La pubblicità è nuda

 


  



 


 vorrei riallacciarmi alla domanda  fatta  in un post  (   non ricordo quale  di questo  blog  )   come mai le  donne  non reagiscono alla   mercificazione  del loro corpo  ? alla quale fanno  da contraltare   due  altre  1) che fine ha fatto il femminismo? 2) esistono ancora le donne?", domande  simili   che aprono  la rubrica di Umberto Galimberti su D La Repubblica delle donne del 10 aprile, ed è citata da una lettera di un signore di Arezzo. Il quale chiede ancora cosa fanno le donne "contro la crescente mercificazione del corpo femminile". Galimberti non solo è d'accordo, ma afferma che "nella pubblicità la donna è esposta come una pietra preziosa e irriducibilmente ridotta a oggetto totale e inutile". Ora apro la  rivista che esce appunto ogni sabato insieme a "Repubblica", e cosa trovo? Dopo una copertina con la solita adolescente lolitiana dal viso un po' perverso, pubblicità a tutta pagina e a tutta... birra: dai profumi alle calze, dall'intimo ai jeans, dalle creme ai gioielli, dagli occhiali agli accessori, e tutta basata sul richiamo chiaramente allusivo al sesso. Qualche esempio? Cavalli: un serpente boa striscia sul corpo ramato di una longilinea stesa sulle dune; lo stesso serpente dà forma al flacone del profumo; la Diesel Society si serve invece di un voyeur che si arrampica su una roccia al di sotto delle gambe abbronzate di una fanciulla; Ferré: altro flacone dalla forma fallica, disteso su donna nuda in penombra; Acqua di Roma, dell'ineffabile Laura Biagiotti: due giocherelloni, maschio e femmina, fanno all'amore in piedi, "per amore e per gioco", recita la pudica didascalia: e via alludendo e mercificando. Per non parlare poi delle pagine della moda, che propone ormai soltanto teenager acerbe e proterve, corrucciate e "incavolate", che noi  uomini  , a  volte  anch’io   la  compriamo  per le  nostre attività onanistiche  facendone  un surrogato alle  riviste  pornografiche   .Nonostante  questo  , a volte  oltre “l’arrappamento”  provo   disagio  , stanchezza , disgusto  ,  nello sfogliare  tale pagine . IL  vedere le foto di adolescenti in erba, innocenti negli sguardi e dal pudore sottolineato da un trucco sulle gote irreale, quei bei corpi, nudi e vitali, offerti per reclamizzare oggetti che li renderebbero migliori e di successo, mi ha reso profondamente  schifato  ,  come  se non bastassero   gli altri settimanali  ( l’espresso e panorama  ,  solo per  citare  i  più importanti  ) . Di certo ha pesato su tale sentimento allorquando ho sovrapposto i loro visi a quelli, perfetti e sconosciuti come bambolotti, dei modelli. Poi però è subentrata la consapevolezza che il retro pensiero alla base di tale malinconia era riflettere il turbamento provato dalle ragazzine  di  10\14   non ancora  formate   criticamente per  respingere  o accettare non passivamente   i modelli imposti   dal sistema  ;  e  quello che  viene definito dai benpensanti   un  potenziale infangatore  d’anime,  o peggio  comunemente denominato pedofilo , e  a quali considerazioni deduttive potrebbero approdare    tali persone  di individui?  Riporto qui  la  risposta  di  galimberti  : <<. Le risposte sono ovvie. Le ragazzine proveranno invidia che di solito genera processi di imitazione che, se ostacolati, alimentano scontrosità e vissuti di incomprensione in famiglia, il pedofilo proverà desiderio inseguendo i tortuosi percorsi della sua abiezione. Due effetti nefasti di una rivista che, quando io ero adolescente, sarebbe stata considerata pornografica. Con la sola differenza che le riviste pornografiche le compravano e le comprano i masturbatori, mentre le riviste femminili abbinate ai quotidiani girano ovunque sotto gli occhi di tutti, adolescenti compresi. L'obiezione la immagino: "I tempi sono cambiati", come se il cambiamento fosse per sé un valore che allude all'emancipazione. Per "emancipazione" si deve intendere, nel caso specifico, la liberazione sessuale della donna che, nella fattispecie, è il suo denudamento sulle riviste femminili per la gioia dei voyeurs e dei produttori di merci estetiche, le cui pubblicità sono l'ossigeno dei giornali che non saprebbero come altrimenti finanziarsi. La nostra libertà d'informazione e quindi la nostra democrazia sono garantite dalla pubblicità che impone la sua legge, e lo può fare perché in Italia gli acquirenti dei quotidiani sono solo il dieci per cento della popolazione (cinque milioni, compresi gli acquirenti dei giornali sportivi). Ne consegue che responsabile dello strapotere della pubblicità siamo tutti noi che non frequentiamo le edicole e, non comprando abbastanza quotidiani, non li rendiamo finanziariamente più liberi dalla pubblicità. Le nostre, anche giuste, rimostranze non ci fanno del tutto innocenti. >>


Vogliamo darci una mossa   o  vogliamo  che    i  giovani  ragazzi \  e  continuino a  diventare   schiavi  della  moda   o di tutto  quello  che  gli si impone  attraverso la  tv ( divenuta sempre  di più   salvo alcuni programmi di nicchia   , visti gli orari  assurdi  ,  strumento  per  imbambolarci  e  farci smettere di pensare  ?  )   o   la pubblicità che  ha  reso conformismo ciò che  prima era   trasgressione   ,  facendo si  che   la  vera trasgressione   non esiste  più  e  la  vera   rivoluzione  è il non trasgredire a  tutti i costi  ?   o tutto  venga   ( compreso il corpo delle  donne e  al cultura  )  mercificato  e  omologato  ?  << E se >> come dice  galimberti <<  la democrazia fosse solo un effetto secondario della pubblicità che, per vendere le sue merci, è costretta a spostare sempre più in là i paletti del comune senso del pudore? >>


 


 

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