20.9.18

Tempio Pausania, «Non ho saputo da nessuno che mio padre fosse morto», la storia incredibile di un 51enne campano






in sottofondo  Giacomo Spano - Eremo
Questa che trovate sotto storia raccontata da Antonio Masoni di www.galluranews.org Mi a portato a riascoltarmi questa canzone di De andre ed accorgemi che alcuni versi in particolare questi


quando la morte mi chiederà 
di restituirle la libertà 
forse una lacrima forse una sola 
sulla mia tomba si spenderà 
forse un sorriso forse uno solo 
dal mio ricordo germoglierà 

se dalla carne mia già corrosa 
dove il mio cuore ha battuto un tempo 
dovesse nascere un giorno una rosa 
la do alla donna che mi offrì il suo pianto 

quando la morte mi chiamerà 
nessuno al mondo si accorgerà 
che un uomo è morto senza parlare 
senza sapere la verità 
che un uomo è morto senza pregare 
fuggendo il peso della pietà


Una storia  d'altri  tempi   da telenovele  \  soap opere   latino  americane  \  spagnole   come il segreto  o  fiction tipo  un posto al sole  per  rimanere  in ambito italiano  




Tempio Pausania, «Non ho saputo da nessuno che mio padre fosse morto», la storia incredibile di un 51enne campano.





foto galluranews

Tempio Pausania, 17 set. 2018-
“Buongiorno signor Antonio, potrei chiederle una informazione?”, tutto nasce da una richiesta via Messenger di un signore di Torre del Greco, nativo di Portici, che sul suo profilo si chiama Gianni “Napoli”. Di solito, la prima cosa che fai quando ti arrivano messaggi da chi non conosci è accettare la richiesta e poi andare a sbirciare sul suo profilo facebook per capire con chi hai a che fare. Normalmente accetto anche quando arrivano richieste strane, bizzarre-erotiche o magari legate alla partecipazione a qualche concorso fotografico dove ti si chiede di votare qualcuno o qualcosa. Eppoi, “Napoli”, che cognome sarebbe in un campano? Sicuramente è legato al tifo per la squadra del Napoli, si sa che moltissimi lo usano per identificarsi ancor di più con il calcio per il quale, spesso, si trascende, Capita ovunque e per qualsiasi squadra. Gianni “Napoli”, mi chiede una informazione relativa ad un certo Giorgio Galdi che, sul momento non collego a nessuno di mia conoscenza, non penso di aver mai sentito quel nome e così rispondo:
“No guardi non lo conosco e non ho mai sentito il suo nome – rispondo sospettoso – perché lo sta cercando attraverso me?”
” Mi è stato detto che vive in via Istria, n. 15, e lessi un articolo vostro che parlava di alcune case pericolanti in via Istria”.
E’ vero, tempo fa scrissi delle case popolari più a valle del n. 15, quelle rosse per intenderci che erano pericolanti e i residenti lo volevano segnalare. Inoltre, effettivamente abito nello stesso quartiere a poco più di 200 metri da Via Istria.
Il giorno dopo Gianni mi riscrive chiedendomi se era venuta fuori qualcosa.
Mi perdoni, ho chiesto a qualcuno del quartiere, ma nessuno sa chi sia”. Insomma, se non vado a cercare in via Istria 15 col cavolo che riesco a dare notizie a questo Gianni “Napoli” che a dire il vero si mostra educatissimo e assolutamente non fastidioso, anzi gentile e grato perché mi sto interessando a dargli questa notizia.
Sabato faccio un salto in via Istria, sulla strada davanti all’ingresso dello stabile con quel numero, il 15, un signore che conosco e che abita proprio nello stesso condominio.
“Scusa, lo conosci un certo Giorgio Galdi?”
” Certo, il signor Giorgio, abitava qui, è morto 4 o 5 anni fa – risponde – lavorava in banca a Tempio. Guarda che era quel signore magro, napoletano, che era sempre gentile ed educato con tutti. Un brav’uomo”
Un flash, quella sommaria descrizione mi fa collegare immediatamente ad un signore che andava giù e su su via Istria quando passavo in macchina su quelle vie che portano a casa, lo vedevo sempre con una busta della spesa, d’inverno con un loden verde e nelle giornate fredde con un borsalino in tinta. Come non ricordarlo? Certo, lavorava in banca a Tempio perché era capitato di vederlo quando ancora era in servizio.
Nel frattempo io e Gianni “Napoli” ci eravamo scambiati il numero di telefono. Lo chiamo e gli do la notizia.
“Senta Gianni, ho appena saputo che Giorgio Galdi è morto 4 o 5 anni fa. Ma lei che rapporti aveva con lui, per curiosità intendo, visto che lo sta cercando?”
“Giorgio Galdi era mio padre”,  mi risponde. Resto muto, ghiacciato col sole caldo che picchia sugli occhi. Piango, in risposta al pianto a dirotto che sento al telefono dall’altra parte. Un silenzio irreale spegne le parole di entrambi. Non potevo credere che un figlio non sapesse del padre morto anni prima. Com’era possibile?. Gianni, a fatica, mi ringrazia del tempo che ho dedicato a questa breve ricerca. Sono io ora che sento di aver sbagliato.
“Non potevo immaginarlo Gianni, se solo lei me lo avesse detto prima!”
“Ha ragione, signor Antonio, voi (?) avete fatto anche troppo. E pensate (sempre il voi) che io mio padre non lo vedo da quando avevo 7 anni. Andò via di casa,-  prosegue tra le lacrime – non andava d’accordo con mia madre e se ne andava spesso di casa anche quando era nata mia sorella, più grande di me di 6 anni. Quando nacqui io sembrava tornato tutto in armonia ma il rapporto con mia madre era sempre pessimo e alla fine andò via definitivamente. Mi è rimasta una sua foto con me in braccio a 6 anni, dopo che fui operato alle tonsille. Dopo un anno se ne andò via e non ho più saputo nulla di lui. Mia madre non ci permetteva di parlarne, anche per lei era morto, dopo che ci aveva abbandonato così piccoli”Tento di interromperlo ma se lo facessi cadrei nell’errore di troncare un suo legittimo sfogo, un misto di lacrime e rabbia. Aspetto che si calmi un po’ e chiedo ancora scusa per essere stato un messaggero di una così dolorosa notizia.“E come potevate saperlo che si trattava di mio padre? No, voi non avete colpe. Sono io che ho sbagliato a non dirlo subito. Vi chiedo una cortesia. Sapreste trovarmi una sua foto o magari dirmi dove riposa, se con la donna che sapevo viveva con lui avesse avuto figli, quando è morto. Sono 44 ani che voglio saperlo ma per rispetto di mia madre non l’ho fatto. Ora lei, mia madre, vive a Roma, non è più in se con la testa. A Roma ci vive anche mia sorella. Potete farmi questa cortesia di darmi notizie?”Mestizia, il sentimento che prevale, sento il dovere di sapere tutto di Giorgio Galdi, quanto mi sarà possibile. Parto dal cimitero di Tempio, non prima di chiamare al telefono il mio amico Tino che ci lavora. E’ domenica e lui è in ferie, però mi indica dove si trova la tomba di quell’uomo perché lui ricorda tutti o quasi e sa perfettamente dove sono sepolti i morti senza controllare il relativo registro. La ricerca ha esito positivo immediato. Ecco la tomba di Giorgio Galdi, deceduto in data 30/10 2011, quindi quasi 7 anni fa. Una semplice croce senza la data di nascita che ho saputo essere il 23 o 30 marzo del 1933. Un abitante del palazzo, mi dice che lui era per le cose semplici. Una croce basta e avanza, qualche pianta resistente messa a dimora, qualche altra, nessun fiore, delle erbacce e una foto che il tempo aveva staccata dal precario incollaggio col biadesivo.E questo era Giorgio Galdi, bancario che è stato a Tempio tantissimi anni e che riguardandola in tanti risaliranno a lui.Ecco cosa ci ha raccontato il figlio di Giorgio Galdi, Gianni. Il suo è un ritratto di puro sentimento, intriso dall’amarezza di non avere vissuto accanto al padre. Gianni traccia il suo profilo, come se ci fosse stato allora, che ci sia ancora oggi e sempre resterà ora che non c’è più. Ora parlano le sue lacrime, i suoi emozionanti pensieri a lui, a quell’uomo che non rispondeva alle sue telefonate, che gli rispondeva seccato, che aveva voluto restare lontano dai suoi figli, che non li ha visti crescere, diventare adulti, avere dei figli, lasciandoli anche a macerare  un rancore inevitabile per un’assenza immotivata. Ogni altra parola è superflua, così come appare superfluo, ed anche ingiusto, scrivere della compagna di vita di Giorgio che ho accompagnato in tutti questi anni a Tempio, per quasi 30 anni.



                                      foto di Vittorio Ruggero (Grazie Vittorio!)

La madre di Gianni oggi vive a Roma, così come la sorella. La compagna di vita di Giorgio, della quale manteniamo la doverosa privacy, a Calangianus. Lei, prima di conoscere Giorgio, ha avuto un marito di cui era vedova e ben 9 figli. Gianni ha un desiderio, venire a Tempio a vedere la tomba del padre, sente di doverlo fare e lo farà, forse entro quest’anno. Mi ha promesso così ed io gli farò vedere la città, lo accompagnerò per le vie e per tutti i posti dove suo padre ha vissuto. Non servirà certo a fargli riavere il tempo che non c’è stato, quello con Giorgio,  ma potrà riceverne serenità e pace. Giorgio è sepolto qui, a Tempio, dove ha vissuto una nuova vita. Nessuno provi a giudicare quanto male possa aver fatto. A Tempio, tutti lo ricordano come un uomo rispettoso, gentile, educato, cordiale. E questo basta. Il resto è nostalgia, rimpianti e tenerezza di un figlio che non ha vissuto suo padre. Un grazie a Gianni ed un abbraccio da questa comunità a lui, ed alla sua famiglia.
Gianni Galdi e sua moglie Nunzia.
« Mi chiamo Gianni Galdi e sono Figlio del signor Giorgio Galdi,
Vorrei dire un pensiero su questa mia storia, che ha inizio nel 1960 quando si unirono in matrimonio mio Madre e mio Padre, un matrimonio portato, così si dice dalle mie parti, nel senso che mia madre era innamorata di un altro. Ricordo infatti ancora oggi una foto di mia madre con mio padre che si avviano verso l’altare con  una faccia da funerale, comunque   dopo un anno nasce mia sorella, e subito i rapporti tra i miei iniziano a rovinarsi, con fughe da parte di mia madre, che si allontanava per non subire. Nel 1966 c’è una pausa, perché mio padre e mia madre cercano di ricominciare con la mia nascita nel 1967. Dopo alcuni mesi, però, si ricomincia, delle volte penso che la mia nascita sia un segno del destino, si continua con alti e bassi, stavolta è mio padre che si allontana da casa anche per delle settimane, e queste cose me le racconta mia madre. Io, però, riesco già  a ricordarle e per me sono i primi dolori della mia fanciullezza. A 6 anni vengo ricoverato ed operato alle tonsille e ricordo che lui mi teneva in braccio. Questa è la mia ultima immagine, la sola istantanee che ho. Un anno dopo, a 7 anni, in seguito all’ennesimo litigio con mia madre, era il 1974, un pomeriggio di Aprile, chiamò mio padre dal lavoro. Gli chiesi un modellino di un auto piccola, volevo la Fiat 126, mi ricordo anche il colore che doveva essere verde, ma quella macchinetta non è mai arrivata perché da allora mio padre è andato via è non l’ho visto mai più. Nonostante mi avesse abbandonato, io non mi sono perso d’animo, ho iniziato a prendere informazioni, e sono riuscito a chiamarlo erano gli inizi degli anni ’90. Lui fu freddo con me, senza chiedermi se mi fossi sposato o avessi avuto dei figli. Rammento bene la chiamata che durò una decina di minuti appena, perché lui subito mi liquidò. Piansi amaramente, passarono altri anni ed io non mi  arresi mai anche se lui non mi aveva cercato. Avevo ancora il suo numero e lo richiamai nel 2006, lo sentii un po’ stanco, ma anche in quella occasione fu freddo nei miei confronti, senza chiedermi di mia sorella o dei miei figli o che facessi nella vita. A quel punto mi arrabbiai un po’, e lui mandandomi a quel paese mi chiuse il telefono in faccia. Piansi tre volte tanto rispetto alla prima volta, non  potevo pensare perché fosse così duro nei miei confronti. La mia domanda era sempre la stessa : MA CHE GLI HO FATTO ? Dalla rabbia buttai via il suo numero, e non lo chiamai più. Da allora non ho avuto più notizie, fino a sabato scorso quando ho saputo che non c’era più, e pensai : Mio Padre e morto due volte ... .L’ho visto adesso sulla foto che mi ha inviato, Antonio, Una persona Gentile, cortese, cordiale, diciamo un Angelo che ho incontrato, che non finirò mai di ringraziare per quello che ha fatto per me.Papà io io ti ho perdonato, perché non ci dovrà più essere né odio, né rabbia…., e sono sicuro che anche Dio ti ha perdonato.E lo stesso Dio credo che ti permetterà di ascoltare queste mie parole :
PAPA’ TI VOGLIO UN MONDO DI BENE.
Ciao Papà mio, tuo figlio Gianni».


Non sempre   quindi  è necessario andare  a  chi lo ha  visto  o simili  . Basta  fare  (come si faceva un tempo ) una semplice, con il rete è un po' più facile , una  telefonata  ad un cronista locale : Oppure    ed  qui mi hano fatto ritornare  alla mente   un vecchio episodio più precisamente il n 42  di questo mio cartone animato  della mia  infanzia   oppure andarlo a cercare  o  " lanciare  un  message in a bottle parafrando una famosa canzone dei police "


19.9.18

le mie macerie prime ovvero chissa' se sono di più le cose guadagni o quelle che perdi quando impari a campare ?

il mio dialogo interiore odierno  del  tipo Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese   è ispirato  prende lo spunto   alla lettura di 



e  in particolare  il seguito

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 ed alla  frase   : <<  chissa'  se  sono di  più  le  cose  guadagni o  quelle che  perdi  quando  impari a  campare   >>

IO ampare o loottare  questo è il problema 
Leuco nè uno nè  l'altro   . 

Io ?
Leuco'   cioè trovare  un equilibrio  che  comprenda entrambi 

IO  che  risposta  banale  .  e  come  fai a trovarlo 
Leuco'  se  ci pensi  non lo è  . pensa   al bicchiere  mezzo pieno e mezzo vuoto


Risultati immagini per bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto
cioè  Mezzo pieno di ciò che ho vissuto e mezzo vuoto di ciò che rimane da scoprire . Insomma  il battere  elvare  di  De Gregori 

IO già ma  come  ?
  Leuco'  sta   ate  decidere   come  se scegliere  il tirare  a campare  \  sopravvivere  o  vivere  \ lottare   oppure  come a volte  faccio  quando non  ho voglia    di farmi e di ripondere  a questa  domanda  : <  chissa'  se  sono di  più  le  cose  guadagni o  quelle che  perdi  quando  impari a  campare   >>   trovo    un equilibrio,forse un po'utopistico  del tipo  cerco un centro di gravità permanente alla Battiato  ppure     nei momenti  migliori lo metto da parte  e  lotto  e  applico  il battere  e  levare   , sperimentando  , metttendo e togliendo    ogni giorno  

Io  ok   grazie





17.9.18

Ottant'anni fa le leggi razziali. E a Trieste una locandina diventa un caso ed il sindaco ne vieta la mostra

 dall'unione  sarda  

Oggi alle 15:26 - ultimo aggiornamento alle 16:33

Gli effetti delle leggi razziali. (Wikimedia Commons)
Sarebbe dovuta partire proprio in questi giorni a Trieste la mostra "Razzismo in cattedra", a 80 anni esatti dal Regio Decreto che varò i provvedimenti contro gli ebrei italiani. Un tributo per ricordare una pagina infame della nostra storia, scritta da Benito Mussolini con l'avallo di re Vittorio Emanuele III, per allineare l'Italia alle politiche antisemite dell'alleato Adolf Hitler.
Ma la mostra organizzata dal liceo Petrarca di Trieste in collaborazione con l'Università cittadina, il Museo della Comunità ebraica e l'Archivio di Stato, non avrà luogo, a causa delle polemiche scoppiate tra gli organizzatori e il sindaco Roberto Dipiazza.
Motivo dello scontro la locandina dell'evento, un immagine che ritrae tre ragazze sorridenti e la prima pagina de Il Piccolo del settembre 1938 con l'annuncio della cacciata di studenti e insegnanti ebrei dalle scuole.
"Quando ho visto quel titolo del Piccolo dell'epoca, così estremamente pesante, e quella scritta sul razzismo mi è sembrato esagerato - commenta il primo cittadino di Trieste - Dico io, dobbiamo ancora sollevare quelle cose?". Da qui la convocazione della dirigente scolastica del Petrarca e la revoca delle sale comunali che avrebbero dovuto ospitare "Razzismo in cattedra", con uno strascico mediatico in cui si è inserito anche Enrico Mentana, con un post amaro in risposta alle parole di Dipiazza: "Sì sindaco, oggi più che mai, e quelle sue parole feriscono. Non solo, ma non smetto di guardare quel manifesto, e non capisco con che cuore, con che animo e con che raziocinio lei lo abbia potuto definire 'esagerato'. È storia, purtroppo. La nostra".
Una storia che non può essere rimossa e che per la gravità delle sue conseguenze deve anzi esser ricordata e trasmessa alle nuove generazioni. Anche con una mostra.
La locandina della mostra "Razzismo in cattedra"
La locandina della mostra "Razzismo in cattedra"
18 SETTEMBRE 1938: E L'ITALIA SI SCOPRÍ ANTISEMITA -Proprio a Trieste, da un palco davanti al Municipio, Benito Mussolini annunciò i contenuti delle leggi razziali che avrebbero cambiato la vita dei circa 40mila ebrei italiani, avviando quella spirale micidiale di violenza cui seguirono le deportazioni di massa.
Quei pochi che "fiutarono" in anticipo il clima persecutorio lasciarono il Paese, ma per la maggior parte degli ebrei italiani partì una vera e propria caccia alle streghe, preannunciata nel luglio del '38 dal documento della "razza ariana italiana" redatto da illustri personalità accademiche. Il manifesto dell'antisemitismo italiano, scritto personalmente da Mussolini, nel quale si rivendica orgogliosamente di essere "razzisti" e si escludono ufficialmente gli ebrei dalla "razza" italiana.
"PROVVEDIMENTI PER LA DIFESA DELLA RAZZA ITALIANA" - Con il Regio Decreto, approvato dal Consiglio dei ministri nel novembre del '38, si bandirono i matrimoni misti e si vietò agli ebrei di possedere aziende, terreni e immobili di un certo valore, di essere impiegati nell'amministrazione pubblica, enti, istituti e banche, prestare il servizio militare e svolgere professioni di carattere intellettuale.
Un numero della rivista fascista
Un numero della rivista fascista
LE LEGGI RAZZIALI E LA SCUOLA - Tra i settori della vita pubblica maggiormente colpiti dai provvedimenti antisemiti ci fu la scuola, con il divieto di ammissione agli studenti ebrei e la "cacciata" degli insegnanti e dei dipendenti non "ariani", anticipando persino la Germania hitleriana, che sarebbe arrivata a un simile provvedimento solo alcuni mesi dopo.
E la sospensione dall'attività colpì anche docenti universitari e ricercatori, per un totale di circa 300 "epurati" dagli atenei italiani, tra cui eminenti studiosi e accademici di fama internazionale, che nel migliore dei casi riuscirono a proseguire l'insegnamento fuori dall'Italia o entro i confini dello Stato Vaticano.
Non ci fu il sostegno o la solidarietà dei colleghi, che spesso andarono a ricoprire le cattedre rimaste vacanti o firmarono le pubblicazioni al posto dei legittimi autori ebrei, che anzi si sperticarono per dimostrarsi pienamente "italiani" e arrivarono a denunciare colleghi ebrei membri di Accademie e Istituti scientifici, artistici e culturali.
Unica eccezione da ricordare è quella di Benedetto Croce, che all'invito a compilare i moduli "della vergogna" rispose con amaro umorismo: "L'unico effetto della richiesta dichiarazione sarebbe di farmi arrossire, costringendo me, che ho per cognome Croce, all'atto odioso e ridicolo insieme di protestare che non sono ebreo, proprio quando questa gente è perseguitata". E pensare che tra i membri di uno di questi enti illustri, l'Accademia dei Lincei, figurava anche "un certo" Albert Einstein.
(Unioneonline/b.m.)

16.9.18

quando lo stato non c'è ci pensa un film .Il caso del film sula ia pelle . film sulla vicenda di stefano cucchi

IL film racconta la storia gli ultimi sei giorni di Stefano Cucchi. E' un film in cui la sceneggiatura così come è stata scritta che è il frutto di un' analisi dieci mila pagine di verbali ,delle testimonianze delle centoquaranta persone che hanno incontrato Stefano in quei sei giorni non preende naturalmente come è giusto nessuna posizione raccontano i fatti così come sono .un ragazzo che muove mentre custodia dello Stato non è una vicenda privataè qualcosa che riguarda tutti noi perché poi lo Stato dovrebbe rappresentarci tutti. Infatti esso è un film che fa rabbia, tanta rabbia. E che : << non scade nella banale retorica di cui spesso sono vittime pellicole di questo tipo. Assolutamente da vedere >> ( dall'unione sarda quotidiano sardo di centro destra ).  Questo articolo di  Marco cocco sull'unione  sarda   del 16 settembre  



   spiega  il perchè  , nonostante  un fortissimo mal di  denti ,  l'ho  visto   su netflix  .un film talmente fatto bene che   : non  letto  fin ora  , se  non  i siti  del famoso sidacato di polizia   . nessuna  stroncatura  o minimazzione da parte  di social  , sitti , ecc    filo forze  dell'ordine .  Un film che nonostante  il boicotaggio  :   gli rimuovono   gli annunci  negli eventi  di  facebook  con la scusa che  violerebnbe il  copyright  , Mandano come  è  sucesso nei  giorni scorsi a Rimini  la polizia   a  presediare  la  sala  di dove  venicva proiettato

Scusate   se  concludo   , ma  ho ancora  mal  di denti forte   , e  non riescxo a  scrivere  molto  a lungo    con questo  ottimo articolo   dell'unione  sarda  del  15\9\2018



Alessandro Borghi nei panni di Stefano Cucchi

Un pugno nello stomaco di inaudita violenza. Di quelli che ti lasciano piegato in due, senza fiato.Anche per questo non è facile scrivere di un film come "Sulla mia pelle", dedicato alla terribile vicenda di cronaca di Stefano Cucchi, il 31enne romano morto nell'area detenuti dell'ospedale Pertini di Roma dopo una settimana di custodia cautelare, mentre era nelle mani dello Stato.Duro, violento - ma senza bisogno di mostrarla, quella violenza - e mai banale.Alessio Cremonini, il regista, non ha bisogno di usare la retorica che spesso trasuda da pellicole che raccontano storie di questo tipo. Non ha bisogno di ricorrere a colonne sonore strappalacrime, di prendere le parti dell'uno o dell'altro o di aizzare gli spettatori contro l'Arma.Così come non ha bisogno di mostrare il brutale pestaggio a cui viene sottoposto Stefano. Quando la porta della caserma si chiude, subito dopo l'ingresso del giovane con i tre carabinieri, la telecamera resta fuori. Discreta. E neanche si sente alcun tonfo, alcun rumore, o qualsiasi altra cosa che possa lasciar immaginare cosa stia accadendo lì dentro.
Da sinistra, il regista Alessio Cremonini e gli attori: Max Tortora, Jasmine Trinca, Alessandro Borghi e Milvia Marigliano (foto Ansa)
Da sinistra, il regista Alessio Cremonini e gli attori: Max Tortora, Jasmine Trinca, Alessandro Borghi e Milvia Marigliano (foto Ansa)
Perché quanto successo in quelle quattro mura emerge nei restanti 80 minuti di film. In quel progressivo deterioramento fisico e psicologico che porterà Stefano Cucchi a morire nel giro di neanche sette giorni, e che la regia di Cremonini mostra con una durezza quasi spietata.
Il tutto grazie ad una strepitosa interpretazione di Alessandro Borghi, che raggiunge con Stefano una somiglianza fisica spaventosa. Anche la voce - si evince da un documento audio autentico che si può ascoltare al termine del film - è praticamente identica. Un Borghi straordinario, prima nell'interpretare quel ragazzo di borgata discreto ma anche un po' sfrontato (almeno quando lo fermano i Carabinieri), poi nel mostrarne il rapido declino e la lunga agonia nei giorni successivi al pestaggio.
Alessandro Borghi e Stefano Cucchi (foto Ansa)
Alessandro Borghi e Stefano Cucchi (foto Ansa)
Il personaggio di Stefano non viene mitizzato o messo su un piedistallo, ed è un altro grande merito del film. Che non scade, come spesso avviene, nella retorica del ragazzo senza macchia vittima degli uomini in divisa.Stefano Cucchi di macchie ne ha, e il film le mostra tutte: è un ex eroinomane, con tutta probabilità uno spacciatore (prima di uscire di casa si vede Stefano tagliare alcune dosi di hashish da un grosso pezzo, dopo la sua morte i genitori ritrovano in un appartemento di loro proprietà in uso al ragazzo, e consegnano alle forze dell'ordine, 925 grammi di hashish e 133 di cocaina). Un ragazzo della periferia romana, con la voce e l'accento tipici del ragazzo di borgata, con tutti i suoi difetti e le sue fragilità. Un ragazzo che non doveva morire. Non così. Non quel giorno. Non mentre era nelle mani di quello Stato che ci dovrebbe proteggere.
Un film che fa rabbia, "Sulla mia pelle".
In cui tutto fa rabbia. Fa rabbia quel brutale pestaggio, che non vediamo e di cui non sentiamo neanche il rumore, che possiamo solo immaginare. Quel pestaggio ingiustificato, nei confronti di un ragazzo già fragile (162 centimetri d'altezza per 43 chili di peso), per nulla pericoloso e in stato di fermo.Fa rabbia anche Stefano, che non fa nulla per salvarsi o per farsi salvare. Copre - per paura o per sfiducia nelle istituzioni - davanti al giudice e a tanti altri le colpe dei suoi aguzzini. Solo in alcuni scatti d'ira arriva a urlare di essere stato "menato dai carabinieri", ma quando si tratta di confermare le sue dichiarazioni in maniera ufficiale, o perlomeno di riferirle a un'assistente sociale, si rifiuta sempre. E poi rifiuta le cure, non collabora con i medici. Si lascia andare, quasi si lascia morire. Come se quelle botte subite il 15 ottobre 2009 lo avessero non solo colpito fisicamente, ma annullato come persona. Un rapido e inesorabile degrado fisico e psicologico, quello a cui assistiamo per oltre tre quarti del film. Un degrado a cui Stefano non vuole o non riesce ad opporsi.
Stefano rannicchiato e dolorante nella sua cella
Stefano rannicchiato e dolorante nella sua cella
Fanno rabbia anche i suoi familiari. Il papà (Max Tortora), unico a vederlo - nel corso dell'udienza in cui viene convalidato l'arresto - dopo il pestaggio, che al momento non fa nulla per pretendere di capire cosa siano quei lividi, cosa sia successo al figlio in quella notte passata in caserma. E tutti gli altri, compresa la mamma (Milvia Marigliano) e la sorella Ilaria (Jasmine Trinca), quando si fanno allontanare ogni giorno con una scusa diversa dal Pertini, che nega loro la possibilità di vedere Stefano e persino di capire il motivo per cui il ragazzo dal carcere sia stato trasferito lì.
La mamma, il papà e la sorella Ilaria
La mamma, il papà e la sorella Ilaria
E fa rabbia tutto l'apparato burocratico che lentamente ucciderà Stefano Cucchi. I secondini, che vanno chiamati "assistenti" e non "guardie", altrimenti puoi anche strisciare per terra morente ma non ti rispondono. Il giudice, che neanche ci prova ad approfondire il motivo degli spaventosi lividi sul volto del 31enne. I tanti altri uomini delle forze dell'ordine venuti a contatto con lui. Qualcuno gli mostra anche umanità ed empatia, ma per tutti l'unica preoccupazione sembra essere quella di salvaguardare sé stessi. Emblematico il militare che lo porta a Regina Coeli e dice al collega: "In caso di complicazioni questo è il numero del maresciallo. Questo arresto non l'ho fatto io", come a volersene lavare le mani. Tutte le persone dell'apparato in questa vicenda sembrano intente a lavarsi le mani, senza posarle neanche un attimo sulla coscienza. E l'infermiera a cui Stefano rivela di essere stato pestato dai carabinieri, gli chiede subito di riferire tutto all'assistente sociale. Al "no" di Cucchi, anche lei fa come tutti gli altri. Resetta tutto e ricomincia come se nulla le fosse stato detto.Ed è così che ti ritrovi dopo cento minuti di dolore autentico. Piegato in due. Senza neanche la forza di cercare risposte a tutti i tuoi perché. Perché, Stefano, non dici al giudice che "le guardie" ti hanno pestato? Perché non accetti le cure? Perché tutti voi che lo avete visto in quelle condizioni non avete alzato un dito prima che fosse troppo tardi? Perché, voialtri, lo avete picchiato senza motivo? Perché Stefano Cucchi è morto mentre era nelle mani dello Stato italiano? Chi è Stato?













15.9.18

chi lo dice che la Techno sia sia solo femminile la storia di flavia flaus ed altre storie

 la tecno  genere   nato maschilista    come  dice  wikipedia alla  voce  Techno    sta diventando o è solo un eccezione anche femminile ?   come dimostra  quest'articolo   dell'unione  sara del 13 settembre  2018 

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 e la  storia della dj flavia laus un icona di energia ed eleganza,  come  l'ha definista sempre l'unione  sarda   in  questo articolo  . Essa  da poco trapiantata a Berlino dopo aver lasciato Milano, sua seconda casa per alcuni anni, in vista di prestigiosi progetti originali.
La DJ algherese ha --   sempre  secondo  l'ìunione ---  entusiasmato la platea  del Rkomi  festival  a Porto Cervo  con la sua capacità di trasmettere emozioni e coinvolgere il pubblico(  come di mostrato  anche  dai suoi account  facebook  ed  istangram  )   che era rappresentato da ascoltatori eterogenei affascinati dalle selezioni di un'artista sarda già molto apprezzata a livello internazionale.



La seconda è

12.9.18

esorcizzare i tuoi incubi o sogni con un app per fotoe video del cellulare altro che usare acidi o altre droghe


chi lo ha detto che per descrivere i propri sogni o esorcizzare i propri incubi ed ilproprionconscio sia necessario ricorrere agli acidi o ai paradisi artificiali .A volte basta anche un app del telefonino per creare un immagine che più lo rap.prresenta o gli sia avvicina . Ecco dele sperimentazioni fatte con il celulare Ecco le mie sperimentazioni fatte usando l'app effetto Ar " settore " favola sul mio il cellulare. Un app di realtà aumentata per la fotocamera del tuo smartphone. Con cui si possono creare magiche ambientazioni per foto, video e selfie da condividere con gli amici.


.
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effetti dell'ignoranza ed storie d'imbeccilità dei no vax e dei media

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Il   veniamno alle  srtorie    la  prima    è questa



accinarsi e nella stessa classe ci sono cinque bambini non vaccinati dai genitori. Ha dovuto passare il primo giorno di scuola da solo in palestra.


ANSA.IT

Si tratta di un bimbo di 8 anni di una cittadina veneta rischia di non poter entrare perché nella sua classe ci sono cinque bambini non vaccinati. Vicenda simile a Treviso e a nel Torinese © ANSA


Imbecillità dei no vacinisti rendono impossibile la vita a gli altri . Iscrvite i vostri figli /e ad una scuola privata o andate a fanculo . Cretini . Non capisco perché non ci sia nessuna forma di umanità per questo bambino già sfortunato di suo. Non  aggiungo altro in quanto vedere la   discussione su tale argomenti   che ha  creato   questo  mio post su fb  ogni volta  ci si  scontra  arrivando  all'insulto anche personale   lo scontro ogni volta  che  si parla  di vaccini  si  vacini no    e  poi



David PuenteMi piace
Ieri alle 13:02 ·

palare con chi non si è ancora schierato, e spiegare che qualcuno sta giocando sporco. Finendo per mettere tutti quanti in pericolo»


   Riporto quanto dice

Chiara Festa Esistono solo 2 motivi scientificamente valido per non vaccinare i propri figli: uno è L’ allergia ai metalli , due: un sistema immunitario danneggiato gravemente oppure iper- attivo , ovvero la presenza ( precedente ) di malattie auto- immuni ! Punto . Questi sono casi. Eh possono e devono essere giustificati . Ma solo questi piuttosto rari. E sono veramente giustificabili. Il resto ... L’ accelerazione delle malattie genetiche... l’ autismo ... la fobia da mercurio : sono mere sciocchezze , scuse ignoranti e basta!
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l'altra stori.a è  questa
 ringazio   l'amica  \  utente  Tina Galante ha condiviso un post.  di 



Lo sciopero delle donne
15 h ·

agli più intimi, non richiesti né dovuti? La polizia dovrebbe fornire i dati anagrafici, come sempre, alla libera stampa. Sono persone adulte, non minori. Perché non lo fa?


HUFFINGTONPOST.IT

Picchiata, marchiata a fuoco e abusata per mesi: arrestato il compagno
L'incubo vissuto da una donna di 46 anni, nel casertano. Le violenze e i pestaggi erano cominciati nel dicembre 2017



Do ragione     alle  autrici di questo post   con un aprecisazione   non sono  solo le forze dell'ordine    a  non dare o  dare  solo le iniziali ( quando le  danno  )     ai  giornalisti , ma  i giornalisti  che  lo sanno e non le  pubblicano  ,   equesto ...  di legge sula privacy  che protegge i crimnali  o i potenti e  abbatte  i  poveri diavoli per  fessserie    esperienza   non si tratta  nè di caccia    all'untore  di manzoniana  memoria   o caccia alle streghe   . Ma  di ugualglianza   fra  i sessi  . 



11.9.18

intervista alle curatrici di cool tour gallura le prime in sardegna ad applicare l'app tooteko , app specifica per i non vedenti ed ipo vedenti che visitano i siti archeologici

intervista  alle  curatrici  di  cool  tour  gallura     le prime in sardegna   ad  applicare  l'app tooteko ,  app  specifica  per i non vedenti ed  ipo vedenti che  visitano i siti archeologici . ne  ho parlato qui in un precedente post
L'immagine può contenere: 3 persone, persone che sorridono, persone in piedi, spazio all'aperto e natura
1) come  è nata  collaborazione con i creatori di Tooteko   ed  quindi  il vostro progetto  citato  dal quotidiano  la stampa ? 
Il progetto tooteko è stato trovato da un professionista al quale ci siamo affidati per la stesura del bando. La collaborazione è stata ottimale da subito e il progetto di questa giovane start app italiana è assolutamente valorosa e lungimirante
2)   come  vi regolavate prima  di conoscere  tooteko quandi si prensentavano  dei turisti e dei visitatori non vedenti o ipovedenti  ? 
I turisti, ciechi o ipovedenti, vengono accompagnati dalle nostre guide turistiche che, attraverso la loro voce, fanno capire al meglio la composizione del sito, il suo utilizzo e la sua storia. Insomma, possiamo dire che, la voce delle nostre guide, si sostituisce alla vista dei nostri visitatori speciali. 
3) per il resto della struttura   accettate  i cani  guida  òper non  vedenti?
La nostra è una zona animal friendly, tutti i tipi di animali sono ben accetti
4) poichè i non vedenti  o ipovedenti  in strutture  archeologiche  ed  musei hanno delle corsie preferenziali o a  loro dedicate  ,  vi èmai  capito  che qualcuno " normale  "  protestasse  o lanciasse  frasi d'odio  verso d loro ?
Fortunatamente non ci è mai capitata una cosa del genere e, conoscendo i nostri visitatori, non potrebbe mai succedere
5) in sardegna  oltre  la vostra  ci sono altre strutture   archeologiche che usano  il vostro  "metodo" ?
Ci sono sicuramente delle zone archeologiche con accessibilità per portatori di handicap e alcune esposizioni archeologiche museali con traduzione in braille, il progetto tooteko però, sbarca in Sardegna per la primissima volta all'interno della nostra mostra. 
Mostra testo citato

10.9.18

Così i miei amici della sinistra parlamentare sono diventati sanfedisti e malpancisti oppure si salva qualcuno \a ?

dopo la domanda \ risposta alla Seneca e alla Marzullo   fattami    nei giorni    scorsi  : << ma esiste ancora una destra antifascista e non salvinista ? dopo i fati di sassari sembra di no >> mi  faccio   vedere  titolo  e  do la  risposta   una  domanda   sulla  sinistra    con questo interessante  articolo   di Giann Barbacetto  


da http://www.giannibarbacetto.it/2018/08/18/c

Così i miei amici di sinistra sono diventati sanfedisti





Il popolo di sinistra che voleva cambiare il mondo, ora difende i poteri e lo status quo. Un cambiamento non soltanto politico, ma antropologico e sentimentale.

Prendo atto con stupore che in Italia è nato il sanfedismo di sinistra. Basta dare un occhio ai social, leggere tanti post su Facebook, sbirciare qualche tweet: sono in molti, dopo la tragedia di Genova, a difendere Autostrade per l’Italia, i Benetton, il mercato (senza concorrenza!), perfino la tenuta del titolo in Borsa… Tutti lì, come giudiziosi commercialisti, a calcolare quanto costerebbero le penali, peraltro senza aver letto il contratto (segreto) della concessione delle autostrade ai privati.
Che lo faccia una parte della politica, quella oggi all’opposizione, responsabile della situazione attuale, non mi stupisce. Sono gli eredi e i continuatori di chi ha deciso privatizzazioni fatte su misura degli oligarchi che, dopo la grande crisi del 1992-93 e dopo Mani pulite, hanno preso il posto dello Stato nelle autostrade e nelle telecomunicazioni, come i padrini che hanno occupato l’economia in Russia dopo la caduta del comunismo.
Quello che invece mi stupisce è che tanti elettori di sinistra (e anche molti miei amici) prendano parte gratis alla campagna “difendiamo i Benetton”, sostenendo che la concessione non si può ritirare, che ci sono le penali, che è tutta colpa dei No Gronda, che ci sono posti di lavoro in ballo, che bisogna aspettare le decisioni della magistratura. Non sono troll, ci sono davvero e credono perfino a quello che scrivono.
Com’è possibile? È una reazione pavloviana contro il terribile Movimento 5 stelle, il Male Assoluto, da attaccare sempre e comunque, che fa loro perdere la lucidità e impedisce di distinguere le dichiarazioni e le scelte razziste (o semplicemente stupide) del governo Cinquestelle-Lega, dalle misure “di sinistra” (come il primo tentativo di fermare l’aumento della precarietà nel lavoro).
È però anche il risultato di una cultura politica e civile che si è evidentemente sedimentata da anni nelle teste del popolo della sinistra e che spiega la perdita di contatto (culturale, ma ormai anche elettorale) della sinistra con la maggioranza dei cittadini.
Il governo Conte ha annunciato che prenderà in considerazione la possibilità di revocare la concessione alla società autostradale della famiglia Benetton. Può essere che sia impossibile, come dice l’ex ministro Antonio Di Pietro. Può essere che il contratto lo renda difficile o troppo oneroso per lo Stato. Può essere che non si possa fare. Ma è almeno evidente che il nuovo governo, di fronte alla prima vera emergenza da quando è in carica, ha dimostrato la sua discontinuità con il passato.
Finora i governi, di destra e di sinistra, hanno sempre fatto grandi regali ai concessionari autostradali, che hanno realizzato facili e altissimi profitti riscuotendo i pedaggi, senza garantire – lo dimostrano i ponti che crollano – la sicurezza. L’ultimo dono è arrivato a Natale 2017 dal governo Gentiloni: dopo il prolungamento delle concessioni, i privati hanno avuto anche la possibilità di farsi in casa, senza gara, con le proprie aziende, il 40 per cento dei lavori di manutenzione.
E non si può certo dare tutta la colpa ai No Gronda: le responsabilità sono di chi amministra, non di chi si oppone (a volte sbagliando e a volte no, ma questa è un’altra storia). Nei social, tutti commercialisti, tutti ingegneri, tutti economisti, tutti avvocati, tutti giuristi.
Senza però capire neppure la semplice differenza tra responsabilità penali (che saranno accertate dai magistrati con i tempi della giustizia) e autonomia della politica, che può decidere subito se la concessione dello Stato a un privato vada revocata: facendo una scelta politica, non giudiziaria.
Sanfedismo, malattia finale della sinistra: difendere i poteri e lo status quo, come fece, un paio di secoli fa, il popolo che si schierò in difesa dei Borboni che lo avevano impoverito e sottomesso.

Illustrazione di Sandro Moretti, che ringraziamo

9.9.18

chi l'ha detto che l'autunno sia solo sinonimo di vecchia e di grigiore ? puo essere occasione per rinnovarsi e rinnovare casa

Alberto  Fortis  - Settembre  
Francesco Guccini  - Autunno 
Pfm - impresioni di  settembre 
Ivano fossati -  settembre 
La  differenza  - Settembre

Le vacanze estive quasi terminate, la testa inizia già a frullare e si riempie l'agenda di cose da fare a settembre e quindi per l'autunni che climaticamente ed atronomicamente ( anche se astronomicamente lìinizio l'inizio dell'autunno è convenzionalmente individuato attorno al 23 settembre: in tale data, si verifica infatti l'equinozio ) Con la ripresa delle attività, la scuola e il lavoro, anche per la casa si affaccia il desiderio di novità per prepararsi all'autunno.
 Ora  come  suggerisce   questo articolo   preso da https://www.msn.com/it-it/lifestyle/

Non è necessario mettere pesantemente mano al portafoglio, si può invece giocare con tanta fantasia mantenendo le spese entro un budget ridotto ai minimi termini, ma regalando alla nostra abitazione un calore tutto nuovo. Ecco qualche idea stuzzicante per rinnovare la nostra dimora.L'aria più fresca, le giornate che si accorciano nuovamente, ma soprattutto tanti nuovi propositi: cominciamo dai dettagli per restituire alla casa una dimensione più calda e dolce in linea con la stagione alle porte.Il buongiorno si vede dal mattino: la prima colazione è un momento irrinunciabile e fondamentale anche per iniziare la giornata alla grande. Per cominciare quindi dedichiamo un po' del nostro budget a tovagliette dai toni delicati a richiamare le nuance delle foglie, tazze personalizzate o "vintage", bottiglie colorate per la spremuta o il latte e chi più ne ha, più ne metta !Una finestra tutta nuova: come sapete, amo le tende. Si tratta di un dettaglio che fa sempre la differenza e che richiede un impegno economico davvero minimo. Se in estate la tendenza è quella di regalare leggerezza e frescura, in autunno si può virare verso un effetto più caldo e accogliente. Sì quindi alle tonalità calde e avvolgenti: verde bosco, marrone castagna, arancio come le foglie. Non c'è che da scegliere.Una luce diversa: per un inizio luminoso, in autunno potremmo puntare su un nuovo lampadario. In commercio ce ne sono una infinità, mantenendo sotto controllo il portafoglio. L'unica accortezza: attenzione a non esagerare, il trash è sempre dietro l'angolo... mai dimenticarlo !E adesso, buonanotte: a Settembre l'aria inizia a farsi più fresca e se di notte abbiamo qualche brivido possiamo ricorrere al copriletto. La biancheria appena acquistata fa sempre effetto novità e senza spendere grosse cifre possiamo rivestire il nostro letto richiamando i colori dell'autunno o sistemarci sul divano accoccolati dentro un morbido plaid. Parola d'ordine: dolcezza, sempre.
Brutti, ma buoni: ultimi, ma non meno importanti, sono i caloriferi: non un vero elemento di arredo, ma assolutamente indispensabili. Per evitare un aspetto trascurato e l'eccessiva polvere è consigliabile pulirli per bene prima che inizino a funzionare. Basta un accessorio specifico e della semplice acqua con del sapone. Una volta asciutto, il calorifero andrebbe levigato con un'apposita spatola e ridipinto con gli smalti dedicati. I colori? Ovviamente bianco per chi non ama l'esuberanza, nei colori della parete per mimetizzarlo con la stanza.
dal mio istangram una casa nel centro storico  del mio paese

Quindi  come  si vede   usciamo  dall'immaginario collettivo inquadra l'autunno come la stagione della decadenza,come fanno le  canzoni  (   non ne  ho trovate  altre     se  qjualcuno\a    neha  di mglio  me  lo faccia  sapere )  .Ora dopo i calori portati dall'estate.I raccolti e le vendemmie, castagniate propri della stagione, rappresentano invece una preparazione in vista dell'inverno. stagione di riposo ed letargo  sia   animale  (  considerate  che  anche  l'uomo è  un animale  )  e  vegetale .  Una serie di ricerche condotte in America è giunta alla conclusione che le persone nate in autunno, specialmente nel mese di novembre, possano vivere più a lungo toccando anche i 100 anni. E poi ci sono un sacco di feste patrinali e non ecco quelle maggiormente conosciute sia  a livello internazionale  ed  europeo che  italiano 
sempre  dal mio istangram una via del mio paese 
della stagione autunnale sono:

  • la festa dei nonni e il ricordo degli angeli custodi, che cadono entrambe il 2 ottobre;
  • l'Oktoberfest, comunemente detta «festa della birra», che ha luogo tra la fine di settembre e l'inizio di ottobre;
  • Halloween,o meglio  Ognissanti e la Commemorazione dei defunti: tali feste si celebrano in 3 giorni consecutivi, dal 31 ottobre al 2 novembre;
  • la notte dei falò, che ricorre il 5 novembre per ricordare la cosiddetta "congiura delle polveri"
  • l'estate di San Martino, celebrata l'11 novembre;
  • il giorno del ringraziamento: essendo una festa mobile, la data precisa varia. In Canada si celebra il secondo lunedì di ottobre (settimana dall'8 al 14 ottobre), mentre negli Stati Uniti il quarto giovedì di novembre (settimana dal 22 al 28 novembre)  e  ora  per  moda   o imitazione   anche in Europa
  • l'immacolata Concezione, che si festeggia l'8 dicembre.

8.9.18

“Chiuso per compleanno del nonno” La bottega di paese è punto di riferimento per turisti e residenti e viene gestita da una ragazza di trentacinque anni che qui ha trovato la sua dimensione

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“Chiuso per compleanno del nonno”
La bottega di paese è punto di riferimento per turisti e residenti e viene gestita da una ragazza di trentacinque anni che qui ha trovato la sua dimensione








In cima alla montagna si vive anche di parole. Quattro chiacchiere al giorno con chi ti vende pane fresco non possono che trasformarsi in quell’ossigeno della vita che si chiama amicizia e che a sua volta prospera coi tempi e i modi propri di un sentimento nobile quanto raro.
Per questo i clienti della “Büteghe di Lauretta”, gestita dal gennaio 2016 da Laura Locatelli ( foto  sorro al centro )

Armio, la bottega di Lauretta




non ne avranno a male se l’esercente mette un cartello fuori dal negozio per giustificare una chiusura con l’insolita causale: “Chiuso per il compleanno del nonno”.Questo fatto non può non colpire in un mondo fatto di esistenze chiuse nelle “bolle” informatiche, con gente che non vede i semafori per controllare i like e si impasta mentre guida per scrivere a chissà chi, magari ad uno degli amici “approvati” e mai salutati capace però di dispensare sentimenti da misurare con le faccine.
Da queste parti esiste un rigore dettato dalla natura e dalla sua bellezza e forse l’antidoto alla superficialità si respira in luoghi solitari ma pieni di fascino perché Armio è sulla cartina la terz’ultima macchia di case in mezzo al verde prima del confine di stato: proseguendo per la strada si incontrano ancora Lozzo, Biegno e poi è Svizzera.
Muoversi non è facile, ma fa parte della logica del posto, e le distanze non sono brevi per raggiungere il fondovalle. Anche solo prendere una decisione, quassù appare più umano che altrove: c’è il compleanno del nonno, gli dedico un pomeriggio, scusate, non lavoro e chiudo il negozio. Andata, va bene così.
I clienti l’hanno presa bene. Alcuni hanno sorriso perché gli anni da festeggiare per nonno Mario sono tanti, 99. E la strada per raggiungerlo non è poca perché c’è da andare fino a Genova.
Ma come si trova una ragazza di 35 anni con la passione per la natura e gli animali – ha studiato biologia – in un posto del genere e con una vita dedicata alla conduzione di un piccolo negozio di paese?
«Ma va bene, dai, si continua nell’avventura. Sono appena tornata dalle vacanze» dice sorridendo al telefono Laura. Dall’apertura, due anni fa, dice che non è cambiato molto.
«Anzi, a pensarci bene sì, una novità c’è: abbiamo appena messo un calcetto balilla, così chi passa a trovarci per fare la spesa si può divertire».

  • E qui tra le montagne, semmai ce ne fosse bisogno, l’attrazione è servita.

In piazza Duomo a Firenze la bottega dei colori che resiste al mangificio., Il negozio di vinili che dice no al Black Friday: «Clienti da tutta la Toscana, il nostro segreto è la roba popolare»

 Corriere della Sera In piazza Duomo la bottega dei colori che resiste al mangificio In questi anni hanno visto la città intorno cambiare, ...