Un trekking di 130 chilometri lungo l'Appennino Tosco-Emiliano tra Bologna e Prato, dove l'agricoltura tradizionale incontra l'energia pulita e il riuso

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repubblica  28\12\2021

È stata inaugurata nel 2018 e nel 2020 l'hanno percorsa 4mila persone. Un buon risultato pensando alla sua giovane età e facendo un rapporto con la più vecchia Via degli Dei, considerata il cammino più camminato d'Italia, con numeri che si aggirano tra le 12 e le 14mila persone all'anno. Stiamo parlando della Via della lana e della seta, un tragitto di 130 chilometri che permette di immergersi nelle bellezze dell'Appennino Tosco-Emiliano, composto da un susseguirsi di paesaggi selvaggi, coltivazioni particolarissime, architetture medioevali e due fondovalle industriali legati alle lavorazioni tessili di Bologna e Prato, le città da cui si parte e si arriva.
"Un itinerario trekking ricco di eccellenze e tradizione, di cui Vito Paticchia è stato l'ideatore, dove si sta innescando un circolo virtuoso di operosità", confida Egle Teglia di Appennino Slow, un consorzio di cui lei è vicepresidente, che da 23 anni si adopera su diversi fronti nel territorio: organizza l'offerta, fa da tour operator e formazione, crea situazioni di animazione, mette in rete gli operatori, cercando di svilupparne le potenzialità.


Lungo il percorso c'è chi sta ricercando la possibilità di tessere la pianta della ginestra per produrre stoffe alternative alla lana, a chilometro zero, come Vieri Favini, responsabile tecnico della parte abbigliamento-moda dell'azienda tessile Lenzi. Chi ha attivato un processo di produzione che porta al recupero di materiali - altrimenti destinati a diventare rifiuti - tutti acquistati da commercianti del pratese per poi nobilitarli e trasformarli in filati pregiati. È il caso di Gabriele Innocenti che con due soci guida la Filati Omega, un'impresa che per garantirsi l'autosufficienza energetica ha da poco installato 625 pannelli fotovoltaici, diminuito l'emissione di CO2, l'uso di acqua, coloranti e derivati chimici ed entro i prossimi tre anni avrà un parco mezzi tutto elettrico o ibrido.

C'è anche chi tutela la Calvana, il grande massiccio carsico situato tra la Val di Bisenzio, la Val di Sieve e la Val di Marina e abitato esclusivamente da una natura meravigliosa, tra cui cavalli inselvatichiti più unici che rari. Come l'Associazione Salvaguardia e Sviluppo Calvana (ASSC), fondata nel 2019 dalla veterinaria Agnese Santi, con un gruppo variegato di appassionati.

Di recente Appennino Slow ha lanciato il progetto "La Bisaccia del Viandante" per dare una forte connotazione ai prodotti enogastronomici locali, valorizzando ulteriormente questa terra. Sostanzialmente il pranzo al sacco che ciascun camminatore in ogni tappa può portare con sé grazie a realtà che meritano di essere conosciute attraverso la voce di chi se ne occupa direttamente.

 

"Verdure e cereali dall'orto al mercato"

Luigi Ritacco 
"Provengo da una provincia del Sud Italia, dove il contatto con l'agricoltura è molto forte. Dopo l'università di Agraria a Bologna, avendo questa base culturale e qualche nozione più accademica, è stato abbastanza chiaro qual fosse l'obiettivo che volevo portare avanti. Sono riuscito a conquistarlo dopo 15 anni vissuti a Grizzana, covandolo. Solo tre anni fa, infatti, sono riuscito ad acquistare una vecchia azienda agricola di quasi otto ettari, a cui ho dato il nome DiMondi. La cercavo proprio con caratteristiche precise perché molto spesso la tendenza dei giovani agricoltori, come me e i miei colleghi, è quella di comprare casa sull'Appennino e poi sperare di farla diventare un'azienda, senza considerare la necessità di spazi particolari. Oggi produco ortaggi e cereali. Faccio la vendita diretta. La mia visione è di allargare l'orto, con l'aggiunta di alcune serre, per avere la possibilità di avere il prodotto durante tutto l'arco dell'anno. I cereali li trasformo con un vecchio mulino a pietra della zona. L'agricoltura è di tipo biologico certificato. Siamo presenti su tre mercati, a Marzabotto, a Sasso e a Bologna. In azienda ho una cinquantina di animali tra conigli, galline, capponi e anatre, di cui si fa anche vendita diretta. Con me lavora un ragazzo part-time, c'è anche una ragazza in aiuto nei momenti di bisogno, in più mi avvalgo di giovani che trovo con Wwoof Italia, una piattaforma internazionale di volontariato. Ragazzi che hanno voglia di fare un'esperienza di tipo agricolo e in cambio di vitto e alloggio ci danno una mano. Molto spesso mi trovo davanti a qualcuno che non ha mai visto una gallina dal vivo perché proveniente da una città. Questo ovviamente mi fa un po' sorridere, però succede. Comunque si crea una bella atmosfera. Ovviamente scegliamo dei lavori un po' più semplici per loro. Il risultato però è sempre uno scambio interessante da entrambe le parti. Loro percepiscono il valore del ciclo chiuso che è una cosa di cui ci vantiamo molto. Notano la diversità rispetto alle grandi aziende agricole dove magari c'è solo la parte produttiva, poi a un certo punto arriva un camion, si carica il prodotto e lo porta chissà dove, verosimilmente in un altro magazzino dove verrà nuovamente smistato per i supermercati".
 

"Nei miei frutteti una mela di 2mila anni fa"

Cesare Calisti 
"Sono nato a Grizzana Morandi dove risiedo tutt'ora con la mia famiglia e viviamo in maniera serena. Sono stato amministratore del comune per tanti anni. Nel 1984 decidemmo di aggiungere il nome Morandi a Grizzana, in onore a Giorgio Morandi. Qui ha dimorato per vari anni e i suoi tantissimi paesaggi famosi nel mondo ne ricordano la vita contadina. Vivo in un podere rimasto ancora come nel 900, nella frazione di Veggio, borgo antico da cui passava la via etrusca, famoso per la produzione del baco da seta e del gelso. Nella mia casa ci sono ancora le tracce dei graticci dove venivano coltivati, una parentesi doverosa per far capire il mio attaccamento a questo luogo. È un insediamento ricco di storia e anche di biodiversità per la presenza dei pomari. Attualmente promuovo il recupero di questi antichi frutteti. La punta di diamante sono le mele rosa romana, chiamate così per il colore, il profumo, nonché le origini romane. Sono arrivate da noi in 2000 anni, con una resistenza al clima che ne ha permesso la riproduzione fino ai giorni nostri. Questa specie è stata recentemente studiata all'Università di Bologna, dal professor Silviero Sansavini, massimo esperto di pomologia nel mondo. Dopo due anni di ricerca hanno certificato che è la prima mela in Italia, sorpassando la nurca, di origini campane, e dimostrandone le sue qualità organolettiche: è ricchissima di antiossidanti, polifenoli e vitamine. Nelle annate buone ne raccolgo qualche quintale. Consumata fresca è una prelibatezza. Ma si possono fare le torte di mele e i succhi che non hanno confronti e si conservano in maniera naturale. Qui ogni mese c'è un frutto, ogni settimana c'è una maturazione e lungo il sentiero si possono raccogliere direttamente dagli alberi. C'è il periosso, un'antica pera autoctona, anche questa poco conosciuta. Ma chi la mangia torna. La civiltà contadina d'altronde aveva pianificato le sue culture per avere un'alimentazione da maggio con le ciliegie fino a novembre con le castagne, passando ovviamente prima da mele, pere, ma anche uva e fichi. Tutti frutti biologici naturalmente".
 

"La nostra nuova vita tra capre e formaggi"

Federica Da Campo 
"Facevo la benzinaia, mio marito, Alessandro Barbi, il meccanico, ma abbiamo deciso di cambiare vita. Quando ci siamo conosciuti, lui viveva in un podere a Camugnano nella frazione di Trasserra, dove c'era molto spazio con vari capannoni. Aveva quattro caprette per pulire il cortile di casa, i maiali e i polli. Insomma era già improntato verso l'agricoltura. Così pensando a cosa potevamo intraprendere insieme, abbiamo deciso di sfruttare il suo podere per mettere in piedi un allevamento di capre, essendo meno costoso rispetto a un'attività con i maiali o i polli. Ci siamo iscritti al bando regionale che viene messo a disposizione per i giovani imprenditori. Mi sono insediata in azienda come legale rappresentante e sono riuscita a ottenere il premio per comprare tutta l'attrezzatura per il caseificio che abbiamo realizzato nel 2018 e farne la Società Agricola Appennino. Nel primo periodo sono andata avanti da sola con 25 capre. Poi quando abbiamo considerato fosse giunto il momento opportuno per continuare anche con la sua forza, ha lasciato il tempo indeterminato. Attualmente le capre da latte sono diventate 110. Abbiamo due varietà: le Camosciata delle Alpi e le Saneen. Alessandro le controlla, le munge, si occupa anche della pulizia, io invece della trasformazione dal latte a formaggi, yogurt e dessert. Nel 2019, in pieno lockdown, abbiamo poi aperto il negozio. Ha funzionato fin da subito perché ci siamo attivati direttamente con le consegne a domicilio, in attesa della vendita diretta e ai mercati avvenuta alla fine delle restrizioni date dal Covid. Nelle giornate calde di sole e in primavera quando c'è il fieno nei prati, le capre stanno al pascolo circa 12 ore al dì. Quando vengono munte, apriamo la porta della stalla che dà sul campo, in modo che siano libere di uscire e rientrare a loro piacimento. Anche se dobbiamo stare attenti perché qui abbiamo i lupi e le recinzioni a volte purtroppo non bastano".
 

"Abbiamo preferito l'agricoltura alla chimica"

Arianna Fabbri 

"Io e Paolo Moro, mio marito, siamo due giovani agricoltori col camice, in quanto siamo chimici entrambi. Abbiamo rinunciato al dottorato per tornare a vivere a Creda, in prossimità di Castiglione dei Pepoli, dove sono nata e cresciuta. Lui mi ha seguita dai Colli Euganei, da dove proviene, per fare la nostra produzione di piante officinali e aromatiche, che è una vera e propria passione. Pensavamo al fatto che questo Appennino ci avrebbe permesso di avere le giuste condizioni per ottenere prodotti di elevata qualità. E così è stato. Quando abbiamo iniziato questa avventura ne La Bargazzina, la nostra azienda agricola, nell'estate del 2018, avevamo a disposizione solo qualche attrezzo per lavorare e le nostre mani. Dopo il primo anno di attività siamo riusciti ad acquistare mezzi più professionali per la lavorazione dei nostri campi, ampliando la coltivazione (armeria marittima, polygonum, zucchine limone, varie varietà di peperoncino e basilico, cucamelon, erba luigia, stevia, salvia ananas, menta cioccolato, oxalis triangularis), inserendo le api e attivando l'attività vivaistica. Crediamo fortemente nel nostro territorio, per questo abbiamo deciso di aderire al marchio "prodotto di montagna". Il nostro progetto, finanziato dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), è stato da poco ultimato con un laboratorio di trasformazione dotato di impianto fotovoltaico nel quale estrarre prodotti fitoterapici, una fattoria didattica scientifica e un giardino officinale per fare scoprire la storia delle piante e lasciarsi avvolgere dai loro profumi inebrianti".

"Siamo bio da prima che diventasse di moda"

Pierluigi Poli 

"Sono un montanaro doc. Ho ristrutturato filologicamente la mia casa in pietra, nella località di Spinareccia, una borgata di Rasora, nella fascia alta dell'Appennino. Fin da giovane mi sono dedicato alla coltivazione, dopo il lavoro. Volevo mangiar sano con la mia famiglia, come si faceva un tempo. Adesso va di moda la parola biologico, ma noi in montagna siamo abituati a lavorare la terra da sempre con il concime degli animali e il cosiddetto olio di gomito. Dunque non ho mai adoperato la chimica, non l'ho mai minimamente presa in considerazione, anzi. Da quando sono in pensione mi dedico a tempo pieno alla mia attività agricola che poi è anche il mio hobby. Faccio e brigo da mane a sera. Essendo un estimatore della polenta mi sono informato che varietà di mais seminavano in questa zona, anche se qui, per la verità, va per la maggiore la farina di castagne che è stata proprio il nostro albero del pane. Ne ho trovato un tipo giallo e soprattutto uno rosso che ho piantato e si è rivelata essere una varietà mai censita prima. Attualmente alcuni semi sono arrivati nelle mani di alcuni ricercatori dell'Università di Piacenza e di Pavia, cosicché è stato inserito nel progetto RIcupero Caratterizzazione COLtivazione del Mais Antico (RICOLMA) della regione Emilia Romagna. Ma la cosa ancora più importante e bella è che mia figlia Veruska ha aperto una piccola azienda agricola con l'intenzione di trasformare la farina in biscotti. Devo dire che sono una vera delizia, piacciono molto anche ai camminatori. Al momento sta però sperimentando, in attesa dei permessi per completare l'opera con la realizzazione di un laboratorio. Qui in montagna comunque è il modo migliore per utilizzare il mais, perché non se ne può avere una grande quantità, non avendo delle grandi distese di terreno per la coltivazione. Anche la lavorazione è complessa. Lo devo stagionare e conservare su delle pertiche legato alle travi sotto una tettoia finché il tempo lo permette, per poi spostarle in altre utilizzate appositamente in due ambienti interni, mantenuti caldi con camino e stufe, in autunno quando inizia il freddo e l'umidità aumenta".
 

"La passione per le api è diventata un lavoro"

Cecilia Saccardi 
"Col mio compagno Andrea Piccioli abbiamo un azienda agricola apistica, perché siamo specializzati per l'appunto nella produzione di alveari, miele, polline, propoli. I nostri apiari sono proprio nella prossimità della via, vicino all'arrivo a Prato, nella zona di Vernio. L'idea di questa attività è nata in un momento in cui eravamo tutti e due a casa. Io, laureata in scienze naturali e con un master, non trovavo un'occupazione, Andrea, impegnato nel tessile, era stato messo in cassa integrazione. Dunque ci siamo trovati a fare questo percorso di apicoltura, innamorandocene, e grazie al premio giovani imprenditori siamo riusciti ad aprire l'azienda Società Agricola Apisticamente. Da allora la passione si è trasformata in un lavoro. All'inizio avevamo le api solo a Montepiano, dove viviamo e lavoriamo, che è un po' il crocevia di tanti sentieri, compreso lo 00 del CAI. Poi il numero è aumentato anche nelle zone limitrofe. A parte quest'anno che è stato vergognoso per l'apicoltura in generale, quindi anche per noi, gli altri sono stati ottimi sia per i classici monoflora come acacia, castagno, melata, a volte anche ciliegio, sia per i millefiori che hanno caratteristiche completamente diverse gli uni dagli altri. Nel 2020 abbiamo partecipato al concorso nazionale "Tre Gocce d'Oro - Grandi Mieli d'Italia", vincendo una goccia d'oro con il nostro buonissimo miele di castagno.


Ma la cosa interessante del miele, rispetto a tanti altri prodotti agricoli, è che è una cartina di tornasole di ciò che succede nel territorio. Parla chiaro del cambiamento climatico e delle problematiche che ne conseguono, come le gelate tardive e i lunghi periodi di siccità. La flora selvatica dei boschi, che permette di sostenere le api, ne sta accusando le difficoltà. Comunque è salubre. Lo dimostrano i test che effettuiamo random sulla nostra produzione. Finora hanno sempre avuto un esito positivo".

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