Era caduta ai Trials, una compagna le ha ceduto il posto: "Lo meriti più di me". Ed è diventata la prima pattinatrice afroamericana a vincere una medaglia ai Giochi
PECHINO. Si è capito subito, al via, che aveva qualcosa di speciale. Dinamite nelle gambe, passi che divoravano il ghiaccio e facevano sembrare normali campionesse asiatiche, russe, canadesi. Cinquecento metri tutti d'un fiato: Erin Jackson è la nuova
Erin Jackson dopo aver vinto l'oro (ansa) |
C'è umanità anche ai Trials, la spietata selezione tra chi va alle Olimpiadi e chi non ci va, perché è finito terzo o quarto ma magari è il migliore del mondo. Quello che pensava Brittany Bowe, quando era appena finita la gara decisiva di Milwaukee ed Erin era fuori squadra. Punita da una scivolata, nonostante un ruolino di marcia internazionale da numero uno. Può succedere, succede qualche volta a Erin Jackson perché è nata sui pattini a rotelle e ancora adesso confida: "Ho ancora un po' di paura quando vado sul ghiaccio, non ho una fiducia totale in me stessa, nelle lame e nella gente attorno a me".
Ma è una fuoriclasse, diventata la prima afroamericana nella squadra Usa alle scorse Olimpiadi nonostante si sia allenata solo quattro mesi sul ghiaccio. Forse il Cio dovrebbe ammettere alle estive il pattinaggio a rotelle, se è capace di sfornare campioni del genere, altro che break dance. Però la situazione è questa, e ai Trials una lieve indecisione costa il posto a Erin. Qui interviene Brittany Bowe, che s'è qualificata ma sa di non valere quanto la compagna, quindi rinuncia: "Nessuno è più
Valentino Caputi, 17 anni, ai Mondiali di Cortina 2021 |
meritevole di lei di avere l'opportunità di dare una medaglia al Team Usa". Ci ha visto lontano. Rovina la favola dire che poi in un complicato gioco di riallocazioni gli Stati Uniti hanno guadagnato una quota in più, restituita a Brittany che ha corso ed è finita 16ª? Il senso del gesto rimane. Erin Jackson riporta in alto una squadra che non vinceva più da dodici anni (zero medaglie a Sochi), Brittany Bowe vince il premio Olympic Spirit, urlando per spingere la compagna in pista "stavo quasi per morire". I lucciconi sono permessi. La chiamata è arrivata a Olimpiade iniziata : “Valentino, sei convocato, vieni a Pechino”. Il 9 febbraio Valentino Caputi è atterrato sul suolo cinese con sua madre Simona e con i suoi sci. Da Roma a Yanqing col cuore in gola. Romano del quartiere Trieste, 17 anni, studente del quarto liceo scientifico Azzarita, papà italo-brasiliano, madre maestra di sci, tesserato per la polisportiva SS Lazio, Valentino gareggia per la federazione del paese sudamericano, di cui ha la cittadinanza. Sotto la bandiera verde oro Caputi ha già partecipato ai Mondiali di Cortina e a Pechino è arrivato “grazie” alla positività al Covid del titolare Michel Macedo. Una passione nata a Ovindoli e Campo Felice Valentino ha ereditato la passione per la neve dalla mamma, Simona Frigeri, e ha cominciato a sciare sulle piste appenniniche di Ovindoli e Campo Felice, per poi passare sotto i colori della polisportiva biancoceleste. Nel frattempo suo padre Gianluca, yacht designer, ha scoperto l'esistenza di un progetto della Federsci brasiliana a favore dei giovani europei che hanno anche la cittadinanza del Brasile e da qui è nata l'avventura olimpica. “La chiamata non è stata improvvisa” spiega papà Gianluca, “negli ultimi mesi abbiamo fatto tutto il necessario, tra preparazione, tamponi, tutto davvero per essere a puntino per l’obiettivo olimpico. Tutta esperienza, naturalmente, nessuna velleità, e poi scenderà con un pettorale talmente alto che ho dovuto fare l’abbonamento a Eurosport, che trasmette la gara per intero. Ha un’emozione incredibile addosso, non ce lo aspettavamo più, il nostro obiettivo era Milano-Cortina 2026. È partito con sua madre, nei prossimi giorni andrà al Villaggio, per ora è in hotel. Nei mesi scorsi ha partecipato a diverse gare del circuito Fis tra Solda, Santa Caterina Valfurva, Alleghe e l’Abetone, è campione regionale di slalom, deve guadagnare tanti punti per entrare nel giro di Coppa del Mondo. Ha ancora tanto da imparare ma intanto ci godiamo l’atmosfera olimpica”.
Pechino 2022, l'ultimo uomo in piedi: 20 anni fa l'oro olimpico di Steven Bradbury nello short track
Nel 1995 però subisce un gravissimo infortunio: il pattino di un avversario gli lacera l’arteria femorale ed è costretto a 18 mesi di riabilitazione. Cinque anni dopo è costretto a fermarsi ancora per una frattura al collo ma Bradbury non demorde e si presenta ai Giochi di Salt Lake City. Da outsider supera la propria batteria, i quarti di finale e le semifinali ma sono gli ultimi secondi della finale che lo hanno reso famoso in tutto il mondo.
Giuliano Razzoli: "In slalom senza paura, mi sento ancora vivo"
PECHINO. Riecco Razzo. Dodici anni dopo l'oro a Vancouver. "Cosa direbbe il Razzoli del 2010 al Razzoli del 2022? Goditela, perché non ne farai più tante". Eppure a 37 anni sembra il Giuliano migliore di sempre.
Quattro top ten in sei slalom in questa stagione, per l'emiliano di Villa Minozzo. Un podio (3°) con lacrime a metà gennaio a Wengen, sei anni dopo l'ultima volta (2° sempre a Wengen). Dal titolo in Canada a questa sua terza Olimpiade (non si qualificò 4 anni fa) una via crucis di infortuni che lo hanno costretto a ripartire da Coppa Europa e gare Fis per risalire verso la cima. A lui e ai suoi giovani eredi, Alex Vinatzer, 22 anni e Tommaso Sala, 26, l'ultima chance dell'Italia al maschile dopo lo zero della velocità e l'illusione perduta del gigante con Luca De Aliprandini, uscito nella seconda manche in una giornata tormentata dalla neve e dalla scarsa visibilità. Tra i pali stretti si corre il 16 febbraio (nella notte italiana, prima manche alle 3.15, seconda alle 6.45).
Primo impatto con i Giochi di Pechino?
"Non sembra neanche di essere alle Olimpiadi, è davvero atipico, tutti chiusi nella bolla. È strano, il contorno sarà difficile che lasci le stesse emozioni di Vancouver di cui mi ricordo tutto. Ma alla fine la medaglia peserà come le altre e ci concentriamo su quello".
A giudicare da questa stagione, sembrerebbe molto concentrato.
"Sto bene, riesco a esprimere la mia sciata, paga la continuità del lavoro degli ultimi due anni e mezzo senza intoppi fisici, tranne il Covid l'anno scorso: 20 giorni fermo, per recuperare la condizione fisica è stata dura, non ho più vent'anni".
Può essere anche un vantaggio?
"L'esperienza aiuta, gestire i grandi eventi non è semplice, e io in questo ho un vantaggio. I più giovani ne avranno altri. Le Olimpiadi sono una bella sfida sotto molto aspetti".
Che slalom sarà?
"Pista abbastanza semplice ma con una neve particolare, diversa dalle nostre europee, vincerà chi si adatterà e saprà sfruttarla meglio. Il gigante? Non è stato facile, poca visibilità, De Aliprandini ci ha provato ma non è andata, che sport crudele. Lo slalom sarà combattuto, non c'è un padrone, penso sia bello anche da vedere in tv. Si giocherà in molti e ci metto anche noi italiani. Il me stesso di Vancouver mi direbbe: vai all'attacco, senza paura".
A cosa si deve questa sua rinascita?
"Nessun particolare cambiamento. È che conosco il mio corpo sempre meglio con l'età, mi alleno senza strappi, tenendomi sempre attivo. Non faccio tardi la sera. E intanto evolvo, le cose attorno cambiano. La mia sciata, anche se non è delle più moderne, ancora funziona ed è competitiva, è fluida, pulita. I ragazzi invece oggi sono più bruschi ed energici. Mi piace stare tra i giovani, mi rinnova e tiene vivo".
Cos'altro la tiene vivo? "Dove, come e con chi sono cresciuto, la mia terra e la mia gente. Il loro affetto che mi ha dato la forza di ricominciare mille volte. A 37 anni tornare sul podio non è facile. Oppure venire a questa Olimpiade non era semplice e invece ce l'ho fatta. Alberto Tomba? Ci sentiamo, rimane un nostro tifoso".
A Sofia Goggia cosa consiglia?
"Non ha bisogno dei miei consigli, è un'atleta molto forte anche caratterialmente, convinta e consapevole delle proprie capacità, sta facendo le cose giuste per trovarsi di nuovo. Vedremo, e ha tanti anni davanti".
Le ragazze ancora una volta meglio degli uomini, finora.
"Credo siano cicli, per anni sono stati gli uomini a tirare avanti la carretta, ora ci sono loro. Le donne sono forti, dobbiamo fare loro i complimenti, in questi anni ci hanno dato soddisfazione e orgoglio, qui Federica Brignone ha già portato a casa una bella medaglia e hanno altre possibilità, noi un po' meno, ma cercheremo di fare qualcosa, perché si può fare, il colpo c'è".
Kamila Valieva potrà gareggiare, via libera del Tas. Il Cio: "Niente premiazione per lei"
PECHINO - Kamila Valieva potrà partecipare alla gara in cui è favorita. Lo ha stabilito il Tas, il tribunale arbitrale dello sport con la sua divisione ad hoc riunita all'hotel Continental di Pechino. La quindicenne russa scenderà in pista al Capital Indoor Stadium martedì alle 21,52, le 14,52 italiane, dopo l'americana Chen e prima della coreana You, andando a caccia di una delle medaglie d'oro più scontate alla vigilia dei Giochi. Il Tas non ha deciso sulla gara a squadre vinta dalla ROC, la squadra degli atleti della Russia squalificata, la cui premiazione non avverrà durante le Olimpiadi come ammesso con imbarazzo dal Cio. Il tribunale ha invece respinto il ricorso d'urgenza presentato dal Comitato Olimpico Internazionale, dalla Wada e dalla federazione internazionale ghiaccio (Isu) contro la decisione della Rusada, l'agenzia antidoping russa che ha cancellato la sospensione provvisoria della pattinatrice. Risultata positiva a un test antidoping per trimetazidina, sostanza che rientra nella categoria dei modulatori ormonali e metabolici proibiti dal Codice mondiale antidoping. "L'atleta è una "persona protetta" ai sensi del Codice mondiale antidoping (WADC)" ha stabilito il Tas. Dura la reazione del Cio: se Valieva finirà tra le prime tre in classifica non ci sarà la premiazione.
"Il silenzio sulle sospensioni alle persone protette"
Il Tas ha in pratica ammesso l'impossibilità di procedere in una situazione così particolare: "Le regole antidoping della Rusada e il Codice mondiale antidoping tacciono sulla sospensione provvisoria inflitta alle persone protette, mentre tali norme prevedono specifiche disposizioni per standard diversi di prova e per sanzioni minori in caso di persone protette". C'è poi il problema di un'atleta minorenne a cui si può fare un danno irreparabile: "Il collegio ha considerato i principi fondamentali di equità, proporzionalità, danno irreparabile, e il relativo equilibrio di interessi tra i richiedenti (Cio, Isu) e l'atleta, che non è risultata positiva alle Olimpiadi ed è ancora soggetta a sanzione disciplinare dopo il test positivo a dicembre 2021. In particolare, il collegio ha ritenuto che impedire all'atleta di gareggiare a Pechino le causerebbero un danno irreparabile". Il Tas ha poi puntato il dito contro gli incredibili ritardi del procedimento su un test eseguito il 25 dicembre, parlando di "seri problemi di notifica dei risultati del test eseguito a dicembre che hanno pregiudicato la capacità dell'atleta di difendersi, di fronte a una notifica così tardiva che non era colpa sua, nel bel mezzo dei Giochi Olimpici".
Gli Usa: "La Russia disprezza lo sport pulito"
Dura la reazione della delegazione americana a Pechino: "Siamo delusi dal messaggio partito da questa decisione" protesta Sarah Hirshland, Ceo del comitato olimpico e paralimpico. "Gli atleti hanno il diritto di sapere che stanno gareggiando su un piano di parità. Sfortunatamente, oggi ciò viene negato. Questo sembra essere un altro capitolo del disprezzo sistematico e pervasivo per lo sport pulito da parte della Russia". Travis Tygart, Ceo dell'ageniza antidoping Usa: "Per la sesta Olimpiade consecutiva la Russia ha manipolato la competizione e rubato l'evento agli atleti puliti e al pubblico. Ma anche questa giovane atleta è stata terribilmente delusa dai russi e dal sistema globale antidoping che l'ha gettata ingiustamente in questo caos".
Il test reso noto solo l'8 febbraio
La quindicenne originaria di Kazan nel Tatarstan aveva vinto i campionati russi a San Pietroburgo, sottoponendosi il 25 dicembre a un test condotto proprio dalla Rusada, la cui gestione è stata uno dei motivi della squalifica della Russia che a Pechino presenta i suoi atleti sotto la bandiera olimpica e senza inno nazionale. Il campione di Valieva è stato poi inviato al laboratorio di Stoccolma, dove è rimasto per settimane: un ritardo causato, secondo i russi, dai contagi di Covid tra gli addetti della struttura svedese. La pattinatrice ha poi dominato gli Europei, arrivando a Pechino dove è stata determinante per la vittoria della squadra russa nella gara a squadre: durante il libero è diventata la prima donna a eseguire un quadruplo salchow e un quadruplo toeloop alle Olimpiadi. Solo l'8 febbraio, a Giochi iniziati da cinque giorni, il caso è diventato ufficiale. Ma la pattinatrice il giorno dopo, 9 febbraio, ha fatto subito ricorso alla Disciplinare della Rusada, che ha congelato la sospensione permettendole di continuare la sua Olimpiade. Il Cio si è così rivolto al Tas, insieme alla federazione internazionale del ghiaccio, non nascondendo il disagio nel procedere contro una quindicenne. I russi intanto hanno annunciato un'inchiesta sull'entourage di Kamila, che porta direttamente alla scuola moscovita di Eteri Tutberidze.