Ogni volta che il tema della violenza basata sul genere si intreccia con la questione migratoria, le attiviste per i diritti delle donne sono accusate di restare in silenzio per il presunto timore di incorrere nell’accusa di razzismo. In realtà, basterebbe scorrere i comunicati presenti sulle pagine dei movimenti e di tutte le principali organizzazioni italiane, a partire dalla rete del D.i.Re ( DONNE IN RETE CONTRO LA VIOLENZA La Rete nazionale antiviolenza gestita da organizzazioni di donne che riunisce i centri antiviolenza ) per accorgersi che le femministe dicono parole chiare, di rabbia e denuncia, sull’ennesimo caso di femminicidio che – ormai è certo – ha tolto la vita alla diciottenne pakistana Saman Abbas. Ciò che non si perdona a quelle che vengono schernite come “professioniste dell’indignazione di genere” è di non sposare il frame culturalista: la violenza come il prodotto di culture o religioni non occidentali.
Questa lettura, però, ostacola il riconoscimento della violenza come fenomeno strutturale, mentre ignora la complessità determinata dall’intersezione di genere, etnia, religione, nazionalità, e finisce per offrire un alibi per non fare nulla. Infatti a destra c'è chi usa la vicenda della povera Saman Abbas per colpire "gli amici degli stranieri" oppure "le femministe". Esse devono essere Persone a cui della sorte della ragazza interessa poco, quasi nulla . È la solita banalità del male
ecco cosa ha postato Rossella Angiolini presidente della commissione per la promozione delle pari opportunità di Arezzo. (Avvocata di spicco, ex candidata sindaca). Elegante, sobria, raffinata ma soprattutto la persona migliore che si potesse trovare per descrivere il caso umano del giorno .
Ecco quindi che era era prevedibile, ogni volta che una donna \ ragazza di famiglia islamica viene ( quando non riesce a fatica ad arrivare a conquistarsi la libertà ) la libertà conquistata a fatica delle musulmane d’Italia barbaramente uccisa le iene si scatenano E poi vengono gli avvoltoi . Ed ecco che alla fine gli avvoltoi si sono buttati su Saman Abbas usandola come clava per colpire i propri avversari che in questo caso sono la sinistra (che poi, a pensarci bene, beati loro che vedono sinistra dappertutto e noi tutto il giorno tutti i giorni qui a cercarla), le femministe e di sponda anche gli amici degli “stranieri” (perché per loro Saman Abbas è morta solo perché di fede islamica, mica perché schiacciata da un patriarcato che non la voleva libera ) che sarebbero addirittura complici morali .
Mentre le notizie su Saman Abbas disegnano un finale sempre più fosco si moltiplicano gli strumentali appelli di chi urla “e le femministe dove sono?”. Domande legittime certo vista la quasi indifferenza assuefazione ( ne abbiamo già parlato precedentemente su questa pagine qui e qui ) . Ma sfugge che coloro che fanno o intersecano i loro discorsi con tali domande sono sempre gli stessi che dipingono ad ogni pie’ sospinto le femministe come delle pazze esagitate il che rende il tutto ancora più cretino e strumentale \ opportunistico . A questi ovviamente , senza generalizzare , la sorte della ragazza interessa poco, quasi niente, giusto il tempo di usarla come fionda per lanciare i loro sputi e poi tornare nelle loro tane. È la solita banalità del male.
Infatti come giustamente fa notare Giulio Cavalli sul settimanale Left ( https://left.it/ ) 9 Giugno 2021
Tra l’altro questi sono gli stessi che stanno trattando la vicenda come una “questione tra stranieri” rivendicando ovviamente la superiorità italiana (sovranisti anche nei femminicidi, che miserabile squallore) e sarebbe curioso sapere cosa ne pensino invece del fatto che Saman Abbas a novembre dell’anno scorso (era ancora minorenne) avesse chiesto aiuto ai servizi sociali di Novellara per non essere costretta al matrimonio, fosse stata trasferita sotto protezione in una comunità di Bologna, e avesse presentato una regolare denuncia ai carabinieri. Non è una storia tra “pakistani isolati”, insomma. Ci sono istituzioni, forze dell’ordine coinvolte. E non solo: l’11 aprile Saman Abbas, ormai maggiorenne, decide di tornare a casa per prendere i suoi documenti e presumibilmente trasferirsi all’estero. Il 22 aprile si presenta (di nuovo) dai carabinieri per denunciare i genitori raccontando che non le veniva permesso di prendere le sue cose, raccontando le minacce di morte a lei e al suo fidanzato pakistano.I carabinieri si presentano nella casa dei genitori di Saman Abbas solo tredici giorni dopo. Tredici giorni dopo, il 5 maggio. Non trovano più la ragazza e lì cominciano ad affiorare i sospetti e poi l’indagine. Insomma, ci sono un po’ di responsabilità anche di casa nostra, forse, no?
Tesi confermata anche dalla replica dell'eurodeputata del Pd Pina Picierno alla Lega sulla tragedia di Novellara
Poi, volendo ci sarebbe il tema vero : questa narrazione di donne \ ragazze che “vogliono diventare occidentali” con la solita boria da superiori e che invece sono donne\ragazze che vogliono essere libere, che rivendicano il diritto di dire no ad antiche consuetudini e tradizioni e che muoiono per questo. Ma del tema vero, credetemi, interessa poco agli avvoltoi ed ai politicanti nostrani .infatti trovo che l'aspetto più fastidioso e ipocrita, in questo e in altri casi come questo sia l'ostentazione e l'esaltazione della superiorità culturale occidentale residuo di teorie di : Cesare Lombroso 1835 –1909) e Alfredo Niceforo ( 1876 – 1960 ) Una ostentazione che non manca nemmeno nella sinistra, una certa parte d'essa , passa a destra sebbene attuata con maggiore eleganza risetto alla destra. E allora com'è fatta l'ostentazione di superiorità culturale della sinistra centrista ( ex DC per chi è mio coetaneo o appassionato della storia repubblicana ) ovviamente fatti salvi dei piccoli casi isolati come quello della Picierno in particolare ? È fatta di silenzi e, laddove silenziare non è possibile, è fatta di quel 'troncare e sopire, sopire e troncare' che le mette un sasso in bocca di fronte, per esempio, a casi irlandesi e canadesi, di ( limitandoci agli infanticidio ) sepolture massive di bambini in siti di impianto culturale cattolico e derivati .
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