29.9.24

Come fanno a scattare le foto le persone ipovedenti e cieche? Le tecnologie utilizzate.


Alle scorse Paralimpiadi di Parigi il fotografo cieco João Maia da Silva ha stupito tutti con i suoi scatti. Ma come ha fatto? Scattare fotografie in condizioni di cecità o ipovedenza è possibile grazie all'aiuto della tecnologia, di un assistente visivo e dei propri sensi.

 ecco     che  talke  mia  curiosità    è sta  sodisfatta  da     quest  articolo  di  https://www.geopop.it/

A cura di  Veronica Miglio

Forse questa domanda non ve la siete mai posta: ma come fanno a fare le foto le persone cieche e ipovedenti? Ebbene, dopo aver visto gli scatti del fotografo cieco João Batista Maia da Silva alle Paralimpiadi di Parigi in molti se lo sono chiesto


               IL fotografo cieco João Batista Maia da Silva in azione. Credits: Leandro Martins CPB

.Per poter fotografare le persone che hanno gravi problemi alla vista non solo si servono dei loro altri sensi (udito e olfatto soprattutto) o si servono di un assistente visivo che indica loro dettagli visivi essenziali per gli scatti. Queste persone hanno anche un grande aiuto da parte della tecnologia, soprattutto grazie all'assistenza vocale che permette di scattare fotografie e selfie con i propri telefoni e che è anche presente in alcune macchine fotografiche, permettendo di immortalare momenti memorabili in maniera nitida e precisa.
La tecnologia viene in aiuto delle persone ipovedenti e cieche: dal VoiceOver di Apple al live view delle macchine fotografiche



La modalità "live view" della macchina fotografica, che può essere molto utile alle persone ipovedenti, permette di osservare direttamente sullo schermo LCD dell’apparecchiatura l’immagine che si vuole scattare.


I cellulari degli ultimi anni hanno permesso a persone cieche e ipovedenti di scattare foto da sole grazie, ad esempio, allo screen reader VoiceOver di Apple, che rende l'app della fotocamera accessibile anche a questa tipologia di utenti. VoiceOver legge i vari pulsanti e e le opzioni mentre si trascina il dito sullo schermo (annuncia persino l'orientamento della fotocamera, così evita alla persona di scattare foto di lato), così da rendere più agevole la regolazione della fotocamera e delle sue modalità. Ma non è tutto, perché questa funzione rileva i volti e annuncia vocalmente quanti ce ne sono nell'inquadratura, per rendere i selfie ancora più semplici. E poi c'è anche la foto panoramica: l'utente sposta il telefono da sinistra verso destra, e VoiceOver lo guida in linea retta, dandogli indicazioni nel caso le mani fossero troppo in alto o in basso, così da catturare i migliori scatti possibili.
I telefoni Pixel hanno una funzione di accessibilità molto simile, la Guided Frame, che utilizza un lettore di schermo che guida l'utente attraverso una serie di passaggi per scattarsi un selfie, dicendogli dove spostare il telefono e come posizionarsi. Quando l'immagine è pronta, scatta automaticamente. Le persone ipovedenti con la passione per la fotografia spesso scelgono cellulari che oltre all'assistenza vocale hanno fotocamere ad alta risoluzione e poi ingrandiscono le fotografie sul proprio pc o sul tablet per poter osservare i dettagli.
Funzioni di assistenza vocale esistono anche su alcune macchine fotografiche professionali. Se la fotocamera ha dei sensori personalizzati alcuni fotografi con problemi alla vista possono anche decidere di scattare in lunghezze d'onda che non possono essere viste a occhio nudo (è possibile farlo persino con alcune fotocamere d'epoca). Le persone ipovedenti spesso scattano utilizzando la modalità live view (la fotocamera permette di scattare la foto mentre sullo schermo LCD si può vedere l'immagine in tempo reale) anziché il mirino, perché il primo permette di avere una visione di insieme più compatta della scena fotografata.

L'esperienza di João Maia da Silva e l'importanza dei sensi e dell'assistenza

João Batista Maia da Silva, tra i fotografi ufficiali delle Paralimpiadi 2024 di Parigi. Credits: Edu Azevedo

Qualcuno potrebbe domandarsi perché persone cieche o fortemente ipovedenti si cimentino nella fotografia se non possono poi osservare i propri scatti. Ma le risposte sono le stesse applicabili a persone che non hanno questo tipo di problemi, e si possono riassumere con l'importanza della fotografia per rievocare e ricordare di un momento particolare o di un posto speciale in cui si è stati e condividerlo con le persone care. E poi c'è anche il caso di coloro che hanno sempre lavorato nel campo della fotografia e che a un certo punto della loro esistenza la vista è svanita per un motivo o per l'altro.Questo secondo caso è quello del fotografo cieco di origini brasiliane João Batista Maia da Silva ha stupito tutti con i suoi splendidi scatti alle ultime tre edizioni delle Paralimpiadi. Maia ha perso la vista a 28 anni a causa dell'uveite che ha colpito entrambi gli occhi, ma non ha mai abbandonato la sua passione per la fotografia, e anche dopo questo grande cambiamento – nonostante la sua vista sia "come una fotografia sfocata",  per riprendere le sue parole – ha continuato a lavorare come fotografo.Già conosciuto nell'ambito sportivo per i suoi scatti alle Olimpiadi di Rio 2016 e Tokyo 2020, la sua tecnica di scatto è molto particolare: Maia si serve dei suoi sensi (in primis l'udito – sua guida principale, con cui ascolta i movimenti degli atleti – poi il tatto e l'olfatto) per percepire ciò che ha attorno a sé e direzionarsi sentendo le vibrazioni, catturando così i momenti importanti con la sua macchina fotografica. Per eventi importanti come questo si è fatto aiutare da un assistente che gli ha descritto alcuni dettagli visivi (colori, espressioni, ecc.) delle esibizioni degli atleti, e il risultato è davvero incredibile.


Una delle tante fotografie scattate da Maia da Silva durante le Paralimpiadi di Parigi 2024


La sua fotografia è una cronaca visiva, che cattura momenti fugaci e condivide emozioni, suoni e tocchi. In una intervista rilasciata a Olympics.com 


il fotografo ha affermato:La fotografia alla cieca è un modo di sperimentare le nostre percezioni, latenti in ognuno di noi. Ognuno di noi ha la propria percezione, e può essere esplorata meglio quando se ne ha l'assenza. Nel mio caso, la vista è assente, ma posso stimolare di più il mio udito, il mio tatto, il mio olfatto, il mio gusto. […] Ma soprattutto immagino, e scatto col cuore. Quando qualcuno mi chiede un consiglio sulla fotografia, rispondo così: “Prima di scattare una foto fermati, pensa, studia il luogo, senti l'energia intorno a te, la luce, gli odori. Prova a scoprire la storia dietro tutto prima di fare clic. Tutto questo compone le mie immagini”.Maia ci insegna quindi che oltre alla capacità fisica del nostro sguardo, per scattare una fotografia è ancor più essenziale saper "vedere" al di là dei propri occhi, utilizzando l'immaginazione come fonte primaria per immortalare ciò che è importante.

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