Credo che questo articolo \ intervista riportato sotto ( una delle poche cose che si salvano dellla gran cassa sardas berlusconiana ch'è l'unione sarda ) dell'ottimo Giorgio Pisano sul'unione sarda del 17\2\2013 mi sarà utile per affrontare la vecchia
visto che a fine mese compio 37 anni
Ma prima della lettura di tale articolo consiglio per chi volesse approfondire questi argomenti dei siti che potrebbero essere utili
http://www.geragogia.net/ e la sua
definizione
di GIORGIO PISANO (
pisano@unionesarda.it )
A 75 anni si può ragionevolmente sperare di viverne altri 17, a 90 ancora altri sette. Il futuro è delle mummie. Siamo sempre più un Paese di vecchi. Italia e Giappone hanno il maggior numero di anziani e la Sardegna, per non farsi mancare nulla, sarà prestissimo la regione più “vecchia” della Terra.
Madrid 2002, documento dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms): ... per far fronte agli effetti negativi dell'invecchiamento della popolazione è prioritario sviluppare programmi di buona vecchiaia che incidano concretamente nel limitare la disabilità . Detto in altre parole: potete morire pure tardi, basta che lo facciate da autosufficienti. La società non è più in grado di assistere lo sterminato esercito d'una terza età sgangherata, malaticcia e perfino depressa.
Da una costola della Geriatria è nata la Geragogia, disciplina che insegna ad arrivare all'appuntamento finale nel miglior modo possibile. Paolo Putzu, 62 anni, cagliaritano, due figli, se ne occupa da sempre. E manifesta da tempi non sospetti una grande passione per migliorare la qualità della vita in vecchiaia. Lo dimostra il fatto che, appena laureato, ha scelto di occuparsi subito di questo tema finendo per dirigere una divisione geriatrica ospedaliera quasi vent'anni. Oggi continua a portare la buona novella d'una terza età possibile e serena a convegni e manifestazioni scientifiche. I colleghi, quelli freschi di laurea, non gliel'hanno mandato a dire: Paolo, perché hai scelto di occuparti di catorci?
Ecco il termine giusto: catorci. Cos'altro è la scatarrante armata di anziani e anzianissimi? Questo, replica Putzu, è uno dei luoghi comuni e neppure tra quelli più divertenti sulla vecchiaia. Da medico è assolutamente convinto che la Geragogia può cambiare un atteggiamento, un modo di pensare, uno stile di vita sospeso tra depressione e rimpianto. Da cittadino fa presente che un vecchio male in arnese costa fra i 60 e i 70mila euro l'anno, iniquamente divisi tra Servizio sanitario nazionale, assistenza sociale e familiari del paziente. «Intervenire è una questione di emergenza, dunque».
La sostanza del discorso è chiara: siccome saremo sempre più una nazione over 80, è necessario correre ai ripari. Imparando a scoprire che la terza età può essere davvero una stagione felice della vita, sempre che la cattiva salute non ci abbia messo in anticipo lo zampino. Antidoti? Putzu, per esempio, nel tempo libero fa il prof di Beatlesmania nell'università di Aristan, nata dal cervello magmatico di Filippo Martinez per rilasciare un'autorevole laurea in Scienze della felicità.
In condizioni, diciamo così, normali, è possibile allungare il periodo di vita attiva, insomma posticipare il giorno del ritiro definitivo. Come fare? Qualche suggerimento intelligente c'è e non riguarda ovviamente patetici trucchetti per ingannare l'anagrafe. Gli eccessi - a cominciare dalla tardona ricostruita dalla chirurgia estetica - sono semmai sintomi di sofferenza interiore e non di serenità. Stesso discorso per certi travestimenti maschili da teenager, per improbabili tinture di capelli che - paradossalmente - esaltano gli anni anziché ridurli. L'ultima sfumatura di colore dell'ex premier (martora in amore a primavera, un'inedita via di mezzo tra il mogano e il rossiccio) sono il segnale di chi non accetta la propria età. E allora si trasforma in una maschera grottesca, occhi tirati all'insù come gli husky e guancette tonde come quelle di un pargolo.
Non è esattamente questa la buona vecchiaia di cui parla Paolo Putzu ( foto sotto
e
qui una breve "scheda" su di lui ) Che ha molte cosa da dire sul tempo che inesorabilmente ci aspetta.
Cos'è la Geragogia?
«Semplificando un concetto complesso, consigli pratici per invecchiare bene».
Che differenza c'è con la Geriatria e la Gerontologia?
«La disciplina si sta allargando. La Geriatria è la diagnosi e la cura delle malattie dell'anziano, la Gerontologia è la ricerca delle cause dell'invecchiamento. La Geragogia ha una finalità preventiva, punta cioè a fare in modo che si vada incontro a una buona vecchiaia».
Non è solo questione di buona sorte?
«La buona sorte vale nella metà dei casi, aver avuto la fortuna di scegliersi genitori e nonni con i geni giusti. Ambientalisti e genetisti stanno tuttavia modificando continuamente queste percentuali per via di un fattore importante: lo stile di vita».
Quanto conta?
«Parecchio. Conta se non hai fumato, se hai svolto attività fisica, se hai curato bene i tuoi pochi malanni. Allora hai molte probabilità di un buon invecchiamento. Un ruolo importante lo riveste anche il carattere, la capacità di adattamento, la visione della terza età come un periodo di estremo interesse e non solo di declino».
I latini però la chiamavano turpe vecchiaia.
«Non solo loro. Ancora oggi ci sono tantissime persone che vedono nella terza età la svolta fatale dopo una vita brillante. Non sanno probabilmente che il decadimento comincia dopo i 30 anni e che esistono concrete possibilità di rallentare il cammino verso la vecchiaia: basti pensare alla sfera affettiva o sociale. Si tratta di avere progettualità, non rinunciare ai sogni. Mai vivere alla giornata».
Tutto questo dipende anche dalla situazione economica.
«Ci sono vecchi di cinquant'anni e giovani di trenta che pensano e vivono come se ne avessero ottanta. È chiaro che la condizione economica pesa ma non è determinante ai fini dell'invecchiamento».
Poi ci sono quelli che non accettano il tempo che passa...
«È il rifiuto della vecchiaia, la cosa peggiore che si possa fare».
Capelli tinti, giubbino e moto, labbra e seni pressurizzati.
«La speranza di aggirare gli anni in questo modo suggerisce comportamenti patetici: il dongiovannismo, per esempio, o l'aria da ragazzina in una donna matura. È una situazione dolorosa».
Dolorosa, perché?
«Perché sai benissimo che le tue prestazioni stanno calando e non sarà certo una tintura di capelli a rilanciarla. Vivere in questo modo ti costringe fra l'altro a un confronto continuo con chi è molto più giovane di te. Giusto combattere il declino, sbagliato rifiutarlo tentando di mascherarlo».
Noi però viviamo in una società dove invecchiare è peccato.
«I messaggi che passano sono quelli di tipo strettamente estetico. Per questo chi rifiuta la vecchiaia assume modi di essere del passato ignorando il fattore-tempo. Nel nostro tipo di società l'anziano non ha quasi diritto di cittadinanza. È davvero un catorcio. E nessuno che si accorga dell'assurdità che c'è dietro».
In che senso?
«La ricerca scientifica ha lavorato decenni per allungare le aspettative di vita e poi ci ritroviamo in un mondo dove i vecchi sono diventati un peso. Cento anni fa erano meno numerosi ma considerati preziosi per via della esperienza accumulata con l'età. Oggi questo ruolo non esiste più. Il modello vincente è uno solo: bello, efficiente, veloce».
Ci sono contraccolpi psichici quando si supera una certa boa?
«Quale boa? Quando mi sono laureato io la boa era a 60 anni, poi è passata a 65, adesso vola verso i 75 e prestissimo saremo sugli ottanta. Quel che conta però non è l'età biologica ma la testa. Il contraccolpo psichico si chiama disturbo di adattamento del ruolo e riguarda figure precise».
Quali?
«Quelli che vanno in pensione perché ce li hanno mandati, il capufficio che all'improvviso si ritrova solo con se stesso. Di solito questo provoca un cambiamento del tono dell'umore e, pian piano, si scivola verso la depressione. La Geragogia può far molto».
Come?
«Bisogna aiutarli a riaprire tutti quei cassetti che tenevano chiusi perché avevano ben altro a cui pensare: amicizie, hobby, passioni. In pratica, bisogna riaccendere la vita che era stata rimossa per esigenze di lavoro».
C'è un momento in cui ci si arrende, si alza bandiera bianca?
«Succede. Ma riguarda i vecchi ancorati solo al passato, quelli che passano le giornate a lamentarsi e a piangersi addosso. Ce n'è una grossa fetta che rischia di diventare così per colpa della società».
Che c'entra la società in questi casi?
«Se all'involuzione fisica e alla mancanza del ruolo, aggiungi anche la perdita del 30 per cento del potere d'acquisto della pensione, ecco che vien fuori inevitabilmente un vecchio depresso. Ho visto anziani che, con molta dignità, frugavano nei cassonetti fuori dai mercati ortofrutticoli: beh, è ovvio che quella sia una vecchiaia di disperazione. Facendo attenzione a non confondere tra solitudine e abbandono».
Qual è la differenza?
«La solitudine si può anche scegliere ed è una scelta tua, l'abbandono è una scelta degli altri nei tuoi confronti. L'abbandono viene esercitato dai propri familiari o dalla società che, in questa stagione di crisi, non sa bene che farsene dei vecchi. Ho dati impressionanti».
Di che genere?
«La ludopatia, ovvero la dipendenza dalle macchinette rubasoldi o dai gratta & vinci, è cresciuta negli anziani del 17 per cento. Lo Stato, che avrebbe potuto limitare il numero delle macchinette e la diffusione delle varie lotterie, non ha fatto nulla. Quanti anziani ci si tuffano dentro sperando di integrare la pensione con un colpo di fortuna?»
A che età bisogna prepararsi a invecchiare?
«Comincerei da giovane. Devi pensare, proiettarti nel futuro, iniziare a prevedere cosa potrebbe accadere».
Cambia il rapporto con gli altri?
«Varia da persona a persona. Ogni anziano invecchia in maniera diversa. Generalizzando, gli altri dovrebbero capire (e non accade spesso) che un vecchio ha altri ritmi, ha bisogno di più tempo non solo fisicamente ma anche per ragionare. Il rischio, in questi casi, è non capirsi perché si viaggia a due velocità».
Invecchia con successo una persona su quattro.
«Questo dato può cambiare, lo dice l'Organizzazione mondiale della sanità. Gli anziani malati costano troppo, c'è necessità di arrivare al 50 per cento».
Che dire, poi, di divieti e limiti umilianti?
«Dipende dall'impostazione del rapporto. C'è un atteggiamento iperprotettivo che priva l'anziano di un sacco di cose. Avete presente la figlia super-attenta questo non si tocca-qui ti fai male-questo non si mangia? È un gran danno per chi vorrebbe invecchiare con successo».
Tra gli addii obbligatori c'è anche quello al sesso.
«Ho pazienti che a ottant'anni praticano una sessualità felice. L'importante è capire che a prevalere dev'essere la tenerezza e non la performance. I tempi diventano più lenti ma è sbagliato chiudere le porte e rinunciare».
Cosa fare per invecchiare bene?
«Primo: aspettate a fare le donazioni ai figli, c'è tempo. Non fate le prove generali della morte magari con la vendita della nuda proprietà che oggi è molto di moda. Secondo: mantenete la mente impegnata sapendo che abbiamo una minore efficienza fisica ma non una minore efficienza sentimentale e affettiva».
Il segreto è adattarsi alla vita che fugge?
«Adattarsi alla vita che passa. Cioè avendo coscienza che c'è ancora molto tempo davanti».
Quanto pesa la paura della morte?
«Tantissimo. Per l'anziano la morte è una compagna di tutte le mattine. Ci pensa ogni giorno. Perciò bisogna reagire, organizzare la propria vita seguendo la strada indicata dai nostri interessi. Per il resto, il discorso sulla morte si può accettare e superare prendendo atto che tanto non la si può sconfiggere».
Ma è davvero così importante vivere a tutti i costi più a lungo possibile?
«No. L'obiettivo difatti è un altro: vivere più a lungo possibile in autosufficienza, senza disabilità. Fare in modo, insomma, che l'inizio della disabilità sia più vicino possibile alla fine naturale della vita».