31.5.13

Crisi, da Coldiretti un dossier sui rischi del cibo low cost ecco perchè scelgo finchè è possibile i G.a.s


 In tempi di crisi  (  vedere  il post precente " mangiare al tempo della crisi "  ) Ecco , l'articolo sotto  , un motivo  per   o scegliere i G.a.s  \  i mercati rionali o  prodursi le verdure  . Rringrazio la mia  amica  di facebook  miriana baraboglia  per  avermi suggerito  sulla mia bacheca  questo articolo proveniente  da  http://www.puntarellarossa.it


Crisi, da Coldiretti un dossier sui rischi del cibo low cost
By: Puntarella Rossa
di Natascia Gargano © Il Fatto Quotidiano / Puntarella Rossa


Con la crisi si taglia su tutto, anche sulla spesa per il cibo. Ma più che comprare meno, si compra peggio. L’allarme arriva dalla Coldiretti che in una riunione a Bruxelles ha presentato un dossier sui rischi del cibo low cost. Oltre sei famiglie italiane scelgono prodotti a basso prezzo, acquistati nei discount: “Dietro questi prodotti spesso si nascondono ricette modificate, l’uso di ingredienti di minore qualità o metodi di produzione alternativi”, ha detto il presidente della Coldiretti, Sergio Marini. ”Conviene diffidare dei prodotti che costano troppo poco, come certi extravergini che non coprono neanche il costo della raccolta”.
Gli allarmi alimentari per cibi “pericolosi” sono aumentati del 26% nel nostro Paese. E i principali imputati sono proprio i prodotti a basso costo, specialmente quelli provenienti da Paesi fuori dall’Unione Europea, Cina, India e Turchia in primis. Nocciole e pistacchi dalla Turchia, contaminati per la presenza di muffe e aflatossine, miele naturale dalla Cina (importazioni aumentate del 38%),
con il rischio di contaminazione da Ogm che non sono autorizzati nel Vecchio Continente. Un problema che riguarda pure il riso importato dalla Cina, ma anche dagli Usa, che ha aumentato l’export verso l’Italia del 12% nel 2012.
Pessime performance anche per il pepe indiano (irregolare il 59% dei casi secondo l’Efsa), il pomodoro cinese (irregolare il 41%), le arance egiziane (irregolari il 26%), l’aglio argentino (irregolare il 25%) e per le pere slovene (irregolari il 25%).
Se il Made in Italy ci salverebbe dalla presenza di residui chimici irregolari (è il più sicuro a livello planetario secondo la Coldiretti), il problema è che l’Italia importa dall’estero circa il 25% del proprio fabbisogno alimentare. Così in 4 bottiglie di olio extravergine su 5 in vendita nel nostro Paese è praticamente illeggibile la provenienza delle olive impiegate. Oltre la metà del grano duro utilizzato nella produzione di pasta in Italia è importato da Paesi dove si registrano spesso problemi di aflatossine che hanno anche portato a sequestri di importanti partite di prodotto. Nell’Unione Europea è anche possibile acquistare “pseudo vino” ottenuto da polveri miracolose contenute in wine-kit che – spiega la Coldiretti – promettono in pochi giorni di ottenere le etichette più prestigiose come Chianti, Valpolicella, Barolo, e molti altri. I rischi del low cost riguardano anche le imitazioni dei nostri prodotti più tipici come il parmigiano Reggiano e il Grana Padano che soffrono la concorrenza dei “similgrana”, che non rispettano i nostri rigidi disciplinari, e le cui importazioni in Italia sono raddoppiate negli ultimi 10 anni.

Qui le principali “trappole” del cibo low cost, tratte dal dossier Coldiretti “I rischi del cibo low cost”.

Mozzarella: 1 mozzarella su 4 non è realizzata con il latte ma partendo da cagliate straniero spesso provenienti dall’Est europeo.

Limoni: Proviene dall’Argentina quasi la metà dell’import sul quale sono stati riscontrati problemi di trattamenti chimici.

Similgrana: Raddoppiate le importazioni in Italia di imitazioni del Parmigiano Reggiano e il Grana Padano Dop che non rispettano però i rigidi disciplinari.

Wine kit: Promettono prestigiosi vini italiani ottenuti da polveri miracolose. 140.000 confezioni vengono addirittura realizzate in una fabbrica svedese.

Pomodori: Nel 2012 sono stati importati in Italia 85 milioni di chili di pomodori “irregolari” per presenza di residui chimici, conservati in fusti che vengono rilavorati e diventano concentrato o sughi miracolosamente italiani.

Aglio: Nel 25% dei casi quello argentino che giunge in Italia è irregolare per la presenza di residui chimici.

Extravergine d’oliva: In 4 bottiglie di olio extravergine su 5 in vendita in Italia è praticamente illeggibile la provenienza delle olive impiegate.

Nocciole: Vi sono allarmi per l’importazione in Italia di nocciole e pistacchi dalla Turchia contaminati per la presenza di muffe e aflatossine.

Miele: Nel 2012 sono aumentate del 38% le importazioni di miele naturale dalla Cina. L’Ue ha lanciato un allarme sul rischio di contaminazione da organismi geneticamente modificati.

Prosciutto cotto: Il 90% dei cosci venduti in Italia provengono da animali provenienti da Olanda, Danimarca, Francia, Germania e Spagna senza che questo venga indicato in etichetta.

Riso: In Italia nel 2012 sono aumentate del 12% le importazioni di riso dagli Stati Uniti: rischio Ogm.

Pane: In Italia arriva un flusso di milioni di chilogrammi di impasti semicotti, surgelati, con una durata di 24 mesi, grazie ad additivi e conservanti, provenienti dall’Est europeo.

Pasta: Oltre la metà del grano duro utilizzato nella produzione di pasta è di importazione, con problemi di aflatossine.

Succo d’arancia: Nel corso del 2012 sono stati importati in Italia quasi 1 milione di chili di succo d’arancia dal Brasile. Problemi per la presenza dell’antiparassitario carbendazim.

30.5.13

topolino non chiude ?

aggiorno il mio ost  precedente

Topolino alla Panini, anzi no: un brutto esempio di giornalismo



La rivista “Topolino” ha da poco festeggiato i 3000 numeri: un traguardo ammirevole, che solo poche testate a fumetti hanno saputo raggiungere nel mondo. La causa di ciò va ricercata anche nell’importanza della scuola italiana del fumetto nel mondo, e negli autori, di casa Disney e non solo, che esportiamo all’estero.

Ma come un fulmine a ciel sereno, ecco che su un blog gestito da una fumettista compare una grande notizia: "Topolino, la testata, assieme ad altre testate Disney, migra da Disney Italia e la licenza passa a Panini. Di certo serpeggia inquietudine tra i lavoratori, si direbbe che si parli di cassa integrazione quasi fosse una fabbrica... ma non lo è?". L'articolo, accompagnato da alcune immagini di contorno, crea alcune perplessità sulla vicenda. Alcuni collezionisti non si dicono convinti di quanto è scritto nell'articolo, altri sono preoccupati, altri ancora solo molto curiosi.

Ma prima di scrivere ciò, l'autrice aveva premesso che: "Tutte le cose che scriveremo in questo post ci sembrano probabili e alcune certamente probabili. Le nostre fonti segrete e molteplici ci hanno fatto immaginare questo: TOPOLINO SE NE VA!"
Appare allora chiaro che ci si trovi di fronte ad una notizia senza una vera e propria fonte verificabile. Ciò nonostante, forse spinti da uno spirito sensazionalistico che supera ogni umana ragione, alcuni giornali online cominciano a far circolare la notizia, cercando di renderla sempre più reale. Infine, persino "Il Resto del Carlino" titola così: "Alla Panini Comics i diritti Disney: pubblicherà Topolino"
Ma cosa c'è di vero in tutta questa faccenda? A quanto pare, niente di troppo attendibile. Su Twitter Tito Faraci, noto sceneggiatore di fumetti, afferma che: "Nuovi sceneggiatori per Topolino non servono a sostituirne di 'vecchi', e la ricerca non c'entra non possibili cambi di editore".
Sul forum del Papersera, ritrovo di appassionati e collezionisti, due sceneggiatori, Gagnor e Artibani, hanno affermato che sulla vicenda non c'è nulla di ufficiale, ed è inutile fare congetture se non si possiede una fonte verificabile. Inoltre, stando a Gagnor, gli artisti Disney sono freelance, quindi l'articolo apparso sul blog presenta anche degli errori tecnici, che minano la credibilità.
Sebbene questa vicenda possa apparire marginale in questo clima politico e sociale, la ritengo un'ottima dimostrazione di come a volte, il giornalismo, parta da fonti non confermate o, comunque, molto vaghe, e costruisca notizie senza che vi sia una conferma ufficiale

come sopravvivere ala crisi puntata 6-7 lavoro[ Scrivania in comune così fanno fronte i precari ] e farela spesa [ Il boom dei gruppi di acquisto solidale sette milioni fanno la spesa insieme ]

Questa puntata   di repubblica  mette in evidenza  un modo  per resistere  \ sopravvivere  senza  dover  fuggire  o almeno provarci   e vincere  le proprie indecisioni .  se emigrare  \  andare all'estero  e  lasciare  l'italia in  certi scemi   o resistere   vedere vignetta sotto     di Bobo di Staino  


Scrivania, fax, internet in comune  così fanno fronte precari e partite Iva



Tanto per cambiare la cosa è iniziata in California, si chiama coworking, lavorare insieme e sta crescendo anche in Italia. Per offrire più servizi e risparmiare sulle speseLe nuove idee, e il cambiamento, sorgono spesso senza fare troppo rumore. È il caso del coworking, il lavorare insieme. Nato a San Francisco, dalla Silicon Valley californiana è andato crescendo in tutto il mondo. In Italia si può spendere per una scrivania, internet, fax, sala riunioni ed altro dai 25 euro per il day by day, ai 250/350 euro al mese, sino a 700 euro per 12 mesi. A seconda del modo in cui si collabora, in alcuni cowork sono attive anche forme di baratto ovvero: metto a disposizione la mia professionalità e in cambio ottengo un'altra cosa. Una scelta che coinvolge antichi mestieri come nuove professioni.
"È un modo diverso per essere autonomi sul lavoro, condividendo servizi, come un ufficio completo un atelier o anche un teatro. È un modo di essere inseriti all'interno di una rete nazionale, usufruendo di un database, che metta ogni professionalità in connessione con altre, anche in tutto il mondo", racconta Roberto Ciccarelli, giornalista freelance e scrittore, che sta realizzando un viaggio lungo la penisola, insieme a Felipe Goyocoolea, videomaker cileno, per rendere visibile attraverso un documentario quello che sta cominciando a rappresentare una nuova realtà sociale ed economica.
"Il Cowork è una risposta verso un mercato del lavoro, sempre più insabbiato, che non si rigenera, né da prospettive e che ci rende vulnerabili", sostengono Cristina Alga e Filippo Pistoia di Clac (Centro laboratorio arti visive), che sono riusciti insieme ad altri a unire le forze e a creare all'interno di un unico palazzo, al civico 23 di via Re Federico a Palermo, un sistema di multi Cowork, in cui ogni appartamento ha una sua peculiarità: sala di produzione e montaggio video, una casa-atelier per l'arte contemporanea.
"I professionisti della comunicazione che si collocano sul mercato in forma individuale e non strutturata possono, affittando una postazione di lavoro, entrare a far parte di un sistema che si promuove con un brand comune", spiega Niccolò Pecorini, socio fondatore di Multiverso impresa collettiva di Firenze che associa più di trenta freelance, "noi siamo una creative-agency di comunicazione e vendiamo servizi che coprono più ambiti: marketing, pubblicità, architettura, design, creazione di eventi multimediali. Inoltre socializzando costi e professionalità riusciamo a crescere e ad essere concorrenziali". Un punto questo certo non indifferente se si pensa che in Italia c'è un esercito di lavoratori indipendenti (sono circa un milione e mezzo quelli che si pagano da soli i contributi Inps, in vista di un'improbabile pensione, come spiegano a La Furia dei cervelli, un gruppo di precari e partite iva da cui è nata anche l'associazione Quinto Stato). Molti di loro non sono iscritti neppure a un sindacato, ordine, collegio. Il Cowork intercetta proprio questa fascia variegata di professionalità, che si presenta estremamente frammentaria e debole.
A Torino l'aumento di lavoratori con partite Iva ha spinto per esempio Aurelio Balestra, oggi manager di Toolbox Coworking, a scommettere insieme ad altri sulla riconversione di un'ex area industriale di circa 10.000 mq, che si è trasformata in una vera e propria impresa: "Toolbox", racconta Balestra, "in collaborazione con le Officine Arduino finanzia il FabLab per la realizzazione di una piccola scheda elettronica open source che viene venduta in centinaia di migliaia di esemplari a pochi euro e che consente a tutti di rendere intelligente qualunque cosa, perché svolge il ruolo di un computer".
Un altro aspetto interessante è rappresentato dalla mobilità, nel senso che attraverso il sistema di Cowork chiunque può muoversi e lavorare in qualsiasi parte della penisola e del mondo, se la sua necessità è quella. "Il coworking non significa solo fornire un ufficio low cost ai liberi professionisti, ma vuol dire soprattutto istituire una grande community, coltivare gli stessi valori, lavorare con persone di talento, abbattere ruoli gerarchici", sostiene Massimo Carraro che da Milano è riuscito a creare una rete "Cowo" che oggi può contare su una settantina di affiliati in tutta Italia, dimostrando che il Cowork, possa essere un investimento vincente rendendo, secondo quanto dichiara Carraro, circa 400mila euro all'anno.
"Noi di Multiverso", spiega ancora Pecorini, "ci poniamo come obiettivo per il 2012 di raggiungere un ricavato pari a 200mila euro e allo stesso tempo di riuscire ad incrementare un mercato collettivo, tra i nostri associati, pari circa a 200-400mila euro". Insomma si potrebbe considerare un nuovo business? "No, è troppo prematuro", afferma Mico Rao, rappresentante Legale di Lab121, organizzazione no-profit che reinveste tutte le risorse economiche provenienti dalle proprie attività in servizi. "Il mondo del Cowork italiano si presenta come un movimento slegato, caratterizzato da interessi diversi, formule giuridiche differenti, attività separate e non condivise" , prosegue Rao, noi proponiamo la creazione di linee guida per la stesura di un bilancio sociale per i coworking". Il bilancio sociale è quello strumento che serve a legittimare il ruolo di un soggetto economico, sia in termini strutturali, che soprattutto morali, qualora migliori la qualità della vita dei membri della società in cui è inserito. Ma è possibile che si diventi solidali solo nei momenti di crisi? "Siamo un paese cinico" dice Ciccarelli, "che però nei momenti più difficili, riesce a tirar fuori la parte migliore di sé".



Il boom dei gruppi di acquisto solidale sette milioni fanno la spesa insieme



Condomini, colleghi o semplicemente parenti decidono di andare al supermercato insieme per strappare condizioni economiche più vantaggiose. Secondo un'analisi di Coldiretti e Censis il 18 per cento degli italiani sceglie questo metodo per riempire le proprie dispense. E c'è anche chi per combattere la crisi ha scelto di tornare all'antico: all'autoproduzione, agli orti urbani
C'è chi fa incetta di buoni sconto, chi rovista tra

27.5.13

topolino 3000 la mia recensione e le speculazioni su ebay

da  antoniogenna.com
Prima d'iniziare  il  post   recensione   voglio riportare   una  , se  confermata  , news   che forse segnerà la fine  ( mi tocco e m'auguro di no  , proprio ora topolino   stava  rincominciando a prendere  quota   come un  tempo  )  di un epoca  . Ma  sopratutto  farà valere di più  e renderà più raro     tale n   esaurito   nelle edicole   fin  dal 1  giorno   e poi  per   magia   \  speculativa  comparso su ebay a 80€ e  forse  più .Praticamente  hanno fatto   come Paperone  e Rockerdur   in questa  storia   (  il n  2995   foto  a  sinistra   ) . Le  cause   ?   : 
1)  crisi   economica / editoriale mista   visto che   c'erano periodi in cui   la tiratura del Topolino in occasioni del genere superava il milione di copie, mentre normalmente non scendeva mai sotto le 600 mila.Fra l'altro, meno di 3 anni fa la tiratura era di oltre 200 mila copie: stamparne 150 mila per il numero "evento" del 3000 e' come darsi la zappa sul piede rimasto fuori dalla fossa.
Infatti    stampare 150 mila copie "grande evento" di un fumetto che superava il milione di copie e' un flop.Ormai Topolino non e' piu' un fumetto: e' una APP. Contenti loro...  
2 ) colti da  sorpresa 
3)  incapacità del markentig  disney  di  prevedere una simile cosa   che cioè che molti  ne  avrebbero comprato per  se  quelli buoni    2  copie  una  per la collezione  , quelli semi buoni  3\4   per  amici\che    quelli disonesti   oltre 5    da  rivendere  per  specularci .  3)    una scelta  ,come credo  , ec come si dice  su papersera  vogliono approfittarne per mitizzare l'uscita del 3000, facendo venire la curiosità al lettore mancato di comprare il 3001... può essere una (strana ma  ormai non mi  stupisco  di  niente  ) tattica anche questa... 

Scusate  la  divagazione   ecco  la  news  da  http://comicout.blogspot.it/


Tutte le cose che scriveremo in questo post ci sembrano probabili e alcune "certamente probabili".

Ma finché le due aziende coinvolte non risponderanno alle nostre richieste di commentare le voci che circolano da tempo e che nell'ambiente hanno preso consistenza, dobbiamo considerare queste affermazioni come ipotesi, poco più che "un racconto | narrato da un idiota, pieno di suoni e furore, | che non significa nulla...", ma se vi piace seguiteci.


Le nostre fonti segrete e molteplici ci hanno fatto immaginare questo: TOPOLINO SE NE VA!
«Topolino», la testata, assieme ad altre testate Disney, migra da Disney Italia e la licenza passa a Panini.
Così come è per «L'Uomo Ragno» anche «Topolino» sarà della casa editrice modenese.
La produzione di fumetti dovrebbe restare a Milano, e con un ricambio di autori (nuovi sceneggiatori sono stati chiamati alle armi, in grande segretezza), ma anche una diminuzione di produzione, probabilmente. 
E poiché Panini non produce riviste, ma volumi o albi tradotti, e però Panini ha comprato «Cioè», (testata romana che non sta producendo denaro, ma ha una redazione), la redazione delle riviste potrebbe diventare romana, con un agile risparmio.
Vi gira la testa?Comprensibile.Ma da tempo alla Disney americana i fumetti interessano poco o niente. È piuttosto il mercato europeo, con Francia e Danimarca in testa a curare edizioni e produzioni dei fumetti e giornaletti.
Ricordiamoci infine che, fino al 1988, «Topolino» usciva per Mondadori, era fatto da Mondadori e da molti autori italiani (come ora). La scelta di far uscire "Topolino" da Mondadori fu tutta Disney, contro il parere del capitale Mondadori.Insomma niente da stupirsi se le testate cambiano di mano. 
Di certo serpeggia inquietudine tra i lavoratori, si direbbe che si parli di cassa integrazione quasi fosse una fabbrica... ma non lo è?
Una fabbrica di idee, ma anche di artigianato di alto livello, di produzione industriale, una produzione che si esporta ed è marchio di qualità Made in Italy. 
Sarà a settembre la nuova uscita? O prima?
Questo bellissimo numero di «Topolino», il 3000



esaurito in 24 ore, sarà la pietra di confine?


AGGIORNAMENTO:
è arrivata ora da parte di Disney il no comment ufficiale, "per policy"




ma ora  , non prima  d'aver  fatto gli auguri  a topolino e  a tutta  la redazione  ,


bado alle ciancie  ecco la mia recensione   storia per  storia    le  immagini sono prese eccetto dove  diversamente  indicate  da   http://coa.inducks.org/issue.php?c=it/TL+3000&pg=1




Pippo, Gambadilegno e... il colpo da 3000
Bè, che dire? Il disegno e la tecnica di colore colpiscono fin dal primo sguardo... molto carina la trama, con un Pippo pò poetico ma tremendamente dolce nella ingenuità... come sempre  d'altronde   inoltre adoro quanto s'intendano lui e Sgrinfia! Mi permettete una citazione?
G. : Non nutro grandi speranze per la mia squadra! Verranno anche quelle schiappe dei colleghi di Paperopoli...
T. : Se non altro, hanno le maglie con il numero!
Una  delle  più belle   del numero, con una serie di gag spassose Sgrinfia: "Mi piacevano le storie con quel cattivone ciccione che faceva sempre la figura del babbeo!" Ottimi  i  disegni di Cavazzano veramente stupendi. Ho apprezzato moltissimo i disegni senza china. E poi che dire della colorazione di Mirka Andolfo? Voto: Un bel 10









Il peccato originale




Dunque, i numeri. Dal solo mese di maggio ad oggi, fanno venti.
Intendo i casi. Le persone sono molte di più, perché alcune vicende sono avvenute nello stesso giorno coinvolgendo più persone.
Cito, in ordine sparso:
- Roma, assassinio di Alessandra Iacullo, 25 anni, confessa il fidanzato cinquantenne: "Ero geloso".
- In varie regioni d'Italia, Ilaria, Chiara e Alessandra vengono uccise lo stesso giorno dai rispettivi partner. Erano intenzionate a lasciarli.
- Napoli, donna accoltellata in aperta campagna, accusato l'ex marito, geloso.
- Biloca, ragazza diciassettenne subisce un tentativo di stupro mentre si reca a scuola.
- Bergamo, estetista aggredita dall'ex marito che aveva denunciato.

- Calabria, trovata donna uccisa. Subiva violenze da parte del marito da una trentina d'anni.
- Caserta, aspirante Miss Italia ridotta in fin di vita dal fidanzato che le spappola la milza. Lei si riprende: "Lo perdono, perché lo amo".
- Perugia, due stupri nella stessa notte.
- Pesaro, l'ex partner d'una avvocata (molti giornali scrivono "avvocatessa") le getta acido in faccia per lavare l'onta d'essere stato abbandonato.
- Vicenza, dopo aver denunciato l'ex partner per maltrattamenti una donna viene sfregiata con l'acido da maschi incappucciati.
- Acilia, dopo l'abbandono insegue la moglie con l'auto, fino a stritolarla. Poi inscena il suicidio (che, naturalmente, non va in porto).
- Padova, poliziotto uccide la moglie e si suicida (questa volta, stranamente, ci riesce). I giornali titolano: "Motivi sentimentali".
- Frosinone, un operaio costringe la moglie a girare film porno davanti ai figli e la violenta ripetutamente. In più la minaccia con la frase: "Zitta o farai la fine di Melania Rea".
- Napoli, spranga l'ex moglie poi devasta il negozio del nuovo compagno di lei: "Non potevo sopportare di essere abbandonato".
- Napoli, picchia la moglie col matterello per ucciderla. Viene fermato in tempo.
- Firenze, massacra la moglie incinta: "Non hai pulito bene la casa".

- Milano, si avventa sull'ex compagna e l'abbatte a coltellate. E continuerebbe a infierire sul corpo se non fosse fermato da un ragazzo diciassettenne che ha tentato vanamente di salvare la donna. Lui continua a farneticare: "Mi ha lasciato, non posso sopportarlo".
- Novara, otto minorenni (maschi) indagati per istigazione al suicidio della quattordicenne Carolina, ingiuriata e diffamata all'inverosimile.

- Roma, una ragazza viene indotta a ubriacarsi quindi stuprata.
In ordine cronologico, questo è l'ultimo caso, posto li abbia ricordati tutti. Il più efferato, però, sintesi perfetta e atroce di tutti gli altri, è avvenuto però, come si sa, l'altro ieri in Calabria:
- Fabiana, 15 anni, accoltellata e bruciata, ancor viva, dal "fidanzatino" (così si legge su quasi tutti i media) maggiore di lei di un anno. Osceno l'articolo dell'"Unità" (!), che parla di "dramma della gelosia e dell'adolescenza".
A ciò si aggiungano due dati:
- A Modena, scarcerato dopo appena un anno Ivan Forte, che strangolò la fidanzata Tiziana da cui aveva avuto un figlio.
- A Milano, la metà delle denunce per violenza sulle donne vengono archiviate.

Numeri. Semplici numeri. In svariate occasioni, anche da questa sede, ho analizzato le radici culturali, sociali e storiche del femminicidio. Non mancherò di ricordarle questa volta ancora, l'ennesima. Ma ogni capitolo s'arricchisce di dolenti, agghiaccianti novità.
Ne menziono solo due, a paradigma della controffensiva maschile di fronte al fenomeno: la dotta dissertazione di tale prof. Tonello sul "Fatto Quotidiano" di alcuni giorni fa (Femminicidio, i numeri sono tutti sbagliati) e  l'intemerata d'una sedicente Gilda (?) su "Mente Critica", che pure nel titolo (I veri numeri del femminicidio) riecheggia il post di Tonello ma se ne differenzia per il tono iroso e rivendicativo, corredato dall'eloquente immagine d'una donna molto aggressiva nell'atto di sparare ai testicoli d'un giovane e inerme uomo.
Tra i due interventi il più pericoloso è quello di Tonello, sia per la maggior diffusione della testata per cui scrive, sia per il lessico all'apparenza neutro, distaccato, insomma "razionale".

L'illustre cattedratico esordisce contestando i numeri di violenza antifemminile evocati dai media e sottolineando l'"enfasi" posta sulle venticinque donne uccise da inizio anno (il suo scritto risale all'11 maggio scorso). Annota anche, tra l'indignazione e lo scherno, che "si mescolano disinvoltamente aggressioni e omicidi, stupri e molestie, molestie psicologiche e aggressioni con l’acido", mentre per lui solo gli omicidi (il termine "femminicidio" è ovviamente rifiutato, vedremo poi perché) possono semmai suscitare un campanello d'allarme poiché, in tutti gli altri casi, la donna non è stata uccisa. Stupri e sfregi con l'acido - soluzione "all'indiana", barbara quant'altre mai, per negare la specificità della donna, quindi la sua esistenza, una sorta di burqa di fuoco: ma l'autore non vi fa caso - non sono da considerare delitti, la donna fisicamente non muore.

Egli passa quindi in rassegna i dati, a suo dire sicuri, dell'Istat e scopre cosa? Che la violenza sfociata in assassinio ai danni delle donne non solo non è aumentata, ma sarebbe addirittura in calo. 
Certo, egli concede, "pure un solo cadavere è di troppo" ma in un Paese di 60 milioni di abitanti ci saranno sempre "i mafiosi, i violenti, i folli". Di femminicidio poi nemmeno parlarne, il neologismo è orribile (esiste già il correlativo "omicidio", perché coniarne un altro?) e, del resto, non significa nulla: assurdo paragonare l'inesistente la mattanza di donne p. es. alla Shoah perché - cito testualmente - "gli ebrei Samuel, Israel, Ruth o Esther venivano mandati dai nazisti nelle camere a gas per il solo fatto di essere di religione ebraica, indipendentemente da qualsiasi altra considerazione. Le donne uccise da ex partner non vengono uccise 'in quanto esseri umani di sesso femminile' bensì esattamente per la ragione opposta: per essere quella donna che ha rifiutato quell’uomo".
Si tratta del ragionamento d'un cattedratico, d'un professore universitario, che dovrebbe conoscere la storia.
Pur ritenendo impensabile, nel 2013, dover confutare simile concentrato d'ignoranza, stupidità e cattiveria, pure il frangente mi ci costringe, non foss'altro perché la maggioranza dell'opinione pubblica, e quasi la totalità dei maschi, vi aderisce volentieri, non pochi addirittura plaudendo (uno di loro, tra i commenti, ha persino invitato i suoi congeneri alla rivolta contro la disinformazione operata dal "nazifemminismo"). Mi appresto dunque a bere l'amaro calice.

1) Tonello rispolvera l'antico ma sempre efficace alibi del delinquente "folle, violento o mafioso". Un modo - peraltro, tipicamente maschile - di gettare la colpa fuori di sé. Sull'altro, sul diverso. Non ha potuto, come certo avrebbe desiderato, imputare la responsabilità agli stranieri, magari islamici, perché gli autori di questi delitti sono tutti italiani, appartengono alle categorie sociali più disparate e la loro età varia dalla maturità, talora dalla vecchiaia, fino, negli ultimi casi, addirittura alla puerizia. I motivi ispiratori dei loro delitti sono però identici: gelosia, abbandono.
Resta da vedere se siano "folli, violenti o mafiosi". Chiaramente no. Si tratta di persone del tutto normali, persino - come invocano le sempre protettive famiglie dei minorenni implicati - di "bravi ragazzi", educati, rispettosi. Non i diversi da temere, entità astratte e mostruose emergenti dal fondo scuro della marginalità sociale, ma i nostri vicini di casa, gli stimati professionisti cui affideremmo una pratica, i valenti operai specializzati e i padri di famiglia amorevolmente premurosi coi figli. No, esimio luminare Tonello, il mostro non è il diverso, il mostro cova in ognuno di noi. Nel Suo linguaggio asciutto e nel piglio professorale col quale nega l'evidenza per non mettere in discussione il modello culturale e (dis)educativo imperante dall'alba dell'umanità.
2)  Ignoro cosa insegni Tonello. Spero, per lui ma soprattutto per i suoi studenti, non storia o materie affini. Sa infatti, o dovrebbe sapere, anche un alunno di dodici anni, nemmeno particolarmente edotto, che gli ebrei furono sterminati non "per il solo fatto di essere di religione ebraica", ma per il solo fatto di esistere. Fossero o no convertiti al cristianesimo, per il pagano Hitler non aveva la minima importanza: ne è la più illustre, ma ovviamente non unica prova sant'Edith Stein, filosofa tra le più insigni del suo secolo, autrice d'importanti e pionieristici studi intorno alla donna, e martire ad Auschwitz nel 1942. Affermare che lo sterminio degli ebrei aveva motivazioni religiose significa non aver compreso nemmeno alla lontana, e forse nemmeno studiato, le radici del nazismo, e viene seriamente da chiedersi come l'individuo che osa sproloquiare simili bestialità possa permettersi di scrivere su una testata nazionale e/o d'insegnare negli atenei.
3) Sul cinismo e freddezza con la quale è liquidato, o notevolmente ridimensionato,  l'omicidio - come si ostina a definirlo Tonello - di "quella donna per aver rifiutato quell'uomo" la verecondia imporrebbe di sorvolare, ma non si può. Nella prosa che si vuole asettica e scientifica, in realtà sfilacciata e perniciosa, di Tonello non balena neppur per un attimo la futilità del movente. "Per essere quella donna che ha rifiutato quell’uomo" è infatti un'argomentazione risibile, un'aggravante e non un'attenuante del crimine. Soprattutto quando "quell'"uomo, assassino di "quella" donna, al contrario di ciò che asserisce Tonello, peraltro senza lo straccio di prove o statistiche altrove da lui così insistentemente addotte per confermare le sue tesi, non appartiene per nulla alla categoria dei "folli, violenti o mafiosi".
4) "Le parole sono importanti!", esclamerebbe ora il Nanni Moretti di Palombella rossa, parafrasando Pasolini. E giungiamo al famoso, o famigerato, termine "femminicidio" che Tonello, Gilda e molti/e altri non vogliono nemmeno sentir menzionare. Non esistono "femminicidi" secondo costoro, bensì "omicidi". Vengano puniti come tali, e non facciamola tanto lunga.

Ebbene, "omicidio", la cui etimologia Tonello evidentemente non conosce - zero in italiano oltre che in storia, quindi, per il nostro chiarissimo docente - deriva da "homo" e "cidium", da "caedes" (=uccisione), e indica la morte d'un uomo per mano d'un altro uomo. Infatti: la morte d'un uomo.
Tonello, Gilda e molti/e altri alzerebbero il sopracciglio, fors'anche si straccerebbero le vesti urlando al mio "nazifemminismo estremista": ma via, lo sanno tutti, per uomo s'intende essere umano, pertanto anche la donna!
Ecco, è proprio il "pertanto" che guasta: se le parole sono importanti, l'ossimoro, da tutti considerato naturale e persino ovvio, del "neutro maschile" è insensato.
Il neutro maschile non include: anzi, è l'esclusione per antonomasia. Il neutro maschile è la cifra linguistica che giustifica ogni violenza, razzismo, prevaricazione, guerra, schiavitù, omofobia e, naturalmente, misoginia e sessismo. Dalla notte dei tempi. Il neutro maschile presuppone un'umanità modellata su un solo archetipo: il maschio, l'essere umano vero e proprio - esattamente come intendono i suoi difensori, non accorgendosi dell'equivoco -, immagine e incarnazione di Dio (alle donne, immagini solo terrene e, per giunta, malriuscite dell'uomo-maschio, non è infatti concesso il ministero sacerdotale né di rappresentare in nessun modo la divinità). Cui tutto è concesso, cui è stato dato in compito di dominare la Terra - e i suoi abitanti, a partire dalla compagna messagli al fianco.
Il linguaggio, espressione tipicamente e compiutamente umana, è dunque sempre stato in mano al maschio, declinato al maschile secondo sensibilità e mentalità maschili. Dalle quali la donna è di necessità esclusa; di qui l'esigenza di coniare nuovi termini. No, non è omicidio, è femminicidio. No, non si tratta del singolo uomo che uccide la singola donna, ma di tutta una mentalità che avalla, presuppone, prepara queste morti. E, se non tutte giungono a tale epilogo, il seme dell'odio è stato comunque gettato. Chi potrebbe rispettare e considerare di pari dignità un individuo ritenuto persino dai più grandi ingegni umani, non esclusi uomini piissimi e talora in odore di santità, infido, sensuale, lascivo, linguacciuto, di debole cervello e, in tempi più recenti, sottovalutato o cancellato dai libri di scuola, mercificato dal consumismo sessuale e degradato a puro oggetto di piacere? Eppure è questo che quotidianamente e, in varie forme a seconda delle latitudini e delle religioni, viene inculcato fin dalla più tenera età.
Oggi poi il sesso, perduta quell'aura di sacertà che lo contraddistingueva come compimento, diremmo linguaggio fisico, d'una intesa spirituale, è divenuto sfogo bruto e velleitario, da consumare subito e, anche in tal caso, da pretendere, in particolare se la ragazza è la "propria" ragazza, se è carina, se ha corrisposto a un bacio. Un rifiuto da parte sua viene ritenuto un'insopportabile onta, un'inconcepibile ribellione.
Già negli scorsi anni scrivevo che il problema del femminicidio non riguardava tanto le donne quanto gli uomini. La questione è maschile, non femminile. E questo, non è stato compreso del tutto nemmeno dalle stesse donne, se è vero che pure le più attente e sensibili, nel commentare lo strazio di Fabiana, la bambina arsa viva dal coetaneo per essersi rifiutata di cedere alla fregola di lui, si rivolgono alla madre dell'assassino rivolgendole aspri rimproveri: "...Perché, cara madre, se tuo figlio ha ritenuto che picchiare, violentare ed uccidere una donna fosse un suo diritto divino...se tuo figlio si è sentito in dovere di punire con la violenza "l'onta" subita dalla donna che lo aveva lasciato/rifiutato...se l'uomo che tu hai portato in grembo e cresciuto è arrivato a tanto...la colpa è ANCHE TUA! Che madre sei stata e che donna sei stata? Cosa hai insegnato a tuo figlio?", chiede accorata Anna Rita Leonardi nella sua Lettera alla madre dell'uomo che ha ucciso brutalmente, su ZoomSud.it. Tutto vero, naturalmente: moltissime donne - l'ultimo caso, la miss che ha ritirato la denuncia al suo aguzzino - hanno introiettato la stessa misoginia di cui la società è imbevuta senza insegnare alcun rispetto verso le congeneri ai loro figli maschi.
Ma il padre, dov'era? I genitori non sono due? Perché, in casi simili, l'uomo non viene mai chiamato in causa? Non è stato lui, anche per legge, qui in Italia, fino al 1975, il "capofamiglia"? Non è lui la guida morale e spirituale della casa, l'essere umano per eccellenza, il rappresentante di Dio in terra e via esaltando? O lo è solo quando si tratta di ricevere privilegi e onori?
Scriveva Edith Stein negli anni Trenta del secolo scorso: "In origine fu affidato ad ambedue [all'uomo e alla donna, n.d.A.] il compito di conservare la propria somiglianza con Dio, di custodire la terra e di propagare il genere umano. [...] Dopo il peccato, il rapporto reciproco si mutò, da puro legame di amore, in legame di dominio e soggezione, e fu sfigurato dalla concupiscenza". L'umanità, e il maschio in particolare, non ancora divenuto uomo, sembrano a ogni latitudine, Nel terzo millennio, ancora storpiati da questo peccato originale.

26.5.13

come sopravvivere ala crisi , puntata 4-5 come trovare un tetto e come risolvere i problemi della casa


 vedi anche  

RE LE INCHIESTE: ITALIA SOTTO SFRATTO


Non solo stanze in subaffitto: dentro il terremoto economico sono nate soluzioni per scalare la 'montagna del mattone'. Insieme. Lo chiamano co-housing. abitare insieme.  Ed ecco l' albergo con stanze, monolocali, appartamenti arredati a prezzi calmierati, gli edifici acquistati in comune o quelli costruiti in gruppo. Fino alla casa fattoria
ROMA - In tempi di crisi c'è una cosa sulla quale sembra impossibile risparmiare: la casa. Anche se i prezzi nelle città sono crollati, i mutui sono saliti e sono sempre più inaccessibili. Per non parlare degli affitti. Nel 2011 quasi 56 mila famiglie italiane hanno avuto un provvedimento di sfratto per morosità. In cinque anni il fenomeno salito del 64%. Soprattutto nelle grandi città avere una casa è un lusso. C'è chi affronta la situazione subaffittando una stanza e chi si ingegna per dare vita a soluzioni alternative. Fra le più nuove c'è l'abitazione condivisa, che offre alloggio a prezzi calmierati, ma per un periodo di tempo limitato. Per gestire il primo progetto italiano di housing temporaneo, a Torino, è nata Sharing (www.sharing.to.it), un albergo che mette a disposizione stanze, monolocali o appartamenti arredati per un massimo di 18 mesi. "Sharing è un hotel molto particolare: facciamo housing sociale temporaneo. Ospitiamo persone in difficoltà, che si trovano ad affrontare un'emergenza per un periodo di tempo limitato - spiega Lorenzo Allevi, responsabile del progetto - Ci sono giovani coppie che in questo modo possono incominciare la vita insieme, famiglie con figli, parenti di persone ricoverate negli ospedali della città, ma anche studenti fuori sede o stranieri". Nel grande edificio appena ristrutturato ci sono 182 stanze. I prezzi vanno da poco meno di 200 euro al mese per un monolocale a 25-30 euro a notte per una camera. Un costo che permette di risparmiare il 50-60% rispetto alle tariffe di mercato . "Nei 20 appartamenti arredati ospitiamo molto spesso persone in attesa di una casa popolare. Gli altri ospiti, per dimostrare di aver bisogno di un alloggio, devono semplicemente fornire un'autocertificazione. Facciamo noi una selezione delle richieste". Nella struttura, acquistata dai responsabili del progetto dopo aver vinto un bando  del comune di Torino, lavorano 15 persone. Nell'idea di condivisione c'è anche quella di offrire servizi al quartiere come un ambulatorio dentistico, una biblioteca, un ristorante e un servizio di psicoterapia.

Quello torinese è fra i più avanzati progetti di co-housing italiani (letteralmente abitare insieme). Lo scopo è raggruppare più persone nella stessa abitazione, ma mettendo a disposizione spazi e servizi. L'obiettivo è tagliare i costi di gestione su servizi come, ad esempio, la lavanderia, gli acquisti e le utenze. Un sistema che raccoglie sempre più adepti, ma che fra finanziamenti e burocrazia non è semplice da realizzare. Fra i primi co-housing in Itaia, c'è quello nato a Milano Bovisa, dove un'ex fabbrica di tappi è stata riconvertita in abitazione per una sessantina di persone. "Le difficoltà?  - spiega Alida Nepa, di Solidaria che lavora a un progetto simile a Ferrara - C'è troppa burocrazia. Non è facile trovare un finanziamento.. Ma soprattutto tenere insieme un gruppo consolidato di persone, che decida di andare avanti nel tempo senza scoraggiarsi". 
Ostacoli che l'associazione Coabitare è riuscita a superare e ora sta per inaugurare il suo progetto Numero 0 a Torino.  Otto famiglie hanno acquistato un edificio vicino piazza delle Repubblica, nel quartiere multietnico della città. Fra i vari servizi c'è anche una banca del tempo per scambiarsi servizi, risparmiando. Tre anni fa a Pregandiol, in provincia di Treviso, Bruno Moro ha creato invece 'una fattoria condivisa'. "Siamo solo tre famiglie - spiega - ma riusciamo a risparmiare. Utilizziamo i prodotti della terra, la legna del bosco. Per risparmiare di più partecipiamo ai gruppi di acquisto". Si stima che con il co-housing sia possibile tagliare il 10%-15% delle spese grazie alle utenze condivise e all'auto produzione energetica.
In città aumentano le persone che puntano sulla più classiche delle soluzioni contro il caro-vita: la stanza in affitto. Nel 2001 c'è stato un incremento delle richieste da parte degli over 35enni. Una scelta diffusa fra single o persone che lavorano fuori sede e non possono permettersi un appartamento. L'opzione di diventare 'affittacamerè è utile per proprietari che hanno difficoltà a pagare la rata del mutuo e per anziani rimasti soli che devono affrontare il caro-bollette.
Per i padri  [  ma  anche  per le donne  aggiungo  io   ] separati in difficoltà economiche aumentano invece le case messe a disposizione dai comuni o dalle associazioni, che li ospitano temporaneamente. Un luogo dove possono passare un po' di tempo con i figli o da soli. A Roma, ad esempio, il Comune ha messo a disposizione due residence dove possono rimanere fino a un anno. I padri devono pagare circa 200 euro al mese, un prezzo basso per la capitale, per essere ospitati in appartamenti completamente arredati.
Fra le iniziative che puntano al risparmio, c'è anche l'autocostruzione permettere di partecipare materialmente alla realizzazione della propria casa nel tempo libero. Così nei fine settimana commesse, camerieri o operai si trasformano in muratori o imbianchini, aiutati da professionisti nel settore. I futuri proprietari delle case fai da te sono spesso famiglie con basso reddito. Possono acquistare un appartamento o una villetta, abbattendo fino al 70 per cento i costi di costruzione. Una delle iniziative più recenti è Sant'Enea, un borghetto nella campagna perugina. Le case sono fabbricati di qualità, con certificazione energetica e antisismica, con pannelli solari. Sono costati 144 mila euro ciascuno, il 40 per cento in meno rispetto al prezzo di mercato per questa zona. Ma anche qui si chiede una normativa nazionale.



oppure un altra  soluzione sempre secondo repubblica  è

Una sola regola: condividere. Dalla cantina alla macchina, passando per la zona studio o l'orto. Un modo per razionalizzare gli spazi, ridurre i costi e aumentare gli incontri. Lo Studio Tamassociati ha stilato una guida sul coabitare responsabile

Il funzionamento di un cohousing è simile a quello di un gruppo di acquisto solidale (fenomeno in crescita che nel 2012 ha coinvolto sette milioni di italiani); le persone si organizzano per "fare la spesa insieme e ottenere condizioni vantaggiose": la massa critica ha infatti un potere d'acquisto maggiore del singolo. Come nei GAS (Gruppi di acquisto solidale, appunto) anche in un cohousing i modi di utilizzare questo potere d'acquisto possono essere diversi: ottenere il massimo risparmio, ottenere il miglior rapporto qualità prezzo, ottenere qualità superiori alla media senza aumenti di costo...
È possibile individuare diverse fonti di risparmio caratteristiche dei progetti di cohousing. Ecco le dieci voci più significative secondo lo studio Tamassociati che ha curato il libro Cohousing. Vivere insieme e comunità solidali


FASE PRELIMINARE: l'unione fa la forza
1 - Acquisto
di un terreno o immobile da ristrutturare: il costo unitario (€/mq) di norma diminuisce con l'aumentare delle dimensioni.
 2 - Appalto
si possono ottenere condizioni vantaggiose rispetto a un'offerta singola.


FASE REALIZZATIVA:  
3 - Materiali
un gruppo di abitanti grazie al proprio "potere contrattuale" può effettuare una selezione di materiali di qualità superiore (durevoli, ecologici, prodotti localmente) a prezzi vantaggiosi.
4 - Tecnologie e impianti
in questa fase il risparmio si può tradurre nella scelta di soluzioni tecnologiche centralizzate di qualità superiore eliminando la ridondanza impiantistica. Si riducono così i costi di installazione e allaccio alle reti rispetto a impianti singoli.
5 - Dimensioni
la presenza di locali comuni consente di razionalizzare gli spazi degli alloggi privati, arrivando anche a ridurne le metrature e il relativo costo di costruzione (la camera degli ospiti condivisa, la cantina condivisa, la zona studio condivisa, etc...).
6 - Tempi
le economie di scala permettono anche di ridurre i tempi di realizzazione, con i risparmi conseguenti.


FASE D'USO: 
7 - Condivisione spazi
la presenza di spazi ad uso comune consente di condividere e quindi ridurre i costi di gestione e manutenzione (giardino comune, orto comune, sala per il gioco dei bambini, tettoia per ricovero biciclette, etc...).
8 - Condivisione servizi
grazie alla rete sociale-solidale che si instaura tra gli abitanti è possibile attivare dei servizi condivisi, gestiti in modo informale secondo i principi della "banca del tempo": babysitteraggio, car pooling, Gruppi di Acquisto Solidale, lavori di manutenzione ordinaria, corsi didattico - ludici (lingue, ginnastica...) etc...
9 - Condivisione cose
grazie alla rete sociale-solidale che si instaura tra gli abitanti è possibile condividere strumenti secondo i principi del "l'uso prima del possesso": lavanderia e stireria in comune, biblioteca in comune, reti e connessioni, attrezzi per bricolage in comune, car sharing, etc...
10 - Gestione centralizzata di impianti
grazie alle nuove tecnologie, oggi è possibile gestire i sistemi impiantistici in maniera centralizzata riducendo i consumi pur garantendo ai singoli la libertà di uso e contabilizzazione.

LE REGOLE DELL'ARTE DI ASCOLTARE

da Quello che le Donne (Note) Domenica 14 aprile 2013 alle ore 15.00




1- Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni.Le conclusioni sono la parte più effimera della ricerca.
2- Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista.Per riuscire a vedere il tuo punto di vista, devi cambiare punto di vista.
3- Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva.
4- Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprendere il loro linguaggio.Non ti informano su cosa vedi, ma su come guardi. Il loro codice è relazionale e analogico.
5- Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili.I segnali più importanti per lui sono quelli che si presentano alla coscienza come al tempo stesso trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti,perché incongruenti con le proprie certezze.
6- Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunicazione interpersonale. Affronta i dissensi come occasioni per esercitarsi in un campo che lo appassiona: la gestione creativa dei conflitti.
7- Per divenire esperto nell’arte di ascoltare devi adottare una metodologia umoristica. Ma quando hai imparato ad ascoltare, l’umorismo viene da sè.