Nel 1981 il quotidiano L’ora di Palermo pubblicò alcune parti di un rapporto della Criminalpol, in cui venivano evidenziati i rapporti fra Marcello Dell’utri, amico e collaboratore di primo piano di Silvio Berlusconi, l’ex sindaco di Palermo, Vito Ciancinimo, e altre persone a loro collegate, come il mafioso Vittorio Mangano, il famoso “stalliere di Arcore”. Il titolo di prima pagina del giornale diceva all’incirca che “Dagli affari di Ciancimino si arriva pure a Canale 5”. L’articolo e il titolo dell’ora non piacquero a Berlusconi (padrone, ovviamente, di Canale 5) e a Dell’utri, tanto che a Palermo si temette una querela miliardaria da parte del gruppo milanese. In ogni caso, da Milano si chiese un’intervista più
o meno riparatrice, forse allo stesso Dell’utri. Io, all’epoca, lavoravo all’ora. Il direttore Nicola Cattedra e l’ex direttore Vittorio Nisticò mi mandarono quindi a Milano per quell’intervista. La missione però fallì. Nel senso che, sebbene avessi contattato più volte Dell’utri e nonostante quest’ultimo mi avesse dato un paio di appuntamenti, alla fine tutto saltò. Evidentemente la Fininvest ritenne che sarebbe stato preferibile non riprendere l’argomento. L’episodio mi viene in mente adesso, nei giorni in cui proprio Canale 5 sta trasmettendo la fiction L’ora. Inchiostro contro piombo , dedicata alla storia del coraggioso quotidiano di sinistra e antimafia, chiuso per sempre nel 1992. Una fiction, peraltro, che non è stata per niente apprezzata dagli ex dell’ora, già prima ancora che venisse mandata in onda, al punto che alcun cognome vero dei suoi giornalisti, eccetto uno, compare nel film tv. Infatti nessun ex del giornale, e neppure i familiari di chi nel frattempo è morto, hanno concesso la liberatoria affinché potessero essere utilizzati i nomi reali dei cronisti e del leggendario direttore Nisticò. Al di là della fiction, tuttavia, è singolare, o paradossale, che sia Canale 5, i cui “affari” – per la Criminalpol e per L’ora – “portano” nel 1981 “alla mafia”, a diffondere una serie su un giornale antimafia. Questo perché a controllare la tv milanese è pur sempre la famiglia Berlusconi, quella del 1981. I casi, allora, sono due. O Canale 5, e i suoi padroni, sono stati colti sulla cosiddetta via di Damasco della mafia e soprattutto dell’antimafia, e il medesimo Dell’utri non considera più Vittorio Mangano “un eroe”. Oppure, come pare, di antimafia ce ne sono tante. Ce n’è una vera, seria, ma ai margini. E poi ci sono le altre: magari un po’ troppo “buoniste”, certamente retoriche, in realtà solo di facciata. Il dubbio intanto potrà essere sciolto, per quanto riguarda Canale 5, dal seguito della fiction. Si parlerà anche di quel titolo del 1981? O di quando, il 12 ottobre 1984, Fabrizio Ravelli rammentava su Repubblica: “C’è un filo che lega Vito Ciancimino al gruppo Berlusconi? L’articolo del quotidiano palermitano L’ora, che ha ipotizzato questo collegamento, ha provocato un gran trambusto a Milano. I magistrati milanesi che indagano sulla ‘mafia dei colletti bianchi’ si son visti tempestare di domande alle quali non hanno dato soddisfazione. E la Fininvest, capofila del gruppo Berlusconi, si è affrettata a diramare una durissima smentita”?
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