano, da cui si apre una vista che toglie il fiato. Silenzio, libri e un piccolo giardino segreto. Sono questi gli ingredienti che rendono questo luogo un angolo di rara bellezza e suggestione. Qui non troverete l’ultimo libro di Fabio Volo, ma soltanto quelle opere letterarie in grado di cambiarti un po’ la vita.
Poi poi andata distrutta da un incendio
Ed ora essa è rinata
da repubblica del 5\3\2020
Toscana, la poetessa e la libreria rinata dopo l'incendio nel paesino di montagna; "Grazie a donazioni e crowfunding"
Alba Donati racconta il grande abbraccio: gli aiuti della gente, le case editrici e una signora speciale che un giorno le regala i libri della mamma scrittrice e un bonifico
DI LAURA MONTANARI
Certe ripartenze hanno bisogno di simboli e di coraggio. La libreria Sopra la Penna di Lucignana è una di queste. Riaprirà il 21 marzo, primo giorno di primavera, nell’aria leggera dei monti della Garfagnana e rimettendo in vetrina un libro che la rappresenta: Alice nel paese delle meraviglie.
«Sì, ma un pezzo unico, con la copertina annerita dal fuoco» dice Alba Donati. Perché le ferite mica si dimenticano. È cominciata, questa piccola libreria, come un desiderio della poetessa e scrittrice, presidente del Gabinetto Vieusseux, ma è diventata, attraverso un paio di crowdfunding, un sogno collettivo di tutti quelli innamorati delle sfide impossibili: la libreria nel paese con meno di duecento abitanti, un niente sulla carta geografica, nemmeno un puntino. Una libreria che pareva morta tra le fiamme di un incendio scoppiato pochi mesi dopo la sua nascita, adesso grazie alla solidarietà rinasce e raddoppia: «Stiamo per comperare una casa abbandonata che è proprio accanto a Sopra la Penna: lì io e Pierpaolo Orlando, presidente della scuola di scrittura Fenysia, pensiamo di ampliare gli spazi, aprire una caffetteria e, all’ultimo piano, un albergo diffuso, residenze per traduttori o stanze per chi vuole fermarsi una notte dopo un corso di scrittura, di poesia o soltanto per stare in un bel posto a leggere».
Rimettiamo indietro le lancette, ricominciamo dal fuoco di quella mattina.
«Ero paralizzata. Non riuscivo nemmeno a piangere. Ero lì a casa a Lucignana, a due passi dalla libreria. Ero a letto, stavo leggendo Motel life di Willy Walutin, era così cupo... Ho sentito la voce di una mia amica, Alessandra, che dalla strada mi gridava: “Alba, brucia la libreria”».
Era il 30 gennaio, avevate aperto sì e no da due mesi. Fiamme accidentali o dolose?
«Ho sempre detto accidentali perché in effetti chi se ne intende mi dice che sono partite dall’interno e all’interno non c’era nessuno. Però poi qualche dubbio mi è venuto: una mattina ho trovato fuori una vanga che di solito era nello sgabuzzino degli attrezzi e una zolla di terra buttata all’aria. Pareva un dispetto. E poi c’era stato il precedente...»
I vasi di fiori fatti rotolare per il pendio. Ma chi può avercela con lei o con la libreria?
«Voglio pensare che sia stato un incendio accidentale. In paese mi vogliono bene, ci sono tante persone che mi aiutano a portare avanti questo progetto».
Va bene, l’incendio è passato. E adesso?
«Adesso siamo pronti a ripartire, sono successe tante cose bellissime».
Dica la prima.
«Non mi sono mai sentita sola in tutta questa storia, le sembra poco?».
Chi l’ha aiutata?
«Le persone di Lucignana a spegnere l’incendio e a ripulire i locali. Nessuno ha mai pensato nemmeno per un momento che fosse finita. Abbiamo offerto i libri bruciati in cambio di piccole donazioni, in tanti mi hanno chiesto di riaprire un crowfunding e così ho fatto. Ma voglio raccontare una cosa speciale. La mattina dopo le fiamme si è presentata una signora, con l’aria da ragazza, con una macchina piena di libri: mi ha raccontato che li stava portando a Lucca a un mercatino, ma poi aveva letto della libreria bruciata e ha deviato il percorso e me li ha regalati. Erano i libri della sua mamma, scrittrice americana, morta pochi giorni prima. Mi ha chiesto: e adesso come fai? Quanto ti ci vuole per ripartire, 10 mila euro? Ho detto sì, probabilmente sì. E lei: “Te li do io”. Non ci credi? La sera avevo già su whatsapp i codici del versamento».
Sembra una favola.
«Invece è accaduto davvero. Con la sottoscrizione in rete ho raccolto altri 8mila euro, poi ci sono state donazioni di aziende della Lucchesia. Un aiuto importante destinato alla ricostruzione è arrivato dalla Giunti e dall’ad Martino Montanarini. Molte case editrici (Giunti, La Nave di Teseo, Adelphi, Einaudi, Neri Pozza, Guanda, Mondadori, Garzanti, Bompiani, Pacini Fazzi) mi hanno regalato dei libri per ripartire. All’interno ne avevo 600 e la maggior parte sono stati distrutti... Poi Davide Bonini, un artigiano di Chifenti mi ha regalato un cancello in ferro battuto fatto a mano che non mi sarei mai potuta permettere, è meraviglioso, sembra la porta per entrare in un altro tempo».
Su Facebook lei ha lanciato un post: ditemi che libro vi piacerebbe trovare ...
«Sì perché tutto questo è nato insieme a chi legge, a chi scrive, c’è stata una partecipazione così ampia che andremo avanti assieme. Non posso dimenticare Barbara, Rosita, Tiziana e Donatella che nei giorni dopo l’incendio mi hanno aiutato tanto. E le associazioni che si sono mobilitate per raccogliere fondi: da Colibrì di Ghivizzano, all’Inter Club di Capannori, alla Fondazione Ricci».
Il ministro Franceschini le ha promesso di venire a Lucignana?
«Sì, dopo l’emergenza sanitaria ovviamente. Non so ancora di preciso quando faremo la festa di inaugurazione, il 21 riapriamo poi si vedrà».
Perché le librerie chiudono e lei ne apre una in un paese piccolissimo?
«Per dare un servizio, un’occasione a chi vive nei paesi che lentamente si spopolano. Faremo corsi per i bambini e terremo le porte aperte a chi arriva».
da https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2020/03/06/news
La figlia di Borsellino : “Perché sto aiutando un assassino di papà”
Fabio Tranchina e la sua compagna hanno gravi difficoltà economiche Lui è l’ex autista del boss Graviano e oggi collabora con la giustizia
DI SALVO PALAZZOLO
La figlia di Borsellino : “Perché sto aiutando un assassino di papà”
Fabio Tranchina e la sua compagna hanno gravi difficoltà economiche Lui è l’ex autista del boss Graviano e oggi collabora con la giustizia
DI SALVO PALAZZOLO
PALERMO
Durante una pausa dell’ultimo processo per
le bombe del 1992, sono rimasti a parlare per quasi un’ora. Da una parte
Fabio Tranchina, l’ex autista del boss Giuseppe Graviano che ha curato i
preparativi della strage di via d’Amelio e oggi collabora con la
giustizia, dall’altro la figlia del procuratore aggiunto Paolo
Borsellino, che il 19 luglio fu ucciso con cinque poliziotti della
scorta. «Tranchina mi ha parlato del suo dolore – spiega oggi Fiammetta –
mi ha raccontato la sua gioventù difficile a Brancaccio, mi ha giurato
in lacrime che non sapeva cosa doveva accadere in via d’Amelio. Mi ha
raccontato soprattutto della sua voglia di cambiare vita, e delle
difficoltà enormi che sta incontrando». In quel momento – era quasi un
anno fa, nell’aula bunker di Firenze - Fiammetta Borsellino decise che avrebbe aiutato quell’uomo in lacrime.
Questa è la storia di una figlia che non smette di cercare la verità sulla morte del padre: «Le liturgie di certa antimafia nei giorni delle commemorazioni stanno diventando insopportabili – dice – io voglio capire cosa è accaduto veramente». Questa
è anche la storia di un’altra donna, l’attuale compagna di Fabio Tranchina, che ha lasciato il marito, un boss ergastolano, per seguire l’uomo con cui ha immaginato un futuro diverso, e per questa scelta è stata rinnegata dalle figlie: «Adesso, sta attraversando un problema che non rende serena la famiglia, non hanno praticamente di cosa vivere», spiega Fiammetta. Lei è una dipendente del Comune di Palermo, prima precaria, poi di recente è stata assunta, ma non è mai potuta ritornare in servizio, perché abita lontano dalla Sicilia. «Una soluzione deve pur esserci», dice la figlia di Paolo Borsellino, che in questi mesi ha fatto decine di telefonate, ha scritto tante lettere. «Potrebbe prendere servizio nel Comune in cui si trova». Ma il Comune di Palermo dovrebbe farsi carico di pagare lo stipendio. «Ho parlato con il sindaco Orlando e con i suoi funzionari, spiegando la situazione – dice Fiammetta – ho ribadito che questo è un caso importante, ho parlato pure con il servizio centrale di protezione, lo Stato dovrebbe farsi carico di chi ha accettato di sostenere la ricerca della verità». Dopo mesi, la situazione sembrava essersi sbloccata. Ma, poi, lo spettro di un intervento della Corte dei Conti ha bloccato tutto.
«Se non può il Comune, allora intervenga lo Stato - dice il legale di Tranchina, l’avvocatessa Monica Genovese – c’è una legge che impone di assistere i familiari dei collaboratori di giustizia». L’ex boss di Brancaccio ha dato un contributo importante per svelare molti dei segreti attorno alla strage, aveva accompagnato due volte Graviano in via d’Amelio, è stato condannato in appello a 7 anni e 6 mesi. «O, forse, devo pensare che si vogliono disincentivare le collaborazioni con la giustizia? – dice ancora Fiammetta - Perché questo è il segnale che sta passando. La compagna di Fabio Tranchina chiede solo di poter fare quello per cui è stata assunta: lavorare. Ma sembra che sia impossibile». Due giorni fa, un sms del sindaco Orlando ha chiuso anche l’ultima possibilità: «Carissima Fiammetta, mi dispiace. Tutte le istituzioni interpellate hanno escluso una possibilità di intervento a carico del Comune. Tale posizione ostativa è anche quella del prefetto competente per territorio». Ma Fiammetta non si arrende: «Perdere quel posto di lavoro sarebbe come dire che lo Stato ha abbandonato un uomo che ha fatto una scelta coraggiosa di rottura con il suo passato», dice. «La gente deve sapere come viene trattato un collaboratore importante e una donna che lo sostiene». Fabio Tranchina ha mandato un messaggio a Fiammetta: «Solo per averci provato la ringrazierò per tutta la vita, chi mi ha deluso profondamente sono coloro a cui ho consegnato la mia vita». Lei ha risposto: «Oggi, anche la famiglia Borsellino si sente tradita e delusa da una parte delle istituzioni».
è anche la storia di un’altra donna, l’attuale compagna di Fabio Tranchina, che ha lasciato il marito, un boss ergastolano, per seguire l’uomo con cui ha immaginato un futuro diverso, e per questa scelta è stata rinnegata dalle figlie: «Adesso, sta attraversando un problema che non rende serena la famiglia, non hanno praticamente di cosa vivere», spiega Fiammetta. Lei è una dipendente del Comune di Palermo, prima precaria, poi di recente è stata assunta, ma non è mai potuta ritornare in servizio, perché abita lontano dalla Sicilia. «Una soluzione deve pur esserci», dice la figlia di Paolo Borsellino, che in questi mesi ha fatto decine di telefonate, ha scritto tante lettere. «Potrebbe prendere servizio nel Comune in cui si trova». Ma il Comune di Palermo dovrebbe farsi carico di pagare lo stipendio. «Ho parlato con il sindaco Orlando e con i suoi funzionari, spiegando la situazione – dice Fiammetta – ho ribadito che questo è un caso importante, ho parlato pure con il servizio centrale di protezione, lo Stato dovrebbe farsi carico di chi ha accettato di sostenere la ricerca della verità». Dopo mesi, la situazione sembrava essersi sbloccata. Ma, poi, lo spettro di un intervento della Corte dei Conti ha bloccato tutto.
«Se non può il Comune, allora intervenga lo Stato - dice il legale di Tranchina, l’avvocatessa Monica Genovese – c’è una legge che impone di assistere i familiari dei collaboratori di giustizia». L’ex boss di Brancaccio ha dato un contributo importante per svelare molti dei segreti attorno alla strage, aveva accompagnato due volte Graviano in via d’Amelio, è stato condannato in appello a 7 anni e 6 mesi. «O, forse, devo pensare che si vogliono disincentivare le collaborazioni con la giustizia? – dice ancora Fiammetta - Perché questo è il segnale che sta passando. La compagna di Fabio Tranchina chiede solo di poter fare quello per cui è stata assunta: lavorare. Ma sembra che sia impossibile». Due giorni fa, un sms del sindaco Orlando ha chiuso anche l’ultima possibilità: «Carissima Fiammetta, mi dispiace. Tutte le istituzioni interpellate hanno escluso una possibilità di intervento a carico del Comune. Tale posizione ostativa è anche quella del prefetto competente per territorio». Ma Fiammetta non si arrende: «Perdere quel posto di lavoro sarebbe come dire che lo Stato ha abbandonato un uomo che ha fatto una scelta coraggiosa di rottura con il suo passato», dice. «La gente deve sapere come viene trattato un collaboratore importante e una donna che lo sostiene». Fabio Tranchina ha mandato un messaggio a Fiammetta: «Solo per averci provato la ringrazierò per tutta la vita, chi mi ha deluso profondamente sono coloro a cui ho consegnato la mia vita». Lei ha risposto: «Oggi, anche la famiglia Borsellino si sente tradita e delusa da una parte delle istituzioni».
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