2.3.16

sono contro ( o lo ammetto con riserva ) l'utero in affitto \ maternità surrogata e m'accusano d'essere omfobo

Io che sono  per la  legge  cirinnà    adozioni  \  affido a  gli omosex   e  deluso per  i  giochi  politici  che  hanno portato all'accordo    al senato ,  vengo  durante  una discussione \provocazione  che trovate  sotto  definito  omofobo  .   Prima  d'iniziare  il post  ecco    riassunta     la mia insoddisfazione  su come si sia  snaturata  la legge. volantino del M.O.S (  movimento  omosessuale  sardo )

  e  da  due     articoliinteressanti

http://www.left.it/2016/02/24/la-bambina-afroamericana-con-due-papa-la-stepchild-adoption-e-le-barzellette-anni-70-del-parlamento/
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02/27/stepchild-adoption-tutto-quello-gli-italiani-non-hanno-capito/2501340/

Veniamo   adesso  al post   vero e  proprio  .
Ora  capisco   che  il tema  possa  dividere   la gente  fra pro e  contro  o quanto meno   soluzione alternative   coem si fece  con l'aborto  . Ma  gli insulti no

  ecco alcuni stralci    di  una discussione avvuta  su  fb
Maurizio Benazzi
Maurizio Benazzi Fai schifo !
Giuseppe Scano Solo perchè sono contro la maternità surrogata ?
Maurizio Benazzi
Maurizio Benazzi Ti riblocco
Lisa Tramor · Tina Galante e altri 8 sono amici comuni
Alla faccia del confronto civile!
Angelo Zarrillo · Tra gli amici di Mena Pennacchio
Quando si è a corto di argomenti, si comincia con le offese, vergognati.

Giuseppe Scano Angelo Zarrillo e Lisa Tramor infatti . certe persone ( indipendentemente da dx e da sz sono cosi ) soprattutto il tizio vanta molto il dialogo ma poi .....
Lisa Tramor · Tina Galante e altri 8 sono amici comuni
Ha fatto una figura a dir poco pessima!
Angelo Zarrillo · Tra gli amici di Mena Pennacchio
Le lodi mi rendono umile, ma quando mi insultano so di aver toccato le stelle. O. Wilde
 va bene  non condividi  la mia  opinone   ma  accetti il confronto la discussione  (  sempre  da  quella  discussione  )



Riccardo Mura
Giuseppe, ha detto una cosa coraggiosa, personalmente non la condivido ma comunque la rispetto.
Si definisce contrario sia nell'ambito omo che etero.
Preciso che quando una madre partorisce il figlio di un'altra coppia l'ovulo innestato non è il suo ma di una donatrice anonima. Liberi di essere d'accordo o meno, vi invito però a leggere i seguenti 2 articoli e capire cosa emotivamente c'è dietro:
http://www.il-blog-della-fertilita.com/utero-in-affitto/
http://www.marieclaire.it/Attualita/interviste/Utero-in-affitto-2-madri-raccontano-la-loro-storia



e qui il punto  della discussione dove i si da dell'omofobo

Lorena Shanon Darkrose Ognuno la pensa come gli pare.. Però teniamo conto che siamo tanti tutti con un animo e un cuore che può esser leso. Potrei avere un figlio e decidere di avere una compagna c'è anche questo. E ci sono tanti genitori etero pessimi. L'importante è pensare al bene del cuore e cercare di fare e dire le cose nel modo migliore. Per piacere non siate cattivi gli uni con gli altri



Chiara Palumbo giusè cacchio, anche tu noooo. Questa è omofobia, punto. A questo bambino si spiegherà che è nato dall'amore, dai desideri e dalla volontà di tante persone. I genitori che lo hanno cresciuto, e le donne che hanno liberamente scelto di aiutare i suoi genitori. Tanto amore e tanta volontà. una fortuna che pochi bambini hanno.
Giuseppe Scano Lorena Shanon DarkroseWalter Pistarini , Chiara Palumbo mi spiegate dove sarebbe l'omofobia nell'essere contro o quanto meno dubbioso verso la maternità surrogata \ utero in affitto ? quando sono d'accordo ( vedere questo mio post ...Altro...
Chiara Palumbo Non hanno comprato niente, a queste donne (che si offrono per scelta legittima e verificata) si pagano solo le spese mediche, a donne con uno tenore di vita alto per legge. La procedura è fatta dove è legale e duramente regolata. Quanto alle adozioni è...Altro...
Lorena Shanon Darkrose Io ti ho già detto il mio pensiero. Non farò polemica
Giuseppe Scano Chiara Palumbo ok grazie . ma fin quando c'è versamento di denaro io lo considero mercificazione . sia che siano le coppie etero che gay mi spiace
Chiara Palumbo Allora ê una mercificazione anche l'adozione..
Giuseppe Scano Chiara Palumbo se lo paghi ad una famiglia si
Chiara Palumbo Il percorso per l'adozione è sempre a pagamento.
Giuseppe Scano Chiara Palumbo quelle illegali forse . ma quelle fatte legalmente no . cmq m'informo e ti farò sapere
Chiara Palumbo Te lo garantisco. Per le adozioni legali si pagano tutte le spese. Esattamente come alle portatrici si paga un corrispettivo che corrisponde alle spese mediche.
Giuseppe Scano Chiara Palumbo boh m'infomerò


e  qui  trovate   il resto della discussione http://urlin.it/140880.
Sono due  cose  completamente  diverse   con la maternità surrogata  etero o   LGBT  quando non avviene   spontaneamente   e   senza  scopo di lucro   stai comprando \  affittando una  donna che partorisca   al tuo posto  e  ti dia un bambino  , nelle adozioni  , eccetto  quelle  illegali   in cui versi  una  quota   ai genitori  , no

La parola inventata dal piccolo Matteo registrata con un marchio alla Camera di commercio. Ma ce ne sono già altre, il padre: ci batteremo, dev'essere una favola a lieto fine


Petaloso' diventa un brevetto: "Vogliamo aiutare i bimbi di Copparo"

La parola inventata dal piccolo Matteo registrata con un marchio alla Camera di commercio. Ma ce ne sono già altre, il padre: ci batteremo, dev'essere una favola a lieto fine.






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Petaloso con il piccolo Matteo

COPPARO. «Voglio un lieto fine per la favola di Matteo, e questo è anche il suo desiderio: lotteremo per questo risultato, non ci fermeremo di fronte a nulla». “Petaloso”, l’aggettivo inventato dal piccolo Matteo Trovò, diventa un marchio brevettato alla Camera di commercio, per volontà dell’intera famiglia copparese rappresentata da papà Marco, che ha speso l’intera mattinata di lunedì (e pure una multa per divieto di sosta) per sbrigare le pratiche burocratiche in largo Castello. Il tutto con un obiettivo ben preciso: «Raccogliere fondi per realizzare qualcosa d’importante per i bambini di Copparo, in collaborazione con le istituzioni del paese che già mi hanno promesso il loro aiuto» racconta Marco.
messo il loro aiuto» racconta Marco.


Copparo, Matteo inventa la parola "petaloso" e la maestra la invia alla CruscaIl Piccolo Matteo della terza elementare Marchesi di Copparo (Ferrara) inventa l'aggettivo "petaloso" per descrivere un fiore. La maestra Margherita Aurora decide di inviare il lemma all'Accademia della Crusca che lo valuta positivamente. "Uno dei miei miti è Gianni Rodari, il poeta diceva che dagli errori possono lascere grandi opportunità"
Copparo, Matteo inventa la parola "petaloso" e la maestra la invia alla CruscaIl Piccolo Matteo della terza elementare Marchesi di Copparo (Ferrara) inventa l'aggettivo "petaloso" per descrivere un fiore. La maestra Margherita Aurora decide di inviare il lemma all'Accademia della Crusca che lo valuta positivamente. "Uno dei miei miti è Gianni Rodari, il poeta diceva che dagli errori possono lascere grandi opportunità"
Il marchio è rappresentato da una grande margherita (come Margherita Aurora, l’insegnante che ha dato l’avvio alla favola con il suggerimento di scrivere all’Accademia della Crusca) con un mondo come corolla, e 22 petali, tanti quanti i compagni di classe di Matteo, 8 anni, con la parola in corsivo. «È stato lui stesso a disegnarlo - spiega il padre - abbiamo dovuto spiegargli cosa volevamo fare, cioè proteggere la parola inventata da lui per aiutare altri bambini. E Matteo ha subito indicato una priorità: finire il campetto da calcio dell’oratorio. Poi ci sono le Lim della maestra Margherita, i giochi del parco di Copparo...». Per fare questo i Trovò stanno pensando di costituire una onlus alla quale far affluire i soldi che arriveranno dallo sfruttamento commerciale del marchio, previa selezione accurata delle offerte: «Il sindaco di Copparo si è già detto disposto ad aiutarci, Confartigianato e la stessa Camera di commercio lo stanno già facendo»..


Copparo, Matteo inventa la parola "petaloso" e la Crusca la valuta positivamenteIl Piccolo Matteo della terza elementare Marchesi di Copparo, in provincia di Ferrara, svolgendo il compito inventa l'aggettivo "petaloso" per descrivere un fiore. La maestra Margherita Aurora segna l'aggettivo come "errore bello" e decide di inviare il lemma all'Accademia della Crusca che lo valuta positivamente: "Caro Matteo fai usare la parola petaloso a più persone possibile così quando gli italiani la usaranno e la capiranno potrà essere inserita nei nostri dizionari"

Non saranno però tutte... rose e viole, perché qualcuno ha già pensato di sfruttare commercialmente la parola Petaloso e ci sarà da battagliare per ottenere il brevetto esclusivo, stando pure attenti a non commettere errori dal punto di vista legale. «Ma ora, con questo obiettivo di fronte, vogliamo la massima pubblicità: andremo in tv» conclude il padre.

26.2.16

Benedetta fra i fiumi

Chiedo scusa  al compagno di strada   Matteo  se  introduco un post  mandando a  Fncl    coloro che mi dicono    che   riportando tali post  invito  la gente  a  drogarsi  . Perchè tale gente  non ha capito niente degli anni  70  \80  o  gli ricorda  solo come  anni di droga e terrorismo  . Ma  soprattutto non conosce la  situazioni  \  le storie    di  chi  ci  è   caduto   come quella  di Matteo e  di questa  ragazza 


di cui parla    questo   documentario   di 



Regia: Antonello Branca
Formato originale: negativo 16mm
Produzione: Antonello Branca
Italia, 1976, bn, 66'



Documentario sulla penetrazione della droga a Milano negli anni '70. Filomena ha solo 24 anni e racconta con una lucidita' che toglie il fiato il suo percorso di bimba rinchiusa in collegio, scappata di casa, ripresa dalla famiglia e trattata come donna perduta. Racconta il matrimonio con un ragazzo emigrato in Germania, e la sua incapacita' di adattarsi a questa nuova situazione. Narra l'arrivo a Milano, l'incontro con Antonio e quello con la droga. Un dialogo a due voci traccia il quadro spietato della tossicodipendenza, della ricerca quotidiana della dose e dei tentativi di venirne fuori. Si tratta di un documento struggente, soprattutto per la lucidita', la misura, la maturita' e l'intelligenza di due figure indimenticabili.






Ora  dopo   questa    premessa   lascio  la parola  a   Matteo ed  al  suo  post

Benedetta fra i fiumi


Come Paz avrebbe disegnato Benedetta

 Il Paz, Benny e io


di Matteo Tassinari                                  
Per quel che ne sola vita è breve, l’uomo è cacciatore, gli italiani sono tutti allenatori e per molto tempo saremo morti. Rimanemmo sull’ultimo concetto in forzosa meditazione, per la durata di diverso tempo. Da una busta quelle internamente con le bolle incellofanate da far scoppiare, trassi due insuline Terumo sterili da 5 cc l'una e in due cucchiaia sciogliemmo polvere bianca (Thailandia) e di brown (Turchia).
Infilai il braccio nel vuoto in modo che fosse teso con vene ben gonfie, pronto a farmi un dose d'ingiustizia pagata con soldi miei trovati chissà dove, ma vallo a spiegare alla gente, a chi si ritiene ragionevole, quindi bravi e zelanti indicatori di quale strade imboccare. Bazzecole? Non ho problemi. Però fatti una pera, poi diventane schiavo, scappagli se ti riesce e trovati, se non sei ancora morto nel frattempo, per lei malato fino alla morte dopo 33 anni che non vedo un milligrammo d'eroina. Allora, forse, potremmo intavolare un discorso, di quelli che si fanno guardandosi in faccia, alla pari. E sentirti dissociato ti farà solo bene, restando per sempre coinvolto in cose che preferisci non sapere. Non scrivo tutto ciò in giugno, a caso, e il giusto lavoro "sporco", lo faccio sempre molto volentieri. Un 16 giugno di 24 anni fa, a Montepulciano, per un pera qualsiasi, morì il miglior fumettista e pittore italiano del secolo scorso, Andrea Pazienza detto il Paz!, come fosse stato spintonato, ubriaco di Toradol, per poi essere appeso ad un vortice di polvere divenuto sciarada, ma non sappiamo cosa.

“Siamo qualcosa che non resta,
frasi vuote nella testa e il cuore di simboli pieno”
                                                            (Francesco Guccini, “Incontro”)
Non so che anno fosseforse il 1982, quando un giorno accadde un fatto che oggi ricordo con buona memoria e vivido ricordo e non perché fosse più truculento di altri, niente affatto, perché era gelido come la Tramontana dopo che ha attraversato i Pirenei. Anche se sono trascorsi 33 anni, lo scrivo al presente quel giorno privo di compassione e vissuto con una mia amica, molto speciale.
   Il linguaggio gonfio
Una donna che sapeva leggere il linguaggio del non detto per pura nostra incapacità nell'essere leali, senza lasciare nulla d'incompiuto. Emergendo dagli abissi come un cadavere gonfio di un annegato di droga, Benedetta è alle prese coi fiumi che le fluttuano plasma. L'adolescenza sorprese a tradimento le nostre giovanissime vite e la schiantò con la furia indifferente e sciatta di un uragano, senza che nessuno se ne accorgesse. Nell'anonimato che vi rende tutti colpevoli nei confronti di Benedetta e di me, vigliacchi ipocriti falsi, che appena vi brucia un tendine pensate subito al tumore. Come si capisce che non siete abituati a dolore. Come si vede che vi piace da morire fare le vittime, anche quando siete dei soverchiatori. Vergognatevi di tutte le fandonie che avete detto su questo terreno.




















L'oppio,
la     nostra religione
E’ in una rovinosa ricerca di una vena. Le braccia di Benedetta, più grande di me di un paio d'anni, sono un cimitero di cicatrici: tagli, fori, calli, buchi, tentati suicidi, tatuaggi alla come viene viene. Febbricitante s’infila la spada e comincia il rituale ululato, poi il risucchio per vedere se l’ago aveva centrato la vena oppure no. Benedetta sta da far schifo, astinenza esplosa da un pezzo, per di più suda e trema dal dolore. E’ seduta su di una sedia in cucina. Assisto in silenzio, strafatto per conto mio e steso sul divano con gli occhi a fessura e la tv accesa con il volume al minimo, per cui non le dedico alcuna attenzione. 


















E' un pò più chiaro?
L’astinenza la costringe a scoreggiare forte e assumere piegamenti nel volto che la sua femminilità non avrebbe voluto. Spiegazione dovuta ai più: quando si è in down forte, come quello di Benedetta e hai la roba pronta nell'insulina già calda, l’emozione ti prende così forte allo stomaco che rischi di cagarti addosso senza dedicare al fatto molta attenzione, per cui continui a praticare l’iniezione ignorando completamente l’evacuazione solido-corporea. Se qualcuno storce il naso per lo schifo, allora vorrei dirgli quanto segue. Alla base dell'assunzione delle droghe, di tutte le droghe, anche tabacco e alcol, c'è da considerare se la vita offre un margine di senso sufficiente per giustificare tutta la fatica che si fa per vivere. Se questo senso non si dà, se non c'è neppure la prospettiva di poterlo reperire, se i giorni si succedono solo per distribuire insensatezza e dosi massicce di insignificanza, allora si va alla ricerca di qualche anestetico capace di renderci insensibili alla vita. E' un pò più chiaro? Non penso.


Aiutami, cazzo, aiutami!!!
Benedetta tira su il primo risucchio e dalla cannula della Terumo esce il primo fiotto di sangue. Ma la spada, come un gancio che si stacca dalla propria presa, esce dalla vena. Benedetta torna coll'ago a farsi spazio dentro il braccio. Con quella spada rimestola come avesse in mano un cucchiaio e girasse del minestrone. “Cazzo Matteo, aiutami! Non vedi che son fuori vena?! Dammi una mano, fa qualcosa, per la miseria! Qua si sta seccando tutto! Sto andando giù di testa! Aiutami, cazzo, aiutami!!! Mi scoppia la testa, mi tremano le mani e non riesco a beccare la vena più grossa per non andar fuori vena. La roba mi si raggruma tutta col sangue”. Più che pompargli l’avambraccio, cosa potevo fare? Le presi il braccio e strinsi forte per riuscire a vedere meglio dov’erano 'ste vene. Schizzò un fiotto di sangue sulle pareti e una piccola parte sulla pasta rimasta dal pranzo. Un fatto, in quell’istante, che a Benedetta importava quanto gliene poteva fregare di chi aveva vinto il campionato di Golf americano quell'anno, non essendosene accorta mai di entrambi i fatti.

La      Flebo
spontanea
Eccola di nuovo tornare alla carica come una Giovanna D'Arco di provincia. Inizia a forarsi in una mano, ma a nulla servì. Poi riprova in una gamba. Niente. Le vene erano massacrate e seccate. Nella furia di pizzicare un rigagnolo di sangue, mi butto e provo anch’io nella ricerca di quel rosso che ti fa capire di essere ad un passo dalla felicità malata, ma ridotto com’ero e beccare la vena, era come iscrivere uno che soffre di vertigini ad un corso di paracadutismo.
Il figlio illegittimo di Patty Pravo


Vene otturate
Le vene erano tutte otturate a forza di darci dentro, negli anni con furioso sdegno verso sé stessi, si formano canali che poi seccano, quelli che i tossici chiamano "Flebo spontanea".“No, no, sto perdendo la mia pera! Non ci posso credere, mezzo grammo buttato via! Si sta solidificando tutto, ummfff...”. L’angoscia è spessa: “Come cazzo faccio, non becco la vena, non becco la vena. Non la becco, ti sto dicendo”. Paranoia full immersion. Non beccare la vena significa non sentire il flash, l’impatto che l’eroina ti offre appena saluta il tuo sangue, cioè la parte migliore della storia, quella che ti stravolge e ti lancia per un periodo di tempo precisato nel regno dell’ovatta e degli abbandoni globali per poi ritornare come zombi. “Ma porca puttana vacca troia, evvaffanculo!". E' Benedetta, va capita.
 "Oggi avrei
voglia di quiete"
"Come faccio con ‘staroba! Non becco la vena" e imprecazioni di ogni risma e un suo urlo agghiacciante chiuse per un attimo quella follia, nel tentativo di farsi sta cazzo di pera, mentre con l'ago frugava nel crocevia della mano sinistra. Inizia ad emettere rumori strani, più strani degli altri. Dal suo stomaco partono gorgoglii in continuazione. Come rutti e scoregge si succedono uno dietro l’altra. Sarà al quarto buco. L’astinenza gli sta soffiando addosso tutta la sua inquietante per quanto certa presenza, avendo in mano l’arma che potrebbe spegnere tutte le sue angosce in un solo secondo. Non ho dubbi, è palese, direi.

 E ribuca la carne
Il liquido rosso nell’ago sta coagulandosi. Benedetta sa, e questo la manda in maggior tormenta, s'è possibile. Buca, buca, buca. E ribuca la carne color madre perla. Fruga e buca, fruga e buca, cerca, buca, fruga una vena che da qualche parte nel corpo avrai?! Con mani tremanti tira su lo stantuffo per vedere se l'ago è in vena. Niente. Nella spada solo aria, niente ampolle rosso sangue. Ci riprova, ancora. Poi ancora. Buca, fruga e stramazza. Benedetta mi guarda con uno sguardo mai visto prima, fra il terrore e l’impotenza. Decisa come pochi essere umani al mondo, tira su la maglietta per iniettarsela nel Deltoide, il muscolo dell’avambraccio, almeno, l’effetto della roba le verrà su parzialmente venti minuti dopo e senza risucchio, che è tutt'altra roba, per un tossico o tossica. Un esempio: è come per un alcolista mangiarsi una caramella al liquore oppure tracannarsi con infamia un bicchiere ricolmo di Vodka.















Urlerà ancora? 

Benedetta becca il muscolonon la vena, fa pressione sullo stantuffo e stak!, il plasma ormai denso ottura l’ago e schizzandomelo in vari punti della camicia, la faccia. le mani. Benedetta fugge, non so dove. Io rimango a casa sua da solo, bollito come un patata, o forse più lessato come quel tubero. Mi metto a sedere nel suo divano e piano piano mi allungo fino a stendermi. Apro gli occhi e mi trovo di fronte sua madre che mi chiede chi ero e cosa facevo in casa sua. In realtà mi conosceva e sapeva già di sua figlia e di me.

Sapeva che ci facevamo insieme al ritmo della mattanza, che eravamo quanto non si può dire, che avevamo fatto qualche colpettino assieme (furti, scippi, situazioni strane come trovarsi con un avvocato stimato e danaroso di Bologna in un divano galattico in un attico a far maialate di ogni tipo per poi farci sganciare una cospicua parcella per il nostro impazzimento). Sapeva tutto sua madre perché Benedetta, prima o poi, le raccontava tutto. Bella donna, dall’aspetto giovanile, nonostante gli anni.
Le rispondo con notevoli ammaccature grammaticali, di sintassi neanche parlarne: “Signora, come sta? Quando c’ero, lei c’era. Benedetta, Benedetta, Benedetta, dove ti trovi? Vuoi fuori? Non vedi, c'è mamma?!”.La madre mi guarda come si guarda un beota e parte:“Ascolta scemo quindicenne ho già troppi casini con mia figlia e il resto della mia vita. Se Benedetta fosse qui me ne sarei già accorta. Ma qui non c’è. Si può sapere dov’è?”, mi staffilò secco. Risposi: “Signora, guardi niente storie strane, cioè, non le sto facendo le menate, lo capisce no? Per davvero, non so dov’è Benedetta. Sarei il primo a saperlo volere”. Mi cacciò di casa come un appestato, e non (forse) aveva torto.
L'eroina è come una donna. Non ti perdonerà se oltrepassi la misura
L'eroina degli dei
M’incamminai verso il Roncoun fiume di Forlì dove c’era un bar, Il Lido, che ci radunava un po’ tutti, un luogo proprio adatto per gente come noi, isolato, pieno di scappatoie in caso di "perquise" e tante altre piccole comodità. Non c'ero con la testa. Pensavo a Benedetta. L'episodio in se non mi pare più terribile di altri, la differenza la faceva Benedetta.
Rivedendola, una decina di giorni dopo, fredda, occhi chiusi, bella e ben vestita di una cassa di legno. Un'overdose le aveva schiantato ogni legame con questo detrito di realtà dove c'è anche chi riesce a divertirsi. Pensai subito che non era la peggiore delle notizie che potessero darmi di Benedetta, fra tossici si fa presto a capire ciò che è riparabile e ciò che non lo è più e mettersi, non dico il cuore in pace, ma a farsene un ragione. Ma non so se questo serva qualcosa per aiutare a capire il modus-vivendi di chi, per un periodo della propria vita, ha scambiato Dio con l'eroina.

23.2.16

Orfani dopo il femminicidio: le vittime di cui nessuno parla Sono 1628 dal 2000 a oggi. E ora c’è chi propone per loro aiuti e tutele

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ANSAMelania Rea. Uccisa il 18 aprile 2011 dal marito Salvatore Parolisi. Insieme a loro, quel giorno, la piccola di 18 mesi


23/02/2016
GRAZIA LONGO
ROMA

Perdono nello stesso momento la madre e il padre. La prima, protagonista dell’ennesimo caso di femminicidio. L’altro, autore del delitto, paga con il carcere o il suicidio. Mentre per loro, gli orfani di questa strage che nel nostro Paese miete più vittime della mafia, inizia una seconda vita nell’ombra e tutta in salita. 
Se ne parla poco, ma sono 1628, dal 2000 ad oggi, i figli di queste faide familiari costretti a fare i conti con il peso di un dolore che rischia di schiacciarli per sempre, oltre alle difficoltà a trovare una nuova famiglia e un sostegno da parte delle istituzioni, sia da un punto di vista economico che socio-assistenziale. L’allarme arriva dal presidente dello sportello Sos Stalking, Lorenzo Puglisi: «Quando le “vittime secondarie” del femminicidio sono minorenni devono spesso affrontare problemi come le lungaggini burocratiche di case famiglie e di adozioni. Da maggiorenni, quando va bene, possono avere problemi di carattere psicologico ed economico, mentre se va male rischiano di finire nel mondo dello spaccio o della prostituzione». 
Per questo si sta pensando a una nuova legge che tuteli questi orfani alla stregua delle altre vittime di reati gravi come la mafia, il terrorismo o l’inquinamento ambientale da amianto. Si punta, insomma, all’istituzione di un fondo per le vittime di femminicidio. «Che cosa hanno di meno questi orfani speciali? - insiste l’avvocato Puglisi -. Vengono trattati da vittime di serie B, mentre occorre una norma specifica che li tuteli o li sostenga, anche economicamente, a differenza di quanto invece accade per altre categorie». 
Anche perché i numeri sono drammaticamente in crescita. Il 2015 ha visto 118 orfani in più rispetto all’anno prima. Del resto è sufficiente scorrere i dati di donne uccise: 128 nel 2015, mentre nei primi 40 giorni del 2016 sono 10, con una media allarmante di una vittima ogni 3 giorni. E non dimentichiamo il 2013, decisamente un anno nero, con 179 donne ammazzate, praticamente una ogni due giorni. Nella maggior parte dei casi il delitto viene compiuto con un’arma da fuoco e nel 50% di questi, all’omicidio segue il suicidio del padre. Oppure la donna viene strangolata o uccisa con un’arma da taglio. 
Anche scorgendo il passato, i numeri confermano la drammaticità dei fatti: come riportato dall’Italian Journal of Pediatrics, dal gennaio 2012 fino al mese di ottobre 2014, 319 donne sono morte in quelli che vengono definiti femminicidi, e nella maggior parte dei casi, 209 su 319, per mano del compagno o ex compagno, all’interno delle mura domestiche. In quel triennio, gli orfani a causa della morte violenta della madre ammontano a 417, di cui 180 minori all’epoca dei fatti. Ben 52 di questi figli coinvolti hanno assistito direttamente all’omicidio e di questi 30 erano minori. Inoltre, 18 bambini su 417, di cui la metà minorenne, hanno perso la vita assieme alla madre. S’impongono alcuni interrogativi. Che tipo di tutela hanno ricevuto, negli anni, questi bambini? Quale percorso è stato intrapreso per loro a livello terapeutico, sociale o giuridico? Quanto e come è stato affrontato e ridotto il loro danno da trauma? Quando l’orfano non è maggiorenne può essere affidato dal tribunale dei minori ai nonni o ad altri parenti, qualora ne facciano richiesta, «ma spesso questa soluzione non è ottimale poiché anche gli stessi familiari devono gestirne le conseguenza psicologiche, a partire dall’astio tra la famiglia del padre assassino e della madre uccisa». 
Per chi ha raggiunto la maggiore età non si può invece tralasciare la carenza di un sostegno economico da parte dello Stato, sia per quanto concerne il supporto psicologico sia per quello economico a partire dalla formazione scolastico-universitaria. «E invece niente - conclude il presidente di Sos Stalking -. A parte i fondi regionali ad hoc predisposti in Emilia Romagna e Campania».

The Oldest Tattooing Family in the World \ 5 g L'antica tradizione di tatuaggio della famiglia Razzouk

Wasim Razzouk is a tattoo artist in Jerusalem’s Old City. Ink runs deep in his family. The Razzouks have been tattooing visitors to the Hol...