28.8.18

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CRONACA » TETI

Romina Cambedda, vice sindaco di Teti e cieca a vent'anni: la volontà oltre gli ostacoli

Martedì 21 Agosto alle 12:21 - ultimo aggiornamento alle 19:35

Romina Cambedda
I suoi occhi non vedono la persona con cui parla. Eppure il suo sguardo penetra fino al senso profondo della vita. Romina Cambedda, 31 anni, non è una che si ferma davanti agli ostacoli. Non vedente dai vent'anni, dottoressa in Scienze politiche, in procinto di laurearsi per la seconda volta (Giurisprudenza), è vice sindaco di Teti. E tante altre cose.
Una forza di volontà e una pace interiore fuori dal comune: sono le prime sensazioni che si provano davanti a lei. Romina trasmette sicurezza, entusiasmo per la vita. Ma non è sempre stato così. "Quando avevo 3 anni - racconta a L'Unione Sarda - mi è stato diagnosticato il diabete mellito e poi una malattia rara che porta gradualmente alla cecità. Il periodo dell'adolescenza è stato quello più critico, non mi accettavo e allo stesso tempo non riuscivo a inserirmi e soprattutto ad affrontare il problema".
Doloroso il percorso fino all'accettazione e alla consapevolezza che la vita è il bene più importante. "A vent'anni ho perso completamente la vista e stavo veramente male. Devo ringraziare la mia famiglia e gli amici, che mi hanno dato la forza, mi hanno aiutata a non rinchiudermi in me stessa, ad uscire e ad essere d'esempio".
Un'altra immagine di Romina Cambedda
Per Romina Cambedda è stato importante il confronto con gli altri, con i loro problemi e dolori. "Ora ad essere sincera, posso dire di vedere più di prima, perché ho la sensazione di riuscire a cogliere tutte le cose più belle e il senso profondo della vita".
Grazie all'Istituto dei ciechi Romina ha imparato poi a muoversi nel mondo. E un plauso, raro di questi tempi, va alla Sanità pubblica: "Il sistema sanitario fa tanto per le persone con problematiche come le mie, e ci consente di vivere al meglio".
Da circa un anno Romina è vice sindaco di Teti. Nel suo pantheon politico ci sono Aldo Moro ed Enrico Berlinguer. E molto entusiasmo per la nuova esperienza. "Fare politica è impegnativo - afferma - ma mi piace tanto. I colleghi più esperti mi aiutano e stando sul campo ci si accorge che dalla teoria alla pratica è un mondo totalmente diverso".




L'Unione Sarda.it » Cronaca » Una vita a far nascere bebè: Capoterra, nonna Marina compie 101 anni
CRONACA » CAPOTERRA
Una vita a far nascere bebè: Capoterra, nonna Marina compie 101 anni
Oggi alle 15:00 - ultimo aggiornamento alle 17:03


Marina Cocco assieme al sindaco di Capoterra

Grazie alla sua memoria invidiabile riesce a raccontare ancora gli episodi più significativi della sua vita, come quando, durante la Seconda guerra mondiale, salvò il marito dal plotone di esecuzione.
O quando nel cuore della Barbagia veniva prelevata dai banditi in piena notte per accudire le loro donne partorienti.
Grande festa a Maddalena spiaggia per i 101 anni di Marina Cocco, la nonnina che durante la sua lunga carriera di ostetrica ha fatto nascere centinaia di bambini.
Nonna Marina, che vive con la sua unica figlia, Giuliana Teresi, e il genero, Paolo Ena, ha ricevuto la visita del sindaco, Francesco Dessì, che le ha donato una targa a nome di tutta la cittadinanza.

                 "Alla forza preferisco la testa": Adriana Cammi, "regina" della Mobile di Cagliari

Domenica 05 Agosto alle 15:54 - ultimo aggiornamento alle 18:07

Adriana Cammi, capo Reparto Mobile di Cagliari
Mettiamola così: la prima donna in Italia alla guida del reparto più muscolare della polizia non è esattamente come te l'aspetti. Adriana Cammi ha un garbo fuori dal comune ed è capace di regalare sorrisi enormi con i quali si prepara a dirigere una truppa di soli uomini. Protagonista della rivoluzione annunciata da Franco Gabrielli nell'aprile scorso con lo storico ingresso delle donne nei reparti riservati ai maschi, sembra non curarsi troppo di questo primato. Modesta fino all'umiltà, pensa solo a mettersi subito al lavoro.
Sa che la chiamano the queen, la regina?
No, a giudicare dallo sguardo sbalordito, non lo sospettava nemmeno. Sgrana gli occhi verdi, ci pensa un po' su e si compiace quel tanto che basta. "Mi sembra comunque un apprezzamento".
Nata (in casa) a Quartu, nel 1963, due figli e una sfida senza precedenti in Italia.
Quanti agenti guiderà?
"Il reparto è composto da 150 uomini e due impiegate civili".
Come ci si sente a essere la prima in Italia a rivestire il suo ruolo?
"Sono molto lusingata ed emozionata perché è una grossa responsabilità anche nei confronti di tutte le altre colleghe".
La celere è la sezione più muscolare della polizia. Ha scelto lei di dirigerla?
"Diciamo che mi piace mettermi in gioco. A Cagliari c'era un avvicendamento naturale e ho cercato un incontro tra la mia disponibilità e il momento storico che l'amministrazione stava vivendo".
Qualcuno dei suoi colleghi avrebbe voluto il suo posto?
"Non lo so".
Il primo obiettivo come dirigente?
"Prendere conoscenza delle peculiarità dell'ufficio, diventare padrona della materia e cercare di dirigerlo al meglio".
Cosa significa per una donna fare ordine pubblico?
"Ha lo stesso significato che ha per un uomo. Non leggo questa differenza. Certo, è un contesto operativo imprevedibile con situazioni che evolvono continuamente".
Conta di più la testa o il fisico?
"Sicuramente la testa. Poi è chiaro che c'è una presenza fisica, ma quella possono averla anche le donne. Servono soprattutto doti strategiche, equilibrio, buon senso, capacità di organizzazione e tecnica".
Ha mai picchiato qualcuno?
"Per carattere sono più portata alla mediazione".
Mai avuto paura durante il servizio?
"No, forse è stata fortuna, ma non mi sono mai trovata in contesti simili".
Una donna può essere più forte di un uomo?
"Sì, tutto dipende dalle caratteristiche individuali".
Come si fa rispettare dai suoi sottoposti?
"All'inizio ero preoccupata dal fatto di avere un carattere docile e amichevole. Poi ho capito che con il sorriso e le buone maniere si ottiene di più che con atteggiamenti duri e autoritari. Penso di essere una brava persona".
Se non fosse riuscita a fare la poliziotta cosa avrebbe fatto?
"Avrei studiato per il concorso in magistratura".
Il momento più difficile della sua carriera?
"Non ho un ricordo particolarmente difficile. Ci sono tanti momenti in cui ti capitano delle cose che ti mettono alla prova".
Quindi non ha mai pensato di mollare?
"Mai".
Come si concilia il suo ruolo con quello di madre?
"È un lavoro impegnativo, come tanti altri. Faccio come tutte le donne che gestiscono una famiglia. Forse è solo un pochino più difficile rispetto ai maschi, ma si può fare grazie alla forza che i figli ti trasmettono".
Dopo cosa farà?
"Preferisco darmi un obiettivo alla volta. Ora devo concentrarmi su questo".
Ha mai detto no a un superiore?
"Non dico mai dei no netti. Quando non sono d'accordo cerco di convincere gli altri e, normalmente, ci riesco".
Ha mai rifiutato di eseguire un ordine che non condivideva?
"Diciamo che l'ordine legittimo deve essere comunque eseguito".
                                             Mariella Careddu

CULTURA » TERRALBA

Dina Pala, l'artista di Terralba: "Tutto è nato da una sfida"

Giovedì 21 Giugno alle 15:02

Dina Pala
Un affascinante viaggio a Terralba per incontrare Dina Pala, pittrice e scultrice che realizza opere molto particolari e che fa parte di un nuovo movimento artistico, il "fluttuismo". Il suo ritratto realizzato dal nostro lettore Alessio Cozzolino.
***
Dina Pala, una simpatica signora attempata, dalla statura minuta, il volto ben delineato, le mascelle possenti, gli occhietti scuri, non sembra, almeno in apparenza, la settima artista al mondo: ha la vaga aria di una Miss Marple di paese.
Invece, l’apparenza inganna.
Pittrice e scultrice ottantacinquenne sarda, vive a Terralba, in provincia di Oristano. La sua, una casa seicentesca, un raro frammento storico in un quartiere relativamente giovane, è un’abitazione museale.
Per scoprire Dina e il suo talento, non si può non andare a farle visita.
Nelle giornate di Monumenti Aperti, tra il 26 e il 27 maggio 2018, la sua bella "domu" è stata resa visitabile al pubblico. Decine le persone che, incuriosite dalla magnifica mano della pittrice e scultrice, hanno colto l’occasione per incontrare dal vivo l’artista e "saggiare" la sua tecnica.
"È una gran soddisfazione - spiega - poter vedere i propri lavori apprezzati". Dina ha raggranellato un grande tesoro: 227 sono le opere da lei fatte ancora in suo possesso, così ripartite: 157 pitture e 70 sculture.
"Non è nato tutto l’altro ieri - si giustifica - ma da 75 anni di vita 'da pittrice e scultrice'. Dipingo e scolpisco da quando avevo 10 anni".
Nella sua "domu" regna un atavico silenzio, interrotto ogni tanto da un lieve cicaleccio proveniente dall’esterno. A rompere davvero la quiete profonda della casetta, però, ci pensano i quadri, che rappresentano spaccati di vite quotidiane delle donne e degli uomini del suo paese, amanti, nudi, giochi tra fanciulli, unioni familiari: vere e proprie opere eloquenti.
A questi, che cambiano di forme e dimensioni, colori e tecniche, si affiancano le statue, non secondarie nella vita della terralbese, che infatti ha cominciato ad affacciarsi al mondo dell’arte con le sculture. "Precisamente - spiega - con la realizzazione di un presepe in argilla".
E tutto per "colpa" di una sfida: gira un curioso aneddoto circa l’iniziazione artistica di Dina. Pare che, da giovanissima, abbia ingaggiato una sfida con una sua amica: chi delle due avesse realizzato il più bel presepe avrebbe ottenuto un riconoscimento. Mentre l’amica andò a comprarsi le statuette preconfezionate, Dina si avventurò in campagna alla genuina ricerca di argilla e vinse quindi la competizione.
L’arte dell’ottantacinquenne ha presto varcato i confini nazionali, espandendosi perfino negli altri quattro continenti, finendo quindi nelle case di collezionisti stranieri. È infatti l’unica interprete di un movimento artistico nuovo: il fluttuismo, nato da una personale visione del futurismo, riconosciuto nel 1999 a New York per l’Art Expò.
I soggetti che sta rappresentando, in questo momento, sono tipici dei canoni bocciani, in cui le linee flessuose si avviluppano in sfondi dai colori mozzafiato, fino a creare particolari forme geometriche, animali, umani.
"Piacciono tantissimo, specialmente ai giovani. Sai?". E aggiunge: "Un pittore deve sempre sperimentare e studiare per non rimanere indietro".
Dina lo ha sempre fatto: dopo la formazione dell’obbligo, da autodidatta ha costruito la sua carriera. Come? Da uditrice, ha frequentato lezioni di pittura e scultura presso le Accademie di Venezia e Firenze. A Parigi, grazie a un certo Maurice, venne introdotta nel mondo dell’arte di Ville Lumiere. E proprio in questo periodo ebbe la fortuna di conoscere il cubista Picasso. "Averlo incontrato mi ha lasciato strane sensazioni - racconta - ma la parte migliore è stato vederlo lavorare, con tanto ardore e zelo".

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