Nonostante abbia scritto : un post d'elogio e di gioia quando ho appreso che ieri ( adesso sono 48 ) la nazionale paraolimpica ha superato quella olimpica in numero di medaglie mi rendo conto vista l'impresa di Lukasz Mamczarz , che nostante il settimo posto nella gara di salto in alto, è diventato un’icona delle Paralimpiadi di Parigi che più delle medaglie sono : la detterminazione ed il coraggio quello che conta . Infatti è grazie a un gesto di forza e volontà che ha conquistato il pubblico blico.Vedendo il video ( vedere sotto ) o la sequeza fotografica di queste immagini ci rendiamo che troppo spesso ci fermiamo davanti ad un ostacolo pensando che sia impossibile da superare, ma nella realtà è soltanto un limite che ci poniamo. Complimenti a questo meraviglioso Atleta. Infatti
da https://www.msn.com/it-it/sport/other/
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Il salto che ha conquistato i cuori
Alle Paralimpiadi in corso a Parigi, il 36enne polacco Lukasz Mamczarz ha dimostrato che, più delle medaglie, sono la determinazione e il coraggio a rendere un atleta memorabile. Mamczarz, che ha perso la gamba sinistra in un incidente motociclistico nel 2009, ha partecipato alla gara di salto in alto nella categoria T63 e T42, riservata agli atleti con amputazioni sopra il ginocchio. Nonostante non abbia conquistato un posto sul podio, classificandosi settimo con un salto di 1 metro e 77 centimetri, il video del suo salto ha fatto il giro del mondo, totalizzando milioni di visualizzazioni sui social.
Il filmato
mostra Mamczarz che, con due stampelle, si avvicina alla pedana e poi le getta via, chiedendo il sostegno del pubblico. Con un’incredibile rincorsa sulla sola gamba destra, il polacco stacca e supera l’asticella, tra gli applausi entusiasti del Stade de France.
Una carriera di successi e ispirazione
Nella competizione vinta dall’americano Ezra Frech con un salto di 1,94 metri, Mamczarz era l’unico atleta senza protesi, il che lo ha reso ancora più straordinario agli occhi degli spettatori. La sua performance ha ricordato i successi della sua carriera: Mamczarz aveva già rappresentato la Polonia alle Paralimpiadi di Londra 2012, dove vinse il bronzo nel salto in alto (T42). Ha conquistato altri riconoscimenti, tra cui due bronzi ai Mondiali di atletica paralimpica e due ori agli Europei nel 2014 e 2016.
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da corriere dela sera tramite msn.com
Carlotta Gilli, la malattia e il record di medaglie: «Tre anni complicati, dopo i Giochi devo tornare in ospedale»
Carlotta Gilli, la sua Paralimpiade si chiude con cinque medaglie, come a Tokyo. Che sensazioni ha?
«Sapevo che Parigi 2024 sarebbe stata una grande sfida, diversa da Tokyo 2020, forse anche più difficile e questo ha reso tutto più straordinario».
Perché più difficile?
«Dopo l’ultima gara ho voluto prendermi del tempo e mi sono fermata a pensare agli ultimi tre anni, che sono stati complicati. Ho spesso interrotto la preparazione per girare fra ospedali, interventi, visite».
Cosa è successo?
«Mi hanno trovato un osteoblastoma alla colonna vertebrale, molto vicino all’osso, poteva essere pericoloso, anche intervenire. Ho ancora una operazione da fare nelle prossime settimane».
Non ha pensato di rinunciare? Lei ha 23 anni, a Los Angeles sarà nel pieno della maturità sportiva.
«La vita mi ha insegnato a non fermarmi davanti agli ostacoli e ho fatto il possibile per esserci. Volevo godermi le emozioni che solo il nuoto sa regalarmi».
Quindi queste medaglie pesano più di quelle di Tokyo?
«Alla vigilia nulla era scontato. Per questo, quando ero sul podio con quell’ultimo oro mi sono passati davanti questi tre anni, mi è sembrato di essere sulle montagne russe, fra cadute e risalite».
Eppure a Parigi la vasca è stata sua, non solo fra coloro che sono ipovedenti come lei: sempre a medaglia, ha vinto l’oro nei 100 farfalla e 200 misti, l’argento nei 400 stile libero, il bronzo nei 100 dorso e nei 50 stile.
«Potersi confermare con cinque medaglie è stato bellissimo, anche più che a Tokyo perché, oltre ai problemi che ho avuto, c’era il pubblico, gli amici, la famiglia. Per esserci si sono strette a me tante persone, ci terrei a dirlo».
É giusto, prego.
«La Federazione mi è sempre stata vicina. Il mio allenatore Andrea Grassini e il mio preparatore Pier Carlo Paganini mi hanno aiutato in piscina. Il personale dell’Ospedale Molinette a Torino, il professor Berguì, i dottori Martorano e Ravera lo hanno fatto dal punto di vista sanitario».
E poi c’è nonna Rina.
«Sempre presente alle mie gare. Mi dice: se ci credi, prova».
C’era tutta la sua famiglia a Parigi, e non solo. Con mamma Tiziana a papà Marco, tanti suoi amici e amiche.
«Dedico a loro quell’ultimo oro, ma anche a chi mi vuole bene mi segue da casa. Se sono riuscita a fare quello che ho fatto è anche grazie a loro, perché la vita dell’atleta non è per niente facile».
I momenti più difficili?
«La prima operazione che ho fatto nel 2022. Entri in una sala operatoria e non sai come esci. Ho capito una volta di più le priorità della vita, quanto conta la salute. Poi ne ho fatta una ad aprile dello scorso anno e a giugno avevo i Mondiali».
Vinse una medaglia d’oro, una d’argento e un bronzo.
«Mi sono detta: ho fatto un miracolo».
Parigi l’ha ripagata.
«Non solo per le medaglie e le vittorie. Anche le soddisfazioni per la Nazionale: siamo tutti amici, condividiamo tutto, anche le sconfitte. É stato come chiudere il percorso di questi anni difficili».
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