Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
replica di Gabriel Zuchtriegel Direttore del Parco archeologico di Pompei UNICITÀ I REPERTI RIGUARDANO LE ÉLITE: QUASI MAI SI HANNO NOTIZIE DEI LAVORATORI
dopo l'articolo sull'uso strumentale e propagandistico delle nuove ( o presunte tali ) scoperte a pompei riferite da il fatto quotidiano 11\11\2021 ecco sempre su fattto la replica del direttore degli scavi archeologici di Pompei
Stanza dei servi
Il Fatto Quotidiano
• Zuchtriegel*
Pompei è un luogo eccezionale e ci stupisce ancora con nuove scoperte, ma non tutti la vedono così. L’altro giorno il Fatto, a proposito della “stanza degli schiavi” scoperta a Civita Giuliana, una grande villa a nord della città antica, ha parlato di “una colata di gesso, usata per riempire i vuoti lasciati nella cenere dai materiali deperibili scomparsi (…) e tanto bastava per far parlare di scoperta eccezionale”. Certo, l’eccezionale ha sempre qualcosa di soggettivo. Quando facevo ricognizione nell’hinterland della Costa Ionica in Basilicata alla ricerca di tracce di fattorie e villaggi rurali, mi emozionavo per concentrazioni di minuscoli frammenti ceramici nei campi, che ci consentivano di aggiungere un altro sito alla carta archeologica del territorio. In questo caso, anche qualche collega addetto ai lavori aveva difficoltà a condividere il mio entusiasmo.
Lo stesso interesse scientifico per la vita quotidiana, più che per il recupero di nuovi “capolavori”, rende la stanza degli scavi una scoperta eccezionale, poiché getta luce su un mondo che ci è poco noto: quello dei ceti non elitari, degli schiavi, dei subalterni. Ricostruire la loro realtà è difficilissimo perché nelle fonti ufficiali appaiono raramente e solo dalla prospettiva dell’élite. Per questo l’archeologia è spesso l’unico modo per risalire alla loro realtà quotidiana. Ma persino le indagini di grandi ville “schiavistiche” in Italia e altrove non sono arrivate al grado di dettaglio che ora ci viene offerto dai letti e mobili della stanza scoperta a Pompei, grazie al metodo dei calchi. Oltre ad alcune anfore (la stanza serviva anche come ripostiglio) e pochi vasi posizionati sotto i letti, la materia antica è quasi del tutto scomparsa: materiali deperibili hanno lasciato un vuoto nella cinerite che il gesso ha riempito, restituendo straordinari dettagli di tessuti, corde e briglie di cuoio. Nessun “tesoro” di preziosi oggetti, per intenderci, ma uno spaccato di un mondo precario, lontano nel tempo, che è il vero tesoro che l’archeologia può regalarci.
Come tutti gli scavi promossi dal Parco archeologico di Pompei, anche quello di Civita Giuliana corrisponde a una visione integrata di tutela, conoscenza e fruizione. Nato sulla base di un protocollo d’intesa con la Procura della Repubblica di Torre Annunziata, stipulato dal ex direttore e attuale direttore generale dei Musei, Massimo Osanna, lo scavo, finanziato con fondi ordinari del Parco, ha recuperato un complesso importante, che per anni è stato oggetto di un saccheggio sistematico da parte di scavatori clandestini. Lo stesso modello, del resto, è stato applicato durante gli scavi nell’ambito del Grande Progetto Pompei sotto la direzione di Osanna: anche qui tutti gli interventi di scavo furono parte di un percorso di miglioramento della conservazione. E ciò impegnando per le indagini stratigrafiche – che portarono, tra l’altro, alla scoperta del termopolio e della “Casa di Orione” – appena il 2,7% dei 105 milioni che Stato italiano e Ue avevano stanziato per il Grande Progetto. Scrivere che i fondi siano stati “utilizzati anche per scavare, molto”, facendo in tal modo intuire che si trattasse di una deviazione arbitraria rispetto alle finalità del progetto, è semplicemente fuorviante. Anche perché la stessa Corte dei Conti ha confermato la correttezza della spesa del Grande Progetto, nonostante i tempi stretti e la complessità degli interventi di restauro e messa in sicurezza: un altro risultato, che mi sentirei di definire eccezionale. Ma di fronte al dato, scientifico o economico che sia, ciascuno giudichi secondo la propria conoscenza e coscienza.
Aveva ragione de Gregori quando cantava : un incrocio di destini in una strana storia di cui nei giorni nostri si è persa la memoria una storia d'altri tempi, di prima del motore quando si correva per rabbia o per amore ma fra rabbia ed amore il distacco già cresce ( da il bandito e il campione qui il resto del testo ) da http://blog.leiweb.it/novella2000/2012/07/09/ di Daniela Groppuso , 9 luglio 2012 - 18:24 in Vip Tv , Visti in tv Luce Caponegro ( Selen ) e Sara Tommasi Percorsi invertiti, destini che si incrociano. Luce Caponegro, in arte Selen, ex pornostar in auge negli anni ’90, si è sposata ieri. Lo ha fatto in chiesa con un vaporoso abito bianco, come tradizione impone. Una scelta che ha fatto storcere il naso a molti, indignati perché fa strano, perché “oddio, una pornostar in chiesa”, perché l’abito bianco è simbolo di purezza e illibatezza, che non sono proprio una peculiarità dell’hard core. In realtà tut
dalla nuova sardegna del 17\10\2011 di Paolo Matteo Meglio le manette ai polsi, piuttosto che una pallottola in testa. Così l’altra sera ha preferito farsi arrestare dando vita a una sorta di sceneggiata: ha rubato un furgone nel cuore della città di Eleonora, poi ha raggiunto la questura e si è autodenunciato. In verità ci aveva provato anche poco prima, confessando un furto (900 euro) messo a segno nel Lazio. Ma non è stato creduto. Così ha optato per il furgone. Il motivo del suo singolare gesto? Eccolo: finire in carcere, piuttosto che varcare da solo i cancelli del palazzo di giustizia di Cagliari. Dove dovrà presentarsi la mattina di mercoledì 22 in veste di testimone in un processo già fissato. Processo al quale voleva andare solo se scortato dalla polizia penitenziaria. Con buona ragione, tenuto conto che il protagonista di questo episodio un po’ kafkiano è Carlo Dessì, 54 anni, cagliaritano doc, malavitoso di lungo corso e forse uno dei pentiti della prima
https://www.cuginidicampagna.com/portfolio-item/preghiera/ Una storia drammatica ma piena di Amore.Proprio come dice la canzone Una storia come dicono , molti , molto commovente. Un amore simile in questi nuovi tempi non si trova più. <iframe width="982" height="721" src="https://www.youtube.com/embed/Q5GbSD_twBc" frameborder="0" allow="accelerometer; autoplay; encrypted-media; gyroscope; picture-in-picture" allowfullscreen></iframe> nuova sardegna 18 AGOSTO 2020 Era il 17 agosto 1975, il Corriere della Sera due giorni dopo dedicò una pagina alla tristissima storia, il cantante Ivano Michetti dei Cugini di campagna scrisse "Preghiera" LUIGI SORIGA SASSARI. Lui si chiamava Ettore Angioy, aveva 18 anni, era un ragazzone atletico e innamorato, con le gambe da terzino e la testa di un fantasista d’altri tempi. Lei si chiamava Jole Ruzzini, era sportiva, di una spensieratezza contagiosa, b
Commenti