3.12.23

i femminicidio ( non solo ) di Giulia Cecchettin nel marketing morboso: dalla vita di Turetta in carcere alle relazioni tossiche trasformate in vanto

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questioni di Target - Dado comics 
  
No riesco più a tacere ,  ad essere  pragmatico  ( cioè accettare    che  ci sono  cose   chje  non  puoi  cambiare    e stare  sempre  a  lottarci  come i mulini  a vento  )  ed limitarmi come    ho  fatto  fin ora    facendo parlare condividendo i loro pensieri sulle mie  bacheche  social ,persone ed amici \ compagnidiviaggio che hannno più o meno il mio stesso modo di vedere tale situazione anche  solo indignandosi   contro (  come  dal  titolo    del post  deliberamente ispirato     all'articolo   del  riformista     del 1    dicembre  2023 )  contro  questo  marketing  morboso   ed  unsato  come  speculazione  politica  e  come   arma  di  distrazione dell'opinione  pubblica  da  parte  dei media  d'argomenti   più importanti  .  


Infatti come dice Gabriele Sada sul , qui l'articolo completo , sul riformista del 1 \12\2023 << Ben venga ogni azione nelle scuole     [   e  negli oratori     \  grupi    parrocchiali     ed altre  associazioni  giovanili laiche  o  religiose    agginta mia   ] purché non rimanga fine a se stessa L’amore, quello vero, passa non solo da un libro ma da noi adulti ogni giorno >> .

Non era    almeno   con  chi  guarda     la  tv     e  legge  la  cronaca nera   era   difficile pensare che anche sul femminicidio di Giulia Cecchettin avremmo trovato motivi per discutere e scendere in un confronto dove tutto è bianco o nero e dove l’altro ha sempre il punto di vista sbagliato. E invece anche questa occasione hanno tirato fuori polemiche a non finire, senza neanche chiedersi se in tutto questo circo ci fosse ancora spazio per il rispetto verso la vittima, la sua famiglia e la famiglia dell’omicida, devastata    anche  se  quest'ultima   è  devastata    a  modo  loro  Abbiamo letto, scritto, detto parole su ogni possibile punto di vista. È colpa di tutti i maschi, è il femminismo che ha generato questo maschilismo, è colpa dei social (scusa valida per ogni cosa accada al mondo in quanto la  tecnologia    si resta  ad  un uso consapevole  ed  incosapevole  allo  stesso  tempo  ), mancano i valori, dobbiamo fare educazione affettiva e no non serve a nulla fare educazione nelle scuole, garantiamo i diritti di Turetta e tanto sappiamo già che otterrà l’infermità mentale e via dicendo.Ora  E da qualche giorno sappiamo anche, con morbosa curiosità, come vive, cosa chiede, quanto ha pianto e come si veste l’aguzzino in carcere. Tutto piegato a logiche di marketing, tutto urlato, in un grande ring dove vince chi grida di più, chi ottiene il titolo più grande e chi ha più likes, ma dove in fondo non vince nessuno.  Devo dire     che  come   

Angela Marino                                                                                                                      29 novembre alle ore 22:33 
a me non importa proprio niente di come Filippo Turetta stia vivendo la detenzione. Non certo perché lo disprezzi, ma perché ritengo, razionalmente, che il focus non debba essere posto su di lui, che non debba essere osservato in ogni suo più banale gesto alla ricerca di tracce di umanità o pentimento o consapevolezza. Nulla cambia ciò che è avvenuto nei 22 minuti di cruenta aggressione contro l’indifesa Giulia. Quello, quello là è Filippo Turetta. Siamo quello che facciamo quando gli altri non ci guardano. Non credo nemmeno che ci siano, all’orizzonte, grosse chances di ottenere una seminfermità mentale, non da quello che è emerso fino a oggi. Credo che Filippo Turetta pagherà per aver ammazzato ferocemente una ragazza brillante, promettente, pulita. Lo credo fermamente. Quello che veramente mi preme mettere in luce, ora, è la condizione emotiva degli ultimi giorni di Giulia. La sua ansia, la sua angoscia, il suo stato di forte stress: “vorrei che Pippo sparisse…ho paura che possa farsi del male…non reggerei il senso di colpa”. Ebbene. Vorrei rivolgere un messaggio a ogni ragazza o donna che si scopra e pensare le stesse cose: non è compito tuo salvarlo, non è compito tuo prenderti cura di lui, non è compito tuo preoccuparti. L’unica persona che devi proteggere, curare, salvare, sei tu. La cultura del dovere alla cura dell’altro che ci è stata istillata in quanto madri, la cultura del sacrificio, dobbiamo prenderla e metterla in soffitta. Come madri (ma direi piuttosto come genitori) abbiamo l’obbligo della cura del figlio fino ai diciotto anni d’età, poi dobbiamo (soprattutto per la sua autonomia) lasciarlo andare; come persone abbiamo l’obbligo di amare e tutelare un solo individuo: noi stesse.

Infatti  << [...] In ScuolaZoo -  come  fa  notare     sempre  il riformista  --  company di riferimento in Italia per chi è adolescente o poco più grande, ci siamo interrogati se e come trattare il tema. Abbiamo e sentiamo una responsabilità enorme verso i ragazzi che ci seguono e ci scelgono per i nostri viaggi. Non ci limitiamo a fare meme divertenti e non ci fermiamo (anzi, spesso non ne parliamo proprio) a trattare gossip o chiacchiericci che fanno grandi numeri ma non trasmettono nulla. Per cui alla prima domanda ci siamo risposti di sì, senza indugi: è giusto trattare il tema. È una scelta doverosa nei confronti di chi ci segue e verso noi stessi, verso come interpretiamo il nostro ruolo sociale. Sul come abbiamo avuto mille discussioni. La delicatezza, il rispetto , [....]  le richieste che ci sono arrivate dalla nostra community: erano tanti i rischi di diventare una voce tra tante, di contribuire al rumore e all’estremizzazione di un tema che tutto merita tranne che essere trattato così.>>
Ecco che come l'articolo citato preferisco alla fine parlare di relazioni tossiche: spesso, purtroppo, l’anticamera di comportamenti violenti, di stalking e di mercificazione dell’altro. Una relazione è tossica quando una delle parti cerca di destabilizzare continuamente l’altra, con comportamenti a volte espliciti e chiaramente violenti e a volte in modi subdoli e nascosti. È una relazione dove manca il rispetto e dove una parte cerca di prevaricare l’altra, fino ad annullare la persona, che diventa quasi possesso. Abbiamo scelto questo tema anche per due motivi. Perché su TikTok sono tanti i contenuti in cui una relazione tossica viene presentata come un vanto, come se fosse motivo di orgoglio perché una delle parti (quella maschile, va detto) è gelosa, ha il pieno controllo della relazione e dell’altra persona: esempi tossici, appunto, ma portati come vanto col conseguente rischio di emulazione tra i più giovani he ancora si stanno formando o completando il loro spirito critico nell'affrontare la vita che verrà .Come se avere un partner che basa la propria relazione sul controllo e la gelosia assillante siano non solo orgoglio, ma anche l’unico modo di leggere l’amore in una relazione. Il secondo motivo -- lo spiega    benissimio l'articolo   del riformista  : <<   [.... ]è perché è emerso che Turetta, l’omicida del caso Cecchettin, avesse iniziato ad avere comportamenti violenti già prima dell’epilogo: pedinamenti, controlli a tutte le ore, stalking puro. >>. 
Le  polemiche  seguite ,   su tale  fatto   con particolari sempre  più macabri   , e  che   purtroppo   ancora seguiranno    (  visto che  martedi  c'è il funerale   della Vittima 😥🤬💩👿😢  ) ci ha restituito uno spaccato sociale preoccupante. Molti insulti: dal semplice “comunisti” alle peggio cose. La maggior parte da account che hanno ormai un ricordo lontano dell’adolescenza, ma anche di qualche ragazzo che difendeva il suo modo di vivere una relazione come se fosse la normalità. Abbiamo avuto conferma che l’amore viene ancora troppo spesso identificato col possesso dell’altra persona, della sua crescita e della sua interezza. Come l’amore così inteso sia per natura portato a sfociare in comportamenti violenti, in cui la violenza fisica è solo la punta di un iceberg ben più profondo: manipolazione, controllo, spegnimento della voce e delle opinioni dell’altro, riduzione a merce che, come tale, può solo essere posseduta ed usata.C’è ancora tanto da fare sul fronte dell’educazione. Ma la domanda che dobbiamo porci è se la parte di questa generazione che crede sia normale e giusto questo modo di vivere sia in grado di cambiare e, soprattutto, come facciamo noi adulti a evitare il trascinarsi nel tempo di questa concezione tossica e malvagia. Quale esempio stiamo dando alle generazioni più giovani? Basta forse un’ora di educazione affettiva nelle scuole o c’è bisogno del contributo di tutti? Quale è il ruolo delle famiglie, del padre e degli amici? Come facciamo a sradicare convinzioni così forti in chi oggi siede ancora tra i banchi di scuola? Come possiamo invertire la rotta? L’educazione affettiva, alla vita, all’amore, al rispetto verso l’altra persona è la sfida più grande che noi “grandi” abbiamo davanti. Ma, forse, i primi a non avere i mezzi per insegnare ai ragazzi cosa significa amare e rispettare siamo proprio noi. Per cui ben venga ogni azione nelle scuole, grande o piccola che sia: ma perché non rimanga fine a se stessa c’è bisogno di tutti. Perché l’amore, quello vero, passa dall’educazione in senso ampio: non solo da un’ora a scuola, non solo da un video, non solo da un libro. Passa da noi adulti, ed i messaggi che trasmettiamo ai figli\e e non solo ogni giorno.

Giulia Cecchettin, quando una relazione è tossica

Abbiamo scelto alla fine di parlare di relazioni tossiche: spesso, purtroppo, l’anticamera di comportamenti violenti, di stalking e di mercificazione dell’altro. Una relazione è tossica quando una delle parti cerca di destabilizzare continuamente l’altra, con comportamenti a volte espliciti e chiaramente violenti e a volte in modi subdoli e nascosti. È una relazione dove manca il rispetto e dove una parte cerca di prevaricare l’altra, fino ad annullare la persona, che diventa quasi possesso. Abbiamo scelto questo tema anche per due motivi. Perché su TikTok sono tanti i contenuti in cui una relazione tossica viene presentata come un vanto, come se fosse motivo di orgoglio perché una delle parti (quella maschile, va detto) è gelosa, ha il pieno controllo della relazione e dell’altra persona: esempi tossici, appunto, ma portati come vanto col conseguente rischio di emulazione tra i più giovani.

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Come se avere un partner che basa la propria relazione sul controllo e la gelosia assillante siano non solo orgoglio, ma anche l’unico modo di leggere l’amore in una relazione. Il secondo motivo è perché è emerso che Turetta, l’omicida del caso Cecchettin, avesse iniziato ad avere comportamenti violenti già prima dell’epilogo: pedinamenti, controlli a tutte le ore, stalking puro. Abbiamo quindi pubblicato un video in cui, dopo aver controllato i testi con uno psicologo, abbiamo elencato alcuni segnali per cui una relazione può essere considerata tossica. Lo abbiamo fatto cercando di informare, educare, sensibilizzare, così come già da oltre un anno stiamo facendo trattando contenuti di educazione sessuale e sentimentale.

Giulia Cecchettin, l’amore non è possesso

Quel contenuto ci ha restituito uno spaccato sociale preoccupante. Molti insulti: dal semplice “comunisti” alle peggio cose. La maggior parte da account che hanno ormai un ricordo lontano dell’adolescenza, ma anche di qualche ragazzo che difendeva il suo modo di vivere una relazione come se fosse la normalità. Abbiamo avuto conferma che l’amore viene ancora troppo spesso identificato col possesso dell’altra persona, della sua crescita e della sua interezza. Come l’amore così inteso sia per natura portato a sfociare in comportamenti violenti, in cui la violenza fisica è solo la punta di un iceberg ben più profondo: manipolazione, controllo, spegnimento della voce e delle opinioni dell’altro, riduzione a merce che, come tale, può solo essere posseduta ed usata.

C’è ancora tanto da fare sul fronte dell’educazione. Ma la domanda che dobbiamo porci è se la parte di questa generazione che crede sia normale e giusto questo modo di vivere sia in grado di cambiare e, soprattutto, come facciamo noi adulti a evitare il trascinarsi nel tempo di questa concezione tossica e malvagia. Quale esempio stiamo dando alle generazioni più giovani? Basta forse un’ora di educazione affettiva nelle scuole o c’è bisogno del contributo di tutti? Quale è il ruolo delle famiglie, del padre e degli amici? Come facciamo a sradicare convinzioni così forti in chi oggi siede ancora tra i banchi di scuola? Come possiamo invertire la rotta? L’educazione affettiva, alla vita, all’amore, al rispetto verso l’altra persona è la sfida più grande che noi “grandi” abbiamo davanti. Ma, forse, i primi a non avere i mezzi per insegnare ai ragazzi cosa significa amare e rispettare siamo proprio noi. Per cui ben venga ogni azione nelle scuole, grande o piccola che sia: ma perché non rimanga fine a se stessa c’è bisogno di tutti. Perché l’amore, quello vero, passa dall’educazione in senso ampio: non solo da un’ora a scuola, non solo da un video, non solo da un libro. Passa da noi adulti, ogni giorno.

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