5.12.21

l bosco al posto della lavagna. Le lezioni sotto il cielo senza campanella. Il Covid rilancia la scuola all’aperto. E la natura si allea con la didattica. il caso della 1 a scuola elementare di Prima A della scuola Ada Negri di Pegli, Liguria



dal  Venerdì   di repubblica  del 3 dicembre 2021

Il bosco al posto della lavagna. Le lezioni sotto il cielo senza campanella. Il Covid rilancia la scuola all’aperto. E la natura si allea con la didattica. siamo andati a Pegli, Liguria. In prima “A”

La lezione all'aperto dei bambini della Prima A
della scuola Ada Negri di Pegli (Genova). 
Fotografia di Fabio Bussalino 
Pedule, zaino, borraccia, barattolo con pinzette per insetti, astuccio di stoffa con matita, temperino, gomma e un rametto ("È utilissimo" giurano i bambini, va' a capire perché), posate pieghevoli da
campeggio, salviette e sacchetto per i bisognini, contenitore per la merenda: Adele, Davide, Leonardo, Nicole, Lorenzo, Federico e tutti gli altri 15 alunni della prima A della primaria statale Ada Negri di Pegli, nel Ponente genovese, in Liguria, vanno a scuola così. Hanno due aule in cui svolgono le lezioni: una è a Pegli vetta, su una fascia erbosa, protetta da pini marittimi e mimose, sospesa sul mare; l'altra è una spiaggia, dove il circolo dei pescatori presta alla scuola la casupola della propria sede, quando piove. Ogni mattina, i maestri Chiara Milazzo e Alessandro De Lucia mettono i bimbi in fila per due, in direzione ostinata e contraria: mentre tutti gli altri alunni entrano a scuola, nella cinquecentesca Villa Rosa, loro escono. E noi con loro. Per raggiungere l'aula affrontano 25 minuti sulle creuse, i viottoli che in Liguria s'inerpicano tra il mare e la montagna, stretti da due muretti di pietre umide e capelvenere e in cima hanno i "cocci aguzzi di bottiglia", che ha raccontato Eugenio Montale.
                                                             bambini a  lezione  



Si chiama Fuori classe ed è il progetto di insegnamento all'aperto che Chiara Milazzo è riuscita a realizzare nella scuola pubblica grazie alla dirigente Marina Orselli e a Iris Alemano, che l'ha preceduta, con il sostegno della comunità territoriale, dal municipio alle associazioni: 35 ore sulle 40 settimanali di lezione si svolgono all'esterno. "Tutto è nato dalla volontà di alcuni docenti di cercare nuovi modi di fare scuola" spiega Milazzo, "applicando sperimentazioni già attive in Europa. Si impara attraverso tutto il corpo e la natura è l'alleata fondamentale, accoglie l'emotività e la sensibilità del bambino perché insegna l'attesa, la cura, la resilienza".
La rete nazionale Da Jean Jacques Rousseau a Rudolf Steiner, da Robert Baden-Powell a John Dewey, da Gianni Rodari alle neuroscienze, la strada dell'outdoor learning è lunga e consolidata, ma le applicazioni in Italia sono recenti e la pandemia ha assestato una netta accelerazione: solitamente le attività si svolgono nei parchi annessi agli istituti scolastici. La Ada Negri fa parte della Rete nazionale di scuole all'aperto, un network di una sessantina di istituti, costituito in Italia cinque anni fa, ha per capofila l'istituto comprensivo 12 di Bologna, ed è membro dell'Istituto nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca educativa (Indire). Il progetto di Pegli (e uno simile è stato attivato nel vicino istituto comprensivo di Voltri) è differente per diversi aspetti: le aule sono stabilmente sotto il cielo e anche la mensa arriva direttamente sui prati. Di questa sperimentazione, infatti, si stanno occupando due università, Bologna e Genova, dove è appena stata assegnata una tesi di laurea.


   Gli insegnanti della prima A:   da sinistra Michele Tassistro, Alessandro De Lucia e Chiara Milazzo.


"Quando ieri mia mamma mi ha detto che a cena c'era la minestra, l'ho guardata con sguardo torvo" dice Nicole. La maestra riprende il filo del racconto che stanno leggendo, partendo dalle parole nuove, spiegate il giorno prima, e Nicole dimostra, con rara pertinenza, quanto torvi si possa essere, anche a sei anni. I bambini sono appena arrivati in "classe", che si chiama "Agorà", come certifica il cartello di legno appeso all'albero che protegge il cerchio di sassi e tronchi, su cui si siedono i bambini. La maestra Chiara, seduta tra loro, inizia a leggere: Emiliano, mentre ascolta, impila pietre a formare torri; Leonardo scava con un rametto un buco davanti al suo posto. E poi c'è chi accarezza gli aghi di pino, chi riempie un barattolo di coleotteri e grilli. Chi sbocconcella il grissino della merenda appena finita, chi non perde una parola.
Lentamente i bimbi le si fanno vicino: prima due, poi cinque, poi dieci. La testa nel libro che la maestra tiene sulle ginocchia, alle loro spalle il mare: qualcuno prova a sillabare con la bocca, altri indicano le figure. "Lavoriamo intensamente su dieci-quindici minuti di attenzione che i bambini hanno, poi ci rilassiamo, per poi tornare a concentrarci", continua Chiara. Finito il capitolo si vota per alzata di mano: vince il gioco libero e poi, solo dopo, un'altra lezione. A Davide, però, serve la toilette. Dallo zaino esce il kit: sacchetto, salviette e, per mano alla maestra, entra in una piccola selva di bambù. "I bisogni si fanno protetti dalla boscaglia, nel sacchetto e poi portiamo tutto a valle", dice un'altra maestra, Michela Tassistro. Le regole, qui, sono facilmente comprensibili, fatte apposta per vivere bene in comunità e godere della libertà all'aria aperta. E come sembrano lontani, a solo qualche chilometro di distanza, la città e il porto.


                                  lezione di matematica  con la maestra  chiara 

E spunta una iurta
Sugli alberi sono appesi alcuni cartelli: "Qui si può"; "Appendersi"; "Urlare"; "Scavare". Una batteria della Seconda guerra mondiale garantisce un piccolo riparo per i banchi: sono tavolette di compensato che i bimbi usano come supporto, fermando i fogli con una molletta di legno. E quando piove? Il maestro De Lucia ha calcolato che il ciclo scolastico della primaria vale, per un bambino, 8 mila ore al chiuso. "Non esiste il tempo brutto, ma quello pericoloso: quando piove, i bimbi si mettono gli stivali, le cerate e si parte ugualmente. Quando c'è allerta meteo abbiamo un'aula, a villa Rosa". Il consiglio d'istituto, poi, ha appena approvato l'acquisto di una iurta, la grande tenda che in Asia è utilizzata come abitazione, da montare nella fascia per i giorni più freddi o troppo piovosi. "La porta sarà sempre aperta, liberi di stare fuori, liberi di stare dentro. Qui non programmiamo, progettiamo: perché i programmi si ingrippano, i progetti si evolvono", sintetizza Milazzo, mentre estrae dallo zaino una matassa di corda da roccia e comincia a legarla a due alberi di mimosa e tesse un reticolo. "Il nostro tempo è il tempo della lumaca, perché per imparare ci vuole tempo", aggiunge mentre stringe un nodo.


                                                momento del  pranzo 

I bambini si avvicinano e iniziano a scalare la struttura di corde. "Solitamente il termine rischio viene associato al concetto di pericolo, racchiude però aspetti emotivi, cognitivi e sociali: accettare un rischio significa valutarlo, valutarsi e decidere se le precauzioni previste sono adeguate o se occorre mettere in atto altre misure. Il rischio si gestisce con l'esperienza", ragiona Milazzo sistemandosi i moschettoni in cintura. Le maestre Chiara e Michela posizionano un sasso, come se fosse uno sgabello, davanti a loro e gli alunni uno per volta, ci si siedono sopra. Comincia così la lezione di matematica: le insegnanti usano le dite per indicare i numeri. Il premio per chi si impegna è un batti il cinque, un abbraccio stretto, un bacio sui capelli arruffati. "L'obiettivo della prima elementare è arrivare a contare fino a 20" dice De Lucia. "Questi bambini lo fanno fino a 22, perché ogni mattina hanno imparato a contarsi, prima di partire".

Il furgone-mensa

Dalla città, arriva il suono delle campane, è mezzogiorno. Ciascuno estrae dallo zaino le posate pieghevoli, poi si mette in fila per lavarsi le mani. Lì vicino, c'è un'area pubblica per picnic, con i tavoli di legno: giunge strombazzando il furgone che consegna i pasti. Ha accettato di aggiungere una tappa, nel giro di distribuzione, apposta per la classe sul prato: "Siamo riusciti ad avere la mensa a domicilio" sorridono Chiara ed Alessandro. "Così i bimbi hanno il pranzo caldo e sono rispettate anche le diete speciali". I ragazzini chiacchierano tranquilli, pranzano gestendo posate, bicchieri, bottiglie e tovaglioli. I maestri spiegano che l'ultimo rapporto della Commissione internazionale sull'educazione per il XXI secolo all'Unesco ha evidenziato che, nel corso della vita, si debbano costruire quattro pilastri: imparare a conoscere, imparare a fare, imparare a vivere insieme e imparare ad essere. E qui, in prima A, il cantiere sembra già straordinariamente avanti.

Mentre  finisco  d copiare  le  ultime righe  di questo interessante  articolo eccone un altro     sullo stesso tema   e   sempre  dalal stessa  fonte  .  purtroppo  l'ho trovato solo cosi  










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