15.5.22

Un vero uomo rispetta le donne e tiene a bada il suo istinto e non fa cose cme quelle successe a rimini

Di cosa  stiamo  parlando 
Centinaia di molestie: monta il caso degli alpini dopo l'adunata nazionale
Sono arrivate a 150 le testimonianze raccolte dall'associazione Non una di meno: "Non sono atti
goliardici, ma violenze, non si deve minimizzare". Il ministro della Difesa, Guerini: "Episodi gravissimi, non vanno sottovalutati"  






Alpini e molestie, il sindaco di Trieste: "Solo normali apprezzamenti, siamo maschi". NonUnaDiMeno? "Gentaglia"Il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza (ansa)
Il primo cittadino forzista Dipiazza commenta il caso dell'adunata di Rimini: "Ma stiamo scherzando? La violenza è un'altra cosa"

Le  sue  dichiarazioni     mi hanno   fatto ......    e mi hanno  portato di  a  scrivergli di  getto  qiuesta  specie  di lettera  

Spett Roberto Dipiazza

  E' vero    che  noi uomini non siamo    dei pezzi  di legno  cioè  e  solo razionalità    e quando  vediamo  una  bella  donna  o ragazza    (  capita  anche alle  donne   di fare  lo stesso  )   non  ci   tratteniamo da  commentare  la sua  bellezza o bruttezza  ma  un po' di garbo   dovrebbbe distinguerci  dalla maggior  parte degli animali  che  usano    solo  l'istinto   . Ecco che    replico a   chi come lei  (  almeno cosi  mi  è sembrato  ) usiu  come giustificazione   di tali gesti  il  fatto  che  siano naturali    e  fanno     parte dell'istinto     dell'uomo . Sappia  che concordo  con  << [...]  Qui mi viene da dire soltanto che se ci credete davvero, se credete davvero che ci sia un istinto animale che non si può controllare, allora il vostro posto non è in strada. È in una gabbia. Poi le donne potrebbero venire, in minigonna e senza paura, a portarvi le noccioline.>> ( Cecilia  Strada ) . 
Ora Non credo   che  se  le stesse  cose   che  sono successe a  tale manifestazione     vengono  fatte a sua  figlia  o   sua moglie   o  a  ruoli invertiti  oppur e un uomo  lo fa  aa   altri uomini  come di mostra  quest  esperimento sociale  sia  una cosa bella 



     saluti Giuseppe  Scano 

Concludo con il resto dell'articolo di Cecilia Strada  

In questi giorni ho letto tanti commenti sulle molestie, a Rimini e in generale. Alcuni non mi vanno proprio giù.
"Eh per forza, succede ogni volta che metti tanti uomini tutti insieme"/"Eh per forza, succede ovunque ci siano fiumi di alcool": non credo. Se metti insieme tante brave persone non succede, non è che di colpo ti trasformi in un molestatore perché ci sono altri uomini presenti. Idem per l'alcool: le brave persone che bevono troppo ridono sguaiatamente, vomitano, si addormentano. Se molesti qualcuna o qualcuno vuol dire che sei un molestatore, semmai l'alcool ti ha dato solo più coraggio per mostrare al mondo il molestatore che era già dentro di te. Parlare di branco e di alcool è spesso, mi pare, solo un modo per deresponsabilizzare gli individui che molestano.
"Eh però i fischi e gli apprezzamenti sono una cosa, dai, non sono gravi come la pacca sul culo, non esageriamo!". Questo non mi va giù per due motivi. Il primo: se seguo questo ragionamento, allora a sua volta la pacca sul culo è "meno grave" di uno stupro. Uno stupro è "meno grave" di un omicidio. Quindi ci facciamo andare bene tutto, perché poteva esser più grave? Accettiamo tutto, fino all'omicidio? Oppure già che ci siamo accettiamo anche l'omicidio, purché poi non ci sia vilipendio di cadavere, dai.
Il secondo motivo è questo: io non mi metto a spiegare a una donna nera quanto e come deve offendersi (o meno) se subisce un insulto razzista. Perché io, donna bianca, non lo subisco: chi sono io per insegnare a una vittima come deve sentirsi, quando deve offendersi, quando deve invece "farsi una risata" o "prenderla come un complimento"? Quindi esattamente perché alcuni uomini si sentono in diritto di spiegare alle donne che "ma dai, non è così grave"?
"Ad alcune donne però piace essere fischiate!". Sarà. Allora però facciamo che la regola è "non fatelo, non fate catcalling e non rompete il cazzo a una sconosciuta che cammina"; le donne a cui fa piacere ve lo faranno capire, che ne so, mettendosi una maglietta "fischiami pure!". Una soluzione opt-in, che lascia in pace tutte e tutti.


 e   sempre  come  Lei   mando   A  fanculo persone del  genere   che  sono poi  alcune  che  mi hanno  bloccato ed  insultato  . 



 Qui  non  è   questione  d'ideologia     ma di dignità ,  di  civiltà  ed   di rispetto    .  





14.5.22

[ #senzagiridiboa ...... parte II ] sarò pure una mosca bianca ed un ex stalker ma le discriminazioni non mi piacciono #noaigiridiboa


Leggi la Prima  parte


Sono giorni che provo a seguire il dibattito per non perdere pezzi. Anche se rispetto al resto dell'europa

(....) il dibattito fermo alle Elisabetta Franchi [  ed  colleghi aggiunta  mia   ]   e alle donne “anta” e “h24”.

   da   https://www.facebook.com/lorenzotosa.antigone/posts/559342712227857

Infatti purtroppo i #senzagiridiboa sono tanti . alcuni troppo radicati . la lotta è sempre più lunga è difficile se non s'affronta culturalemente e senza contro proposte come di mostra questo recente fatto


Infatti  eccocosa ho risposto ala  freelance    Giulia cerino (  una   delle  firmatarie  vedere  post precedente     dell'iniziativa  #noaigiridiboa  e  del post   d'istangram  riportato sotto ) 

Nonostante   ciò  , poichè  da qualcosa  bisogna  partire ,  continuo  a  disciutere  o  almenoci  provo    di tali argomenti  , anche    con i benaltristi   o  gente  a  loro  vicino  .  Ecco  che  tra  i  commenti  alll'intervento    su istangram di Giulia   C   


ho trovato  questo   commento al  limite  del    benaltrismo

Purtroppo però questa campagna non sta dicendo quale sia questo modello alternativo. Quale sia la soluzione. La Franchi non ha parlato di lavoro femminile in generale ma di manager di azienda. Ha detto una cosa vera: “un’azienda non può permettersi di fare a meno per un anno del proprio direttore venditemagari, che ha contatti personali e di fiducia con i clienti. Ci sono posizioni, poche ma ci sono, che non sono sostituibili in un’azienda. E un’imprenditrice deve pensare alla continuità aziendale anche per responsabilità verso i propri dipendenti. È una questione complicata e mi piacerebbe sentire delle proposte per affrontarlo invece di dire semplicemente che è sbagliato quello che ha detto. 

in  quanto    non  propone  ma   chiede  agli altri    proporre .I modelli   come si faceva  un tempo  e  come si  fa    nel nord  europa   , spazi  per le allattare , e   per  i nidi   all'interno delle ditte   , ecc 


11.5.22

da uomo dico si alla campagna #senzagiridiboa di Sara giudice

In un paese  in cui  la  maggior   parte   e  fatta da    queli    che Quelli che pensano “è un’azienda privata e fa quello che vuole, l’editore pubblica chi gli pare e piace, anche se scrive infilandosi la penna dove il
sole non batte, l’imprenditrice assume solo donne dopo gli anta, così non fanno figli e l’azienda ha meno spese” , non si rendono conto che non stiamo nell’Ottocento e che le aziende dovrebbero seguire una certa etica, tra cui rispettare le pari opportunità, senza differenza di genere, di età nei limiti del possibile, di classe sociale  .
 Concetto     come  dice   la  mia amica  https://www.facebook.com/blindflowers
che capirebbe pure un bambino di sei anni, a quanto pare non è chiaro a tutti nel Paese dei balocchi. Infatti  , come  succede    dopo    qualcuno   in questo  caso  le  frasi e il tentativo ridicolo di scusarsi : << sono state fraintesa >> dell’imprenditrice Elisabetta Franchi su donne, maternità e lavoro h24, insorgono  le done   e  poco  gli uomini   .  In questo  caso  a lanciare la  protesta    sono  state  cinque giornaliste – Sara Giudice, Giulia Cerino, Francesca Nava, Valentina Petrini e Micaela Farrocco – hanno deciso di lanciare una campagna social sotto gli hashtag : #senzagiridiboa e #notinmyname. Alla campagna hanno piano piano aderito numerose altre giornaliste, scrittrici, opinioniste, attiviste. Professioniste, lavoratrici insomma Con e senza figli . in quest articolo del settimanale Tpi l'elenco completo . NB: gli uomini che hanno aderito per ora si contano sulla punta delle dita, tra loro c’è Claudio Santamaria). Di seguito il testo della campagna.

“Abbiamo deciso di lanciare una campagna che racchiude in un hashtag i quattro giri di boa citati da Elisabetta Franchi e che segna l’inizio di un percorso molto più lungo per smuovere e scardinare le storture che in questo Paese (inteso come aziende, società civile, politica) si presentano costantemente quando si parla di donne e lavoro.

Vi  aderisco  anch'io  perchè  odio le  discriminazioni . Ma soprattutto perchè   Le donne incinta e con prole possono fare sia la carriera sia il lavoro infatti


Tale battaglia  di retroguardia   \ di civiltà   non ha appartenenza sessuale  .  Ecco  chge  condivido  la    lettera   di Simone Terreni ( foto sotto a   destra   ) uno dei rariuomini    che   si  schierano    con loro  .  Egli  lo scorso febbraio aveva assunto una donna di 27 anni che al colloquio aveva rivelato di essere incinta.  , qualcuno lo ricorderà, è l’Imprenditore - vero, con la I maiuscola .
  Oggi Terreni, dopo le lunari dichiarazioni di Elisabetta Franchi, ha preso metaforicamente carta e penna e le ha dato una di quelle lezioni di stile e di imprenditoria a cui raramente purtroppo  abbiamo la fortuna di assistere. Da leggere fino in fondo.

  
“Cara Elisabetta Franchi,
Mi si chiedeva un’opinione in merito a una sua intervista che ha suscitato un vespaio, ed è finita su tutti i social e tutti i media.
Qualche settimana fa era toccato a me finire su tutti i social e su tutti i giornali per una vicenda opposta alla sua: una ragazza incinta era venuta a colloquio da me “confessando” con timore la sua gravidanza e io l’ho assunta lo stesso.  Non entro nel merito delle sue affermazioni discriminatorie che si commentano da sole.
Le faccio rilevare che se effettivamente si fosse comportata così sarebbe semplicemente fuorilegge. C’è però una cosa non mi torna. Lei si definisce Imprenditrice. Io però non mi sento suo collega. Proprio no! Lei non è un’imprenditrice, ma una donna d’affari, abituata ad avere le persone al suo servizio H24.
Un imprenditore, invece, è al servizio dei propri collaboratori e non viceversa. Un imprenditore assume le persone in base alle capacità e alle competenze e non in base al sesso o all’età. Un imprenditore sa pianificare e non teme di perdere una collaboratrice per qualche mese. Un imprenditore crea una squadra di persone, non un’azienda piramidale. Un imprenditore non ha paura di una gravidanza, ma è felice se con la sua azienda aiuta giovani madri e giovani padri a dare la vita a delle creature.
Perché un bambino, lo ridico, non può mai essere un problema.
Cordialmente
                                   Simone Terreni”

10.5.22

modo raccapricciante in cui è stata ridotta Claudia Cecconcello, 53 anni di Alessandria. La “ragione” è nella sua semplice identità: donna e omosessuale.

 Ogni volta che leggo ognuna delle 200 storie ogni anno come quella di Claudia Cecconcello (una ogni due

giorni), ripenso a quelli che, il 27 ottobre scorso, in Senato, nel voto decisivo per il Ddl Zan, avevano l’occasione storica di stare dalla parte della vittima e hanno scelto di proteggere il carnefice. Tra gli applausi del pubblico pagato.Andatelo a dire a lei che ”non era una priorità”.

come non abbassarsi allo stesso livello degli haters - odiatori la storia di Valentina Palli sindaca di Russi che diventa amica del suo odiatore , ed altre storie di pace

 


RAVENNA 
Dopo mesi in cui veniva ricoperta di insulti al telefono si è presentata a casa sua: "Qual è il problema?". Hanno fatto pace con una brioche. Una storia singolare raccontata in un post su Facebook dalla sindaca di Russi Valentina Palli. (  foto a destra  ) Da quando è stata eletta, con una lista civica legata al centrosinistra, il signor Renato, 90 anni, ha cominciato a tempestarla di telefonate (con offese): decine e decine di chiamate per mesi in Comune, a lei, alla sua segretaria e ai collaboratori, alla Provincia, proprietaria della strada. Il motivo? Il traffico, i camion
che passavano davanti a casa. "Non mi lasciano riposare", la lamentela. "Determinato, caparbio, testone finanche. Perennemente arrabbiato - scrive la prima cittadina del Comune nel Ravennate - Il suo problema era il traffico pesante davanti a casa sua, a suo avviso cresciuto esponenzialmente, tanto che non lo lasciava più riposare. E allora si attaccava al telefono proferendo insulti a tutti. Gli insulti di Renato sono stati, per mesi, una sorta di ricorrenza quotidiana per i malcapitati che rispondevano alle telefonate". Così la sindaca ha deciso di reagire.  "In un giorno di sole - racconta - senza avvisarlo, mi sono presentata a casa sua. Sono stata lì un’oretta, un tempo di chiacchiere, di storia della sua vita e della sua famiglia. Di vicinanza umana.  Abbiamo parlato anche un po’ della strada ma in effetti nel nostro tempo insieme quello fu un tema del tutto residuale.  Da quel giorno, le sue telefonate sono cambiate. Il rumore della strada deve essere cessato perché non lo ha mai più citato". Poi Renato ha preso il Covid ed è stato ricoverato. "Dall’ospedale, visto che è solo, chiamava noi e noi abbiamo fatto altrettanto con lui, chiamandolo al telefono e chiedendo ai medici come stesse, per assicurarci che non si sentisse solo (all’ospedale ci era vietato andare…) e così Renato è tornato a casa. Come dice lui: “alla mia età sono anche tornato!” e si è commosso al telefono quando lo ho chiamato per dargli il bentornato". Il lieto fine? "Adesso, ogni tanto, mi fisso (da sola e senza avvisarlo) un appuntamento in agenda. Gli porto una brioche (che non mangia) e lo passo a salutare - conclude Valentina Palli - La strada deve essere diventata nel frattanto tranquillissima perché non ne abbiamo mai più parlato". In compenso quelle visite sono diventate un appuntamento fisso: brioche con Renato.


  sempre  in  ambito di pace    e di coesistenza  \  convivenza    ci  sono   queste  due  storie    soprattutto la  prima 

Dall’Italia a San Pietroburgo in bicicletta, il messaggio di Monokov contro la guerra




Daniil, in arte Monokov, è un ragazzo russo di 18 anni che vive in Italia dal 2009. Da oltre sessanta giorni sta viaggiando per l’Europa, a bordo della sua bicicletta, partendo da San Ginesio, un comune in provincia di Macerata, nelle Marche. Il suo obiettivo è diffondere un messaggio contro la guerra e contro la Russofobia nel continente. Al momento si trova in Polonia, dove i suoi canali social sono diventati virali, ma ha già percorso circa 3 mila chilometri e attraversato 9 Paesi, con la speranza di arrivare fino a San Pietroburgo. Nei video e nelle foto che pubblica, spesso Monokov mostra una bandiera che porta i colori bianco blu bianco. “È la bandiera dei russi che sono contro la guerra”, ha spiegato Monokov, aggiungendo che i colori sono stati scelti prendendo la bandiera russa e togliendo il colore rosso, che “simboleggia il sangue della guerra”, motivo per cui è stato sostituito con il bianco. Durante il suo percorso, Daniil ha avuto modo di confrontarsi con diverse persone, anche con profughi ucraini. Daniil vuole veicolare un messaggio di pace, senza schierarsi politicamente “non voglio parlare di politica, sono neutrale”.
                                di
 Tommaso Bertini   


.......

Lugansk, 15enne ferita guida un'auto sotto i bombardamenti e porta in salvo 4 persone: l'intervista

"Mi sono trovata sotto un bombardamento a Popasna, nella regione di Lugansk. Eravamo in macchina quando all'improvviso i russi hanno iniziato a sparare". 
Liza, 15 anni, si trovava in compagnia di quattro persone in quel momento, tutti suoi compagni di viaggio. Il guidatore è stato ferito da alcune scheggie così la ragazza ha preso la situazione in mano
Lugansk, 15enne ferita guida un'auto sotto i bombardamenti e porta in salvo 4 persone: l'intervista

"Mi sono trovata sotto un bombardamento a Popasna, nella regione di Lugansk. Eravamo in macchina quando all'improvviso i russi hanno iniziato a sparare". Liza, 15 anni, si trovava in compagnia di quattro persone in quel momento, tutti suoi compagni di viaggio. Il guidatore è stato ferito da alcune scheggie così la ragazza ha preso la situazione in mano e ha portato tutti in salvo a Bakhmut, città dell'Ucraina orientale. A raccontare la sua storia è stato il canale "Ucraina-24", che ha raccolto la testimonianza della ragazza mentre questa veniva trasferita in ospedale in ambulanza. L'intervista è stata rilanciata anche dall'ex ambasciatore ucraino in Italia, Dimitri Volovnykiv. . e ha portato tutti in salvo a Bakhmut, città dell'Ucraina orientale. A raccontare la sua storia è stato il canale "Ucraina-24", che ha raccolto la testimonianza della ragazza mentre questa veniva trasferita in ospedale in ambulanza. L'intervista è stata rilanciata anche dall'ex ambasciatore ucraino in Italia, Dimitri Volovnykiv. .
 



8.5.22

Cantare con le mani Mia Martini e Caparezza Si chiamano Lis performance. , I cavalcavia diventano arte grazie ai sogni dei bambini Un quartiere popolare di Catania cambia volto ., Algoritmi su tela: i capolavori dei numeri Partendo da testi classici con la tecnologia del machine learning,

Nonostante abbia    problemi di sordità    fino a  poco tempo fa  ridevo   vedendo  in tv  i tg  ed  altri  programmi in     cui   i testi venivano tradotti   per  i sordi nella lingua dei Lis . Poi dopo aver appreso due storie ( riportate anche questo blog ) quella di  : 1)  
Marilena Abbatepaolo, dirigente scolastica dell'Istituto Comprensivo 'La Giustiniana' di Roma 2 ) Gloria Antognozzi figlia udente di genitori sordi segnanti.
  ed  ora     questa     storia    che     risponde  alla domande   Come condividere con la propria sorella sorda la passione per la musica? Graziana e Davide scoprono la Lis performance e così riescono a tradurre canzoni, rime, tonalità e sentimenti attraverso le mani ed " Cantare" con le mani Mia Martini e Caparezza

Si chiamano Lis performance,  sono  degli spettacoli  ed  esibizioni  artistiche   che  aprono    dei contatti      fra    i non udenti   o   sordi  e   gente   " normale  " . Infatti   qui   si  va  oltre  la lingua 


 in     quanto    con viso e corpo traducono la musica ai sordi, trasmettendo ritmo, tonalità e sentimento di una canzone

                    video      di Gianvito Rutigliano

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I cavalcavia diventano arte grazie ai sogni dei bambini
di Salvo Catalano


Un quartiere popolare di Catania cambia volto grazie ad un progetto che ha coinvolto quattromila abitanti: è nata così la Porta della Bellezza. E ora l'opera si estende  ad  altre  parti  della città  

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Algoritmi su tela: i capolavori dei numeri  di Ilenia Mura
Partendo da testi classici con la tecnologia del machine learning, un ingegnere rapper insieme ad un gruppo di creativi ha creato opere d'arte che sono pezzi unici



Coraggio, diritti, amore: tre storie (molto diverse) per celebrare la Festa della MammaGiulia, assunta dopo aver detto di essere incinta. Katia, accanto alla figlia colpita da malattia misteriosa. Alessia, ucraina che accoglie le mamme profughe .

 

Giulia, assunta dopo aver detto di essere incinta. Katia, accanto alla figlia colpita da malattia misteriosa. Alessia, ucraina che accoglie le mamme profughe

Le storie di queste tre donne lombarde - di nascita o d'adozione poco importa - sono il nostro modo per celebrare la Festa della Mamma, che quest'anno ricorre l'8 maggio: arrivano due mesi esatti dopo la Festa della Donna e sono racconti di coraggio, generosità e determinazione tutti al femminile. 

 

 

Giulia Pagnoni, architetta, assunta dopo aver detto di essere incinta


Giulia, che diventerà mamma tra qualche mese, domani potrà già festeggiare perché la sua datrice di lavoro l'ha assunta a tempo indeterminato dopo aver saputo che era incinta. Katia vive da 17 anni in funzione di sua figlia Virginia, affetta da una malattia sconosciuta, e sa che per loro il cordone ombelicale non si reciderà mai. E poi c'è Alessia, madre di due bambini e ucraina d'origine, ha scelto di accogliere nella propria famiglia quattro connazionali in fuga dalla guerra con i loro bambini.

È stata assunta dopo avere detto che era incinta. Una situazione che dovrebbe essere normale, ma che invece è “particolare”. E il purtroppo ovviamente è d’obbligo, visto che a differenza sua, tante altre persone, nella stragrande maggioranza donne, hanno dovuto rinunciare al posto di lavoro una volta scoperto di aspettare un figlio. E i dati parlano chiaro: secondo un rapporto di “Save The Children” sulla maternità in Italia, nel solo 2020 sono state più di 30mila le donne con figli che hanno rassegnato le dimissioni.Giulia Pagnoni è un’architetta, si è laureata con ottimi voti al Politecnico di Milano, ha avuto varie esperienze lavorative durante e dopo gli studi, ha cambiato città per arricchire il curriculum, ha anche provato a trasferirsi negli Stati Uniti per fare un salto di carriera. E oggi che ha 33 anni, dopo avere incontrato il suo attuale compagno, ha fatto una scelta comune a tanti: avere un figlio. “Mi ero appena dimessa da un altro posto perché il carico di lavoro era troppo pesante, quando ho scoperto di essere incinta. Ci avrei pensato due volte prima di lasciare una scrivania grazie alla quale avevo delle tutele, ma le cose sono andate nel modo migliore”. Nella sua storia un ruolo lo ha avuto anche la pandemia. “Nel settore dell’arredamento la mole di lavoro è aumentata moltissimo, ma ho tanti amici che hanno fatto scelte simili andando prima di tutto alla ricerca della serenità lavorativa”. Circa un mese fa Giulia, che vive a Lissone, uno dei paesi del mobile della Brianza, ha ricevuto una proposta da uno studio dove aveva iniziato 12 anni prima, all’epoca in cui era una studentessa e lavorava part-time nei week end. “Un contatto con una dei proprietari dello show-room “Domus Arredi”, Paola, l’ho sempre mantenuto, essendo un rapporto di amicizia e stima reciproca - racconta - e quando è girata la voce che ero nuovamente libera mi ha contattata. Si era aperta una possibilità e mi ha proposto un incontro per farmi un’offerta”. Ovvero un contratto a tempo indeterminato, full-time, con tutte le garanzie. “E’ stato a quel punto che ho comunicato di essere incinta. E lei su due piedi mi ha detto: non c’è problema. Mi ha proposto di fare un part-time in modo che potessi comunque avere dei clienti miei, ma senza stancarmi troppo”. E’ per questo che Giulia ha accettato e deciso di raccontare la sua storia. “Sto per entrare nel quinto mese di gravidanza e ho appena iniziato un nuovo lavoro, sapendo che a partire da ottobre sarò in maternità e avrò tutte le tutele”. Ecco il messaggio che Giulia sente di dare ai datori di lavoro. “Io penso che un lavoratore sereno è un lavoratore che si impegna di più e meglio. I clienti lo percepiscono e hanno molta più fiducia quando la persona che hanno davanti è tranquilla e ha passione per quello che fa. Quindi, come nel mio caso, assumere qualcuno che gli sarà riconoscente darà  sicuramente i suoi frutti positivi anche a chi offre un lavoro”.

 

Katia, mamma coraggio che assiste la figlia con una malattia sconosciuta


"Per chi ha un figlio affetto da una malattia senza diagnosi, la festa della mamma è ogni giorno". In vista dell'8 maggio, a raccontare la sua storia è Katia di Cermenate (Como), madre coraggiosa e premurosa, soprattutto nei confronti di sua figlia Virginia, la cui disabilità fisica e mentale dalla nascita è stata causata da una patologia sconosciuta. E il motivo di 'una festa della mamma quotidiana è da ricercare nell'essenza del rapporto che le lega da quasi 17 anni: "Quando tua figlia non parla e non cammina, nonostante sia ormai un'adolescente, vivi in funzione sua e viceversa: è un po' come se il cordone ombelicale non fosse mai stato davvero reciso", racconta Katia."Sin da piccola, Virginia cresceva poco e non interagiva come tutti gli altri bimbi della sua età - sottolinea la mamma -. Così dai primi momenti insieme, scanditi da ricoveri in ospedale e visite specialistiche, a causa anche di gravi crisi che l'hanno portata in rianimazione, i medici non sono mai riusciti a dare un nome alla sua malattia e, inizialmente, tutti concordavano sul fatto che sarebbe vissuta al massimo fino ai 5 o 6 anni". Però Virginia, contro ogni aspettativa, oggi è una ragazza, "con le sue difficoltà, ma anche con un certo caratterino", ironizza sua mamma. "Nonostante il traguardo, però, non abbasso mai la guardia - aggiunge -. Ed è proprio il fatto di sapere che da un giorno all'altro Virginia potrebbe non esserci più, che mi porta a vivere ogni momento con lei intensamente senza fantasticare troppo sul futuro; ogni giorno faccio i conti con le rinunce e la stanchezza, ma alla fine il suo sorriso e i suoi sguardi mi fanno sentire la mamma più fortunata del mondo".L'8 maggio, che è alle porte, quest'anno per Katia sarà una giornata 'normale rispetto al passato. "Faremo un pic-nic vicino alle cascate dell'Acquafraggia, in Valchiavenna - racconta - e in quell'occasione Virginia mi donerà gli orecchini che, grazie alla complicità del papà, ha scelto di regalarmi".Una normalità, la sua capacità di scelta, raggiunta anche grazie ai professionisti della Casa Sollievo Bimbi Vidas di Milano, che da quasi un anno la seguono: "La sua situazione clinica in questo periodo è migliorata e così abbiamo potuto beneficiare della comunicazione aumentativa e alternativa (quella che avviene attraverso le immagini) e di tante altre attività educative e riabilitative, che mi stanno aiutando a riconoscere ancor di più i suoi bisogni - spiega Katia -. Virginia, inoltre, sta iniziando a  interagire con il mondo esterno e, dato che è un'adolescente a tutti gli effetti, anche poter fare piccole scelte, come quelle riguardanti l'abbigliamento o la scelta dei trucchi, per lei è una grande conquista".

 

Alessia Anokhina, mamma ucraina che ospita le mamme profughe

 

Sarà una Festa della Mamma da ricordare anche quella di Alessia Anokhina, che è ucraina di origine, ha un figlio e una figlia di 10 e 5 anni e da 15 anni vive in Italia: insieme al marito Diego Ghilardi gestisce l'agriturismo Green Valley a Cene (nella Bergamasca), che da oltre un mese ospita quattro donne e due bambini fuggiti dalla guerra in Ucraina. "Abbiamo riservato loro tutte le cinque camere del nostro agriturismo. E sono in arrivo un'altra madre con il suo bambino - racconta - Si tratta di miei parenti e dei loro amici, non avrei mai potuto fare diversamente. Quando è scoppiata la guerra, ho provato rabbia, paura e anche un grande senso di impotenza. Rendendomi utile a queste persone, io per prima mi sento meglio e devo ringraziare mio marito, che mi supporta in questa iniziativa". Lo scorso febbraio, quando nel suo Paese natale è iniziata l'invasione russa, Alessia non ha perso tempo. Si è immediatamente data da fare per organizzare l'accoglienza dei profughi e non solo: "Sono andata personalmente a Varsavia a prendere queste donne e i loro bambini e dopo varie peripezie, perché la situazione è veramente drammatica, siamo riuscite ad arrivare a casa - continua - Ora stanno recuperando un po' di serenità, anche se ovviamente la nostalgia di casa e la preoccupazione per chi è rimasto in Ucraina sono forti". I bambini stanno crescendo - "il più piccolo aveva solo un mese e mezzo quando è arrivato. Ora ha appena compiuto i tre mesi. Per fortuna non ricorderà nulla della fuga dalle bombe" - e le donne si sono ormai ambientate, soprattutto grazie agli sforzi di Alessia, che fa di tutto per aiutarle anche dal punto di vista linguistico: "Mi ricordo quant'era difficile per me appena arrivata in Italia, quando non riuscivo a farmi capire". Proprio per questo, sta aiutando le insegnanti della scuola di sua figlia a interagire con una bambina ucraina e a Bergamo ha facilitato il lavoro di alcuni medici impegnati a valutare le condizioni di decine di profughi ospitati in un albergo. "Ogni giorno cerco di trovare delle attività da proporre alle nostre ospiti per non farle concentrare sulle loro angosce - prosegue Anokhina - Facciamo delle passeggiate, chiacchieriamo e ci scambiamo ricette in cucina. Loro preparano i piatti tipici ucraini che mi ricordano l'infanzia e mia nonna che non c'è più e io ricambio con quelli bergamaschi, a cominciare dai casoncelli che a loro piacciono moltissimo". A qualche chilometro di distanza, sempre nella Bergamasca, si trova la Frutticoltura Sant'Anna di Sant'Omobono Terme: la titolare Anna Cuter ha messo a disposizione un appartamento a due mamme ucraine con i loro bambini. "Ho coinvolto anche altre donne e con il loro prezioso supporto provvediamo alla spesa e a tutte le altre necessità - spiega - Le nostre ospiti hanno la loro indipendenza, ma io sono sempre in contatto con loro: in un certo senso è come se avessi allargato la mia famiglia". Del resto quest'anno Donne Impresa Coldiretti ha deciso di dedicare la giornata della Festa della Mamma proprio alla solidarietà verso le 55mila donne in fuga dall'Ucraina, molte delle quali con i figli al seguito.E molte imprenditrici agricole lombarde hanno risposto all'appello oltre ad Alessia Anokhina e Anna Cuter: per esempio a Truccazzano (nell'hinterland milanese) Maria Antonia Ceriani, madre di quattro bambini e titolare dell'azienda agricola di famiglia, da qualche giorno ospita una coppia di ucraini, moglie e marito, che stanno cercando di ricongiungersi alla figlia.E a Montalto Pavese (in provincia di Pavia) le sorelle Marcella e Simona Canegallo con la madre Assunta stanno ospitando nel loro agriturismo tutto al femminile una mamma ucraina insieme ai suoi due figli, che hanno iniziato a frequentare le scuole del territorio. "Queste esperienze si basano sui forti legami e sull'aiuto concreto che da sempre sono alla base della cultura contadina - sottolinea Wilma Pirola, responsabile di Donne Impresa Coldiretti Lombardia - Le aziende agricole sono entrate a far parte di una rete solidale che coinvolge associazioni di volontariato, parrocchie, amministrazioni locali e anche singoli cittadini impegnati nel sociale".

7.5.22

GENITORI STRAMPALTI SI ALMENTANO DEI PEDOFILI POI METTONO IN MANO IL CELLULARE AI FIGLI DI 8\10 ANNI O LI METTONO SUI E SUI SOCIAL



la mia prima reazione a caldo espressa sul mio facebbok a questa notizia

Una vicenda terribile, che ha letteralmente sconvolto una famiglia. Accade in Abruzzo dove una bambina di 8 anni, baby influencer e attrice e modella in erba, era in diretta su Instagram quando uno sconosciuto ha chiesto di partecipare e, attivata la fotocamera, si è mostrato con le parti intime nude. Collegati in quel momento, oltre a tanti bambini, c'erano anche le loro mamme, e anche la mamma della stessa baby attrice, che al quotidiano Il Messaggero ha raccontato il suo disagio per quanto avvenuto. [...  dal sito   Leggo ]

 è stata 


 questo mio sfogo \stato  confermato  dal fatto che   :  : <<  [.... ] Su Instagram la bambina ha già oltre 21mila follower, eppure, dice la madre, «ogni giorno ne blocco almeno 30 perché vado a controllarli tutti e vedo se hanno a loro volta dei follower, una foto, se pubblicano qualcosa, è un modo per capire chi c’è dietro e tutelare la bambina ».   sempre  dal sito Leggo  >>  e    da  questo  articolo     di https://www.notizie.it/cronaca/ preso dal portale\  aggregatore di notizie  https://www.msn.com/it-it/ su un fatto simile


Polemiche per la “baby influencer” di 10 anni, ma la madre la difende


È polemica per il successo di una baby influencer di 10 anni, protagonista di diversi video sui social dov'è ritratta in pose non adatte alla sua età.

Il problema della sessualizzazione del corpo dei minori passa troppo spesso anche dai social network, dove ormai esistono vere e proprie baby influencer che imitano le loro controparti adulte con pose ammiccanti e balli provocatori per nulla adatti alla loro età.
È proprio il recente successo di una di queste baby influencer che ha negli ultimi giorni scatenato vive polemiche tra gli utenti social italiani, i quali si sono scagliati contro i genitori della star di Instagram Benny G.
Ciò che molte persone sui social hanno denunciato in queste ultime settimane è una situazione decisamente poco consona per una bambina di soli 10 anni, che sul suo account Instagram si comporta come una donna di più del doppio dei suoi anni, indossando vestiti succinti e lasciandosi andare al twerking o a pose dai connotati fortemente sessuali.

Ora ---  sempre  secondo   l'articolo --- per i genitori della piccola influencer e cantante neomelodica però la situazione è invece completamente “sotto controllo”, ed è anzi proprio la madre a sottolineare come in realtà lei stia facendo tutto questo (gestire il profilo social della figlia) soltanto per la felicità della bambina.  “Lei é felice, sono io che carico i video.La criticano perché la gente é ignorante”, così la madre ha commentato nel corso di un’intervista rilasciata a Selvaggia Lucarelli su Radio Capital, affermando inoltre di non guadagnare dalle attività svolte dalla figlia  . Allora  doverebbe   spiegarci  come  mai    il profilo Youtube di quest’ultima venga gestito direttamente da una casa discografica.
Fanno   bene  , è  segno   che     qualcuno   non manda  il   cervello il  cassa  integrazione \  all'ammmasso  , coloro che  in molti sul web invitano   a indignarsi per come viene sfruttata l’immagine di una bambina di 10 anni.
Tra le azioni di protesta che stanno prendendo piede vi è ad esempio quella organizzata da alcuni utenti Facebook, che si stanno organizzando per segnalare in massa i profili social della piccola influencer (sia alle piattaforme che alla Polizia postale) in modo da portarli direttamente alla chiusura.
Qui non si  tratta    di censura   o   d'essere  arrettrati    ma  di  buon senso . diamo il tempo   , non  creiamo mostri   o  influencer  precoci    .   Ma  soprattutto  non sbraitiamo contro   i pedofili e  i  depravati   quando  siamo  noi i  primi   a  "  fornigli la merce  "    permettendogli  d'usare il  cellulare  o il tablet   ,   soprattutto   sui  social   ,    ad  un età  cosi bassa    ed  senza un  controllo  serio  o blando . 
A  chi mi chiederà  ma   ogni uno  di noi  non è  libero di fare  ciò  che vuole  ?   certo   che  si   ma   poi però non si  lamenti  se  : 1)  il proprio  figlio\a   avrai  problemi    vista  la sua  sessualizzazione  precoce   di  pornodipendenza     o  problemi  psichici affini .,  2)   se   cade  vittima  di pedofili  ., 3)   problemi  di  anoressia   . 

5.5.22

ha ragione questo post infatti non si guardano certe trasmissioni per informarsi. Le si guarda come si assiste ad un incontro di pugilato. Quello sono.
Nathalie Tocci è la Direttrice dell’Istituto Affari Internazionali, nonché una delle massime e più lucide esperte di geopolitica in Italia. E non solo.
Quando Floris l’ha invitata a confrontarsi con l’ennesima propagandista russa di regime spacciata per giornalista, Tocci si è rifiutata di prestarsi e ha declinato l’invito.
Poi ha spiegato perché, in quella che è a tutti gli effetti una grande lezione di giornalismo ai giornalisti. “C’è una linea oltre la quale non sono disposta ad andare. Non sono disposta a diventare complice della disinformazione e, in quanto tale, alimentare la guerra in corso, una guerra che si combatte tanto sul campo di battaglia quanto sul piano mediatico. Ecco che quando ho saputo che tra gli invitati alla trasmissione ci sarebbe stata una propagandista che lavora per il ministero della Difesa russo ho tirato la linea. No grazie. Condivido l’importanza della diversità di opinione. Ma c’è un limite, e oltrepassato quello si va oltre un gioco a somma zero. Nel formato del talk show il conduttore non smaschera le bufale fattuali, non fa fact-checking, bensì le presenta come opinioni che un altro ‘opinionista’ è chiamato a contrastare, peraltro in pochi minuti. Falso e vero vengono messi sullo stesso piano, e la meglio la ha chi interrompe, urla e la butta più in caciara. La disinformazione vuole esattamente questo”.

"Io, Babbo Natale dei bambini meno fortunati"

da  Quotidiano.Net  tramite  msn.it  Guido Pacelli è un Babbo Natale davvero speciale. Conosciuto come l’aggiustagiocattoli, lavora tutto l’...