3.12.10

Broccu-Colt, sfida all'ultima pistola Il gadonese inventò l'arma a tamburo, l'americano la brevettò

 

Una storia  che mi riporta ala mia infanzia  fatta di film western  , ma  ancye di  fumetti  e serie animate  ad esse  collegate  ( come   quelle due   che trovate  sotto)    o di cui  avete   l'immagine del profilo del mo fb fino a qualche  giorno e che  ora  trovate in cima al post in questi due  blog  . Di quando si  giocava  con le  pistole e con i fucile  a piombini    e  si pulica insieme al nonno il fucili da caccia  o con i bossoli delle carutucce . E che adesso continua  con la lettura dei fumetti 






sull'unione sarda  d'oggi leggo   questa storia  che testimonia  come Spesso i  veri scopritori  o inventori  rimangono nell'ombra  ottengono successo post  mortem  ecco un  caso recente

 

 

Broccu-Colt, sfida all'ultima pistolaIl gadonese inventò l'arma a tamburo, l'americano la brevettò

 

 
LELLO CARAVANO

GADONI Tex Willer impugnò la sua Broccu... No, purtroppo quel fumetto non è mai stato disegnato, la storia era sul punto di imboccare la strada che porta al Gennargentu, ma poi è andata diversamente. Scherzi del destino. Quel genietto di Francesco Antonio Broccu da Gadoni, nato e cresciuto tra i boschi di castagni e noccioli, probabilmente arrivò primo alla clamorosa scoperta, ma mister Colt fu più veloce. Per dirla sempre con Tex - il ranger più famoso e amato delle strisce, nato dalla penna di Gianluigi Bonelli e dalla matita del sardo Aurelio Galleppini, il mitico Galep - l'americano sparò per primo, impallinando per la vita l'ingegnoso fabbro del paese sul Flumendosa e relegandolo nella lunga lista degli inventori beffati. Non fu un duello all'Ok Corral, ma una sfida a distanza, peraltro senza che l'uno sapesse dell'altro. Vinse il marinaio Samuel Colt, che fu più rapido a brevettare l'arma che avrebbe rivoluzionato l'Ottocento, la più famosa dell'epopea western: la pistola a tamburo.

QUIZ IN TV Per Broccu tante attestazioni di stima, menzioni postume nell'elenco degli inventori superati sul filo di lana (accanto al più illustre, Meucci, e il suo telefono, poi brevettato da Bell). Poi pagine e pagine di cronache di paese, una tesi di laurea, persino una ricerca degli alunni della scuola media. Anche un piccolo momento di gloria televisiva nei mesi scorsi, quando Carlo Conti nell'Eredità su Raiuno lo promosse materia da quiz: Come si chiama l'italiano che inventò la pistola a tamburo prima di Colt? Tziu Broccu, per l'appunto.
INGEGNOSE SCOPERTE Era l'anno di grazia 1833. Francesco Antonio, figlio di Battista e Angelica Poddi, aveva 37 anni. Casa e bottega a Coa 'e muru numero 10, cuore di Gadoni. Aveva già all'attivo piccole e ingegnose scoperte, un lungo elenco riportato dal parroco Raimondo Bonu nel secolo scorso, poi approfondito da Gabriele Ortu venti anni fa: un mulino a ruota verticale, un organo realizzato con comuni canne, una campana, un orologio a pendolo che aveva come quadrante il pannello della porta d'ingresso dell'abitazione con le lancette rivolte verso l'esterno. Ancora: una matracca che produceva un suono così forte da trasformarsi in un detto ancora in uso a Gadoni per indicare un suono assordante ( parit sa matracca de maistu Broccu ). Testimoniano le cronache del tempo: era un fabbro dal multiforme ingegno . Batti e ribatti (sul ferro), dalla fucina dell'artigiano cominciarono a spuntare le pistole, gli schioppi, come allora si chiamavano. Finché dalle mani dell'inventore prese forma un'arma che non si era mai vista: una pistola con sei (o quattro) cannette che giravano attorno a un perno per incastrarsi poi su una canna più lunga. Se non era ancora il tamburo, Broccu c'era andato vicinissimo. Per il piccolo genio gadonese arrivarono premi, riconoscimenti, denaro. Si dice che fosse stato invitato a Cagliari per dare una dimostrazione della sua scoperta a re Carlo Alberto senza però presentarsi. Susanna Secci, pronipote del maestro del ferro, ha dedicato alla scoperta un capitolo della sua tesi di laurea: «Dalle mie ricerche risulta che lo schioppo fu spedito nel 1833 in Continente per essere esaminato dal re, ma poi non se n'è saputo più niente».
SIMBOLO WESTERN Ma in quegli anni la storia delle invenzioni correva veloce. Tre anni dopo Broccu, Samuel Colt, marinaio in giro per il mondo, brevettò la sua pistola a tamburo. Era il 1836. L'epopea western aveva la sua arma, il suo simbolo.
Per il maestro ferraio un posto d'onore nella storia del suo paese. E da oggi, fino a domenica, anche una mostra che l'amministrazione comunale gli dedica nell'ambito di “Prendas de ierru”. Antonello Secci e Roberto Deidda, sindaco e vice, hanno fatto gli straordinari per recuperare il materiale sparso nelle case dei gadonesi. «Abbiamo organizzato una mostra battezzata “Armas”, nel palazzo comunale saranno esposte alcune pistole costruite da Broccu e altri antichi pezzi conservati nelle abitazioni del paese. Presto affideremo a qualcuno una ricerca, forse una borsa di studio, per ricostruire la sua figura», dice Secci.
PISTOLE IN MOSTRA La mostra proporrà la pistola a una canna ad avancarica con due cani esterni, forse la prima costruita dal fabbro che diventò armaiolo, custodita nella casa in via Umberto da Marcello Agus e Luisa Broccu, pronipote dell'inventore: «Ci è stata tramandata di generazione in generazione. Forgiata la canna, è stata realizzata tutta a mano». E ci sarà un altro pezzo forte, una pistola di alto pregio artigianale, forse simile all'arma a quattro canne che ha reso famoso Broccu. L'hanno messa a disposizione Pietro Bulla e Alma Cocco, un'altra pronipote del fabbro, che in questi giorni apriranno ai visitatori la bella Casa Floris, in centro, con una splendida cantina, dove allestiranno una mostra fotografica di Mimmo Caruso sul rito di Is Fraccheras, presenteranno la lavorazione del formaggio e del tappeto e un concerto (domenica) del coro Boghes de Gaudiu 'onu: «Broccu era diventato un finissimo artigiano - racconta Bulla - grazie alle sue invenzioni ebbe relazioni con tante persone al di fuori del mondo agropastorale. Dove sono finite le sue armi? Difficile dirlo. Il nonno di mia moglie raccontava di averle viste con i suoi occhi».

IL GIRO DEL MONDO Le invenzioni di maistu Broccu hanno fatto il giro dell'Isola e del mondo. Molte armi sono state segnalate ad Aritzo, Desulo, a Cagliari, si racconta che altri pezzi siano finiti negli Stati Uniti. Della pistola che pare gli abbia fruttato un premio di 300 franchi non è rimasta traccia. Piccolo di statura, mani forti e ingegno da vendere, un giorno a metà dell'Ottocento perse la memoria. Visse fino a 85 anni, morì nel 1882. Addio alle pistole, alle invenzioni che l'avevano reso famoso senza però farlo entrare nell'Olimpo dei geni. Gadoni lo celebra nella manifestazione Autunno in Barbagia. Tra i gioielli invernali, Prendas de ierru , il fabbro avrà un posto importante. Insieme con la miniera di Funtana Raminosa (dove si estraeva il rame per i bronzetti nuragici), Casa Floris, la suggestiva fiaccolata di Is Fraccheras, domenica all'imbrunire, con le grandi fascine di asfodelo che si accenderanno in un rito propiziatorio da non perdere. Ma anche con i prodotti tipici, sa coccoi 'e gerda, il pistoccu, i guanciali, le creme di frutta, i culurgionis fritti da gustare per strada, street food tutto gadonese. Senza dimenticare il Tacco in calcare, la foresta di Corongia, il pinnacolo di Su Campalini che si affaccia sul canyon scavato dal Flumendosa. Un paesaggio che fa tanto selvaggio West, ideale per ambientare le avventure a fumetti del ranger amico degli indiani. A Gadoni sorridono all'idea, però sarebbe stato bello leggere che il personaggio inventato da Bonelli e Galep, Tex Willer, impugnava una Broccu. E non una Colt.

                          caravano@unionesarda.it

I sogni di uomini e donne di Barbagia Due film di Columbu: “Visos” e “Storie brevi” su CagliariI sogni di uomini e donne di Barbagia Due film di Columbu: “Visos” e “Storie brevi” su CagliariI sogni di uomini e donne di Barbagia Due film di Columbu: “Visos” e “Storie brevi” su Cagliari

dal'unione sarda  d'oggi 3\12\2010


Se Arcipelaghi è, finora, l'unico lungometraggio di Giovanni Columbu, è anche vero che il suo curriculum è lungo e variegato, diviso fra documentari, docufiction, inchieste, corti, quasi tutti legati da un comune denominatore: la ricerca di uno sguardo originale, il tentativo di sperimentare, l'interesse a occuparsi di cose sarde. Fondamentate è stata la lunga militanza come regista programmista alla Rai, negli anni in cui (Ottanta, primi Novanta) la sede regionale per la Sardegna godeva di una autonomia di movimento, periodo indimenticabile di investimento culturale (idee, progetti, uomini e mezzi) che molto ha dato alla Sardegna. Quando poi Columbu ha lasciato la Rai per proseguire la sua avventura di autore in solitario, non è venuto meno ai suoi principi e alla sua poetica, realizzando con la casa di produzione da lui fondata, la Luches, altri corti, documentari, inchieste.
TALENTO E VERSATILITÀ Al primo periodo appartiene Visos , al secondo Storie brevi : entrambi saranno proposti in un unico dvd da domani in edicola con L'Unione Sarda (8,80 euro più il prezzo del quotidiano) nella collana “Registi di Sardegna”. Un'occasione per conoscere e apprezzare il talento e la versatilità di Columbu. Soprattutto con Visos , docufiction molto premiata, datata 1984, 42 minuti (ma esiste anche una versione più lunga) di straordinario interesse, poco vista e molto attesa non solo dai cinefili. Che cosa ha di così singolare? L'argomento innanzitutto: si parla dei sogni degli uomini e delle donne di Barbagia, si scava nell'inconscio dei pastori, della società rurale sarda. Rovesciando dunque il punto di vista che finora ha sempre caratterizzato l'immaginario sardo: ovvero la società pastorale è stata documentata nei suoi riti visibili, maschili e femminili, governare le pecore, arare la terra, preparare il pane, tessere la tela ma nessuno aveva provato a sfondare il muro dell'antropologico, dell'etnografico, del folclore per andare a frugare nei sogni della gente dell'interno, cioè di una comunità legata a una precisa condizione sociale e culturale.
SETTE SOGNI Visos raccoglie sette sogni (di cinque donne e di due uomini) e li ricostruisce sfruttando al meglio la vocazione onirica e psicanalitica del cinema: non ci sono pretese di spiegazioni, non c'è il classico lettino su cui far distendere il paziente ma una visualizzazione dei fantasmi dettati dalla fantasia e dall'inconscio. Sono gli stessi sognatori a raccontare e a mimare il loro sogno, con il regista che s'incarica di realizzarne la messa in scena.
FANTASMI Cosa sognano allora i protagonisti, reclutati fra i paesi di Ovodda, Ollolai, Gavoi, Orune? Nel primo una donna ricorda di essere tornata bambina, e di assistere alla preparazione del pane mentre alcune donne confezionano una piccola bambola di pasta, che sembra richiamare un oggetto da pratiche voodoo o legate ad una spiritualità superstiziosa. La piccola ad un certo punto si perde nel bosco, incontra due vecchi vestiti in costume, fugge pensando siano pantumos , ma subito viene sgridata dal nonno che, riportandola sul luogo dove ha visto i fantasmi pronuncia delle parole per farla guarire dalla paura.
SPECCHI Secondo sogno: una donna racconta di essersi guardata allo specchio ma di non aver visto nulla; lo specchio si è poi frantumato e neppure in uno dei piccoli pezzi la donna riesce a vedersi. Terzo sogno: un uomo ara la terra col suo giogo di buoi. Ma dalla terra escono rospi, un uccello pronuncia la parola “Candelè” e le teste dei buoi vengono inghiottite dall'acqua. Nel quarto sogno una donna si accorge di essere scalza in chiesa, lei cerca di nascondersi ma tutti i fedeli in chiesa bisbigliano e ghignano indicando la vergogna dei piedi nudi. Quinto sogno: una anziana donna su un ponte di legno traballante e sconnesso mentre sotto scorre un fiume vorticoso. Procede piano, si mette in ginocchio, chiede aiuto ma non c'è nessuno. Sesto sogno: un pastore trova un enorme serpente nel suo ovile, prima ne ha paura poi si avvicina e lo accarezza. Quando l'uomo si allontana, il serpente piange. Infine, il settimo sigillo onirico: ancora una anziana donna sogna il marito che le chiede di volare insieme. Lui la prende per mano e miracolosamente si librano nell'aria dominando il paesaggio verde sottostante.
SURREALISMO Sarebbero piaciuti a Luis Buñuel, questi sogni e anche il film, carico com'è di segni surrealisti, di provocazioni e sperimentalismi da avanguardie degli anni Venti. Muovendosi in un campo minato, Columbu riesce a miscelare varie tendenze, non solo dunque la matrice di una visionarietà dettata dall'inconscio ma anche il racconto orale, tipico della cultura sarda, con l'artificio della macchina cinema, a sua volta produttrice di sogni. Elemento, quest'ultimo, prontamente sconfessato dal regista stesso che non esita più volte a svelare la presenza della macchina da presa, inquadrando la troupe, o svelando il meccanismo dei trucchi, come accade nell'ultimo sogno in cui i due vecchietti volano. Anzi la prima immagine, dopo i titoli di testa è proprio quella della macchina da presa, con il regista che indica alla donna sognatrice di guardare verso la luce.
PICCOLO FANTASY Visos è certo un'opera sperimentale ma così affascinante che si guarda come un piccolo fantasy, dove la ricchezza visiva e la semplicità degli effetti speciali danno un risultato finale di assoluta originalità: una delle rarissime incursioni (con Ybris di Gavino Ledda, girato guarda caso proprio in quello stesso periodo) nella foresta di segni, segnali, avvisi, poco praticati dal cinema codificato e invece qui liberati da qualsiasi rappresentazione tradizionale.
IDENTITÀ Alcuni di questi sogni sono strettamente connessi con l'identità isolana, due appaiono più omologati a un immaginario comune. Ma quel che conta è come si possa affrontare un argomento così popolare e allo stesso tempo privato ma indecifrabile con leggerezza. È curioso notare, comunque, un particolare che colpì molto il regista durante la lavorazione: quando i sognatori raccontavano il loro sogno, gli altri intervenivano, correggendo il testo, come se fossero stati presenti al fatto, come se conoscessero quelle scene, in definitiva come se avessero fatto lo stesso sogno. Nessuna telepatia, in fondo questa coralità onirica era (è) possibile in luoghi dove il sentire della vita è condiviso sotto un'identica radice e identità.
PSICOANALISI Del fatto se ne occupò anche Cesare Musatti, grande studioso e divulgatore freudiano, nonché padre della psicoanalisi in Italia. Musatti riportò questa esperienza nel libro Chi ha paura del lupo cattivo (Editori Riuniti, 1987) e firmò anche la prefazione (“Le fonti comuni del pensiero fantastico”) al bel libro Visos (Ilisso, 1991) che raccoglie immagini, story board e riflessioni sul film fatte da Columbu. Scrive Musatti: «Ma si possono fare queste cose? Certo si può. Purché nel personaggio del sogno e nell'attore ci sia una concordante realtà interiore. In questo gruppo di persone, appartenenti ad una comunità particolare, con una mentalità molto schietta, non adulterata da modelli estranei, persiste un fondo comune».
ANTROPOLOGIA Parole importanti, che danno il giusto peso al lavoro di Columbu, che in una seconda versione, più lunga, presentava i sogni commentati dall'antropologo Bachisio Bandinu, il quale ne parla poi con acute osservazioni nel libro La maschera la donna lo specchio (Spirali, 2004), soffermandosi proprio sul sogno della donna e dello specchio in frantumi: occasione per parlare della metafora dell'accettazione di sé, dell'altro, della riconoscibilità della propria immagine, della frontalità dello sguardo che incute timore, della superficie liquida capace di metterci davanti alla percezione dei nostri dettagli corporei. Ecco, tutto questo non appaia come un appendice di elucubrazioni psicanalitiche: semplicemente Visos , stimolando riflessioni profonde, ha la forza con le armi del cinema di dialogare con ogni tipo di spettatore; e, pur nella sua atipicità, riesce a proporre un affascinante dialogo fantastico tra chi racconta e chi guarda.
MICROSTORIE Di segno completamente opposto è invece Storie brevi , datato 2005 ma costruito nell'arco di un paio di anni. Un lavoro che nasce su commissione - la richiesta del Comune di Cagliari di avere un documentario turistico sulla città - ma che si è trasformato in un curioso ibrido: anche questa è una docufiction ma è slegata dalla impostazione classica, ovvero immagini patinate, voce fuori campo, eccetera. Columbu ha proceduto per schegge; ha pensato che unendo le tessere più disparate alla fine si sarebbe potuto avere il mosaico di Cagliari. Così si è inventato delle microstorie, alcune quasi come una storiella, altre come documentazione, e ha inanellato con la telecamera luoghi, eventi e personaggi dela città, passando da avvenimenti famosi ad altri sconosciuti, mostrando il volto celebre e “cartolinesco” dei panorami, monumenti, chiese e quello misterioso e segreto di vicoli e cortili, mischiando gente conosciuta alla gente comune. In tutto 33 minuti (ma con altri 40 di extra) che non solo hanno un valore di promozione turistica ma raccontano anche l'anima antica e moderna del capoluogo della Sardegna. Evitando il già conosciuto, le informazioni storiche-geografiche ma lasciando che a parlare sia la suggestione delle immagini e dei luoghi. Come dire: un percorso inverso alle guide turistiche, in Storie brevi guardi e poi vai a scoprire la città. Per esempio il Bastione si “visita” attraverso un testimone d'eccezione, Paolo Fresu che prima al tavolino scribacchia su un pentagramma poi si alza, impugna la tromba e lascia evaporare alcune note dalla terrazza panoramica.
PAGANO E RELIGIOSO Si parte con una festa di popolo, un capodanno in piazza, (Largo Carlo Felice e via Roma piene come un uovo di gente che urla e brinda) e si chiude con un'altra festa di popolo, Sant'Efisio, stessi luoghi ma vestiti di partecipazione collettiva spirituale. Due estremi dello spirito cagliaritano, pagano e religioso; in mezzo il carnevale, il rito del Venerdì Santo, un concerto di campane, la posa dei quadri nella sacrestia, un festival degli aquiloni, la spiaggia e la Sella del Diavolo, le botteghe popolari e di antiquariato dei rioni di Marina e Castello, il birdwatching nello stagno di Molentargius. Tutti raccontati andando a cercare particolari rivelatori, usando in alcuni casi dei testimoni (dei bambini, una fotografa). Ma è soprattutto dalle clip dei frammenti di vita quotidiana (il postino, il ragazzo che consegna la spesa per le viuzze della Marina) e dalle stradine della vecchia Cagliari che emerge il ritratto privato di Cagliari, luoghi nei quali transitiamo senza renderci conto della bellezza e della storia che ci circonda.

SERGIO NAITZA

Dentro un mondo ricco di fantasia

Venerdì 03 dicembre 2010
Q uando la prima volta Columbu mi parlò dei sogni che aveva raccolto fra i pastori del Nuorese, per poco non mi venne un colpo. Ma come? Il sogno di una singola persona viene corretto da altri individui, i quali ne parlano come se anch'essi, contemporaneamente a quel primitivo narratore, avessero assistito - per proprio conto - alle stesse scene? Così da correggerne il testo, al modo come più testimoni presenti a un fatto, possono discuterne i particolari?
(…) Il fattore comune che consente appunto alle varie persone di disputare, non va ricercato nel singolo sogno, ma piuttosto nello stesso mondo onirico: riproducente una identica maniera, come a tutti, di pensare e di sentire le vicende della vita. Cosicché una volta inoltratesi in questo mondo onirico, era come se le persone, provenendo dal solido continente della realtà diurna, fossero sbarcate in un'isola primordiale: e là giunte si fossero incontrate, essendo in condizioni di discutere insieme sopra questa realtà notturna, sopra il mondo dei sogni.
(…) Ma si possono fare queste cose? Certo si può. Purché nel personaggio del sogno e nell'attore ci sia una concordante realtà interiore. In questo gruppo di persone, appartenenti ad una comunità particolare, con una mentalità molto schietta, non adulterata da modelli estranei, persiste un fondo comune. (…) Così, se pure non esiste un vero sognare collettivo, un sogno cioè che si presenti a più persone contemporaneamente, emerge però qualche cosa di corale.
(…) Columbu ha dunque fatto recitare i suoi personaggi. Egli stesso è un individuo poliedrico: psicologo e poeta, ma esperto anche in certe sue tecniche. Quelle della regia, del momtaggio fotografico, cinematogrefico e televisivo.
Sogno ancora: sogno dei sogni. Farsi raccontare i sogni, e poi farli recitare, ed anche riprenderli; e atrasmetterli quindi a un pubblico; fissando le tappe in fotografie che risultano molto belle, tanto da apparire quadri di un pittore finissimo. E far ancora circolare queste foto, così da riaprire altri cicli.
Sì, Columbu è proprio un abile giocoliere, con questo materiale da lui raccolto e costruito. E non si sa dove miri, e dove si debba fermare. Ti lascia in bilico. Ma in questo non fermarsi è ancora il sogno e la fantasia e la partecipazione al mondo dei pastori sardi. Quel mondo che egli stesso ha dentro. Giacché - pur con la sua tecnica e la sua bravura artistica - è nelle proprie radici uno di loro.
CESARE MUSATTI

sofferenza e soidarietà le storie di Cristina Succameli 6 anni e Claudia Cherchi 33 anni

 
Due  delle tante  storie  che  sembrerebbero assurde  se non fossero vere  .                                                                                                 Diverse  fra  loro  ma  unite dalla sofferenza  e dall'indifferenza di gente senza  scrupoli la seconda  ., del potere  e  de del mercato  che mandano a ramengo  anni e  anni di lotte per  uno stato sociale (  che ricordiamolo non vuole  dire solo carrozzoni ed  assistenzialismo  )  e  di come  anzichè piangersi addosso   si reagisce  usando  " l'arma  "  del fai da te   e  dea solidarietà  e di come  tali valori se insegnati   c nelle  scuole con dei corsi appositi  (  ai ragazzi ( ma anche  a genitori  ed ad insegnanti ) possano  dare  ulteriormente   i loro frutti  e  far  si che  fenomeni  come questo della prima  storia  non siano più soltanto eccezioni ma che diventino la regola  e consuetudine  .

 

Se  ho letto bene il giornae  in questione , causa   congiuntiviti , dovrebbe essere l'unione sarda  del  1  dicembre  2010 


La prima

ha  come luogo  la  scuola  elementare  ( o primaria  come si usa  dire oggi ) di Via Prati a Quartu Sant'Elena

 

Riconoscimento come alunna più altruista per la sua dedizione a una coetanea disabile buona come lei non c'è nessuno Cristina, sei anni, ha vinto il premio nazionale

Cristina Succameli è stata eletta Alunna più buona d'Italia dalla giuria del concorso organizzato dal console di Monaco a Trieste. La cerimonia di premiazione si terrà il 13 dicembre nella scuola elementare che frequenta, in via Prati.
È quartese la bambina più buona d'Italia. Cristina Succameli ha appena sei anni, eppure dimostra di sapere già che cosa sia giusto fare: nessuno le ha chiesto di accudire con tanta costanza una compagnetta di scuola, costretta su una sedia a rotelle dalla distrofia muscolare atrofica, e di aiutarla a sentirsi come tutti gli altri bambini. L'ha fatto senza pensarci, e per questo ha vinto il premio nazionale organizzato ogni anno da Aldo Pianciamore, console di Monaco a Trieste. 
 L'iniziativa - dedicata alla memoria di Hazel Marie Cole, la moglie scomparsa dell'organizzatore - ha lo scopo di diffondere tra i bambini il senso della solidarietà, dell'altruismo. Cristina sarà premiata il 13 dicembre, nel corso di una cerimonia che inizierà alle 15 nella scuola che frequenta in via Prati, diretta da Sara Sanna.
L'AMICIZIA                         «Questa bambina», spiega la docente Rita Fresu, «è una piccola pedagogista». La sua amicizia con la compagnetta è nata subito, alla scuola dell'infanzia. Sono sempre insieme anche ora, in prima elementare, e insieme fanno i compiti e le attività extracurricolari. Cristina, con la sua sensibilità, capisce ciò di cui ha bisogno la sua amica e le offre aiuto, con discrezione e gioia. «Il suo amore contribuisce a far sentire accettata l'altra bimba», spiega la madre Elisabetta Siddi, quarantatreenne: «Mio marito è disoccupato, io assisto gli anziani. Siamo fieri della bontà di nostra figlia Cristina. Quando lei e la sua amica si siedono in macchina, dopo le lezioni, si raccontano la mattinata appena trascorsa e scendono mano nella mano, per poi rientrare nelle loro case».
LE INSEGNANTI Il premio assegnerà a Cristina due piccole somme di denaro: una la riceverà subito, l'altra quando compirà diciotto anni. Ringrazia, la piccola, ma non si sofferma troppo su questo riconoscimento: per lei, passare tanto tempo assieme alla sua amica, è una cosa del tutto naturale. La scuola è invasa dalle loro foto: quelle di due amiche speciali, amate da tutti perché sanno rendere liete anche le difficoltà. «Le loro famiglie sono quasi diventate una sola e concentrano la loro opera educativa sulla solidarietà», continua Rita Fresu, che da trent'anni nel secondo circolo didattico si occupa di casi “difficili” assieme alle colleghe Maria Caterina Argiolas, Maria Grazia Cocco e Maria Antonietta Pes.
IL CONCORSO Il premio ha tre linee di azione: la prima è legata agli atti di bontà nelle scuole elementari e medie inferiori segnalate da presidi, direttori didattici o insegnanti, per la scelta degli alunni più buoni d'Italia. La seconda linea prevede aiuti economici per i giovani di Paesi poveri e la terza è dedicata a chi aiuta persone non autosufficienti.

BEATRICE SADDI

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La  seconda   è  una storia  avvenuta  ai danni  diuna biologa cagliaritana che vive a Auckland e che  soffre  di una  rara malattia  . Ora    sia  che  ,il pacco contenente   farmaci di vitale importanza   andato perso ,o sia  stato rubato come sembra  probabile è una storia dolorosa  da economia canaglia  e da cattiva burocrazia

L'odissea di una giovane, invalida civile, ad Auckland per un master all'Università: ogni giorno deve assumere un farmaco salvavita che le viene recapitato all'estero. Ma l'ultimo pacco si è perso in volo.

  IL pacco con le medicine salvavita si è perso in volo. Tra Cagliari e la Nuova Zelanda. Era destinato a una biologa cagliaritana, Claudia Cherchi, ad Auckland con una borsa di studio regionale per un International master all'Università. «Non posso rischiare di stare senza farmaci, qualcuno mi aiuti», è l'appello che la donna, 33 anni, invalida civile per una patologia cronica dall'età di 13 anni, lancia dall'altra parte del mondo.
IL GIALLO Dov'è finito il pacco? La donna ha ricostruito il suo percorso: «Spedito l'11 novembre da Cagliari tramite Poste italiane, servizio nel mio caso efficientissimo, sarebbe giunto a destinazione il 18. Ho seguito il suo tracciato su internet, Italia, Germania, Cina, Singapore e Nuova Zelanda: qui è arrivato, come conferma il tagliando in mio possesso, alle 10.58». Ma alle Poste neozelandesi non ne sanno nulla. «Nel loro data base non risulta il mio nominativo e continuano a chiedermi il “numero di tracciabilità” neozelandese che ovviamente non ho perché la spedizione è avvenuta dall'Italia». A questo punto non è infondato il sospetto che qualcuno l'abbia rubato, considerato il suo valore: mille euro. Tanto più dopo quel che è successo nella seconda spedizione: «Il mio pacco - racconta Claudia Cherchi - era stato bloccato dal responsabile del ministero della Salute neozelandese per possibile contrabbando di farmaci, visto che mancava la prescrizione di un medico neozelandese che confermasse la terapia. Da allora, rimasta 10 giorni senza medicine, ho provveduto a recuperare la documentazione mancante affinché tutto filasse liscio».
L'ANGOSCIA Ma tant'è: del pacco vagabondo non c'è traccia. «Le Poste sarde hanno fatto denuncia di smarrimento, ma io intanto sto terminando la scorta di medicine, impossibili da trovare qui perché usano altre molecole e non conoscono le corrispondenti alternative alle mie». Vani i tentativi fatti finora, anche quello all'ambasciata italiana. E cresce lo sconforto: «Ogni mese la mia famiglia si adopera affinché i farmaci arrivino regolarmente e in anticipo in modo che non resti scoperta dal trattamento. Non posso pensare che ad ogni spedizione correrò questo rischio. Per me, invalida civile all'83%, biologa senza lavoro, questa opportunità vale il mio futuro: se tornassi in Italia, oltrettutto, dovrei restituire i ventimila euro della borsa, impossibile con la mia pensione di 265 euro mensili. Tra due settimane finirò le scorte dei farmaci, chiedo aiuto a chi può dirmi cosa fare e a chi rivolgermi».

CARLA RAGGIO

2.12.10

lasciamo ikn pace monicelli e facciamo silenzio

Non soltanto i "puffi" del giornalismo e della politica, si sono avventati sul gesto di Monicelli trasformandolo chi in un inno all'eutanasia e chi un gesto vigliacco ed un offesa alla vita, strumentalizzandolo politicamente per esaltare o esecrare l'argomento del momento: Il fine vita.
Sandro Bugialli, due giorni fa, ha scritto un bellissimo articolo, non il solito coccodrillo pronto nel cassetto da mesi e mesi. Ha raccontato il Monicelli che ha conosciuto, l'uomo che stimava e ammirava e del quale rispetta l'ultima scelta.
Ha raccontato lo spirito dell'uomo, che è tutto raccolto in Amici miei e... qualcuno ci ha letto un invito al suicidio, un'arresa alla vita, una vigliaccata, quasi un'istigazione al suicidio.
L'uomo, la sua vita, le sue opere, il suo spirito, la sua volontà di non lasciarsi sconfiggere neppure dalla malattia, sono passate in secondo piano. Hanno usato il suo ultimo gesto sfruttandolo meschinamente e strumentalizzandolo ognuno per o contro il proprio credo.
Lo trovo nauseante.  Ed  proprio questa mia nausea  che mi ha spinto  a scrivere  per la seconda volta   ai ,termine che  abborro  pro lfe  , sia  a quelli dell schieramento opposto
Non c'è altro da dire. Tutti dovrebbero tacere e riguardarsi Amici miei. Forse comprenderebbero istituito la Giornata Nazionale degli Stati Vegetativi, facendola cadere proprio nel giorno della definitiva morte di Eluana Englaro. Così che quel 9 febbraio 2009 venga trasformato da affermazione dello stato di diritto, della democrazia, della laicità dello stato nella sacralizzazione della pro-vita da stato vegetativo.
Vi chiedo d'evitare come dice  sofri nell'articolo del 2  divcembre   2010   che trovate qui  o  qui oppure in png  sotto


 Fra  i tanti articoli   ccritici  contro  questa  strumentalizzazione   questo botta  e risposta  fra un lettore   e il giornaista  Giann Morandi   ( da non confondere  con il  cantante  ) di   http://club.quotidiano.net/

 <<


(..) Il regista era una uomo malato che ha fatto una scelta come fanno purtroppo e non raramnemte malati che si trovano nella condizione di non avere più una speranza. In un caso come questo mi aspetterei il rispetto con il silenzio e non il clamore come fosse un bel gesto da imitare. O forse si vuole usare Monicelli per fare propaganda all’eutanasia? Dario Barone, Milano

SONO D’ACCORDO con lei, l’hanno buttata in politica, è diventata la polemichetta del giorno tra i banchi della Camera e il Tg 3 ci ha aggiunto il predicozzo per dire che il grande Monicelli è uguale al grande Fazio che parla di eutanasia. Nell’ascoltare il Presidente della Repubblica si è colto nella sobrietà del ricordo di Monicelli una condivisione dei valori ma allo stesso tempo una distanza siderale dalle argomentazioni degli ometti piccini e furbi che si sono intrufolati nel caso. Ometti sia di spettacolo che di politica che parlano di cose più grandi di loro. Qui conta solo il gesto, non la giustificazione dello stesso o la sua celebrazione. Chi vuol trasformare tutto in puntata di Annozero non ha capito nulla. La fine di Monicelli non è da imitare, è solo la scelta di un uomo, che si è preso la libertà di fare quel che altri ritengono un’offesa a Dio e altri ancora il doloroso ma inevitabile caso limite di chi rivendica una libertà senza contropartita. E non chiede di essere imitato.

>>

Ora  voi mi direte ma non se ne puo' liberamente parlare  ? certo  non si poteva rimanere in silenzio su questa morte annunciata, ma   non strumentalizzarla    ed  usarla   a proprio   scopo   .
Monicelli è stato un grande intellettuale ateo ed ha concluso la sua vita così in un momento di sconforto o  chi sà quale altro motivo  ,nei suoi film guardava la realtà con amarezza ed ironia.non si deve , come ripetevo prima , strumentalizzare il suo gesto,ma parlarne sì,perchè gli uomini vogliono capire il senso della vita e ancora non lo trovano.
Concludo con :

1) una  dmanda    continuo a chiedermi perché i bravi pro-life (quelli che gridano "assassino" al povero Beppino Englaro e rifiutano il funerale a Welby) non si preoccupano con lo stesso accanimento delle altre persone ammalata che, invece, vorrebbero vivere e non se lo possono permettere?   l
 2)  o so che  l'ho copiato da sito  di   una mia amica   compagna  di viaggio  quelo che saròà speriamo il più tardi possibile l mio testamento biologico

Credo in Dio

ma non in chi, nel nome di Dio, mi toglie la libertà di pensiero e la dignità.
Accetto dalla mano di Dio la vita e la morte, ma rifiuto chi vuole impormi come vivere e come morire.
So che la mia vita non mi appartiene, ma non voglio affidarla alla scienza o ad una religione.
Scelgo la compassione e la misericordia, e non solo quando convengono alle mie ideologie.
So che la sofferenza è spesso inevitabile, ma mi sgomenta chi, pur con buone intenzioni, condanna il prossimo a mali interminabili e senza senso
Credo che la vita sia relazione, attività, emozione, coscienza, volontà; e nessuna macchina potrà mai pensare, decidere, interagire per me.
Rifiuto ogni forma di vita artificiale, finta, inconsapevole e senza speranza.
Diffido di chi, in nome della vita, mi condanna ad una infinita agonia.
Ho orrore di chi - medico o sacerdote - vuole sperimentare sulla mia pelle il suo desiderio di onnipotenza.
Credo che la morte sia sacra quanto la vita, e che ognuno abbia il diritto di vivere e soprattutto di morire con dignità.
Chiedo che il mio corpo sia curato da vivo, e non  conservato quando è già cadavere.
Non conosco l'ora della mia morte, ma voglio che, quando sarà giunta, nessuno mi impedisca di tornare a Dio.
«Laudato si', mi' Signore,
per sora nostra morte corporale
da la quale nullo homo vivente
pò scappare»
                (Francesco d'Assisi)



 3 )   ed  ultimo  una provocazione   per " pro life "  ( lo so che abborro tale termine ma non so come definirli ) soprattutto quelli più estremisti  faccio questa  provocazione : <
 visto che 




Pena di morte, dossier sull'Italia: unico fornitore del farmaco per le iniezioni letali

 Potrebbe essere prodotto solo in Italia il farmaco usato nelle esecuzioni letali negli Usa. La Hospira spa, un'azienda farmaceutica con base a Liscate (Milano), sarebbe stata incaricata dalla casa madre americana, con base in Illinois, di produrre il Sodium Thiopental, noto come Pentotal, da destinare alle esecuzioni negli Usa. Lo denuncia il dossier "Commercio letale", presentato oggi da Nessuno tocchi Caino e da Reprieve, organizzazioni che si battono contro la pena di morte. Il Pentotal - si legge nel dossier - è il barbiturico presente in tutti i protocolli di iniezione letale negli Usa: in quelli con tre farmaci costituisce il primo passaggio e nei protocolli basati su un unico farmaco è proprio quello previsto.
 con questo  è tutto 

Padova, consigliere comunale dipadova su Facebook "Questi rom mi fanno proprio vomitare"

Padova. Consigliere comunale su Facebook: Sti Rom mi fanno proprio vomitare

1.12.10

ahi ahi le donne

 Una mia   amica   si lamenta  di noi  uomini  dicendo  : << Prima ti scrivono, poi improvvisamente smettono. Prima dicono di essere interessati a te, poi spariscono come se non fosse successo nulla. Dicono di volerti bene, ma il loro comportamento ti fa pensare l'esatto contrario. E poi dicono che siamo noi donne quelle strane ed incomprensibili....>>. Non la  biasimo e la comprendo  

 Le mie ipotesi  al suo dubbio  possono essere  in base  all'esperienza  fin qui avuta  : 1 ) L'uomo è semplice:vi scrive?vuol dire che è interessato.Nn vi scrive più?vuol dire che ha finito i soldi nel cellulare.L'uomo dice di essere interessato a voi?Nn mente mica eh!!Poi sparisce?Vuol dire che è un uomo volubile(nn uno vero che n...n si lascia sfuggire la preda!!).L'uomo vi dice di volervi bene ma vi dimostra il contrario?Vuol dire che è realmente interessato a voi perchè come si dice:chi disprezza compra no?Perciò quando vi chiama "stronze","troie e stupide" è come se dicesse:"Dio quanto mi piace,ma mica posso farci il cascamorto davanti a tutti no?!se no gli amici miei mi prenderanno per un moscio!!!Perciò la tratto male e poi appena sono solo la riempo di messaggi e chiamate!!!"..e cmq se l'uomo sparisce è xkè si è stancato di aspettare..oppure xkè ne ha trovata una migliore!!ahahaha semplice. (  fino al  15\20 )  ., 2)  successivamente a 20\2 anni    sparisco perchè   si è stancato di aspettare..oppure xkè ne ha trovata una migliore ( non è il mio caso sfigato come sono )   o ci sono troppo amico  (  mi capita  spesso )., 3)  28 anni adesso   a metà strada tra  la precedente  esperienza   e perchè   a volte    non  ho il coraggio  , oppure  mi sono arreso  alle  continue   balle     e raramente  la verità  nuda  e cruda  delle donne   ( sono già fidanzata ,, ecc  ) oppure  il giudicare  \ criticare  aprioristicamente e non a  360 gradi accettando che nella vita  c'è anche l'amaro e  un uomo li deve prendere tutti e  due come dice  questo bellissimo film ,  in una delle ultime scene  

 



 che l coraggio di affrontare la situazione ... e preferisco fuggire da coniglio !!! anzichè insistere  ancora   cmq rimane un  mistero  un mistero che ormai è diventato, a volte  ,  perdita di tempo cercare di capirlo !!! . Ma  io non mi arrendo e continuo   a provarci anche  a costo di cancellazione  dai contatti di fb  e  non solo ,  e  gli sfotto degli amici che  mi chiamano  provolone ad  honorem  o vogliono portami a  ........

Karim Metref A SEMI DI PACE 2010\11 tempio pausania

Tempio Pausania
Ieri 30\11\2010    ,  forse  per  l'orario  e l  giornata lavorativa  (  erano  le   18  )  nei locali dell'Ufficio Turistico di Piazza Mercato, si  è svolto l'ncontro  dibattito  con
il giornalista e scrittore Karim Metref  ( a destra nella foto   foto  a destra   le altre  sul mio  flicker   )  intervistato  dal prof   Giuseppe Pulina  ( a  sinistra  ) 


  L'incontro rientra nel progetto "Semi di Pace 2010", approdato in città da qualche tempo che vede il coinvolgimento attivo delle scuole cittadine nel progetto di educazione alla  non violenza  .La presentazione   nonostante fosse pubblicizzata  sui giornali local e cn locandine  oltre che su fb  ha  avuto presenti (  forse  per  mancanza  di tempo o per  incultura  o  svogliatezza )  ha  visto partecipare  solo noi  e qualche cliente  ed amico dela bottega del 

mondo  e  del commercio equo e solidale  .Quidi pochi ma  buoni  . Speriamo che  il servizio su rtg  (  radio telegallura   )  sia visto  e serva  a qualcosa  .
Dopo le  domande  stimolanti  l maggior parte del prof  pulina  in cui ha raccontato dell'interessamento dei ragazzi ale sue lezioni  e   e reazioni  al video il proiettato in classe    il corpo delle  donne di Zanardo  , la sua esperienza  in iraq  riportata  nel  suo libro  de    2007 Caravan to Baghdad   ( foto sotto al centro    )  . Ha  inoltre  parlato   Adele sue storie  in Algeria e  di perchè  ha  scelto d0'immigrare  e  di come  è venuto in Italia  in giro per  l'Italia  fino ad  approdare a  Torino raccontate   del libro   Tagliato per l'esilio. casa editrice Mangrovie2008 ( sotto a  destra  )Scritto tra l'Algeria e l'Italia, "Tagliato per l'esilio" è una raccolta di racconti. Il filo conduttore che lega questi racconti brevi molto diversi tra di loro è l'esilio. Ma l'esilio non è inteso soltanto come quello di chi prende, se ne va, e lascia la terra natia. L'esilio è raccontato in tutte le sue sfaccettature.E' innanzitutto di chi si sente in esilio a casa propria che si tratta.  La prima parte -autobiografica- comincia con queste parole: "Il 25 novembre 1967 nascevo in esilio sulla terra dei miei avi. ..."E proprio stimolato  da : i  suoi racconti   e dalla sue risposte   sia  a qualche mia domanda  \ chiacchierata  fatta prima che iniziasse la presentazione   , dal botta  e  risposta  con noi    e altri del pubblico  ,  e  soprattutto dalla lettura  dei bugiardini del libro  , mi  è venuta  la  domanda    che trovate  nel video   da me girato sotto .
 Se nel caso   non si dovesse  capire   , visti  i  mie problemi di pronuncia  che m'accompagnoie non curati  per  giunta  peggiorati dal baite  eccovela  qui  : <<Visto che tu  hai viaggiato  e girato , e  sei continuamente  in viaggio  \  in esilio , ti senti più seme  o radice  .>>
Bellisima la  sua risposta  ed  molto intesa  . Essa  mi  ha : 1)  spinto  1) rimettermi in discussione per  certe cose  8 ne riparleremo prima o poi  )  , 2)   mi  ha  dato conferma     a  lasciare  il titolo  al nostro blog  , che voevo  cambiare   , visto  i scarsi  commenti  e l'email  continue   nonostante  e faq  , di gente stupida  che lo scambio o per un sito sulle droghe o  di un agenzia  di viaggio oppure  vi ci arriva   cercando  roba  \  argomenti d'aerei  in quanto esso  è  : <<  CDV - codice aeroportuale IATA dell'aeroporto MILE 13 FIELD - Merle K. (Mudhole) Smith, Cordova (Alaska), Stati Uniti >> tre  che un sistema  sicurezza   d'antifurti  (  CDVI Italia srl - A CDVI Group Company - Manufacturing Controllo ...Cdv é un'azienda leader nella progettazione e produzione di sistemi di sicurezza e controllo degli accessi.  )  o il centro diagnostico Varesino  ., 3) di come educando    non solo i ragazzi  , ma  anche  gli adulti ( genitori ed  insegnanti )   ai valori  dela non violenza   , del rispetto , della legalità    crescerà  un mondo migliore   , e  i ragazzi di  14\15  non saranno  solo defilippilizzati  o  dei bimbiminkia    che succubi  dei acritici  dei  consumi   e  delle mode   e  di una globalizzazione ormai mercificata  . 4)che sono sulla  strada  giusta   del sincretismo culturale  e nella lotta  alle chiusura mentali (  identità aperta  )  e all'omologazione   culturale




          Poi  dopo mentre firma  libri  fra   cui il mio   vedere  foto sopra 


si  è andati in trattoria   dove  fra una pietanza  e l'altra si è  chiaccherrato del mondo  Islamico, dell'Algeria , di veganesimo  ,  di non violenza  , ecc  .
con questo è tutto  .  al prossimo incontro con Alex Zanotelli

P.s
per  chi volesse  saperne d più  dell'autore  e  leggere i suoi articoli  che scrive o per riviste  o ilsuo  blog  questo è il suo blog http://karim-metref.over-blog.org/

Razzismo Un posto sui bus americani per ricordare Rosa Parks

A  QUANDO IN ITALIA  ?


Montgomery (Stati Uniti), 1 dicembre 1955: Rosa Parks torna a casa dopo una giornata di duro lavoro. Sale sull'autobus e prende posto. La sua unica colpa è essere nera. A una fermata il conducente le ordina di cedere il sedile a un bianco, ma lei si rifiuta. In America è il periodo della discriminazione razziale. Arriva la polizia e la donna finisce in carcere. Per 381 giorni la comunità afro-americana boicotta i mezzi pubblici. Oggi, a 55 anni da quel giorno, in alcune città degli Usa Rosa viene ricordata lasciando libero un posto sugli autobus.

la mafiae il calcio \ il coraggio della denuncia del giocatore Jaun Carlos rosa

Le nuove mafie stanno sempre penetrando  dapertutto  anche  in quello  che  Sic   fino  30\40 anni fa  era  il mondo  del calcio  . Infatti  assistiamo   Partite truccate, scommesse clandestine, presidenti prestanome, lo denuncia don Luigi Ciotti fondatore di Libera: "si garantiscono visibilità e presidio nel territorio e opportunità di riciclare denaro e arruolare nuove leve"
<< L'ombra della mafia grava anche sul pallone. >> sempre   secondo il giornale  online in un articolo del 16 luglio 2010  articolo non approfondito  da inchieste successive che trovate  qui   << Partite truccate, scommesse clandestine, presidenti prestanome: le mafie hanno messo le mani sul mondo del calcio, perchè, come spiega Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera "si garantiscono visibilità e presidio nel territorio e opportunità di riciclare denaro e arruolare nuove leve". In Lombardia, in Campania, Basilicata, Calabria, sono più di trenta i clan contati da Libera direttamente coinvolti o contigui al potere della criminalità organizzata e censiti per inchieste giudiziarie per infiltrazioni malavitose. "È uno spaccato inquietante - ha sottolineato Don Ciotti - ma non c’è da stupirsi".>>
Le  accuse  di Libera  sono di vecchia data   già anni fa la prima denuncia Già tre anni fa Libera ha denunciato che nella piana di Gioia Tauro i clan sono entrati nei piccoli club, in quell’occasione "il mondo del calcio si è indignato, ma è una realtà che le mafie siano nel pallone. I collaboratori di giustizia, ha ricordato il fondatore di Libera, da anni "dichiarano che i presidenti dei club hanno offerto loro posti di lavoro, che hanno scoperto solo dopo essere manovalanza per le organizzazioni criminali.






"Mi stupisco di chi si stupisce - ammette don Luigi Ciotti - Da sempre le mafie hanno puntato al controllo sul territorio anche attraverso le squadre di calcio. E oggi piu' che mai gestiscono il calcio scommesse, condizionano le partite, usano lo sport per cementare legami della politica, riciclano soldi". 



A testimoniare  ciò   c'è  fra  i casi  più clamorosi  della  penetrazione dela  mafia  ( oltre la storia  che troverete continuando a leggere l'articolo che  spiega  perchè  gli "  stessi  addetti ai lavori  "   cioè i gicatori o allenatori    non denunciano o  chi denuncia  viene   emarginato  o sospeso    e visto come un appestato    ) Chinaglia Il caso di Giorgio Chinaglia  e  la tentata scalata alla Lazio, quello dei giocatori del Potenza che non gioiscono per il gol dei propri compagni di squadra perchè sui risultati delle partite erano stati scommessi migliaia di euro in collusione con la ’Ndrangheta, sono solo episodi limite. Il dossier, preparato da Libera, e che verrà pubblicato in settembre dal gruppo Abele con il titolo "Le mafie nel pallone", di Daniele Toto, ne cita altri.E Il dossier  di Libera   << (...)   punta il dito dalla Lombardia al Lazio, abbracciando la Campania, la Basilicata, Calabria, toccando la Puglia, con sospetti in Abruzzo e con un radicamento profondo nell'isola siciliana. E con il Nord Italia sicuramente non immune da questa onda di illegalità applicata al calcio.
LA MAPPA - Più di 30 clan direttamente coinvolti o contigui censiti nelle principali inchieste riguardanti le infiltrazioni mafiose e i casi di corruzione nel mondo del calcio. E alla spartizione della torta il gotha della mafia, dai Lo Piccolo ai Casalesi, dai Mallardo ai Pellè, dai Misso alla cosca dei Pesce e Santapaola, denuncia ancora Libera. Oggi, sostiene il dossier di Libera, i clan guardano al mondo del calcio, controllano il calcio scommesse, condizionano le partite, usano il calcio per cimentare legami della politica, riciclano soldi. Le inchieste della magistratura, le intercettazioni telefoniche, la cronaca quotidiana dimostrano come anche nel football è presente un alfabeto dell'illegalità tutto italiano, con pertinenze anche straniere: 'ndrangheta, camorra, Cosa nostra e Sacra corona unita tutte attive e operative nel corrompere quella che sembrava apparentemente un'isola felice e che viene interpretata come un enorme affare.
«UN PICCOLO ESERCITO» - «Questo dossier dimostra che la criminalità organizzata nel calcio c'è, è sedimentata sul territorio e serve a dare prestigio ai boss e ad arruolare il loro piccolo esercito - commenta don Luigi Ciotti, presidente di Libera -. Lo dicono anche le dichiarazioni di alcuni pentiti, che raccontano di «posti di lavoro» offerti dal colluso presidente della squadra di calcio locale in cui giocavano da giovani questi collaboratori di giustizia. Poi c'è il caso del boss siciliano Piazza, diventato presidente di un piccolo football club in provincia di Siena, e anche a Rosarno, tra gli arrestati, c'è il dirigente di una società calcistica».>> (  coriere dela sera  del 16 luglio qui l'intero articolo  http://www.corriere.it/sport/10_luglio_16/calcio-mafia-denuncia-libera_10f42818-90df-11df-8665-00144f02aabe.shtml ) . Edd  eccoci a  rsultati  : << (...)
Secondo l’indagine “Le mafie nel pallone”, nella spartizione della torta tutti fanno affari: dai Lo Piccolo ai Casalesi, dai Mallardo ai Pellè, dai Misso alla cosca dei Pesce e Santapaola. ‘Ndrangheta, Camorra, Cosa Nostra, Sacra Corona Unita: non manca proprio nessuno. Il volume parla anche di falsificazione di tesserini, di acquisto di giocatori stranieri come “ombrello” di copertura per operazioni offshore e di infiltrazioni mafiose tra i gruppi di ultrà. Don Ciotti incalza:” In Lombardia, in Campania, Basilicata, Calabria, sono più di trenta i clan contati da Libera direttamente coinvolti o contigui al potere della criminalità organizzata e censiti per inchieste giudiziarie per infiltrazioni malavitose. “È uno spaccato inquietante ma non c’è da stupirsi. Tre anni fa la prima denuncia Già tre anni fa Libera ha denunciato che nella piana di Gioia Tauro i clan sono entrati nei piccoli club. In quell’occasione il mondo del calcio si è indignato, ma è una realtà che le mafie siano ’nel pallone ”. I collaboratori di giustizia, da anni “dichiarano” che i presidenti dei club hanno offerto loro posti di lavoro, che hanno scoperto solo dopo essere manovalanza per le organizzazioni criminali.  Il caso di Giorgio Chinaglia  (   niente di nuovo sotto il sole sul persopnaggio  già citato n  una canzone  , adesso non ricordo quiale di  Rino Gaetano   negli anni 70 )  tutt’ora latitante per la tentata scalata alla Lazio, quello dei giocatori del Potenza che non gioiscono per il gol dei propri compagni di squadra perchè sui risultati delle partite erano stati scommessi migliaia di euro in collusione con la ’Ndrangheta, sono solo episodi limite.” Il dossier, preparato da Libera, verrà pubblicato in settembre dal gruppo Abele con il titolo “Le mafie nel pallone”, di Daniele Toto, ne cita altri. Mi stupisco di chi si stupisce; da sempre le mafie, hanno controllato sul territorio le squadre di calcio. E oggi più che mai gestiscono il calcio scommesse, condizionano le partite, usano lo sport per cementare legami della politica, riciclano soldi. È necessario rompere i silenzi, avere il coraggio della denuncia seria e documentata ricordando le tante piccole squadre e realtà locali che non hanno perso la trasparenza e la lealtà nel loro agire quotidiano. Le mafie usano il calcio giovanile per arruolare nuova manovalanza.
Possedere una squadra di calcio rappresenta in tante realtà un fiore all’occhiello, una testimonianza di prestigio e soprattutto strumento di controllo del territorio». Il marcio c’è anche nel mondo del calcio. Abbiamo scoperto l’acqua calda. Prima di noi lo hanno accertato, perseguito, processato e condannato nella aule dei tribunali della Repubblica. C’è chi sia andato in galera e chi abbia già scontato la pena. Erano anche i tempi del nandrolone, ( in passato veniva utilizzato per curare casi come l’osteoporosi, gravi forme di anemia e magrezza costituzionale. Oggi il suo utilizzo è più famoso in ambito sportivo che terapeutico), dell’eritropeietina. Non soltanto delle “canne”, della cocaina, dell’eroina, dello spinello. Diego Armando Maratona docet. La storia del Pibe de Oro è ormai nota, come la sua parabola discendente dovuta proprio all’uso di sostanze stupefacenti, che lo hanno portato ad un passo dalla morte qualche anno fa. La prima volta che venne pizzicato, giocava ancora nel Napoli e si beccò 15 mesi di squalifica. Poi i Mondiali del ‘94 e la positività all’efedrina e poi ancora una squalifica nel ‘97. Lamberto Boranga, ex portiere del Cesena e oggi sanitario sportivo alla Asl di Perugia, in un’intervista al quotidiano Avvenire. “Dalla fine degli anni ’70 al 1985 circa l’hanno fatta da padrone gli stimolanti, i cortisonici e le anfetamine. Poi da li’ a tutti gli anni ’90 e’ stata l’era degli anabolizzanti. Ora il doppio controllo antidoping (sangue-urine) ha quasi fatto sparire gli anabolizzanti e siamo entrati nel tempo dell’Epo. Le conseguenze di abuso di eritropoietina sulla salute degli atleti si vedranno fra una ventina d’anni ma posso tranquillamente dire gia’ adesso, senza peccare di allarmismo, che saranno devastanti”.(...) >> da  http://www.mediterraneonline.it/   trovate  qui  l'articolo completo  )  Ora  se la  mafia  è riuscita  a penetrare  in settori come questi  lo si deve  alla scarsa educazione   ala legalità   e  ai pregiudizi  verso chi denuncia  ecco alcuni commenti  trovati  nell'articolo    del  giornale online citato prima   : >>





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  chi se  ne frega  se  è  un prete  o  un ex prete o  spretato , o uno di destra   a denunciare  tali  cose  , meglio  loro che il silenzio   che molto spesso è  uguale  a morte 
Il  che  genera  paura  nel denunciare  . Ecco  perchè , io pur contrario alle mitizazzioni  e  al  significato  e definizione classica  e  dlontana menoria   del mito dell'eroe  , considero   tutti coloro che   come nel caso di Zeman e  del giocatore ( che  cito  qui sotto  )  hanno il coraggio   di denunciare  e  di prendersi el conseguenze  che  ne  conseguono  : emarginazione  , isolamento ,  denunce  , sospensioni  e  quanto altro ne consegue  , degli eroi  .
Ecco la storia  di cui parlavo prima   tratta  dell'unione sarda  oonline del 1\12\2010

Calciatore chiede i rimborsi spesa:minacciato di morte e squalificato

 




Il protagonista della vicenda era arrivato a Lanusei dalla Puglia, dove giocava in una squadra in odor di mafia. Denunciò i dirigenti che lo avrebbero minacciato di morte quando chiese i rimborsi spesa. Lo hanno squalificato per cinque mesi.


Ha dell'incredibile la storia di Juan Carlos Rosa, 25 anni, centrocampista del Lanusei calcio, squalificato per cinque mesi per aver denunciato per minacce i suoi ex dirigenti del Real Squinzano, squadra della Promozione pugliese in cui ha militato nella scorsa stagione. Il calciatore di Buenos Aires è stato fermato per cinque mesi dalla Commissione disciplinare territoriale della Puglia.
LA STORIA Tutto risale a un anno fa. Rosa gioca nel Real Squinzano, formazione finita anche nel mirino della Dia per presunte infiltrazioni mafiose. Dal 15 dicembre 2009, racconta Rosa nella sua denuncia alla magistratura, gli sarebbe stato negato l'ingaggio stabilito con un accordo verbale e gli sarebbe stato offerto il pagamento con fondi neri; qualche mese dopo sarebbe stato minacciato di morte se non avesse lasciato l'albergo dove alloggiava, in quanto licenziato.
La denuncia alla magistratura ordinaria senza il consenso del Consiglio federale ha portato, secondo il procuratore, alla violazione della cosiddetta clausola compromissoria, articolo dello Statuto che vieta ai tesserati di rivolgersi alla giustizia ordinaria per risolvere questioni legate al calcio. Oltre a questo, Rosa è stato anche condannato per aver percepito una gratificazione economica, sotto forma di rimborso forfetario di spesa (750 euro), cosa consentita tra i dilettanti soltanto nei campionati nazionali. Insieme al giocatore sono stati condannati il presidente del Real Squinzano, Carlo Marulli, per quattro mesi e il direttore sportivo, Elio Tresi, per tre. La società è stata multata di cinquemila euro per responsabilità oggettiva.
IL PRESIDENTE SUO AVVOCATO La decisione della commissione ha gettato nello sconforto il giocatore, già ripartito per l'Argentina, e la sua nuova società, il Lanusei calcio, che però non l'ha abbandonato. Il presidente del sodalizio, Donato Marongiu, avvocato, si è subito messo in moto per aiutare Juan, assumendone gratuitamente la tutela. Non tanto per far cancellare la squalifica, cosa assai difficile, quanto per provare a ridurla il più possibile. Per questo ha inoltrato ricorso alla commissione disciplinare nazionale. «La prima cosa che voglio dimostrare - spiega - è la non applicabilità della clausola compromissoria, visto che la denuncia di Juan è di tipo penale e fa riferimento alle pesanti minacce a cui è stato posto dai suoi ex dirigenti. In merito ai pagamenti - continua Marongiu - vorrei che qualcuno mi spiegasse perché si accetta il tesseramento di giocatori stranieri se il regolamento non consente che siano pagati: è come se la federazione tenesse la testa sotto la sabbia per non vedere un fenomeno che, in maniera lampante, viene disatteso ovunque ogni anno». 

                               FRANCESCO MANCA

Ben venga   chi  mi vuole  ascoltare    e  leggere  anche senza  commetare    anche esprimendo la sua diversa  opinione ovviamente  nel rispetto della  mia  .
A ... gente imbelle     come quella  citata prima  

30.11.10

adesso è tabu non accompagnare gli alunni ad una celebrazione militare ? il caso dellla prof stefania coda

dall'unione  sarda 
Sabato 20 novembre 2010
I genitori degli alunni la accusano, il preside la difende. È sospettata di vilipendioin quanto  ha  tenutom una  lezioe su un documento antimilista  e  si   è rifiuta  di condurre la  classe  alla parata celebrativa dee forze  armate  per  i cadutoi  nelle  guerre
DAL NOSTRO INVIATO
PAOLO CARTA 

VILLASALTO La lezione della professoressa di Lettere delle scuole medie di Villasalto, Stefania Coda, è pacifista. Anzi, anti-militarista. «Nella storia, gli eserciti hanno portato soltanto morte e le guerre sono sempre state conquista di territori e risorse. Missione di pace o guerra umanitaria sono ossimori». E quindi la docente ha deciso di non accompagnare una delle sue due classi alla messa e alla cerimonia in ricordo dei Caduti in guerra, lo scorso 4 novembre, festa delle Forze Armate. Invece, in classe, ha portato ai ragazzi documenti facilmente rintracciabili su Internet, su posizioni decisamente e diversamente schierate. Titolo: soldati e ufficiali diventino un ricordo del passato . Conclusione: il 4 novembre non è una festa ma un lutto, non esistono guerre giuste e umanitarie, no alle missioni militari .
IN CLASSE Il dibattito in classe è stato pacato e costruttivo, fuori dalla scuola no. Alcuni genitori, dopo aver letto il documento distribuito dalla professoressa Coda, hanno protestato. Su più fronti: innanzitutto dal preside, Francesco Maria Manca, poi dal sindaco, Giorgio Murtas, quindi dai carabinieri. Contro la lezione particolare, per la mancata presenza dei bambini di una classe alla cerimonia ufficiale, per le posizioni antimilitariste della docente.
LA SCUOLA Il preside difende l'insegnante: «Bisogna andare alla sostanza delle cose e io sono per la difesa di qualsiasi idea, per il pluralismo dell'informazione, per un confronto leale. Personalmente uno può pensarla diversamente, ma deve sempre essere libero di esprimere le proprie convinzioni, nel rispetto degli altri, che anche stavolta non è mancato. La stessa insegnante ha spiegato le sue ragioni durante una riunione alla presenza dei genitori. D'altronde io avevo detto chiaramente che i bambini e gli insegnanti potevano partecipare alla cerimonia in ricordo dei Caduti, non che dovevano ».
IL COMUNE Sulla stessa linea il sindaco Murtas: «Nessun incidente diplomatico con la scuola o i docenti, ci mancherebbe, tra l'altro sono anche io un insegnante. Certo, ho sentito le lamentele dei genitori, ma più che altro per il fatto che alcuni ragazzini erano stati accompagnati alla manifestazione e altri no. Nella commemorazione abbiamo ricordato i 57 nostri compaesani morti nelle guerre dello scorso secolo, a mio avviso è stata una bella cerimonia, ma ognuno è libero di pensarla diversamente».
LA DENUNCIA Sicuramente il capitano Lo Iacono inoltrerà un rapporto alla Procura: «Potrebbe ipotizzarsi - spiega l'ufficiale dei carabinieri - il reato di vilipendio delle Forze Armate, articolo 290 del Codice penale». Perché nel documento letto dalla professoressa Coda si elencavano alcuni episodi della storia d'Italia che non compaiono sui libri di scuola: la costruzione dei lager in Libia, l'utilizzo di armi chimiche in Etiopia nel 1935-36, la deportazione di migliaia di libici, l'edificazione di carceri in Somalia tra i più disumani.
LA DOCENTE La professoressa Coda è stupita del clamore, ma non rinnega il suo gesto: «Non volevo indottrinare nessuno, ma ritengo che i ragazzi di tredici anni, assorbiti da tv o quant'altro, debbano ricevere più informazioni possibile per potersi fare un'idea propria, su qualunque argomento. Certi documenti dal punto di vista storico sono importanti. E l'attualità deve essere affrontata anche a scuola, a maggior ragione a Villasalto, paese così vicino al poligono di Quirra, teatro di test di armi accusati di favorire l'insorgenza dei tumori. I ragazzi non sono scatole vuote da riempire: bisogna dare loro gli strumenti per capire e scegliere,questa 
è stata la mia lezione .
 Nella storia, gli eserciti hanno portato >> , Sempre  secondo l'insegnante  , << soltanto morte e le guerre sono sempre state conquista di territori e risorse. Missione di pace o guerra umanitaria sono ossimori». La lezione della professoressa di Lettere delle scuole medie di Villasalto, Stefania Coda, è anti-militarista. E quindi ha deciso di non accompagnare una delle sue due classi alla messa e alla cerimonia in ricordo dei caduti in guerra, lo scorso 4 novembre, festa delle Forze Armate. Invece, in classe, ha portato ai ragazzi documenti facilmente rintracciabili su Internet, su posizioni decisamente e diversamente schierate. Titolo: soldati e ufficiali diventino un ricordo del passato . Conclusione: il 4 novembre non è una festa ma un lutto, non esistono guerre giuste e umanitarie, no alle missioni militari .Il dibattito in classe è stato pacato e costruttivo, fuori dalla scuola no. Alcuni genitori, dopo aver letto il documento distribuito dalla professoressa Coda, hanno protestato. Su più fronti: innanzitutto dal preside, Francesco Maria Manca, poi dal sindaco, Giorgio Murtas, quindi dai carabinieri. Contro la lezione particolare, per la mancata presenza dei bambini di una classe alla cerimonia ufficiale, per le posizioni antimilitariste della docente.Il preside difende l'insegnante: «Bisogna andare alla sostanza delle cose e io sono per la difesa di qualsiasi idea, per il pluralismo dell'informazione, per un confronto leale». Sulla stessa linea il sindaco Murtas: «Nessun incidente diplomatico con la scuola o i docenti. Certo, ho sentito le lamentele dei genitori, ma più che altro per il fatto che alcuni ragazzini erano stati accompagnati alla manifestazione e altri no». Il capitano Lo Iacono inoltrerà un rapporto alla Procura: «Potrebbe ipotizzarsi il reato di vilipendio delle Forze Armate». La professoressa Coda è stupita del clamore, ma non rinnega il suo gesto: «Non volevo indottrinare nessuno, ma ritengo che i ragazzi di tredici anni, assorbiti da tv o quant'altro, debbano ricevere più informazioni possibile per potersi fare un'idea propria, su qualunque argomento».

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