Non è la prima volta che vengono registrati insulti omofobi sul luogo di lavoro: questa volta è toccato a Sara
Sara Silvestrini . La sua è una storia di ordinaria vergogna, omofobia e grande
coraggio.Per anni Sara, magazziniera della Lidl di Massa Lombarda (Ravenna) di 42 anni, ha subìto ogni genere di angheria, vessazione, mobbing puro da parte dei suoi superiori. La sua “colpa”, tra le altre: essere lesbica. |
Il supermercato Lidl al centro del ciclone |
Una donna che ha avuto la forza di reagire. Non tutti\e ce la fanno purtroppo. Ultimo il caso dell'insegnante che si è data fuoco nel suo camper. E tutto questo a causa dell'odio della gente. Ma come si fa a calpestare i diritti delle persone in questo modo? me lo chiedo ogni santo giorno…come si fa?! Per fortuna lei non era sola ma aveva accanto una compagna che l’ha sostenuta… se penso a Cloe povera insegnante transgender morta suicida mi sale una tristezza infinita in quanto siamo un paese con forti sacchè di omofobia , di razzismo clericofascismo , bigottismo.Un paese che sta rientrando al medioevo. Un paese che non progredira' mai o se lo farà sara alla Gattopardo . Un paese senza( salvo eccezioni ) memoria, senza cultura pur avendo la maggior parte del patrimonio artistico ed storico a livello mondiale , ed grandi poet , artisti ed letterati . |
foto simbolo |
Ha dovuto subire battute all’ordine del giorno sul suo orientamento sessuale, turni di notte tra camionisti molesti, uno l'aveva anche palpeggiata , verso i quali le era stato pure detto di essere “gentile”. E poi telefonate fuori orario, turni massacranti, straordinari selvaggi, provocazioni e umiliazioni continue davanti ai colleghi. Condizioni di lavoro estreme che le hanno provocato anche disturbi da panico. Tutto per spingerla al licenziamento.Quando l’hanno, infine, licenziata, la donna ha fatto l’unica cosa che le era rimasta: ha impugnato il licenziamento. E, di fronte alla proposta dell’azienda (con il tramite del sindacato) di 15.000 euro in cambio di una liberatoria tombale sulla vicenda, lei, invece di accettare, ha abbandonato il sindacato e ha deciso di fare causa. Oggi, a distanza di anni, ha vinto la sua battaglia. Il giudice ha riconosciuto il mobbing nei suoi confronti e ha condannato a tre mesi il suo capo reparto, ha comminato sanzioni a vari dirigenti e condannato l’azienda a un risarcimento di 30mila euro per lei e la sua compagna, come vittima collaterale.<< È una vittoria personale >> come dice Lorenzo Tosa << che non la ripaga certo di dieci anni di vessazioni, ma le restituisce una seppur tardiva giustizia. Per lei e per le tante Sara che non si piegano alle discriminazioni, umane e lavorative. >>Che sia un esempio per tante che si trovano nella sua situazone . La vittoria resta però a metà. Sara adesso, con l'aiuto del Centro per l’impiego, cercherà di rimuovere quel "licenziata per giusta causa" dal libretto di lavoro perché potrebbe causarle non pochi problemi nella ricerca di una nuova occupazione ma pur sempre testimonianza di regire ai sopprusi e ai papocchi dei sidacati che fanno alleanza con il padrone .
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