Seguendo per la prima volta in "maniera attiva e non passiva " le paraolimpiadi credevo che esse fossero solo per coloro che avevano perso uno o più arti o fosse finito in sedia a rotelle . Non immaginavo che vi partecipassero anche chi ha altri gravissimi problemi come le storie che vado a riportare sotto .
fonti
https://sportdonna.it/
https://www.marieclaire.com/it/
https://it.wikipedia.org/wiki/Assunta_Legnante
La storia magnifica di Assunta Legnante, che ha vinto il buio e le Paralimpiadi
A Tokyo 2020 gareggia la pesista e discobola italiana che nella vita ha dovuto affrontare il più tosto dei prima/dopo. Iinfatti Con il termine della stagione 2009 decide di concludere definitivamente la sua carriera a causa dall'aggravarsi dei problemi visivi (principalmente un glaucoma congenito presente fin dalla nascita) che già tempo prima le avevano fatto rischiare l'inidoneità nela cariuera pre paraolimpica .Con il termine della stagione 2009 decide di concludere definitivamente la sua carriera a causa dall'aggravarsi dei problemi visivi (principalmente un glaucoma congenito presente fin dalla nascita) che già tempo prima le avevano fatto rischiare l'inidoneità.Nel 2018 è tornata a gareggiare tra i normodotati tesserandosi con la società ACSI Italia Atletica. Il 26 maggio a Rieti, in occasione della seconda fase regionale dei campionati di società, prima gara dal rientro in FIDAL, Assunta Legnante ha vinto con la misura di 16,05 m. A Modena, il 23 giugno, nella finale nazionale oro dei campionati di società, ha vinto la gara lanciando a 16,15 m.Un prima, un dopo. Un'epifania, un evento, il caso o chi per lui modificano il corso della vita, imponendo un cambiamento cui non si era preparati. Nella vita di Assunta Legnante, da persona e da atleta dai numerosi record, quel prima/dopo è
racchiuso in un anno specifico. Sofferente fin dalla nascita di un glaucoma agli occhi, nel 2012 ha saputo che sarebbe diventata completamente cieca. Ma Assunta Legnante, atleta azzurra specializzata nella disciplina del lancio del peso, ha sempre avuto una luce dentro, quella di chi non si arrende mai, quella che ogni sportivo custodisce per irradiare il podio mentre riecheggia l’inno di Mameli. L’ultimo successo dorato di Assunta, 40 anni, è recentissimo: agli Europei paralimpici di Berlino, la pesista nata a Napoli – ma ascolana d’adozione – ha fatto cadere il peso tre metri più avanti della seconda classificata (15,85 metri):«Se ti fai prendere per mano dal buio puoi scoprire un altro sole» dice la campionessa, che per la sua potenza nelle braccia è soprannominata “cannoncino”. Una donna imponente, la cui altezza raggiunge i 190 centimetri. Si era tolta diverse soddisfazioni anche quando le ombre non avevano ancora preso il controllo dei suoi occhi, quindi da normodotata, vincendo l’argento ai Campionati europei di atletica leggera a Vienna (2002) e il titolo europeo a quelli di Birmingham (2007). Ha partecipano anche alle Olimpiadi di Pechino del 2008.Quando le hanno comunicato che non avrebbe più visto non solo la gente che era solita applaudirla dagli spalti, ma anche il volto dei propri cari, la prima reazione di Assunta è stata: «Mi iscrivo ai Giochi paralimpici di Londra». Da quel momento è iniziata la sua vita nova, più complicata ma ricca di gratificazioni; due titoli mondiali in bacheca, gli ori olimpici a Londra e Rio de Janeiro. «Mi sono abituata a tutto, la grande differenza è la mancanza di autonomia, solo quando sto in pedana torna l’indipendenza» ammette la Legnante, elogiando la preziosa e costante vicinanza di Nicola Selvaggi, suo mentore ed ex commissario tecnico della Nazionale Italiana Lanci: «Mi ha trasmesso un patrimonio tecnico enorme, debbo quasi tutto a lui».Assunta è una perfezionista, al punto che all’ultimo oro di Berlino avrebbe aggiunto volentieri una misura migliore, considerando che recentemente era tornata a lanciare il peso oltre i 17 metri. Dalla sua Porto Potenza, città in cui vive, è già concentrata in vista dei Mondiali del prossimo anno a Dubai e alla Paralimpiadi di Tokyo 2020. Le sue medaglie più belle? Suo marito Paolo e i loro due figli: «Paolo ha trovato lavoro come gommista, ma ogni giorno fa 30 chilometri ad andare e 30 a tornare. Non è una situazione facile, anche per accompagnare i bimbi a scuola (Michael, 7 anni e Nicole di 6), sono un po’ sola, ma la mia società mi ha aiutato spesso portandomi agli allenamenti».
Il calvario di Mehrzad, il gigante delle Paralimpiadi cresciuto troppo: alto 2.46 per una malattia
Morteza Mehrzad, seconda persona vivente più alta del mondo con i suoi 2.46 metri, è una delle stelle delle Paralimpiadi. Il classe 1987 è il punto di forza della nazionale iraniana di pallavolo, ovvero sitting volley. La sua altezza è legata all’acromegalia, ovvero una malattia che a causa dell’eccesso di ormone lo fa crescere a dismisura.
Un vero e proprio gigante. Morteza Mehrzad, seconda persona vivente più alta del mondo con i suoi 2.46 metri, è una delle stelle delle Paralimpiadi. Il classe 1987 è il punto di forza della nazionale iraniana di pallavolo, ovvero sitting volley. Medaglia d'oro a Rio 2016 spera di centrare il bis anche a Tokyo, E pensare che il suo ex allenatore e scopritore lo ha conosciuto solo grazie ad un servizio televisivo. Morteza Mehrzad già in occasione della cerimonia d'apertura dei Giochi Paralimpici ha conquistato la scena svettando sugli altri atleti iraniani. Anche quando è sul parquet per giocare a pallavolo (che nella sua versione paralimpica si gioca da seduti, stando a contatto con la superficie di gioco) la differenza di altezza rispetto a compagni e avversari è impressionante. 2.46 i metri d'altezza per l'atleta che è secondo al mondo solo al turco Kösen, alto 2.51 metri. La sua è una storia molto particolare. Mehrzad soffre di acromegalia, ovvero una malattia che a causa dell'eccesso di ormone della crescita, lo fa crescere a dismisura (con aspettative di vita purtroppo ridotte). Dal 2003 la sua crescita è diventata esponenziale e a causa di una caduta in bicicletta in giovane età ha rimediato un grave infortunio che ha di fatto bloccato lo sviluppo della gamba destra, di 15 centimetri più corta ora di quella sinistra. Per questo Morteza ha bisogno di una stampella per poter camminare. La sua passione è la pallavolo, sport che può praticare anche grazie alle manone lunghe poco meno di 30 centimetri. Anche da seduti il vantaggio rispetto agli avversari è notevole e a giovarne è l'Iran della pallavolo che a Rio ha conquistato la medaglia d'oro nelle Paralimpiadi. L'obiettivo è quello di centrare il bis in Giappone. L'ex ct della nazionale Alireza Moameri ai microfoni di Focus ha rivelato di averlo scoperto grazie ad un servizio televisivo: "Inizialmente ha detto di no, poi siamo andati nella sua città per convincerlo. Non voleva, ci sono voluti 5 mesi". Il suo attuale coach invece sa di avere a disposizione una risorsa capace di fare la differenza: "Quando l'ho visto per la prima volta, sapevo di aver trovato una risorsa per la mia squadra perché l'altezza è importante nel sitting volley".
DAL SITO UFFICIALE DI PARALYMPICS CREDITS ⒸAFGHANISTAN NPC
Ha 23 anni, un sorriso rotondo, il velo ben aderente alla testa. L'unica foto che circola la ritrae in allenamento sul tappeto del taekwondo paralimpico, la sua disciplina sportiva. Zakia Khudadadi prima atleta paralimpica dell'Afghanistan, e prima donna a qualificarsi per la competizione internazionale di massimo prestigio nel suo sport, le Paralimpiadi di Tokyo 2020. Ma non ci andrà, la delegazione afghana ha rinunciato ufficialmente a partecipare ai Giochi Paralimpici: la presa della capitale Kabul da parte dei talebani ha impedito la partenza degli atleti fissata per lunedì 16 agosto, il giorno in cui l'aeroporto è stato invaso dalle persone che hanno cercato di imbarcarsi su quanti più aerei civili o militari possibili, pur di scappare dal paese. Le speranze paralimpiche dei due atleti afghani Zakia Khudadadi e Hossein Rasouli sono rimaste a terra, nonostante i tentativi di assicurarsi un volo, anche esoso, per portarli in Giappone. "Questa situazione ha lasciato la nazione senza parole, ha distrutto tutti i sogni di pace e prosperità" ha commentato il capo delegazione Arian Sadiqi sul Telegraph. Le preoccupazioni adesso riguardano l'incolumità dei due atleti, Hossein Rasouli, discobolo paralimpico che ha perso il braccio sinistro per lo scoppio di una mina, ma soprattutto Zakia Khudadadi. Donna, giovane, atleta, simboleggia l'indipendenza femminile (e umana) che il regime talebano punta a estirpare o vietare. "Mi si spezza il cuore a pensare a tutti questi anni di lavoro per dare visibilità alle donne, e ora devo dire alle mie donne in Afghanistan di tacere e scomparire. Le loro vite sono in pericolo" ha commentato al Washington Post Khalida Popal, direttrice della nazionale di calcio femminile in Afghanistan, che vive in esilio a Londra dopo le minacce di morte ricevute.
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La storia di Zakia Khudadadi, 23 anni, dalla provincia di Herat, è quella di una generazione di talenti nuovi che si trova per la prima volta di fronte a temute restrizioni di regime. Disabile dalla nascita, ha scoperto il taekwondo da ragazzina grazie alle Olimpiadi, viatico prezioso di rivelazioni sulle discipline sportive meno conosciute o raccontate. Ad affascinare la ragazzina sono le imprese olimpiche di Rohullah Nikpai, taekwondoka afghano, primo e unico sportivo del paese ad andare a medaglia alle Olimpiadi: nei giochi di Pechino 2008 e Londra 2012 ha vinto due bronzi, un vero e proprio record per l'Afghanistan che nelle sue 14 partecipazioni complessive ai Giochi ha vinto solo con lui. Sulla scia dell'eroe sportivo nazionale, Zakia Khudadadi esprime il desiderio di imparare il taekwondo. "Mi ha ispirata, ho deciso di fare questo sport e per fortuna, la mia famiglia mi ha sostenuta" ha raccontato l'atleta paralimpica afghana al sito ufficiale Paralympics. Non è così scontato, o tantomeno semplice, apprendere una disciplina simile quando sei una ragazza con disabilità, per di più in un paese dalla storia contemporanea complicata. Lo sport femminile è timidamente esploso, le ragazze possono allenarsi liberamente e condividere gli spazi con i ragazzi in palestra. Il talento di Zakia Khudadadi si rivela quando è appena maggiorenne, nel 2016, e vince una medaglia d'argento ai campionati africani di para-taekwondo in Egitto, finora il suo migliore risultato.
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Per attrezzature e strutture dove allenarsi, la situazione in Afghanistan non sembra migliorare col tempo. I fondi sono minimi, risicati, servono a malapena alla manutenzione degli impianti. Atleti e atlete si arrangiano come possono, senza mollare un colpo: si allenano nei parchi, nei giardini, nei garage, ovunque riescano a trovare lo spazio necessario per praticare la propria disciplina d'elezione. La complessa emergenza sanitaria mondiale peggiora ulteriormente il quadro, la chiusura delle palestre e delle rare piscine è un colpo enorme. Zakia Khudadadi non molla, nonostante il Covid-19 le precluda le qualificazioni regolari alle Paralimpiadi di Tokyo ottiene fortunatamente una wild card all'ultimo, categoria K44 (riservata agli atleti con amputazioni o perdite di funzionalità alle braccia, o mancanza delle dita dei piedi che impediscono di sollevare il tallone): "Ero emozionatissima dopo la notizia della wild card per gareggiare ai Giochi. È la prima volta che un'atleta donna rappresenterà l'Afghanistan, sono molto felice". Questo è il suo successo, fortemente simbolico, una sorta di riscatto umano per il paese e per se stessa. Ha a disposizione appena due mesi per allenarsi a dovere, si mette d'impegno col sogno di Tokyo, sa di poter rappresentare la nuova generazione di atlete, le donne, e le persone con disabilità dell'Afghanistan. Ci tiene a sfilare sotto la bandiera del suo paese. "Stavamo facendo la storia, Zakia poteva essere un modello per le donne del suo paese" ha dichiarato al Guardian Arian Sadiqi. Per ora, la storia felice ha sospeso la rotta.
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