il primo ( ne avevo accennato in un post precedente )
dalla nuova del 20\9\2013
Viaggio nei paesi più piccoli dell’isola: ieri alle Vigne Surrau è stata inaugurata la mostra di Salvatore e Vincenzo Ligios I sindaci sardi, il coraggio dei numeri deboli
di Paolo Merlini
INVIATO A ARZACHENA Due anni di lavoro, centinaia di scatti, decine e decine di ore di registrazione, alcune migliaia di chilometri percorsi. Padre e figlio, entrambi professionisti dell'immagine - il primo noto fotografo, il secondo video maker emergente - insieme per un progetto originale, che coniuga l’arte di documentare con la politica, mette a confronto l'isola ancorata alle tradizioni con la Sardegna contemporanea, ne racconta disillusioni e speranze. Loro sono Salvatore e Vincenzo Ligios, la mostra ha per titolo "Gli atlanti - Tracce di identità" e da ieri si può visitare nella cantina di Vigne Surrau, principale sponsor dell'iniziativa. Protagonisti del progetto cinquanta sindaci, amministratori di comuni che non superano i 600 abitanti,da Aidomaggiore a Villanova Truschedu, passando per Assolo e altri nomi poco noti come Pau, Pompu, Simala. Paesi a crescita zero, o a decrescita poco felice, almeno stando alle statistiche, che invece rivelano una vitalità sorprendente e un'umanità che non si sente affatto sconfitta. A rappresentare queste comunità sono soprattutto giovani (anche qui a dispetto delle statistiche), uomini in larga maggioranza. Sotto l'egida dell'associazione Su Palatu, diventata felicemente"senza fissa dimora" dopo lo sfratto da Villanova Monteleone, i Ligios li hanno incontrati uno alla volta, a casa loro, e raccontati ciascuno attraverso il proprio medium: Salvatore con la macchina fotografica, con scatti rigorosamente su pellicola, e stampe in bianco e nero (in purezza, si potrebbe dire con una metafora enologica). Con la videocamera, invece, Vincenzo ha ripreso e intervistato i sindaci nella loro quotidianità, ha chiesto di raccontare come si amministra un comune così piccolo, ma lo ha fatto evitando facili vittimismi e cercando di non cadere in luoghi comuni o in un’antropologia d’accatto. Il risultato è un’installazione di cinquanta schermi con altrettanti video disposti in sequenza in una della cantine di Vigne Surrau, tra grandi botti di rovere. Ogni filmato dura cinque minuti e contiene
un’inquadratura fissa del primo cittadino, scorci del paese e sottotitoli in inglese. Una parte importante del progetto infine è il libro (definirlo catalogo sarebbe ingeneroso) con tutte le immagini di Ligios padre e una sintesi delle dichiarazioni dei sindaci. In apertura, dopo l’introduzione di Tino Demuro, patron dell’azienda vinicola di Arzachena, testi della storica dell’arte Sonia Borsato, dell’antropologo Giulio Angioni e di un politico di lungo corso come Pietro Soddu. Completa il volume un dvd con le cinquanta interviste. Nel libro (Soter editrice, 144 pagine, 30 euro), testi e didascalie sono tradotti in inglese. Ma chi sono i cinquanta protagonisti degli Atlanti, quelli a quali Sonia Borsato attribuisce “Il coraggio dei numeri deboli” (titolo del suo saggio)? In maggioranza giovani, si diceva, nonostante guidino comunità che per larga parte sono formate da anziani e l’indice di natalità è drammaticamente basso. Li accomuna il «senso di appartenenza», come dice Adele Virdis (Aidomaggiore), ritratta dagli scaffali di un ricca biblioteca; per molti, come Antonio Carrucciu, sindaco di Assolo, è stato un ritorno verso «cose che sentivo di primaria importanza», o la consapevolezza che «chi ritorna a vivere in paese sia un conquistatore», come dice Gionata Petza, forse il più giovane dei 50, ritratto in posa con la sua mountain bike nella piazza di Asuni. A distinguerli, almeno a sentire Lino Zedda (Baradili), è «la determinazione: perché essendo le comunità molto piccole qualsiasi azione diventa un sacrificio». E se Antonio Giuseppe Sechi (Bessudi), ripreso davanti a un improbabile murale, è pessimista sul futuro dei piccoli centri nell’era della globalizzazione, Francesco Sulas (Birori) sostiene che al contrario delle grandi città «in paese quando ci si vede ci si parla», c’è «senso di amicizia e di rispetto per le persone». L’era digitale ritorna nelle parole di Giorgio Pilloni (Curcuris), che pensa forse con troppa preoccupazione ai bambini che nasceranno in futuro: «Già oggi non hanno più l’inventiva che noi avevamo a quell’età: tutti i giochi ce li costruivamo noi... Adesso è tutto pronto, fa tutto il computer» (o lo smartphone, visto che alla presentazione di ieri, tra i sindaci presenti era tutto un trillare di suonerie). Tiziano Schirru (Ussaramanna) rimpiange le lotte con gli otto fratelli da bambino, mentre Bruno Curreli (Tiana) dice che è necessario «uno scambio continuo con l’esterno», altrimenti ci si chiude.Francesco Medde, giovane sindaco di Soddì, fervente ducatista, si batte per conservare la lingua sarda, mentre Clara Michelangeli, jeans strappati e stivali da cowgirl, plaude al melting pot di Onanì, dove alcune badanti romene hanno sposato giovani del posto. «I paesani quando vedono gente nuova sono contenti di accoglierla», dice con un sorriso.
la 2 è questa sempre dalla nuova sardegna m 21\9\2013
L’Umanitaria e la Cineteca sarda hanno recuperato filmati in 16 millimetri che sono stati montati da Marco Antonio Pani
“Isura da filà”, le immagini dimenticate
di Fabio Canessa wSASSARI Come un secolo fa, agli albori del cinema, quando i film venivano musicati dal vivo. Per ricordare Fiorenzo Serra, grande documentarista e pioniere dell'antropologia visuale nell'isola, la Società Umanitaria organizza a Sassari, la città del regista, un cineconcerto dal titolo "Isura da filmà". La Sardegna filmata in libertà da Serra, preziosi materiali inediti girati in pellicola 16 mm verso la fine degli anni Quaranta, immagini di grande valore che sarà possibile vedere nel montaggio curato da
Marco Antonio Pani e con l'accompagnamento della musica creata per l'occasione da Paolo Fresu. L'appuntamento è per mercoledì 25 settembre al Teatro Comunale, piazzale dei Cappuccini, alle 21 (ingresso libero fino a esaurimento posti). Sul palco per eseguire dal vivo la colonna sonora insieme a Fresu (tromba, flicorno, effetti), ci saranno Bebo Ferra (chitarre), Gavino Murgia (sassofoni, voce) e l'Alborada String Quartet composto da Anton Berovski, Sonia Peana, Nico Ciricugno e Piero Salvatori. Per volontà dello stesso Fiorenzo Serra dopo la sua scomparsa i suoi materiali inediti sono stati affidati alla Società Umanitaria-Cineteca Sarda perché li custodisse e li valorizzasse. Un esempio di valorizzazione è questo progetto reso possibile con il coinvolgimento di partner istituzionali: la Regione e la Fondazione Banco di Sardegna, ma anche il Comune e l'Università di Sassari. «Per noi - spiega Salvatore Figus, coordinatore della Società Umanitaria della Sardegna – è come un dovere nei confronti di Fiorenzo Serra di cui abbiamo tutto l'archivio cinematografico. Stavamo lavorando a un volume, che uscirà a breve, sulla nascita del suo film "L'ultimo pugno di terra" e abbiamo riscoperto nell'archivio questi filmati in 16 mm che sembrano come degli appunti cinematografici per i documentari realizzati in seguito. C'è la solita attenzione al mondo agro-pastorale, ma meno che in altri suoi lavori successivi, c'è uno sguardo molto interessante sulla religiosità popolare, c'è Alghero ma soprattutto Sassari. La sua Sassari». Materiale affidato al regista Marco Antonio Pani che ha costruito un film di circa cinquanta minuti facendo rivivere le immagini di Serra che trovano nuova linfa anche grazie alla partitura musicale ideata da Paolo Fresu. «Quando mi hanno proposto la cosa – spiega il trombettista di Berchidda – avevo dei dubbi legati un po' agli impegni, ma sono spariti non appena mi hanno fatto vedere un po' di quelle immagini di Fiorenzo Serra. Così emozionanti, commoventi, vere anche in quel girato disordinato com'era all'origine prima del lavoro di montaggio di Marco Antonio Pani. Son rimasti ovviamente dei dubbi su come affrontarlo musicalmente, se usare gli strumenti della tradizione oppure no. Alla fine abbiamo deciso di creare qualcosa di diverso, usando per esempio anche le strumentazioni elettroniche. Le immagini hanno un tale forza che la musica doveva essere completamente al loro servizio». L'omaggio a Fiorenzo Serra non si conclude però con il cineconcerto di mercoledì sera, con la prima proiezione pubblica di "Isura da filmà" e le musiche eseguite dal vivo da Fresu con Gavino Murgia, Bebo Ferra e i componenti dell'Alborada String Quartet. Dal giorno seguente, giovedì, le iniziative si trasferiscono all'università, nell'aula umanistica del Dipartimento di storia. Dalle 16 verranno proiettati dieci cortometraggi realizzati dal documentarista tra il 1955 e il 1969. Una retrospettiva che mette in evidenza il progetto antropologico del regista sassarese, interesse che passava attraverso il cinema come mezzo capace più di ogni altro, fermando nell'immagine in movimento nel tempo e nello spazio, di restituire la storia in tutta la sua concretezza. Questi i corti che si potranno vedere: "Pescatori di corallo", Nei paesi dell'argilla", "Artigiani della creta", "Sagra in Sardegna", "Maschere di paese", "L'autunno di Desulo", "Carbonia anno Trenta", "Un feudo d'acqua", "Dai paesi contadini", " La novena". Venerdì infine in programma un'intera giornata di studi con il convegno "Fiorenzo Serra tra antropologia visuale e cinema". L'apertura dei lavori è fissata per le 9. Dopo il saluto delle istituzioni Mario Atzori coordinerà gli interventi di Renato Morelli, Silvia Paggi, Simone Ligas e Manlio Brigaglia. Nel pomeriggio, con inizio alle 16, i relatori coordinati da Giuseppe Pilleri saranno Gianni Olla, Antioco Floris, Gianni Murtas e Riccardo Campanelli.