Lingua dei segni per abbattere il silenzio Una giornata a scuola e un cortometraggio dedicato alla Lis L’esperta: «È importante favorire tutte le forme di comunicazione»

Le storie e i racconti di persone sorde e sordo mute La riflessione sui pregiudizi verso l’insegnamento a scuola

Di Giorgia meloni [ da non confondere con l'omonima ministra ] frequenta il Liceo De Sanctis Deledda a Cagliari

Una giornata dedicata alla Lis, la Lingua italiana dei segni. È stata organizzata presso l'Istituto secondario della scuola di via Meilogu e le classi del Liceo linguistico De Sanctis Deledda hanno potuto incontrare dei docenti: l’obiettivo era quello di sensibilizzare lo studio di questo mezzo di comunicazione per chi è sordo o sordo muto. In seguito a quest'incontro, 20 alunni selezionati tra 7 classi del Linguistico avranno la possibilità di fare alternanza scuola lavoro (Pcto) per avvicinarsi a questo mondo. La prima parte della giornata formativa e informativa è stata caratterizzata dalla proiezione del cortometraggio “Con la S maiuscola - Lingua cultura e identità sorda" introdotto dal



docente di lingua francese Pio Bruno. Il corto presentava storie e testimonianze di persone sorde che comunicano per mezzo della Lis da anni. Molti hanno raccontato le battaglie e difficoltà quotidiane che deve affrontare una persona sorda. Dopo la visione del cortometraggio, tutti gli studenti presenti hanno potuto avere la possibilità di parlare con la docente di Lis Alessandra Mura, una donna sorda che ha partecipato alla realizzazione del cortometraggio e che ha risposto alle domande dei ragazzi con l’ausilio dell’interprete dell'associazione Inmedizione Maria Paola Casula, che traduceva ciò che dicevamo in Lis. Al termine dell’incontro, ho avuto la possibilità di scambiare qualche parola con la professoressa Alessandra Mura, farle delle domande sulla sua esperienza e approfondire il suo pensiero sull’atteggiamento generale verso la Lis. Professoressa Mura, a che età ha imparato la lingua dei «L’ho imparata dopo i diciotto anni perché io stessa ho ricevuto un’educazione oralista ma non per scelta dei miei genitori. Mia madre e mio padre furono convinti dai medici a non usare la lingua dei segni». Ritiene che già da piccoli sia necessario imparare la Lis? «Non sempre, dipende molto dalla famiglia. Sono i genitori i primi a scegliere che cosa insegnare al bambino, se l'italiano oppure la lingua dei segni oppure entrambe: questa è la scelta migliore, permettere al bambino di imparare sia l’italiano parlato e scritto sia la lingua dei segni. Spesso però la Lis è poco conosciuta e molti hanno pregiudizi per motivi storici, per cui sono molto ostili verso la lingua dei segni. Adesso le cose stanno cambiando e cambieranno ancora». Che cosa si sente di dire a chi reputa il linguaggio dei segni poco importante? «Non capisco l’ostilità verso la lingua dei segni. Io penso che tutte le lingue siano belle e vadano conservate, per quello in questo periodo si parla molto anche di salvaguardare le lingue minoritarie e la lingua dei segni è una di quelle. Per le persone sorde la lingua dei segni è fondamentale, si tratta di un canale per loro funzionale e che favorisce la comunicazione e dunque l’integrazione». Quest’ultimo concetto lo condivido in pieno, la lingua dei segni come qualunque altra va rispettata perché favorisce la comprensione tra le persone e rompe l’isolamento delle persone che soffrono di disabilità uditive. Alcune scuole italiane, dopo il riconoscimento ufficiale della Lis da parte del Parlamento, hanno deciso di introdurre l’insegnamento alle Medie.

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