13.6.16

FERRARA Picchiata e buttata a terra Passante interviene e evita altri guai . e da qui che dovrebbe iniziare la lotta contro il femminicidio



  Leggi anche  sullo stesso  argomento
http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2016/06/le-storie-dei-figli-dele-vittime-dei.html








 


Picchiata e buttata a terra Passante evita altri guai
Le ha rubato anche le scarpe. L’episodio ieri pomeriggio in via Darsena, una 21enne finisce all’ospedale Il rapinatore messo in fuga da un uomo che gli ha urlato: non si menano le donne


FERRARA. Quelli che non si voltano dall’altra parte. È quanto successo anche ieri a Ferrara in via Darsena dove purtroppo si è registrato un altro episodio di aggressione verso una giovane donna, interrotto - e qui l’aspetto positivo di questa triste vicenda - dall’intervento di una persona estranea ai fatti che ha avuto la prontezza d’animo di reagire alla violenza e al sopruso, mettendo in fuga il rapinatore ed evitando che procurasse ulteriori danni alla ragazza che aveva aggredito per rubarle la borsa. Un plauso a Mirco Zanella, 38 anni, vigaranese. È lui stesso a raccontare il fatto, mentre fornisce spiegazioni e testimonianze ai carabinieri intervenuti su posto, allertati da una sua chiamata al 112.
«Stavo uscendo con l’auto dal parcheggio sotterraneo di Darsena City dopo aver fatto spesa all’Interspar - racconta Zanella - quando ho visto un uomo di colore che picchiava violentemente e trascinava a terra una ragazza anche lei dalla carnagione scura. Non sapevo se si trattava di una lite tra parenti o fidanzati, ma ugualmente ho avuto l’istinto di fermare la macchina, scendere di corsa e urlargli mentre mi avvicinavano: non si picchiano le donne».
Il provvidenziale arrivo del passante ha così messo in fuga il violento rapinatore, che ha smesso di infierire sulla ragazza ma si è allontanato scappando in direzione dei giardini di via Ticchioni con la borsa che le aveva sottratto.
«Era un uomo alto - dice - portava ciabatte infradito e pantaloni corti di colore verde - spiega ancora l’uomo ai carabinieri che mettono a verbale - è stato molto violento e appena mi ha visto è scappato via velocemente».
Seduta a terra, piangente, è rimasta lei, la vittima di questa nuova violenza sulle donne. È una ragazza nigeriana, di 21 anni, residente a Torino e che ieri si trovava a Ferrara perché doveva incontrarsi con un’amica che vive in città. Mentre l’aspettava si è imbattuto in questo rapinatore che l’ha vista sola e indifesa e ha approfittato per aggredirla e rapinarla. Parla a fatica l’italiano, riesce a scambiare informazioni necessarie in inglese. Ed è lì che ha raccontato il suo dramma, seduta piangente sul cordolo di un marciapiede, scalza, perché il bandito le ha rubato anche le scarpe.
Non ha più nulla perché le ha sottratto anche soldi e cellulare. Al personale del 118 intervenuto per medicarla, ha spiegato a cenni del dolore dappertutto, alla testa, dove ha preso dei pugni, alle gambe e alla braccia perché è stata strattonata e trascinata a terra, ha anche dei tagli alle caviglie provocati dall’asfalto. I sanitari hanno preferito portarla al pronto soccorso per una visita ulteriore.
Alle forze dell’ordine poi il compito di mettersi sulle tracce del bandito, in base ai dati forniti dal testimone, con Polizia e Guardia di Finanza che hanno aiutato i Carabinieri nelle indagini, alla ricerca anche di eventuali filmati registrati dalle telecamere di sorveglianza. Una nuova brutta pagina alla Gad.

  ha  ragione  ilfinale   del'articolo   <<   A bilancio comunque c’è la reazione alla violenza di un passante estraneo. Da qui bisogna ripartire. >>   e proprio   per  evitare  altri casi di femminicidio \  violenze  sulle donne   che  bisogna    fare  cosi  oltre  a fare , url dell'articolo ad  inizio post  , autocritica  e  guerriglia culturale    contro il  nostro modo  di considerare le  donne ovvero la nostra  cultura sessista  e maschilista  

Simonetta Spiri, Greta Manuzi, Verdiana Zangaro, Roberta Pompa - L'amore...

le storie dei figli delle vittime dei femmicidi ovvero gli orfani di stato



 in sottofondo


 
Di alcune storie ( salvo casi eccezionali ma relegati in fondo quasi all'ultima pagina prima dei programmi tv e dello sport in queli nazionali o nelle prime a livello locale regionale come il caso di quella di Vanessa ora diventa mele ed aver abbandonato il cognome del padre uxoricida ho raccontato nei dettagli la storia in qualche vecchio post del blog ) riguardanti i femminicidi si parla solo della violenza ma non del post violenza e soprattutto di figli\e che hanno visto uccidere la loro madre ed hanno ed ancora subiscono tutto il travaglio psicologico che ne consegue . Ed è questo articolo interessante  che  voglio riportarvi  .
da repubblica de 11\6\2016

di mria Novella de Luca


ROMA. Si sentono orfani due volte,sopravvissuti nel silenzio, avvolti nel lutto come una seconda pelle. Sono 1628, secondo l’ultimo parziale censimento, i più piccoli
hanno pochi mesi, i più grandi sono già adulti. Sono i figli, anzi gli orfani del femminicidio, la Giustizia li definisce “vittime collaterali”,un esercito di bambini le cui
madri sono state uccise dai mariti,dagli ex, dai compagni. Assassiniche poi si uccidono, o finiscono in carcere, ma per i figli è lo stesso: si ritrovano soli, affidati a parenti,dati in adozione, migranti tra istituti, comunità, case famiglia.
«Come può uno di noi coltivare un sogno, se in pochi istanti da figlia ti ritrovi orfana, e nessuno più si occupa di te, perché per lo Stato non siamo altro che fantasmi?
» si chiede Nancy Mensa, 22 [  foto  sotto  cn relativa  intervista  ] anni, tenace giovane donna che dopo l’assassinio della madre e il suicidio del padre, studia per laurearsi e diventare magistrato. Ed è oggi il simbolo di tutti gli orfani del femminicidio.
O Vanessa Mele,[  foto  a  destra   ] di Nuoro, chedi anni ne ha 30 e vive a Liverpool,e ha dovuto combattere contro un padre, Pier Paolo Cardia, che dopo aver sparato alla madre con la sua pistola
d’ordinanza,una volta uscito di prigione era riuscito ad avere la pensione di reversibilità della moglie. « Avevo soltanto 6 anni quando lui l’ha uccisa,sono cresciuta con i miei zii,è insieme a loro che ho deciso dicombattere in tribunale perché fosse dichiarato indegno di ricevere quella pensione, che spettava a me. Pensate che assurdità, lo Stato che pagava un omicida con i soldi della vittima...». Una battaglia legale lunga e difficile, che Vanessa ha portato avanti con il supporto della sua avvocatessa, Annarita Busia, fino a che il Parlamento non ha modificato quella legge assurda. E Vanessa, come Nancy, chiede che per gli orfani del femminicidio lo Stato istituisca un indennizzo, un risarcimento,
come avviene per i parenti delle vittime di mafia e del terrorismo.
Perché gran parte delle madri di quei bambini che la Giustizia con termine algido definisce “vittime collaterali”, avevano denunciato più e più volte i loro persecutori,ma nessuno le aveva protette, o peggio ascoltate. Figli e figlie che nel 50% dei femminicidi hanno assistito al massacro delle madri, come è accaduto al fratellino di Nancy Mensa, ad Avola, in una sera d’agosto del 2013. Bambini che smettono di parlare, di mangiare, non dormono più, fanno atti di autolesionismo, a volte deviano, spesso si rintanano nella droga.Un’emergenza che ad ogni strage familiare crea nuove “vittime secondarie”: oggi sono 1628,già un numero enorme. Un censimento che si deve alla tenacia di una studiosa, Anna Costanza Baldry,psicologa e criminologa, la prima a far emergere in Italia la tragedia degli orfani del femminicidio con il progetto europeo “Switch-off”, che vuol dire spento.
Come la vita di un bambino che si ritrova testimone del male assoluto: la mamma uccisa dall’uomo con il quale aveva condiviso la vita. Stragi non a caso definiti olocausti familiari. «Volevamo capire quanti fossero e come vivessero questi ragazzi. Quali sono le risposte familiari, giuridiche,sociali che vengono offerte.Ne ho incontrati molti, e tranne in alcuni casi, attorno a loro c’è il deserto. Pochissimi sostegni economici a chi li accoglie, rari sostegni psicologici, e poi una grande
solitudine. Quando si spengono le luci della cronaca e dei processi, sulle loro vite calano silenzio ed indifferenza.E molti non ce la fanno a salvarsi». Dai dati del progetto «Switch-off” emerge che il dramma maggiore è quello di sentirsi “figli di”, con il cognome di un padre diventato assassino.
Ed è per questo che Vanessa,non appena compiuti i 18 anni, il cognome di suo padre l’ha buttato alle ortiche, ed oggi si chiama Mele, come la madre. «Sono stata amata e sostenuta dai miei zii, ma non è stato certo lo Stato a pagarmi lo psicologo o gli studi. Io ce l’ho fatta, ma chi non ha una famiglia forte e mezzi economici rischia di soccombere. Per questo voglio aiutare chi ha vissuto la mia stessa tragedia». E dopo aver ottenuto il cambiamento della legge sulla reversibilità, oggi l’avvocata Annarita Busia e VanessaMele hanno scritto una proposta di legge perché i beni dei padri assassini possano essere automaticamente bloccati e sequestrati.
Spiega Busia: «Le leggi già ci sono, ma per ottenere il sequestro dei beni, le vittime devono sempre fare un procedimento civile. Noi chiediamo invece l’automatismo di queste misure, come già avviene contro i mafiosi e il gratuito patrocinio per le vittime dei femminicidi».
Per adesso però la risposta delle istituzioni è stata di assoluta indifferenza. È quello che denuncia Emanuele Tringali, avvocato di Nancy Mensa e dei suoi fratelli,fin dai primi giorni che seguirono all’assassinio madre Antonella e al suicidio del padre. Dice Tringali: «Bisogna puntare sulla prevenzione, sui tempi della Giustizia.Ma i figli dei femminicidi hanno diritto ad un risarcimento, perché nel 90% dei casi quelle stragi erano precedute da denunce non ascoltate, e quindi lo Stato ha una responsabilità. Non è una elemosina, è un diritto. Perché questi bambini non siano orfani due volte: senza genitori e senza diritti».


quindi , da  maschio faccio  io  l'appello del quotidiani  il maifesto      (  con relativa  autorcritica   )   a cui  hanno aderito  Abati Velio, Bevilacqua Piero, Baioni Mauro, Bianchi Alessandro, Camagni Roberto, Cervellati Pier Luigi, Fiorentini Mario, Dignatici Paolo, Gambardella Alfonso, Indovina Francesco, Masulli Ignazio, Nebbia Giorgio, Ottolini Cesare, Quaini Massimo, Roggio Sandro, Salzano Edoardo, Saponaro Giuseppe, Scandurra Enzo, Siciliani de Cumis Nicola, Stucchi Silvano, Toscani Franco, Vannetiello Daniele, Viale Guido    e  che triovate   qui

12.6.16

misteri e sprechi .tour suoi luoghi dell'altra storia della repubblica italiana III puntata disastro del Vajont ed Alluvione del 1966 in particolare quella di firenze


prima puntata piazzale loreto
seconda  puntata la strage  di portella delle  ginestre  e  il  delitto di Capocotta

« Oggi tuttavia non si può soltanto piangere, è tempo di imparare qualcosa »
(10 ottobre 1963, all'indomani del disastro del Vajont, denunciato preventivamente da Tina   Merlin 1926-1991  vedere   url soto   )


Archiviamo momentaneamnte , sarà ripreso bele puntate  successive  ,   ed  affrontiamo la prima delle  due   sugli sprechi  della  nostra repubblica  . Oggi parleremo del disastro del Vajont  e  del'alluvione di firenze (  di cui a  novembre  csi celebreranno  i 50 anni  ) . Fatti  ancora  vivi  (   chi sa  fino a  quando )  nella nostra memoria  con canzoni  , film  ,  ed  opere testrali , libri  ,ecc 
La domanda è d’uopo. Cosa c’entrano le  tragedie come quella   del Vajont  e  dell'alluvione  di firenze   ed ( prossima puntata )   il  terromoto in Irpina   in un una serie  di post  dedicati  allla contro storia  dell'italia repubblicana ?
La risposta è semplice: la decisione di edificare grandi opere, la cui finalità e quella di ammodernare  \  svecchiare   un Paese, non è mai un fatto neutro. Essa dipende dal rapporto tra costo e benefici. Se una grande opera è scarsamente utile, se non inutile, e oltretutto richiede grossi investimenti allora deve scattare un campanello d’allarme. Se poi, nonostante il rapporto costo/benefici sia negativo, si intravede una forte ostinazione a volerla costruire, allora quella grande opera, come minimo, nasconde interessi innominabili: speculazioni, ruberie, tangenti. Insomma  malaffare  che incurante  di  ciò  porta   a disastri ambientali  e  a tragedie  , se  non  addirittura  ad incremento d'esse  (  vedi il tre casi  citati )
Una grande opera, infatti, non è buona o cattiva in sé, ma va sempre rapportata alla sua effettiva necessità e soprattutto alla sua reale utilità o produttività.
Solo per fare un esempio paradossale: nessuno penserebbe di costruire un costosissimo mega cannone per disinfestare una zona lacustre dalle zanzare, ma se qualcuno insistesse per farlo allora è evidente che oltre che un cattivo progettista, quel qualcuno nasconderebbe pericolosi interessi.7 Infatti concordo  con quanto dice  la sezione   Grandi  opere  del sito   http://www.misteriditalia.it << (...)
Questa sezione di Misteri d’Italia intende dimostrare che, come è già accaduto in passato (lampante l’esempio dell’alta velocità ferroviaria Roma – Napoli), molti dei progetti relativi alla costruzione di grandi opere (alta velocità Torino-Lione, Ponte sullo stretto, Mose di Venezia in primo luogo) sono non solo inutili, ma anche dannosi. La loro progettazione è spesso legata solo a mera propaganda politica, la loro realizzazione a mega affari sporchi, smascherabili in toto, purtroppo, quando sarà troppo tardi ed immense risorse saranno state depredate.
Prima di credere, quindi, all’alibi dell’ammodernamento del Paese, è meglio documentarsi su quanto è già accaduto >> per evitare   se  è possibile che  davanti  a  tragedie   naturali  come nel caso  dei terremoti si ripetano  e  roori e cattiva  gestione per  non andare troppo indietro nel tempo   si veda il sisma  dell'Abruzzo e dell'Emilia  Romagna  .



  tratto da http://www.misteriditalia.it/cn/?page_id=4623 con ulteriori  url  d'approfondimento    e  da  https://it.wikipedia.org/wiki/Disastro_del_Vajont


Vajont 9 Ottobre 1963, ore 22,39: una enorme frana, una massa rocciosa pari a circa 270 milioni di metri cubi, composta da rocce e detriti, comincia a scivolare lungo il versante settentrionale del longarone-disastromonte Toc, su un fronte di 1.800 metri.
Un enorme boato risuona nella valle sottostante. In pochi istanti la gigantesca frana precipita nel lago artificiale, formato da una diga, nella vallata del Vajont, tra le province di Belluno (Veneto) e Udine (Friuli), sollevando una massa d’acqua di circa 40 milioni di metri cubi, alta oltre 100 metri, contenente massi del peso di diverse tonnellate.

Longarone prima e dopo il disastro del Vajont
. da  https://it.wikipedia.org/wiki/Disastro_del_Vajont

La frana, precipitando, sviluppa un’energia pari a 172 milioni di Kwh e la massa d’acqua genera uno spostamento d’aria due volte superiore a quello provocato dalla bomba atomica lanciata su Hiroshima alla fine della seconda guerra mondiale.
La massa d’acqua si divide in due ondate. Mentre la prima spazza via le frazioni più basse che sorgono sulle rive del lago artificiale, la seconda – decisamente più violenta – si infrange sulla diga alta 265 metri – che resiste all’urto – ed in buona parte la scavalca, riversandosi con furia inaudita sulla sottostante valle del Piave. La stretta gola del Vajont la comprime ulteriormente e le permette di acquistare un’incredibile energia distruttiva. Un’onda alta più di 70 metri si abbatte sulla valle. Una biblica inondazione travolge il comune di Longarone e le frazioni vicine i cui abitanti percepiscono il mortale pericolo, ma non hanno neppure il tempo di fuggire.
Longarone viene totalmente rasa al suolo.
I morti sono 1.917: 1450 a Longarone, 109 a Castelvazzo, 158 a Erto e Casso, oltre a 200 tecnici ed operai della diga, con le loro famiglie. I feriti sono pochissimi.
Mera fatalità, disastro naturale oppure una tragedia prevedibile e prevista e che poteva essere evitata?
Studi approfonditi e diverse sentenze processuali hanno dimostrato che la tragedia del Vajont poteva essere evitata. Ma che diverse sottovalutazioni tecniche, la logica del profitto applicata ad ogni costo ed il cinismo dei dirigenti della SADE, la società elettrica che la ideò, la progettò e la costruì furono alla base di un disastro di enormi proporzioni che poteva non accadere.
Alle fondamenta della tragedia una semplice constatazione: la zona scelta per la costruzione della diga del Vajont era una zona franosa da secoli e da tre anni il versante montuoso che sovrastava il bacino idroelettrico, ancora in fase di collaudo, aveva cominciato a muoversi.

La tragedia oltre a  quello che avete letto nlle righe precedenti   e  nei sito sotto  fu molto scomoda e  dura  da  ricordare   come dimostra il video sotto riportato   ( specie  il dopo ) se  la giornalista  Tina  merlin   che  con  i suoi articoli   pre  tragedia    in cui  contestava  la  costruzione  della   diga ,  tentò di pubblicare un libro sulla vicenda, Sulla Pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont,  che tuttavia trovò un editore solo nel 1983.


La frana, precipitando, sviluppa un’energia pari a 172 milioni di Kwh e la massa d’acqua genera uno spostamento d’aria due volte superiore a quello provocato dalla bomba atomica lanciata su Hiroshima alla fine della seconda guerra mondiale.
La massa d’acqua si divide in due ondate. Mentre la prima spazza via le frazioni più basse che sorgono sulle rive del lago artificiale, la seconda – decisamente più violenta – si infrange sulla diga alta 265 metri – che resiste all’urto – ed in buona parte la scavalca, riversandosi con furia inaudita sulla sottostante valle del Piave. La stretta gola del Vajont la comprime ulteriormente e le permette di acquistare un’incredibile energia distruttiva. Un’onda alta più di 70 metri si abbatte sulla valle. Una biblica inondazione travolge il comune di Longarone e le frazioni vicine i cui abitanti percepiscono il mortale pericolo, ma non hanno neppure il tempo di fuggire.
Longarone viene totalmente rasa al suolo.
I morti sono 1.917: 1450 a Longarone, 109 a Castelvazzo, 158 a Erto e Casso, oltre a 200 tecnici ed operai della diga, con le loro famiglie. I feriti sono pochissimi.
Mera fatalità, disastro naturale oppure una tragedia prevedibile e prevista e che poteva essere evitata?
Studi approfonditi e diverse sentenze processuali hanno dimostrato che la tragedia del Vajont poteva essere evitata. Ma che diverse sottovalutazioni tecniche, la logica del profitto applicata ad ogni costo ed il cinismo dei dirigenti della SADE, la società elettrica che la ideò, la progettò e la costruì furono alla base di un disastro di enormi proporzioni che poteva non accadere.
Alle fondamenta della tragedia una semplice constatazione: la zona scelta per la costruzione della diga del Vajont era una zona franosa da secoli e da tre anni il versante montuoso che sovrastava il bacino idroelettrico, ancora in fase di collaudo, aveva cominciato a muoversi.

La tragedia oltre a  quello che avete letto nlle righe precedenti   e  nei sito sotto  fu molto scomoda ( specie  il dopo ) se  la giornalista  Tina  merlin   che  con  i suoi articoli   pre  tragedia    in cui  contestava  la  costruzione  della   diga ,  tentò di pubblicare un libro sulla vicenda, Sulla Pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont,  che tuttavia trovò un editore solo nel 1983.  Quindi è  una ferita  ancora  aperta  come   si vede  da  questo video    qua  sotto
  


L'alluvione  di Firenze   3-5  novembre  1966  
Oltre  alle  due  foto    meno note   rispetto a quelle classiche   che  si vedono   ( e  si vedranno  visto che quest'anno   si celebra  il  50 anni  )  in tutti i documentari di storia  e   giornali   , essa  ha   avuto un notevole    evento e ricordo mediatico   tanto da  far passare  in secondo  piano   i danni  imponenti   che  il maltempo  (  le bombe d'acqua    come le  chiameremo oggi )   ha  arrecato in ma in gran parte della Toscana e, più in generale, in tutto il paese.
Altezza di una delle targhe che ricordano il livello raggiunto
dall'acqua nel '66 in via Isola delle Stinche
La targa che ricorda la scomparsa di Elide Benedetti, via San Giuseppe

Infatti alluvione non colpì solo il centro storico di Firenze ma l'intero Bacino idrografico dell'Arno, sia a monte sia a valle della città. Sommersi dalle acque furono anche diversi quartieri periferici della città come Rovezzano, Brozzi, Peretola, Quaracchi, svariati centri del Casentino e del Valdarno in Provincia di Arezzo, del Mugello (dove straripò anche il fiume Sieve), alcuni comuni periferici come Campi Bisenzio, Sesto Fiorentino, Lastra a Signa e Signa (dove strariparono i fiumi Bisenzio ed Ombrone Pistoiese e praticamente tutti i torrenti e fossi minori) e varie cittadine a valle di Firenze, come Empoli e Pontedera. Dopo il disastro, le campagne rimasero allagate per giorni, e molti comuni minori risultarono isolati e danneggiati gravemente. Nelle stesse ore, sempre in Toscana, una devastante alluvione causò lo straripamento del fiume Ombrone, colpendo gran parte della piana della Maremma e sommergendo completamente la città di Grosseto.
Nel frattempo, altre zone d'Italia vennero devastate dall'ondata di maltempo: molti fiumi del Veneto, come il Piave, il Brenta e il Livenza, strariparono, e ampie zone del Polesine furono allagate; in Friuli lo straripamento del Tagliamento coinvolse ampie zone e comuni del suo basso corso, come Latisana; in Trentino la città di Trento fu investita pesantemente dallo straripamento dell'Adige.
Fa parte di una serie di straripamenti del fiume Arno che hanno mutato, nel corso dei secoli, il volto della città di Firenze.
Avvenuta nelle prime ore di venerdì 4 novembre 1966 a seguito di un'eccezionale ondata di maltempo, fu uno dei più gravi eventi alluvionali accaduti in Italia, e causò forti danni non solo a Firenze ma in gran parte della Toscana e, più in generale, in tutto il paese.
.  (  continua  qui  su wikipedia   )

la chiesa che perde colpi nononostante papa francesco . il caso di Moniosgnor paolo atzei e del prete romagnolo che sembra esaltare durante l'omelia un uxoricida

dopo le  dichiarazioni di  monson paolo atzei   che  dice  bisogna  aiutare  prima i nostri  poveri   degli extracomunitari e  dei profughi  che vengono  in italia  ed  in europa    ( I II )   adesso un prete  che   sembra  quasio elogiare  un uxoricida  . Infatti    su fb   ho scritto a caldo 
Dopo padre atzei ( vedere post precednti ) un altro rappresentante di Dio che dice assurdità ed non conosce o interpreta a ..... le sacre scritture . E' in paradiso l'assassino, beninteso. Non la moglie (mai nominata) ne' il figlio. La colpa è del demonio che "disgrega la famiglia". Probabilmente anche delle femministe e dei gay che per lui sono agenti disgregatori del demonio stesso. Insomma, se sei un maschio bianco eterosessuale il cielo è garantito. Se sei una donna, un nero o un omosessuale allora sei il male incarnato.

  riguardante questa news 

   da  http://www.romagnamamma.it/2016/06/ammazza-moglie-e-figlio-il-prete-ora-e-in-paradiso/

Ammazza moglie e figlio. Il prete: “Ora è in paradiso”


sacerdote-preteHa ammazzato la moglie e il figlio di tre anni e poi si è suicidato però adesso “è in paradiso”. Ad assicurarlo è il prete che lo conosceva bene. La vicenda di Luigi Alfarano, 50enne oncologo di Taranto che ha ucciso la giovane moglie Federica De Luca, 30 anni, e il loro bambino Andrea (3 anni) ha avuto un epilogo inaspettato e decisamente sorprendente.
L’uomo che, a quanto pare, ha compiuto il gesto per evitare che nella causa di separazione il piccolo fosse affidato esclusivamente alla madre, adesso è già ‘santo’. A ‘canonizzarlo’, come raccontano i media locali, è stato il parroco della chiesa di san Pasquale, gremitissima per i funerali del medico.
Tantissima gente che è andata a rendere omaggio ad un uomo che nella vita si è dedicato a curare i tumori in una città devastata dall’inquinamento ma che ha terminato la sua esistenza terrena sterminando gli affetti più cari. Ed ha avuto l’onore di un gran bel funerale religioso, non come quel disgraziato di Michè, dell’omonima ballata di De André, che finisce in una fossa comune “senza il prete e la messa perché d’un suicida non hanno pietà”.
Oggi, evidentemente, c’è posto per tutti, in terra come in cielo: per i suicidi e pure per gli assassini. “Luigi, per il lavoro che faceva, aveva tutte le carte in regola per poter entrare in paradiso”, ha detto il parroco della funzione, don Tonino Nisi. Ed ancora: “Luigi è in paradiso, statene certi! Era un uomo buono”. Nessuna menzione, ovviamente, all’accusa di violenza sessuale e privata aggravata per la quale l’oncologo aveva patteggiato nel 2014 un anno e otto mesi di reclusione. La denuncia era partita da una ragazza di 19 anni assunta a tempo determinato dalla Fondazione Ant di Taranto, dove lavorava anche l’uomo.
E la strage familiare? “Nessuno si deve permettere di giudicare, di prospettare degli ambiti dove ci mettiamo i brutti, i cattivi e i buoni. Il Signore sa”. Che, poi, a dirla tutta, il religioso una sua spiegazione della vicenda ce l’ha: “La famiglia è un dono di Dio. E Luigi aveva una gran bella famiglia. Il demonio si è messo in mezzo perché non vuole la famiglia e la nostra gioia”. Altro che scientifica, altro che Ros, altro che Csi. Chiamate don Tonino e dategli un paio di manette: farà arrestare Lucifero. Anzi, no. Forse la storia è un po’ più complessa. In un altro passo della sua omelia il prete ha specificato: “Quella sera il Signore stesso ha realizzato questa pagina”. A questo punto alziamo le mani e ci rimettiamo alla volontà di don Tonino.

che brutta bestia l'invidia . il caso Salvatore Aranzulla cancellato da wikipedia con l'accusa ridicola di ... non rispondee ai criteri di enciclopedicità necessari per poter apparire su Wikipedia,

proprio come dicevo   nel tag \  etichette     cerete persone ed  è  il caso di wikipedia     tutti partono  incendiari e  poi diventano pompieri e parte integrante  diretta o  indiretta  del  potere  .  Il caso di Salvatore  Aranzulla   può essere   (  anzo dovrebbe  essere  ) occasione  per  mettere indiscussione  la  vecchia concenzione   ormai logoira  di  divulgatore  scientifico enciclopedico    come dimostrano gli articoli da me riportati    sotto  .  A  voi  , cari  lettori  e carti utenti \  compagni distrada  -  di viaggio  ogni  giudizio in  merito 

il primo  è  di http://motherboard.vice.com/it/read/salvatore-aranzulla-wikipedia-pagina

​Perché Salvatore Aranzulla è stato cancellato da Wikipedia


Aggiornamento 9/6, 16:00: Raggiunto il tempo massimo per il dibattito su Wikipedia, il consenso generale dell'utenza verteva per la cancellazione della pagina. Questo requisito ha comportato, infine, la cancellazione definitiva della pagina—Il paragrafo a riguardo è stato integrato alla versione originale dell'articolo.
È statisticamente impossibile non aver mai incontrato il nome di Salvatore Aranzulla navigando nell’infosfera italiana di internet, e la sua risonanza nell’immaginario collettivo è tale da rendere assurda la necessità di dover spiegare chi sia. Ciononostante, Salvatore Aranzulla non ha più una pagina su Wikipedia Italia, e capire il perché è stato davvero difficile.
Partiamo dall’inizio: Salvatore Aranzulla è un divulgatore informatico italiano e sul suo blog, circa da quando ho memoria, si occupa di rispondere alle domande più comuni relative al mondo dell’informatica. Per esempio, mentre sto scrivendo questo post, la homepage del suo blog ospita alcuni ABC piuttosto classici: “Come funziona Snapchat”, “Come trasferire musica da PC a iPhone” oppure “Come formattare un Mac”. Secondo Alexa, aranzulla.it è al momento il 68esimo sito più visitato in Italia—Secondo la sezione informazioni del blog, “Aranzulla.it è uno dei 30 più visitati d’Italia”—e Il Giornale, a inizio 2015, gli ha dedicato una lunga intervista titolata “Fatturo 1 milione di euro offrendo consigli sul Web”.
È nel corso di 8 anni di lavoro, prima per Virgilio e poi come affiliato de Il Messaggero, che Salvatore Aranzulla ha costruito un impero basato su pratiche di search engine optimization (SEO) sfruttate allo stato dell’arte, risposte alle domande più ricercate dagli utenti italiani di internet e un personaggio piacevolmente conforme all’idea del “tuo amichevole nerd di quartiere”. Il 23 maggio scorso, però, Salvatore tuona sulla sua pagina Facebook da oltre 330.000 ‘mi piace’, “Amici cari, vi dico solo che concorrenti di bassa lega e rosiconi stanno proponendo l'eliminazione della mia voce da Wikipedia.”
La pagina
In breve: qualcuno vuole cancellare Salvatore Aranzulla da Wikipedia Italia—E ci è riuscito, visto che da qualche giorno il lunghissimo dibattito ospitato sulla piattaforma ha lasciato il posto alla cancellazione definitiva della pagina, per anni protagonista di discussioni in merito.
Alcuni contributor ritengono che la figura di Salvatore Aranzulla non risponda ai criteri di enciclopedicità necessari per poter apparire su Wikipedia, ed è per questo che nel corso del tempo hanno avviato una procedura di cancellazione in linea con le indicazioni guida fornite da Wikipedia. L’accusa è quella di non essere un ‘divulgatore’, vista la totale semplicità degli argomenti trattati e il dibattito si è infine diviso “tra quantitativisti (leggi conservazionisti) e qualitativisti (leggi cancellazionisti)," come afferma un utente che ha partecipato nel dibattito. Insomma, c’è chi vuole Salvatore Aranzulla su Wikipedia per la quantità di informazioni che ha prodotto, e chi non lo vuole per la qualità delle stesse.
Ora: la questione sembra banale—e lo è; d’altronde dubito che Salvatore Aranzulla abbia davvero bisogno di una pagina Wikipedia dedicata a lui, se non come forma di riconoscimento personale—ed è proprio la sua intrinseca futilità a rivelarne l’importanza sotto forma di ‘cartina al tornasole’ dello stato di Wikipedia. Da ormai diversi anni, infatti, l’ecosistema di Wikipedia sta cominciando a soffrire delle problematiche tipiche di qualunque progetto inaugurato per il bene comune e ingigantitosi a tal punto da dover fare i conti con realtà politiche e finanziarie che con il ‘bene comune’ hanno poco a che fare.

“Cosa succede quando una piccola fantasia libertaria a la Thomas Jefferson deve crescere?”

La burocrazia wikipediana
Uno studio del 2015 pubblicato sul journal Future Internet, evidenzia come nel corso del tempo le norme sociali che hanno regolato l’amministrazione di Wikipedia si siano avvicinate sempre di più a quelle di una burocrazia aziendale. Le regole e le linee guida, la maggior parte delle quali sono state stabilite prima del 2004, nei primi anni di vita dell’enciclopedia, sono rimaste immutate nel tempo, e il comitato interno per la regolazione delle dispute tra gli editor ha visto stilate le proprie linee guida nel 2003. Nel frattempo, Wikipedia ha aumentato a dismisura le sue dimensioni—Simon DeDeo, co-autore dello studio, aveva riassunto il tutto a Gizmodo così: “Cosa succede quando una piccola fantasia libertaria a la Thomas Jefferson deve crescere?”
La disputa sulla pagina Wikipedia di Salvatore Aranzulla è un ottimo termometro di questo fenomeno: il lungo (lunghissimo) dibattito scaturito prende in esame fattori che non sono normalmente misurabili con dei ‘criteri di enciclopedicità’, “La pagina di Salvatore Aranzulla deve esistere? E se invece ne facessimo una per il suo blog? Ma il suo blog ha lo stesso nome del suo autore… Sappiamo che il blog è molto visitato, ma se fosse un caso e in realtà nessuno lo conoscesse?” Sono interrogativi tutt’altro che banali, e che contribuiscono a mandare avanti il progetto in senso pro-attivo—Si scontrano però, inevitabilmente, con una serie di regole concepite in un’era in cui la condivisione delle informazioni e gli equilibri di potere a cui Wikipedia era sottoposta erano profondamente diversi e con una continua e crescente stratificazione burocratica nel processo di amministrazione dell'enciclopedia. Per cercare di capire qualcosa di più ho parlato con Salvatore Aranzulla e Andrea Lazzarotto, conosciuto su Wikipedia come ‘TheLazza’—Uno dei contributor più coinvolti nel dibattito.
“La decisione era già stata presa”
Salvatore mi ha prima di tutto confermato che si tratta di una questione di principio che poco ha a che fare con un’effettiva necessità, “La presenza su Wikipedia era ed è stata da me vista come un riconoscimento personale della mia attività lavorativa: essere o non essere presente su Wikipedia non impatta minimamente sul mio lavoro, che consiste nell'attività di divulgatore informatico, realizzata tramite partecipazioni a programmi televisivi e radiofonici, partecipazioni a convegni e soprattutto tramite il mio portale Aranzulla.it,” mi spiega.
'salvatore aranzulla' su Google, dal 2004 a oggi. via Google Trends
L’intervento di Salvatore nella disputa è stato in un certo senso fortuito, “Sono venuto a conoscenza della disputa tramite alcuni messaggi privati di svariati lettori che mi hanno segnalato la cosiddetta ‘procedura di cancellazione’,” mi ha spiegato per email, “In maniera piuttosto ironica ne ho parlato sulla mia pagina Facebook ufficiale sottolineando che la mia permanenza su Wikipedia era legata alla volontà ultima di persone senza un volto, senza un nome e un cognome, nascoste dietro nomi utenti."
Ciò che mi ha lasciato e continua a lasciarmi perplesso è l’assenza di una qualsivoglia ‘sentenza ufficiale’: che piaccia o meno, Salvatore Aranzulla è effettivamente uno dei divulgatori (o blogger) più noti in Italia, se non in termini qualitativi, sicuramente in termini quantitativi—Qual è l’iter da seguire su Wikipedia quando si verificano casi del genere? “Ho cercato di intervenire nella discussione su Wikipedia producendo materiali sulla mia attività, ma la situazione è solo degenerata,” mi spiega. “Ho lasciato così perdere la discussione e non ho contattato alcun editor di Wikipedia Italia perché la decisione di cancellare la mia pagina era già stata presa dai presenti: bisognava trovare solo qualche cavillo burocratico per giustificarla.”
Secondo Salvatore, quindi, la decisione è stata giustificata da un ‘cavillo burocratico’, che in questo caso sembra corrispondere ai critieri di enciclopedicità di Wikipedia, “Questi criteri sono usati e abusati a seconda degli umori e delle simpatie di chi sta portando avanti la discussione di cancellazione di una pagina Wikipedia,” afferma. “Continuo a sostenere l'idea che la decisione di cancellare la mia pagina ufficiale fosse già stata decisa.”
Il problema delle fonti
Uno dei principi fondamentali sfruttati da Wikipedia per portare avanti in maniera efficace i dibattiti sono le fonti. Si tratta di un vero e proprio punto cardine della politica editoriale di Wikipedia ed è un metodo in un certo senso giornalistico, più che enciclopedico: le fonti sono necessarie alla sopravvivenza di una voce e possono mutare nel tempo—È un atteggiamento dinamico e che ha permesso di rendere Wikipedia il pozzo di informazioni iper-accellerato che è.
La velocità di espansione dell’enciclopedia si è però rapidamente scontrata con le sue norme, che ai tempi non erano state concepite per gestire tutte le casistiche possibili. È il caso dello scrittore americano Philip Roth, che nel settembre 2012 ha notato un errore nella voce di Wikipedia dedicata alla sua opera La macchia umana.
Si trattava di una sbavatura riguardante l’ispirazione dell’opera: la voce originale affermava che La macchia umana si ispirasse alla vita di Anatole Broyard (la fonte era una recensione del The New York Times datata 2000), ma secondo Philip Roth (che be’, è l’autore) si trattava di una falsità. Lo scrittore contatta quindi Wikipedia per chiedere la correzione della voce, ma la risposta è eloquente, “Capiamo bene che l’autore di un’opera sia tecnicamente la fonte più autorevole a riguardo, ma abbiamo comunque bisogno di una fonte secondaria.” Così, Philip Roth crea la fonte spiegando la vicenda al New Yorker, che di pubblicare la lettera aperta a Wikipedia dell'autore e generando così una ‘fonte secondaria’.
L’atteggiamento di Wikipedia è deontologicamente corretto, ma ha senso di esistere solamente in un sistema burocratico perfettamente rodato: cosa sarebbe successo se la richiesta di Philip Roth fosse rimasta incastrata nella rete degli editor di Wikipedia?
Le fonti di Salvatore Aranzulla
Secondo Salvatore, i contributor che hanno sfruttato il ‘cavillo burocratico’ per giustificare la cancellazione della sua pagina hanno volontariamente ignorato le fonti fornite da Salvatore stesso per confermarne l’autorevolezza, “Ho pubblicato svariati libri di informatica con editori di livello nazionale, quali Mondadori Informatica (Sperling & Kupfer) ed Edizioni FAG. Puntualmente ognuno dei libri pubblicati è stato un best seller in ambito informatico con più di 15.000 copie vendute. Uno dei miei libri è stato anche allegato alla rivista Focus,” mi spiega. “Le pubblicazioni che ho fatto sono state ignorate perché non ritenute di "livello": sfido chiunque a riuscire a pubblicare con un editore nazionale e a realizzare i numeri che ho realizzato io in termini di vendite nel segmento informatico.”
Le prime battute del dibattito riguardo l'ultima procedura di cancellazione.
Salvatore mi ha quindi fornito un lungo elenco di ‘fonti secondarie’ che per motivi di spazio non includo direttamente qui, ma a questo indirizzo ho caricato uno screenshot dell’email di Salvatore. “Le contestazioni sono state le seguenti:—mi spiega Salvatore approfondendo i contraddittori esposti dai contributor durante il dibattito—È un fenomeno temporaneo (parliamo di 14 anni di pubblicazioni con oltre 6500 articoli pubblicati ad oggi), i dati sono gonfiati e quindi non affidabili—in Italia esiste un organismo nazionale di rilevazione dei dati chiamato Audiweb: con una iscrizione gratuita, è possibile accedere ai dati certificati nazionali. Nessuno dei presenti ha voluto considerare tali dati.”
Infine il dibattito ha superato il tempo massimo stabilito dalle linee guida di Wikipedia e la pagina è stata definitivamente cancellata per la presenza di un generale consenso favorevole alla cancellazione—C’è un ‘piano B’? “Non intendo far nulla,” mi spiega. “La decisione di chiudere la mia pagina Wikipedia è stata affidata a persone di cui non si conosce l'identità e di cui non si conosce la professionalità: conducendo alcune ricerche, alcuni miei collaboratori sono anche venuti a conoscenza che alcuni dei partecipanti erano di parte, producendo attività editoriali concorrenti alle mie,” continua.
“La discussione sulla cancellazione è stata riempita di offese e valutazioni senza alcun fondamento, al limite del ridicolo e della logica. Chiunque esprimesse un parere al mantenimento della mia voce è stato messo a tacere: lo stesso è accaduto nei confronti di utenti di rilievo della comunità di Wikipedia che si sono espressi a mio favore e che sono stati prontamente azzittiti,” continua illustrandomi il tono del dibattito. “Non è stata poi effettuata alcuna votazione sul mantenimento della mia voce, ma è stata decisa arbitrariamente di cancellarla, nonostante la presenza di pareri favorevoli,"—In realtà, al concludersi del tempo massimo del dibattito, la maggior parte dei giudizi espressi nella discussione vertevano per la cancellazione della pagina, che è stata cancellata, infine, proprio per la presenza di un consenso generale tra gli utenti coinvolti.
“Quello che in fin dei conti a me interessano sono i risultati personali e professionali: una stretta di mano da parte dei miei lettori che quotidianamente mi fermano per strada e mi ringraziano per il lavoro che faccio vale più di qualsiasi altra cosa,” conclude Salvatore.
Le ragioni degli utenti di Wikipedia
Il dibattito ha visto coinvolti numerosi utenti della comunità italiana di Wikipedia, tra contributor di spicco e utenti di passaggio—Tra le tante voci, una delle più presenti e schierate per la cancellazione è stata quella dell’utente TheLazza, contributor di Wikipedia e informatico: all’anagrafe Andrea Lazzarotto.
“Mi ha sorpreso proprio il fatto che ci fosse qualcuno che ritenesse doverosa la discussione,” mi spiega per email. “A mio modesto avviso era evidente che Salvatore Aranzulla, a prescindere dal suo reddito (uno dei temi pro-mantenimento emersi durante il dibattito, NDA), non fosse così tanto rilevante da essere su Wikipedia,” continua Andrea. “L’impressione è che abbia dei sostenitori piuttosto sfegatati, almeno secondo me.”
Parlando con Andrea è inoltre emerso quanto il problema della voce di Salvatore Aranzulla fosse tutt’altro che nuovo, “Non è il dibattito ad andare avanti da anni, ciò che continua è il periodico ricomparire di una pagina su Salvatore Aranzulla. per poi venire eventualmente cancellata,” mi spiega. “Se guardiamo il log dell'attività vediamo che la maggior parte delle volte la voce in oggetto è stata cancellata in via immediata dagli amministratori, senza un particolare dibattito. In un periodo di 10 giorni del 2006, la pagina è stata cancellata dodici volte.”
Se il punto di vista di Andrea ha senza dubbio senso per evidenziare la gravità del problema, è indubbio che al costante riapparire della voce si sia accompagnato un dibattito, “Quello che si capisce dal log delle cancellazioni è che durante quel periodo ci siano stati diversi tentativi di auto-produzione di una voce,” mi spiega Andrea. “Questo è piuttosto chiaro al di là di ogni parere personale—Quindi il protagonista stesso, o qualcuno di vicino a lui, ha scritto una voce dal tono fortemente auto-promozionale e elogiativo,” continua. “Questa pratica non è accettabile su Wikipedia, perché il sito prevede dei criteri di enciclopedicità e soprattutto un punto di vista neutrale. Altresì, c'è da ricordare che Wikipedia non è una vetrina o un blog dove chiunque possa avere spazio e visibilità.”
Evidenziati i fatti, la posizione di Andrea in merito al dibattito è piuttosto chiara, “Credo sia opportuno evitare fraintendimenti: Salvatore Aranzulla certo possiamo definirlo una sorta di 'personaggio folcloristico', ma non è un informatico e quindi non vedo come si possa dire che rientri ‘nella storia dell'informatica italiana’,” mi spiega, dopo che avevo definito Aranzulla, appunto, un personaggio folcloristico dell'informatica italiana. “Lasciamo fare ad ognuno il proprio lavoro: quello di Salvatore Aranzulla è gestire un sito i cui contenuti vengono prodotti e studiati per massimizzare le visite e quindi avere maggiori introiti tramite la pubblicità.”
Le ragioni di Andrea sono però più specifiche, specie per quanto riguarda le qualifiche di Salvatore, “L'informatica è una scienza che comprende (cito Wikipedia) «lo studio dei fondamenti teorici dell'informazione e della computazione e delle tecniche pratiche per la loro implementazione e applicazione nei sistemi informatici. L'informatica è frequentemente descritta come lo studio sistematico dei processi algoritmici che descrivono e trasformano l'informazione.»,” mi spiega. “Il fatto che Salvatore Aranzulla abbia scritto un libro intitolato "sicurezza informatica" non fa di lui un informatico o un esperto di computer security come a volte si è erroneamente letto da più parti,” continua. “È come se uno di noi scrivesse un libro intitolato "biologia molecolare" (con scritto che l'acqua è composta da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno): questa persona non diventerebbe automaticamente un biologo.”
Andrea mi spiega, continuando, che la decisione non riguarda nello specifico i meriti di Salvatore, “A prescindere da questa doverosa precisazione, comunque, la Procedura di Cancellazione non ha stabilito se Aranzulla fosse o meno un informatico, ma se fosse una persona sufficientemente enciclopedica per avere una voce su Wikipedia, al di là del suo lavoro di blogger.”
Ma il vero protagonista della vicenda è un altro: i già noti ‘criteri di enciclopedicità’, “Questi criteri sono sicuramente un'indicazione molto utile per capire se una voce è enciclopedica o meno,” mi spiega Andrea. “Senza avere dei criteri, è difficile confrontarsi su un piano comune per tutti—Ciononostante non penso che siano stati ‘determinanti’,” come ho affermato io durante il nostro scambio. “Sicuramente hanno aiutato a stabilire l'opinione di vari utenti, ma è infine il sentimento generale che è stato orientato verso la cancellazione,” continua. “Ci sono voci che restano benché violino alcuni criteri, ma perché ciò accada ci devono essere dei meriti particolari che rendano eccezionalmente degno di nota l'argomento della voce.”
Riformare Wikipedia?
Ho poi discusso con Andrea del ‘meccanismo Wikipedia’ sottoponendogli il paper pubblicato su Future Internet: il problema sono le regole troppo vecchie? “Definire ‘anacronisitiche’ regole di un sito che ha appena 15 anni mi sembra un po' esagerato, ma è un'opinione personale,” mi spiega. “Penso che la tendenza evidenziata dal paper (che non ho letto per intero, ho consultato il riassunto pubblicato da Gizmodo) sia in un certo senso ‘normale’,” continua. “I ricercatori hanno riscontrato che alcuni utenti esercitano maggior influenza, ma non succede lo stesso anche in altre comunità o nella vita reale? Il problema reale si presenta quando questa influenza si trasforma non in un ‘esempio da seguire’ ma in una vera e propria gerarchia in cui il ruolo conta più della qualità dei contributi.”
Questa problematica, verificata dal paper su Future Internet, per quanto riguarda Wikipedia in inglese, potrebbe colpire anche Wikipedia Italia? “È difficile stabilire se sia così—Sicuramente può esserci qualche utente con ruoli di spicco che può sbagliare o magari esercitare una sorta di timore reverenziale,” mi spiega Andrea. “D'altro canto siamo umani e nessuno è perfetto: diventa problematico se un utente privilegiato opprime altri utenti, ma che questo succeda su Wikipedia Italia è difficile dirlo; e se si consumasse qualche sporadico caso, credo che nessuno abbia abbastanza potere da imporsi senza subire conseguenze disciplinari dal resto della comunità.”
“Non credo che questo problema abbia influenzato il dibattito su Salvatore Aranzulla: anzi, la presunta "oligarchia" formata dal gruppo degli admin ha dimostrato di essere divisa e di avere esponenti di entrambe le correnti di pensiero,” mi spiega Andrea. “C'erano admin a favore della cancellazione e admin contrari: l'ultima Procedura di Cancellazione si è svolta in modo fluido, e al massimo c'è stata qualche lieve incomprensione subito chiarita,” continua. “Il procedimento è stato prorogato perché dopo la prima scadenza non si era formato il consenso.”
Parlando con Andrea, ciò che a questo punto non mi era ancora chiaro riguardava l’effettiva efficienza di questo processo decisionale—Ci sono degli editor che tirano le somme, alla fine dei dibattiti? “Le procedure di Wikipedia si basano sul consenso—Quindi questa distinzione tra ‘editor’ e ’contributor’ non ha alcun senso,” mi spiega Andrea. “Non esistono "super editor" o persone ‘con maggiore potere decisionale’ quando si avvia una procedura di cancellazione consensuale—Il consenso non si forma contando i voti, ma si forma con le argomentazioni,” continua. “Se ipoteticamente l'ultimo arrivato portasse argomentazioni più valide di un utente con esperienza, il consenso potrebbe orientarsi verso l'opinione del nuovo utente.”
La politica di Wikipedia
Negli ultimi mesi Wikipedia è stata protagonista di diversi dibattiti (ne abbiamo parlato in alcuni articoli tradotti su Motherboard Italia, altri non sono stati tradotti ma sono presenti nell’edizione americana del vertical). Si può quindi dire che questo sistema stia mostrando le sue ‘debolezze’ anche per quanto riguarda le dinamiche di Wikipedia Italia? “Se parliamo genericamente di sessismo e presenza di "leoni da tastiera" arroganti, bulli, cafoni e sub-umani credo che sia un problema serio e grave che purtroppo affligge la rete intera, non solo Wikipedia,” mi spiega Andrea. “Tutte le comunità in cui possono partecipare le persone portano anche una percentuale piccola (ma molto rumorosa) di utenti che agiscono unicamente con cattiveria e stupidità.”
“Il problema è che, in qualsiasi società reale o virtuale di, diciamo, 1000 utenti, 999 utenti tranquilli si fanno notare meno di uno che si comporta come una belva. Inoltre è difficile controllare sempre tutto, riuscendo a coniugare la qualità dei contributi con l'evitare un'eccessivo zelo che potrebbe portare ai pareri di cui si parlava prima, cioè che ci sarebbero alcuni "capetti" che bacchettano tutti,” continua. Il problema di gestire i conflitti con alcuni soggetti che si credono impunibili dietro a una tastiera non è assolutamente banale e di certo non sono gli utenti di Wikipedia ad avere la ‘soluzione magica’.”
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corriere della  sera  del 11\6\2016

Salvatore Aranzulla cancellato da Wikipedia. E lui replica: «Rosiconi»
La cancellazione della voce sul noto blogger di informatica dall'enciclopedia online ha scatenato un dibattito e diviso la Rete sulle ragioni che portano alla rimozion
e

di Raffaella Cagnazzo


                                          Salvatore Aranzulla (Facebook)

 Un caso che ha aperto una discussione online, ma non solo. La voce Wikipedia su Salvatore Aranzulla è stata cancellata. Una citazione che riguarda uno dei divulgatori di consigli di informatica più conosciuti del web: il suo sito internet è tra i trenta più visitati d’Italia con oltre 400mila visite al giorno, su Facebook ha più di 340.000 follower, un fatturato che supera il milione di euro e chi cerca suggerimenti online su computer, internet e telefonia, difficilmente non si è imbattuto in un suo post.


Cosa è successo

«Amici cari, vi dico solo che concorrenti di bassa lega e rosiconi stanno proponendo l’eliminazione della mia voce da Wikipedia» scriveva il 23 maggio scorso Aranzulla sulla sua pagina Facebook. E dopo una lunga discussione sulla piattaforma, la cancellazione è avvenuta. L'accusa mossa ad Aranzulla è di non essere un divulgatore scientifico, in sostanza i detrattori del blogger ritengono non risponda ai criteri di enciclopedicità necessari per essere presente sulla pagina di Wikipedia. Una delle tre ragioni che possono portare alla cancellazione di una voce dalla piattaforma di divulgazione in Rete (le altre sono la forma con cui è scritta una voce e il contenuto quando utile più al soggetto citato che ad un'informazione generale). Per la piattaforma di Wikipedia poco importa che il blogger sia una celebrità online, abbia scritto libri e sia considerato un esperto tanto da essere stato invitato più volte come ospite qualificato in trasmissioni nazionali.


La replica di Aranzulla

«Abbiamo fatto scoppiare una bomba: più di 300.000 persone sono venute a conoscenza della cancellazione della mia pagina da Wikipedia. Ho ricevuto migliaia di messaggi di sostegno e centinaia di discussioni sono state avviate e sono in corso in Rete: da Facebook a Twitter, da Reddit a Linkedin. La comunità italiana di Wikipedia è di parte e il mio non è un caso isolato» commenta Aranzulla, spiegando che anche la pagina di Virginia Raggi, al ballottaggio per la poltrona di sindaco di Roma, è stata cancellata.



Il dibattito online


La cancellazione, com'era inevitabile, ha scatenato un dibattito tra chi è un fervido sostenitore del blogger e lo considera un Guru del Web chi, invece, lo accusa di non avere competenze specifiche e di non aver mai programmato. Ma la questione sconfina oltre il singolo caso di Salvatore Aranzulla e apre una disputa sulla scelta delle voci attive su Wikipedia, le cui regole e linee guida sono state stabilite prima del 2004, e dove sono presenti le voci su tronisti di Uomini e Donne, Veline, e più in generale vari personaggi appartenenti alla cultura popolare.



Chi è il blogger Aranzulla


Dal suo blog, Salvatore Aranzulla si definisce un divulgatore informatico, con più di 15.000 copie di libri venduti, autore del sito Aranzulla.it, uno dei 30 più visitati in Italia. Offre indicazioni pratiche con post in cui spiega «Come trasformare un Pdf in Jpg» o «Come filmare lo schermo del Pc», «Come cancellare la cronologia di Google» o ancora «Come connettersi ad una rete wireless»: argomenti di uso comune con cui, chi usa la tecnologia, si confronta tutti i giorni.

11.6.16

Muhammad Alì: ieri le esequie TU, NOI di © Daniela Tuscano

leggi anche 
http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2016/06/il-match-di-ali-con-la-bimba-di-3-anni.html
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Nell'ultimo viaggio entri solo. E in silenzio. Noi eravamo lì, ad applaudirti, anche noi davanti allo schermo, a migliaia di miglia di distanza. Ti sentivamo, ma stavamo di qua dal fiume, e adesso cala il silenzio. O la pace. O l'infinitamente piccolo. Tu che hai parlato tanto, ed eri muto negli ultimi tempi, lasciavi le tue frasi negli occhi, ed era già un passo. Adesso taci per sempre. Adesso si compie la tua profezia: "Questa vita non è reale. Ho conquistato il mondo e non ne sono soddisfatto.
Dio mi ha donato questa malattia per ricordarmi che non io, ma lui è il numero uno". Nessuno sopra di te. Ma Uno più in alto di te. Quello sì, c'era. Non eri un Innominato, pur se la superbia non ti mancava, e lo sapevi, e la esibivi e la scontavi. Niente ti è stato risparmiato. Forse sembravi più un Giobbe, e mai hai incolpato Dio per il dolore. Quando lo nominavi la tua rabbia, non dico si attenuasse, ma in qualche modo si ricapitolava, trovava il suo porto. Lo sentivi a fianco a te, che tifava per te. In fondo questo tuo Islam così monoteista ti si addiceva. Confermava la tua solitudine e, al tempo stesso, la multiformità umana. Come a pochi altri eletti anche a te è toccato il peso e il pondo d'incarnare ogni nostra vita. In fondo questo tuo Islam che significa pace dona pace non solo a te ma a tutti noi. In esso possiamo riconoscerci. In fondo questo tuo Islam che significa sottomissione ha qualcosa di monastico e nulla di rassegnato o fatalistico. È un divenire, una costruzione. È, se mi passi il termine, resilienza. Giustizia. In fondo questo tuo Islam denunciava la blasfemia d'un cristianesimo ridotto a immagine del potere. Un cristianesimo che ha arbitrariamente sbiancato Cristo, che bianco non era e non per questioni etniche. In fondo questo tuo Islam, il vero Islam, è quindi, nella sua negritudine, pure bianco e occidentale. Non ha nulla di situazionista. S'è trattato di prospettiva. S'è trattato, per te così egolatrico, di rimettere le cose al loro posto. Era, il tuo, un Islam decentrato, periferico, e per questo, ieri, con te c'erano uomini e donne d'ogni etnia ma pure d'ogni religione. Così tu avevi voluto, così è stato. Capisti, vivesti, che solo confermandoti nella tua identità, necessariamente diversa, potevi essere considerato - brutto termine... - uguale. Un po' ti capisco. Solo un po'. Ma, come donna, una goccia di sangue nero pur la possiedo. Detestavi il Dio bianco così come io non sopporto il Dio maschio. I razzisti di ieri e di oggi ringhiano, proponendo tuoi vecchi filmati: "Se un bianco parlasse di identità e di separazione come Alì, lo metterebbero in galera...". È vero. Ma se lo raccontavi tu, ok. E non per quella graziosa compiacenza degli altri grandi ipocriti, i terzomondisti da salotto, verso il "buon selvaggio". Ma perché per te (come per me, donna) l'identità significava prima di tutto esserci. Il razzista (e il maschio padrone) ha un'identità escludente, la sua. Per il razzista (e il maschio padrone) identità è supremazia, quando non annientamento dell'altro. Il razzista (e il maschio padrone) fa di sé un dio. Per te Dio equivaleva invece a relativizzarsi. E a relazionarsi. Dio diviene così d'ogni colore e d'ogni sesso.
Come tu abbia vissuto tutto ciò, lo ignoro. So che così me l'hai trasmesso. Per questo, per questa coralità, per aver testimoniato, in tempi atei, che Dio non è morto, che è Signore e provvede, ti ringrazio. Hai dichiarato esplicitamente che l'Islam non è violenza, che Daesh non c'entra nulla col vero Islam. Te ne ringrazio, ma, pur se non l'avessi fatto, bastava il tuo esempio a dimostrarlo. Io ho amato questo di te, più del pugile (ancorché sublime), o l'uomo bello e apollineo, alla fine più cerebrale che passionale. Ora scendi nell'ignoto. Ti annulli in una sepoltura giustamente segreta. Ho paura, Alì. Ho paura di quel momento, quando toccherà a me. E chissà se invece, fiaccata dalle sofferenze come lo eri tu, ne sarò preparata. O lo desidererò come liberatorio. O resterò pervicacemente, disperatamente attaccata a quel fiato terreno. Ma voglio entrarvi a occhi aperti. Vorrei essere un "io, noi" come lo sei stato tu.

© Daniela Tuscano

Decostruire la mascolinità non significa demolire l’uomo. È reinventarlo, liberarlo dalle catene degli stereotipi affinché possa essere se stesso,

Ultimo  post  per  questa  settimana   sulla violenza  di genere o  femminicido    La nostra  mascolinità, spesso definita da stereotipi cul...