2.10.23

Ci sono delle storie che non vorresti mai leggere . come : Vivaio: cacciati i ragazzi fragili, arriva la scuola di CL o “Ho la Sla e l’Inps mi ha mandato questa lettera” La vergognosa richiesta dei parassiti: pretendono la restituzione di mille euro di pensione per esser stato troppo in ospedale

Ci sono delle storie che non vorresti mai leggere .  come quelle   riportate  sotto  .

La  prima    presa  da   http://www.giannibarbacetto.it/  2.10.2023

Vivaio: cacciati i ragazzi fragili, arriva la scuola di CL

Se c’è una storia esemplare del “Modello Milano”, è la vicenda della scuola Vivaio. C’era una volta a Milano una scuola media unica nel suo genere: pubblica, musicale, inclusiva. Ai ragazzini offriva il tempo pieno, la piena integrazione con i molti compagni con qualche disabilità, molto lavoro di gruppo e una ottima formazione musicale, che era un po’ la specialità della casa. Il suo nome completo era: “Scuola Media Statale per Ciechi di via Vivaio”.
IL  suo programma prometteva: “La scuola attua un progetto di co-educazione e integrazione tra allievi vedenti, non vedenti e con altre disabilità. Attraverso lo studio delle diverse discipline, della musica e dello strumento musicale, la scuola si propone di far acquisire agli alunni non solo un sapere, ma anche un saper fare e un saper essere”. Promesse mantenute anche grazie al suo genius loci: era parte dell’Istituto dei Ciechi di via Vivaio, godeva di ampi spazi, laboratori, cortili, sale per la musica, un grande auditorium dove si svolgevano i concerti di Natale e del 25 aprile e un giardino dove andava in scena lo spettacolo di fine anno. Ma Milano non sa proteggere le sue eccellenze. Non quelle pubbliche, perché quelle private (dalla Bocconi alla Fondazione Prada) si valorizzano da sé.

 

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Il concerto di Natale 2021, le terze medie A e B cantano “Carol of the bells” (16 dicembre 2021) 

Questache era un’eccellenza collettive, di tutti, con più cultura che marketing, più sostanza che storytelling, più uguaglianza che ricchezza, è stata sradicata dal suo luogo magico. Il Comune di Milano ha preso atto che l’affitto pagato all’Istituto dei Ciechi per mantenere la scuola nei suoi locali era troppo alto (650 mila euro l’anno). 
Una delle piantine regalate dai genitori e ragazzi
della Vivaio a tutti i consiglieri comunali
“La legge di contenimento della spesa pubblica prevede la dismissione di queste affittanze”, dichiarò già nel 2021 la vicesindaca Anna Scavuzzo. La richiesta poi fu abbassata, ma non abbastanza da far cambiare idea al Comune, che ha deciso il trasloco in un edificio comunale in via D’Annunzio, zona Navigli. Il sindaco Giuseppe Sala, di solito così attivo e presente quando c’è da valorizzare le eccellenze private o trattare con i grandi operatori immobiliari, sull’eccellenza educativa di Milano è stato del tutto assente.Hanno provato a opporsi al trasloco i genitori, i professori, la preside. Quest’ultima, Laura Corradini, è stata sostituita, gli altri sono stati sconfitti. La scorsa estate è avvenuto il trasloco e a settembre le ragazzine e i ragazzini della Scuola di via Vivaio hanno dovuto iniziare l’anno scolastico in via D’Annunzio. In un edificio che i genitori ritengono non adatto alla particolarità della scuola e dei suoi alunni. “Lo avevamo previsto e sta succedendo: l’unico ascensore è spesso guasto e così i nostri figli fragili sono spesso costretti a mangiare in aula. Non possono scendere in mensa né in cortile, peraltro ancora occupato dalla spazzatura del trasloco”, racconta Camilla Bastoni.Intanto, nell’edificio di via Vivaio sono arrivati altri inquilini: i ragazzi della Canadian School of Milan, scuola privata (della Compagnia delle Opere) che sostituisce un’eccellenza pubblica della città. Il Comune di Milano non ha aspettato neppure la conclusione della vertenza al Tar, che aveva già fissato la data – 21 novembre – per la discussione dell’ultimo ricorso promosso dai genitori. Ormai il trasloco è fatto e la scuola canadese-ciellina ha preso possesso delle aule.

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La seconda   Quella di Carlo Antonini, bresciano malato di Sla, è una di quelle.
da  
Franco Lodige per il blog di Nicola Porro

“Ho la Sla e l’Inps mi ha mandato questa lettera” La vergognosa richiesta dei parassiti: pretendono la restituzione di mille euro di pensione per esser stato troppo in ospedale
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Carlo Antonini   ha  ricevuto un avviso dell’Inps che gli chiede di restituire un ammontare di pensione pari a circa 1.000 euro al mese.La notizia, raccontata dallo stesso Antonini sui social, è legata a un evento del 2021, quando è stato ricoverato al Niguarda di Milano per una tracheotomia e ha passato due mesi in ospedale. Durante questo periodo, Valentina, la moglie di Carlo, è rimasta sempre al suo fianco per prevenire rischi di soffocamento, giacché la sua presenza è necessaria per evitare che il povero Carlo vada all’altro “nel giro di due minuti” se un po’ di muco gli ostruisce le vie respiratorie. Il Centro clinico Nemo aveva anche redatto un documento che autenticava il bisogno di assistenza continua di Antonini da parte di sua moglie. Una certificazione che, in teoria, avrebbe dovuto garantire che l’assegno di accompagnamento non fosse sospeso per il periodo di ricovero. E invece… Invece due anni dopo, l’Inps recapita una lettera a casa chiedendogli di restituire mille euro in comode rate da cinquanta euro al mese. Trattenuti dalla pensione.

Il post di Antonini

“Prima di tutto voglio precisare che non voglio niente – ha scritto Carlo sui social – ma voglio spiegare certe situazioni che un disabile deve passare, che si sente sempre parlare che i disabili bisogna aiutarli aumentagli la pensione diminuendo le tasse dagli una vita dignitosa ,sono tante belle parole, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. Il resto è una dettagliata spiegazione di quanto successo. “Mi è arrivata dall’Inps una lettera” secondo cui “devo restituire 1050 €, e sempre l’Inps a deciso che li restituisco un po’ al mese”. Perché tutto questo? “Due anni fa sono andato al Nemo di Milano al Niguarda per fare la Tracheotomia (il tubo che ho in gola come da foto) e per qualche imprevisto sono rimasto là due mesi. Io e Valentina sapevamo che dovevamo fare una carta dal Nemo che diceva che mia moglie doveva stare vicino a me sempre” in modo da conservare l’assegno di accompagnamento.L’ospedale firma i documenti, i coniugi mandano tutto all’Inps, ogni cosa sembra concludersi per il meglio finché, due anni dopo, arriva la doccia gelata: l’Inps ha controllato di dati trasmessi dal ministero della Salute e rideterminato l’importo degli assegni “relativi ai periodi di ricovero superiori a 29 giorni per l’anno 2021 a totale carico di strutture pubbliche”. Tradotto: Carlo deve ridare mille euro all’Ente previdenziale.

Antonini non vuole sollevare polemiche. E a dire il vero appare quasi eroico in questo. Però dice quel che pensa: “È giusto che se uno che prende l’accompagnamento e va in ospedale, e il grave lavoro di assistenza della famiglia passa al ospedale, va bene per il periodo di degenza non prenda l’accompagnamento. Ma per un malato come me, che ha bisogno di una persona sempre vicino, che fa fare una carta dall’ospedale spedita all’Inps, possibile che questa carta valga solo se stai in ospedale al massimo 29 giorni?”. Anche perché la moglie Valentina ha speso”circa 850 euro per il mangiare” e l’ambulanza che “mi è stata pagata da amici che ringrazio ancora”. La burocrazia però è burocrazia: essendo rimasto in degenza per due mesi, ad Antonini l’assegno di accompagnamento non spetta. Vi pare normale?

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