la nuova sardegna cronaca Olbia-tempio del 8\12\2013
di Dario Budroni
OLBIA Con la schiena curva e le mani immerse nel fango, a trascinare mobili sventrati, senza dimenticare di dare un conforto a chi, in quel momento, ha davvero perso ogni cosa. L’integrazione è anche questo, un’azione volontaria e sincera nei confronti di una città che considerano la loro. Così la comunità senegalese, una delle più numerose a Olbia, ha voluto indossare guanti e stivali per aiutare chiunque ne avesse bisogno. Nelle abitazioni e nelle strade. «Olbia è casa nostra. È una città che abbiamo sposato per migliorare le nostre condizioni di vita. Insomma, è la nostra seconda patria e come tale va difesa, sempre» spiega Omar Sarr, dal 2001 a Olbia, presidente dell’associazione Sunugal. «Per noi è come un matrimonio, si accetta tutto nel bene e nel male. Così subito dopo l’alluvione
abbiamo fatto qualche telefonata e pubblicato un appello su Facebook, per metterci d’accordo – racconta con un italiano perfetto -. Abbiamo formato delle piccole squadre e ci siamo messi ad aiutare a liberare le case dai detriti. È stata un’opera di carità che abbiamo fatto con il cuore, come tutti del resto». Ma i senegalesi di Olbia non erano soltanto in mezzo al fango. Alcuni sono andati a portare il loro contributo nei centri di raccolta. Certo, ovviamente i più fortunati. Perché anche molti di loro hanno perso tutto, casa, auto e merce. In quei giorni, comunque, in via Caboto, a Isticcadeddu, un altro senegalese molto conosciuto in città, Khouma Modou, ha passato ore in mezzo al fango, mentre
sua moglie e sua figlia hanno cucinato per alluvionati e volontari un gustoso cuscus. «Piango se penso a quei giorni. La mia famiglia ha perso soltanto una macchina, ma ho visto case in cui l’acqua è arrivata ai 2 metri di altezza – racconta Khouma Modou, presidente della Comunità senegalese per integrazione e cooperazione, a Olbia dal 1988 -. Ci sono persone che hanno perso qualunque cosa dopo decenni di sacrifici, assurdo. Quindi non ho pensato alla macchina e subito mi sono messo ad aiutare. Olbia è casa mia, i miei figli sono nati qui e adesso hanno la cittadinanza italiana. Non potevamo tirarci indietro, anche se mi sarebbe piaciuto poter fare molto di più». Ma c’è il Senegal anche dietro un’altra operazione di solidarietà. Il consolato della repubblica senegalese in Sardegna, presieduto da Gabriella Marogna, ha infatti organizzato una raccolta di beni da donare agli alluvionati. Materassi, letti, culle e sedie per disabili sono stati donati al centro di raccolta della chiesa di Sant’Antonio, mentre l’abbigliamento in quello delle suore vincenziane.
insieme a
Valentino Caputo
L'amore è dare qualcosa di noi stessi, a chi ci è vicino ed è in difficoltà, e questo va al di là dei Confini,Religioni o Colore della Pelle, lo si dà perché nasce dal cuore…ed è una maniera per dare coraggio e speranza a chi in un attimo ha perso tutto. Grazie Fratelli!!!!
Peter Pina ·
Un esempio di CIVILTA ci arriva dall' "Africa" in casa nostra. Fose serve una tragedia per renderci conto che sotto la pelle siamo uguali
VI RINGRAZIO
Nessun commento:
Posta un commento