2.9.24

Oristano il burattinaio Antonio Marchi saluta il suo pubblico

Dopo 41 anni l’artista non sarà più dietro le quinte per far muovere i suoi personaggi, «ma non sarà un vero addio, dialogherò col pubblico». Il racconto di una passione che ha fatto la storia artistica recente della città

Oristano
Quello di Antonio Marchi, apprezzato artista 79enne di Oristano, non è un vero e proprio ritiro dalle scene, ma l’annuncio di un cambiamento: «Se mi chiameranno proporrò un altro tipo di spettacolo. Allestirò ancora la mia baracca, ma non andrò dietro le quinte per muovere e far vivere i miei personaggi. Semmai starò sulla scena in piedi, magari con in braccio uno dei burattini che mi aiuterà a

dialogare con il pubblico». Cappuccetto rosso non andrà più nel bosco e il principe non risveglierà più la bella addormentata. Anche Tziu Bachis non racconterà più la storia antica della Sardegna, almeno non nella baracca dei burattini che Marchi ha realizzato con le sue mani: «Ho 78 anni: la mia schiena è talmente malandata da non permettermi più di tenere le braccia in alto per far muovere i miei burattini», spiega l’artista che per quarantun’anni i burattini li ha portati in giro per il mondo. Apprezzato ceramista, pittore e scultore, diploma di maestro ceramista e insegnante in pensione, era poco più che un bambino quando, a undici anni, divenne allievo del pittore Carlo Contini e del maestro ceramista Antonio Manis. La passione per i burattini scoppia nella metà degli anni Settanta, dopo l’incontro con i burattinai Ferrari di Parma. «Restai affascinato dalla possibilità di creare personaggi e raccontare storie e favole nei teatri e per strada – racconta –. Decisi di cimentarmi anche io in quest’arte, però non ho voluto utilizzare il legno come fanno altri burattinai, ma la ceramica che è anche la materia d’arte che contraddistingue Oristano». Con la moglie Teresa, che gli sta accanto per muovere i personaggi ai quali disegna e realizza lei stessa i costumi, Antonio Marchi fonda la Compagnia Baracca e Burattini. Inizia così un’avventura che porterà la famiglia – per lungo tempo anche i figli Francesco e Renata diventano burattinai – lontano, a Madrid ad esempio, dove Antonio tiene un corso di ceramica. A Oristano e non solo, per anni i suoi burattini sono stati spettacolo immancabile per Natale, ma anche soggetti di laboratori nelle scuole. «Ho scritto trentanove racconti per burattini, dedicati ai bambini, ma anche agli adulti – racconta –. Ho riproposto storie celebri, da Pinocchio a Biancaneve, passando per la Bella addormentata nel bosco. I tre porcellini, invece, li ho ambientati in Sardegna e sono diventati “I tre porcellini a Belvì”. Con i burattini ho raccontato la storia antica, immaginando fenici e romani che incontrano e dialogano con i sardi». Non solo favole, ma anche commedie dialettali, nel copione dei burattini di Antonio Marchi che ha proposto una trasposizione di Pibiri sardu, di Antonio Garau il compianto commediografo oristanese al quale ha dedicato un centro documentale con la raccolta di scritti, foto e manifesti. Il centro documentale ha sede nella bottega di via Dritta: locali del Comune dove Marchi realizza ed espone le sue opere. «Il teatro dei burattini e delle marionette è un’arte che va scomparendo: è un lavoro difficile che prevede grande dedizione. Ci possono volere anni per realizzare uno spettacolo. E ai giovani, purtroppo, la nostra arte interessa sempre meno», dice sconsolato il burattinaio. «Mi dispiace di non aver trovato allievi ai quali passare il testimone», racconta amareggiato, ritrovando il sorriso appena un bambino si affaccia alla bottega per salutare: «Buongiorno signor Geppetto, sono venuto a vedere Pinocchio».

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