Torino, padre rifiuta la figlia anoressica: «Sei un mostro, fai impressione». Il giudice: «Per lei una vita penosa»


   dobbiamo smettere   di considerare    slo ed  esclusivamente   il femmicidio    nel significato  principale  cioè 

Il termine femminicidio (più raramente chiamato anche femmicidio o femicidio) è un neologismo che identifica i casi di omicidio doloso o preterintenzionale ...  

Ma   di usare      il   quelo  esteso    ovvero  

Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l'identità attraverso l'assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte. 

 
 Infatti   dal  https://torino.corriere.it/cronaca/    del  6\8\2021

                               di Simona Lorenzetti  

Torino, rifiuta la figlia anoressica: «Sei un mostro, fai impressione». Il giudice: «Per lei una vita penosa»



L'uomo, 65 anni, è stato condannato a 2 anni e 6 mesi per maltrattamenti. Per il Tribunale ha «infierito psicologicamente sulla difficile patologia con comportamenti incuranti»
Stravedeva per suo padre e avrebbe fatto di tutto per «rimanere la sua bambina». Nel 2008 ha 16 anni quando si ammala di anoressia. Il suo corpo si trasforma, fino a pesare 35 chili. Lui continua a rifiutarla, a dirle che è «pazza». Per anni le infligge «costanti sofferenze e mortificazioni». Quando lei si avvicina per abbracciarlo, lui l’allontana: «Sei un mostro». La spinge via, rinfacciandole di essere troppo magra: «Fai impressione». Allo stesso tempo, non esita a sfruttare l’amore incondizionato che la giovane ha nei suoi confronti «per chiederle favori». Sa che lei farebbe di tutto «per compiacerlo». Atteggiamenti, questi, che per il Tribunale di Torino configurano il reato di maltrattamenti. L’uomo, un torinese di 65 anni, è stato condannato a due anni e sei mesi di reclusione. Non solo ha infierito contro la figlia anoressica, ma anche contro la moglie: vittima di abusi psicologici e fisici.
È stata la donna, nel 2019, a denunciarlo ai carabinieri. Una decisione non facile, condivisa dalla figlia maggiore di 29 anni, l’unica capace di tenere testa a un padre aggressivo e con problemi di alcol. Il giorno in cui tutto cambia è il 30 giugno. L’uomo, che da qualche mese è tornato a vivere dalla madre, si presenta nella casa coniugale. Ha con sé una pistola, la punta contro la moglie e contro se stesso. Poi se ne va chiudendo la donna e la figlia maggiore nell’alloggio. Loro chiamano i carabinieri e lui viene arrestato per porto abusivo di arma. Emerge quindi che mesi prima la moglie lo aveva denunciato, dopo essere finita in ospedale perché lui l’aveva aggredita. Le indagini del pm Marco Sanini portano alla luce quello che ora il giudice definisce «un regime di vita particolarmente penoso, caratterizzato da notevoli sofferenze morali e fisiche».
In aula, la moglie e le figlie di 29 e 27 anni raccontano dieci anni di umiliazioni. Raccontano di un padre prevaricatore, incapace di confrontarsi in famiglia. Di un uomo che si nascondeva dietro a bugie e menzogne e che aveva portato tutti sul lastrico. A patire è soprattutto la figlia minore. Quando lei raggiunge la pubertà, lui le rimprovera di «non essere più la sua bambina» e la deride «per il peso eccessivo». La ragazza si ammala di anoressia. Il padre nega la patologia. Rifiuta l’incontro con medici e psicologi, sostenendo che sono «deficienti e incapaci». E alla figlia ripete: «fai schifo», «sei un mostro».
«Volevo spronarla a reagire», dirà l’uomo per giustificarsi. Per il giudice, che lo ha condannato,«ha agito con la consapevolezza di imporre alla moglie e alla figlia un regime di vita che le stesse non potevano sopportare». E in particolare alla ragazza, «infierendo psicologicamente sulla difficile patologia con comportamenti incuranti e improntati a moventi egoistici e approfittatori».

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