8.2.22

Racalmuto, l'uomo che ha comprato la casa di Sciascia: "Non volevo diventasse un b&b"

 ci  sono anche  collezionisti  seri   e meno feticisti    come quelli   di cui  parlavo nel post  precedente   che   no sollo collezionano in  questo caso  ,  libri  ma  salvano  i luoghi  dal profitto  e speculazioni  . E'   il  caso 


Il collezionista da 90mila libri: “Così ho salvato Casa Sciascia”

IL “MECENATE” - Di Falco: ““L’ho comprata dopo aver visitato alcune case di scrittori, come quelle di Verga e Pirandello. Così non è diventata un altro b&b”


Una piccola casa su due piani, nel centro storico di Racalmuto, acquistata da un privato, ristrutturata e riconsegnata alla collettività. Poteva diventare un semplice b&b o una casa vacanze, in cui i clienti avrebbero potuto fregiarsi di aver dormito nell’abitazione degli zii di Leonardo Sciascia, dove lo scrittore

visse per quasi quarant’anni, dal 1922 al 1958. Invece è il simbolo virtuoso della gestione di un bene privato fruibile al pubblico. “Questa è stata una casa significativa per Sciascia che era quasi un figlio adottivo per le tre zie. Al piano terra c’era la sartoria dello zio, e lo scrittore dopo la scuola media interruppe gli studi per fare l’apprendista in bottega. Tra queste mura sono state scritte le prime opere: La Sicilia, il suo cuore; Favole della dittatura e Le parrocchie di Regalpetra .E sono nate le sue figlie: Anna Maria e Laura”. È il racconto di Pippo Di Falco, che ora per aver comprato la casa dello scrittore alcuni definiscono un ‘mecenate’. Lui in realtà preferisce dirsi solo “un appassionato di Sciascia, di letteratura e di Racalmuto”. ‘Un compagno d’altri tempi’, che ha avuto come docente universitario a Palermo il sociologo Mauro Rostagno, ucciso dalla mafia 1988; e che per anni è stato consigliere ed assessore alla cultura di Racalmuto, occupandosi anche della Fondazione Leonardo Sciascia, voluta proprio dallo scrittore nella vecchia centrale elettrica di Recalmuto, in cui è custodita la
collezione dell’intellettuale. “L’HO COMPRATA


dopo aver visitato alcune case di scrittori, come quelle di Verga e Pirandello, per 50 mila euro nel 2019 da un parente, ho fatto uno sforzo finanziario con un piccolo mutuo – racconta Di Falco –. Ho atteso più di un anno e mezzo perché l’avrebbe dovuta acquistare il Comune che aveva il diritto di prelazione, ma neanche la Regione era interessata ad acquistarla. La prospettiva non era positiva, c’era il pericolo che potesse prenderla un privato e farne un’attività recettiva, con il rischio di perdere il mobili e gli oggetti dello scrittore. L’ho acquistata per salvarla e farne un luogo visitabile e aperto al pubblico”. 
L'acquirente  Pippo de  Falco 

Quando arriviamo a Racalmuto il tempo sembra si sia fermato. La provincia agrigentina negli anni si è spopolata per la forte emigrazione. Neanche i collegamenti funzionano bene. Bisogna attraversare un’autostrada fantasma, figlia dell’incapacità gestionale siciliana, e percorrere centinaia di chilometri di infiniti cantieri, deviazioni, doppi sensi di marcia, tunnel senza illuminazione e ponti sgangherati. A pochi metri da “Casa Sciascia”, c’è l’abitazione dove nacque lo scrittore, vicina al Santuario della Madonna del Monte. La famiglia decise di trasferirsi negli appartamenti delle zie, un anno dopo la nascita dello scrittore. Al suo interno, sembra essere cristallizzato tutto al momento in cui Sciascia e la famiglia decisero di andare via nel 1958. Anche il mobilio è quasi tutto originale.

La passione Di Falco però va oltre Sciascia, negli anni ha collezionato circa 90 mila volumi, 10 mila sulla Sicilia e 3 mila sulla mafia. 




 “A Casa Sciascia sono catalogate più di 1500 opere che riguardano lo scrittore: prime collezioni di libri, studi, riviste e articoli. In più si possono consultare oltre 5 mila testi di autori, filosofi, fotografi e artisti siciliani. Questo è un luogo di studio, in molti sono venuti qui per la loro tesi su Sciascia e sulle case degli scrittori”, spiega. In cantiere c’è l’idea di creare un database consultabile online. La casa è gestita da un’associazione senza scopo di lucro fondata da Di Falco, che oggi conta circa un centinaio di iscritti in tutta Italia.

“DA NOI L’ACCESSO

è gratuito, basta prendere appuntamento con i volontari. In questi anni abbiamo avuto alcune migliaia di ospiti, grazie anche agli eventi e le iniziative legate al Fondo per l’ambiente italiano (Fai)”, spiega Di

Falco.
Così la Casa dello scrittore torna a vivere nuovamente, diventando luogo di incontri, convegni, dibattiti e mostre per parlare di Sciascia e far conoscere gli autori siciliani. E tra le migliaia di visitatori che hanno calcato questo piccolo appartamento, c’è anche chi ha deciso di dare un contributo economico. “Ad Hamilton, in Canada, c’è una grossa comunità di racalmutesi, che dopo aver visitato Casa Sciascia ha donato 8 mila euro, che ci ha permesso di fare dei lavori di ristrutturazione dell’abitazione. Credo abbiano voluto aiutarci perché siamo non profit”.

7.2.22

4nonni, 6 bisnonni e una trisnonna che ha 100anni più di lui HA DUE ANNI E PUÒ CONTARE SU UN ESERCITODI PARENTI. «SONO TUTTI AI SUOI PIEDI, CE LO VIZIANO», DICE IL PAPÀ. E PENSARE CHE QUEL BIMBO NON DOVEVA NASCERE ...

   che invidia leggendo quest articolo ,  io  che ho conosciuto appena   i miei prozii  e prozie  

  • Oggi 
  • Di Alessandro Penna - foto Fabio Serino/Massimo Sestini © RIPRODUZIONE RISERVATA


  • L’albero genealogico più bello d’Italia cresce alle porte di Alezio (Lecce), al secondo piano di una casetta che sta di fronte alla pescheria MobyDick. L’ultima foglia, il ramo più alto, si chiama Andrea
    Roberto, ha 2 anni e corre dappertutto seminando risate e monellerie. La radice ha un secolo esatto in più, si chiama Cosima ed è la trisnonna. Andrea e Cosima sono divisi da 100 anni e uniti da natali… spenturati, come dicono in Salento: sono “sbocciati” entrambi in pandemia, Andrea alle soglie del Covid (febbraio 2020), Cosima al centro della Spagnola (novembre 1919).In mezzo a loro, ci sono i genitori del piccolo - Sara e Manuel Ferilli - e una batteria di nonni, termine che qui include anche bis e trisnonni, da record: sono addirittura 11! «Sia io sia mio marito abbiamo i genitori, e fanno quattro. Io poi ho ancora i quattro nonni ( bisnonni del piccolo, ndr) e la bisnonna Cosima, Manuel purtroppo ha “solo” due nonni», elenca Sara. «E sono tutti ai piedi di Andrea», dice tra l’orgoglio e il lamento Manuel («Me lo viziano!»), mentre i nonni annuiscono all’unisono e solo il signor Fernando, brigadiere della Guardia di Finanza nominato Cavaliere della Repubblica da Sergio Mattarella, tenta una difesa: «Che vuole, è piccolo…». 
    das https://bari.repubblica.it/cronaca/2022/01/06/news/salento_bambino_11_nonni-332832082/



    Quando c’è tutto questo assembramento di parenti, è fisiologico che scoppino rivalità e piccole gelosie, ma qui filano tutti d’amore e d’accordo. «Io faccio la parrucchiera ad Alezio, Manuel l’operatore socio- sanitario a Taviano: così, per tenere Andrea i nonni fanno i turni», spiega Sara. «La mattina sta da me»,



    si inserisce Antonella, nonna paterna, 51 anni. «E il pomeriggio me lo prendo io», completa Irene, l’omologa (e coetanea) materna. I bisnonni piombano a casa dell’una o dell’altra per dare man

    forte: insomma, non servono tate e i nonni assicurano anche un discreto welfare («Riempiono Andrea di regali e soldi», dice Manuel). La domenica, quando è possibile, si sta tutti insieme, «anche se il Covid ha reso tutto più difficile». E Cosima? «Ad agosto l’abbiamo dovuta portare in un centro per anziani, col Coronavirus avevamo paura, lì è più protetta», dice Sara. «La vado a trovare tutti i giorni», racconta la signora Irene, «e lei si guarda i video di Andrea e si commuove: vorremmo portarle il piccolo, ma lui non può entrare perché ovviamente non è vaccinato». 





















    Il miracolo, però, non sta in questa famiglia “lunga” e piena di amore. Il miracolo è che Andrea sia nato. «Durante una delle prime visite, la ginecologa mi disse che non vedeva più l’embrione, e che dovevo fare il raschiamento», ricorda Sara. «Lo fissammo per un lunedì pomeriggio», ma la mattina i coniugi Ferilli fecero un controllo da un primario della zona. Al ricordo, alla mamma di Andrea si spezza la voce: «Ci disse le parole che più belle che noi e tutti i nonni abbiamo mai sentito. “Lo sente, signora, il cuoricino? Il bimbo c’è”».


    Che senso ha comprare all’asta un oggetto che non si potrà mai toccare? certi collezionisti non li capisco

     

    IL FIGLI O DI JOHN LENNON HA MESSO ALL’ ASTA DEI CIMELI DEL PADRE. MAGLI ACQUIRENTI LI POSSEDERANNO VIRTUALMENTE




    Mi rendo conto dello stupore. Julian Lennon ha messo all’asta una serie di memorabilia dei Beatles (dal 7 febbraio), compresi il cappotto del padre John in Magical Mystery Tour e il mantello di Help!, ma solo come NFT, Non-fungible Token, ossia come beni di cui si ha la proprietà, ma che sono solo virtuali, o, come in questo caso, benché fisici, non passano mai nelle mani di chi compra. Che senso ha? Anche noi,
    come Cambi, abbiano messo m in asta opere d’arte virtuali Nft. In quel caso, i proprietari possono guardarle su schermo. Mail punto è un altro. Può sembrare strano, ma già g in passato molti collezionisti compravano per la smania di possedere un’opera, non di toccarla. t Molti, non sapendo dove metterla, non la toglievano dall’imballo. Se valeva molto , la chiudevano in un caveau. Alt tri compravano per speculare. È vero però che i Nft attirano i nativi digitali. Meglio: quelli diventati ricchi con le criptovalute.

    Spesso sono diventati ricchi. Ma non possono comprare casa con i bitcoin.

    Viceversa i Nft si comprano solo con criptovalute. E sono un nuovo modo di investire. O di scoprire  l’arte: chi di loro avrebbe comprato una statua?

    IL caso Drusilla Foer tirata per la giacchetta da Lgbt e dai pro vita

     Sapete bene che non guardo , se  non facendo zapping  o  a  blob un determinato  tipo    di televisione, quindi ho solamente letto   , sui  social  e  sui  giornali  ed   sentito qualche passaggio   ai tg ,  di lei.

    Ed ho letto cose bellissime: una donna intelligente, simpatica, ironica, colta, ecc. Ma molto di più: un inno all'anticonformismo e inclusione, contro i bigotti. 

    Ho  Immaginato  che potesse  essere   una donna transgender e cerco su internet qualcosa in più su di lei... e qui la scoperta: Drusilla Foer è un personaggio inventato dall'attore Gianluca Gori.
    Non è una donna cisgender. Non è tantomeno una donna transgender.
    Al di là della simpatia, intelligenza e bravura del personaggio, mi chiedo, esattamente dove sarebbe l'inclusione e l'anticonformismo ?  che  viene  visto sia  dal  popolo  Lgbt+ e   gli pseudo cattolici   di provita  e  famiglia   (  vedere  foto  sotto della  loro manifestazione   poi  bloccata      con espulsione dal  comune  di San remo  )  

       la  possano definire  in tali categorie  . 
    Negli anni '90  (  o  forse  anche  prima   se  la memoria  non m'inganna  )   quindi ben 30 anni fa, c'era la Signora Coriandoli, personaggio femminile interpretato dall'attore Maurizio Ferrini. E nessuno si scandalizzava, perché era un attore che interpretava un personaggio. E nessuno nemmeno l'aveva identificato come icona dei diritti trans o tantomeno come icona femminile, perché, guarda caso, non era né l'uno né l'altro, ma un attore che recitava un personaggio.  Ecco quindi  mi  chiedo   :  ma dopo 30 anni, siamo sicuri di essere progrediti ? 
    Ecco  cosa  dice https://www.facebook.com/I.have.a.voice1/

    Da donna cisgender, non mi sento rappresentata da un attore maschio che si inventa un personaggio femminile. Mi può sicuramente piacere, così come mi faceva ridere la Signora Coriandoli, ma nessuna
    donna, credo, si sentisse rappresentata dalla Signora Coriandoli, essendo un personaggio inventato.
    Tant'è vero che, guarda caso, tutte le donne che hanno presentato il festival, nessuna si è mai permessa di avere anche un solo capello bianco, nemmeno passati gli 80 anni, come Iva Zanicchi, perché, diciamoci la verità, alle donne queste cose non sono "permesse".
    Non posso parlare per le donne transgender, perché io non lo sono, ma ne conosco qualcuna, e so di per certo che la loro "identità maschile" non esiste, si identificano donne al 100%, non hanno un "alter ego", non si inventano un personaggio femminile. Il loro percorso di transizione è spesso molto difficile, tra ormoni, visite psichiatriche, chirurgia, e soprattutto una battaglia per l'accettazione sociale.
    Ho letto il commento di una madre di una ragazza transgender sotto uno dei tanti post che parlavano di Drusilla come icona trans, la quale era frustrata e diceva che la realtà delle persone trans è ben diversa.

    Personaggio vero, finto? Reale, costruito? Non ha alcuna rilevanza, come a nessuno interessa sapere dove stia Joaquin Phoenix mentre entriamo e ci perdiamo nella psiche di Joker o cosa pensi Robert De Niro mentre Travis Bickle punta la pistola allo specchio in Taxi Driver.
    Conta solo la sua straordinaria capacità di far passare temi complicatissimi con la rapidità fulminea di una battuta, un gesto, un occhiolino, e di fare tutto questo vestendo un’identità in cui si riconosce, diversa dalla propria, non omologata, non contenibile in un involucro convenzionale di genere e persino d’età (sì, l’età, tema fondamentale e sottovalutato nella performance di Drusilla).C’è una parola precisa in italiano che tiene in sé tutto questo: SCELTA. Scegliere di essere chi vogliamo essere, senza chiederci cosa penseranno gli altri, senza paura dei giudizi e dei pregiudizi che fanno male e a volte uccidono. <<Ma, se la presenza di un uomo travestito da donna davanti a 15 milioni di persone può servire - come serve - ad abbattere tabù e stereotipi di un’assurda mascolinità anni ‘50 e a mandare in cortocircuito i pillon e gli adinolfi, sia benedetta Drusilla Foer. >> e [come giustamente fa notare Lorenzo Tosa << [...] Ci vuole, una cultura pazzesca, ci vuole uno studio mostruoso, ci vogliono anni di auto-analisi e consapevolezza di sé per arrivare sino a qui. Non c’è messaggio più potente e più profondamente politico di questo, oggi.>> Infatti

    Drusilla Foer e il monologo sull’unicità: “Le convinzioni non siano solo delle convenzioni”

    “Quando verbalizzo la diversità sento sempre di tradire qualcosa che penso o sento. Le parole sono come le amanti quando non si amano più vanno cambiate subito. Un termine in sostituzione potrebbe essere unicità, perché tutti noi siamo capaci di coglierla nell’altro e pensiamo di esserlo. Per niente, perché per comprendere la propria unicità è necessario capire di cosa è composta, di cosa siamo fatti. Di cose belle: le ambizioni, i valori, le convinzioni, i talenti”.


    Quindi, ripeto, il personaggio Drusilla Foer, interpretato dall'attore Gianluca Gori, sarà simpaticissimo, sagace, meraviglioso, ecc. ma rimane un personaggio inventato   ed  non sono  l'unico a farlo notare  , lo dice  anche  il vescovo di san remo  (   qui maggiori  dettagli
    Le battaglie femministe e dei diritti LGBT+ sono importantissime, ma tali battaglie, per essere credibili, devono trovare i loro rappresentanti in chi veramente vive quelle situazioni, non solo  da personaggi inventati,   che   poi  diventano  nella  maggior  parte  dei  casi   macchiette  ,  per quando interessanti possano essere.
     << Pare quasi che  >> ,  come dice   ancora Ihaveavoice , <<  per la ricerca disperata di qualcuno a cui ispirarci, abbiamo perso il contatto con la realtà e non siamo più in grado di chiamare le cose con il loro nome.
    Drusilla Foer ha contenuti stupendi e utili, e ben vengano, ma è un meraviglioso personaggio inventato. Donne e transgender, invece, sono persone VERE. Cerchiamo di ricordarlo.
    ATTENZIONE: Questo post non ha niente contro Drusilla Foer, personaggio stupendo che ha , come ho già detto  , ottimi contenuti. Qui si critica il totale distacco dalla realtà che fa passare un personaggio inventato ed interpretato da un attore, come una persona vera. 
     E ATTENZIONE: non è Drusilla che fa questo, ma molti commentatori che la spacciano per quello che non è, forse in cerca di consensi e like facili. Insomma, cerchiamo di essere obiettivi e dire le cose come stanno.

    Infatti   pare che sia troppo difficile da capire - Drusilla NON si dichiara trans. L'attore che la interpreta NON si dichiara trans. Ci sono molte persone che la spacciano per ciò che non è, strumentalizzando la situazione. Questo è sbagliato. >>
    I messaggi portati avanti da Drusilla sono giustissimi. Farla passare per quello che non è (non lei, ma altri che strumentalizzano) è sbagliato.

    6.2.22

    l'amore non sta a vedere se una persona è etero o gay ed la canzone Brividi di Mahmood - blanco lo testimonia

     premetto    che   sono anni che     non vedo   (  salvo spezzoni    facendo zapping   e   su  internet   \  sui social  per   avere  una versione a  tutto  tondo   rispetto  a quello che   riportano i media  delle polemiche   spesso create  ad  arte  ed  ingigantite   per  avere  odiens    ascolti  )   il festival  di San Remo  . E  quindi a  canzone  in questione  lo ascolta  senza leggere  prima  il testo  .

      A  volte  , come  dice  Lorenzo Tosa ,   ci vuole davvero poco a fare la storia. Basta cantare [ quella  che   dovrebbe essere  ma   purtroppo  per  molti non  è  ed  non riescono ad  accettarlo  ] 



    una sublime e disarmante verità, bastano due uomini che sul palco del festival più antico del mondo cantano un duetto d’amore, pulito, emozionante, senza nulla a pretendere, senza nulla da dimostrare,

    senza ideologia. Non era mai successo, ed è bello che sia accaduto, è bello che un uomo abbia cantato a un altro uomo.
    A prescindere da ogni giudizio artistico e musicale, condivido   anche  le   le virgole di  :  Lorenzo Tosa    sia   di  Gino Castaldo su Mahmood e Blanco. Un momento e un abbraccio che ricorderemo.



    Morta Carmen De Min, storica mamma del Leoncavallo che non abbassò mai la testa e il pugno

    Aveva 87 anni, era nato nel Bellunese, poi da sindacalista il trasferimento a Milano, al Casoretto. Dopo l'omicidio di Fausto e Iaio formò con altre donne il comitato per avere giustizia

      repubblica  online  

                                                       di Massimo Pisa


    Una storia come quella di Carmen De Min, e delle altre "Mamme Antifasciste del Leoncavallo", poteva nascere solo a Milano. E svilupparsi, e avere un ruolo pubblico
    che saldava valori familiari, lutto e militanza politica, lì dove le lotte degli anni Settanta mietevano vittime innocenti, generavano misteri irrisolti ancora oggi, ma incrociavano testimonianze civili di insuperata purezza. Come quella di Carmen, bellunese di Chies d'Alpago e morta oggi a 87 anni, la metà dei quali spesi accanto alle lotte di un'altra generazione, quella delle figlie e dei ragazzi extraparlamentari di sinistra che si aggregavano in centri sociali, chiedevano e si prendevano spazi industriali abbandonati e vivevano sulle trincee dove eroina e pistole facevano morti ogni settimana.

    L'impronta antifascista, Carmen De Min l'aveva ricevuta da bambina alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando le violenze della Wehrmacht e delle camicie nere avevano insanguinato anche il suo altopiano. Frontaliera in Svizzera negli anni Cinquanta, sindacalista (quando la parola era un'etichetta buona per il casellario) in fabbrica e abitante del Casoretto, De Min aveva continuato a respirare politica. La data che segnò lei, e un'intera generazione, fu il 18 marzo 1978. Due giorni dopo il sequestro di Aldo Moro e lo sterminio della sua scorta, a Roma. A sera, poco prima di arrivare a piedi nell'ex deposito di via Leoncavallo, due attivisti del centro sociale vennero falciati a revolverate in via Mancinelli. Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, due ventenni che stavano raccogliendo schede per un dossier di controinformazione sulla diffusione dell'eroina nel quartiere, divennero per sempre Fausto e Iaio.

    L'esperienza delle Abuelas de Plaza de Mayo, le nonne dei desaparecidos in Argentina, era appena nata. La vicinanza di donne come Lydia Franceschi, mamma di Roberto abbattuto nel 1973 da un proiettile dei carabinieri sparato durante una manifestazione studentesca, fu immediata e decisiva. E attorno a Danila Angeli - la mamma di Fausto che preparava il risotto nella sua casa di via Monte Nevoso per suo figlio e l'amico che non arrivarono mai - nacque un movimento spontaneo di donne mature che scese subito in piazza con figlie e figli, per chiedere verità e giustizia per quei due ragazzi. E poi per battersi, sempre accanto a quei ragazzi, per la legittimità dei loro spazi, delle iniziative, delle occupazioni.

    "Me ciami Carmen, ma me disen Pirelli in lotta", raccontava Carmen De Min, forse la più carismatica di quelle donne, che per decenni divenne presenza fissa in strada, dietro lo striscione "Mamme Antifasciste del Leoncavallo" o sul palco delle varie sedi del centro sociale, in strada durante gli sgomberi del 1989 e del 1994. Ex partigiane o casalinghe, operaie di lungo corso o massaie, testimoni genuine di un vissuto antifascista che sapeva opporre anche la propria condizione tradizionale di "mamme" a certe politiche e certe giunte destrorse, quelle che per un ventennio hanno dominato Milano. La verità sugli assassini di Fausto e Iaio, nonostante le inchieste, non è mai arrivata. Ma Carmen De Min non hanno mai abbassato la testa, o il pugno.



    L'artigiano che produce gli skate per le dita: "I miei fingerboard richiesti in tutto il mondo

    I più ricorderanno quando qualche anno fa si potevano acquistare in edicola. E da lì è cominciata la
    passione di Giacomo Dionisio, 23enne di Bari, per i fingerboard, le tavole da skate in miniatura. Sì perché anziché le gambe, per provare trick e farle correre si usano le dita. E non è un passatempo ma una vera e propria disciplina: nelle altre regioni d’Italia si organizzano gare e raduni. Giacomo, però, oltre a esercitarsi insistentemente sulle rampe (anche queste su misura), i piccoli skate li produce



     Un vero e proprio lavoro artigianale che porta avanti nel laboratorio di falegnameria allestito a Spazio 13, nel quartiere Libertà: realizza in particolare due pezzi, sia la tavola vera e propria in legno, pure decorata, sia le ruote. E vengono venduti, eccome: le richieste, online, arrivano persino da Usa e Australia. Il prossimo passo per il giovane barese è assemblarli e vendere il set completo, con il truck (la struttura in metallo che unisce ruote e tavole). Attualmente, una tavola artigianale completa arriva a costare anche più di 100 euro. "Non è un hobby, il finger skate apre nuovi orizzonti"

    "Io, tabaccaio rapinato per sei volte a San Severo, darei le chiavi dell'attività al Comune. Non ti abitui mai e penso di chiudere"

     

    "Io, tabaccaio rapinato per sei volte a San Severo, darei le chiavi dell'attività al Comune. Non ti abitui mai e penso di chiudere"

    Parla Amedeo Giancola, titolare della omonima tabaccheria che si trova in via Tiberio Solis e che oggi ha subito la sesta rapina

    La più violenta quella del 2017 quando un rapinatore gli puntò un coltello

    Amedeo Giancola, titolare dell'omonima tabaccheria a San Severo 

    alla gola. Da allora Amedeo Giancola titolare della omonima tabaccheria che si trova in via Tiberio Solis in pieno centro a San Severo, di rapine ne ha subite sei. L'ultima in ordine di tempo venerdì 4 gennaio. 

    Giancola, è successo ancora.
    "Non nascondo di aver provato tanta rabbia. E' volta che accade, ma non ti abitui mai".

    Ha avuto paura?
    "Questa rapina è stata particolarmente violenta. E' durata pochi istanti: sono rimasto scioccato"

    Come è andata?
    "Un rapinatore incappucciato ha fatto irruzione nel mio locale. Con una ferocia incredibile ha distrutto il pannello anti-Covidin plexiglas. Poi ha iniziato ad arraffare i soldi dal registratore di cassa. Ha portato via 1.800 euro, l'incasso della giornata. Istintivamente stavo per intervenire, per cercare di fermarlo, ma mi ha bloccato la mia collaboratrice. Tutta le scena è stata immortalata dalle telecamere di sicurezza. Anche il momento in cui mentre fugge scaraventa a terra un cliente".

    A San Severo la ministra dell'Interno Luciana Lamorgese ha già inviato una ventina di poliziotti in più per pattugliare il territorio. Lei cosa chiede allo Stato?
    "Mi sembra chiaro che tutto questo non basta. Qui ci vuole una presenza in massa dello Stato. Non bastano pochi uomini in più. I poliziotti, i carabinieri, che operano qui, sono pochi, sottopagati e stremati dalle ore di fatica".

    Lei che cosa farebbe?
    "Vorrei consegnare simbolicamente la mia attività nelle mani del Comune. Consegnare i documenti alla Prefettura. Darei in gestione a loro, alle istituzioni, la mia rivendita di tabacchi. In cambio chiederei di percepire un euro simbolico all'anno ma solo per fare il dipendente. E' chiaro che la mia è una provocazione".

    A San Severo nei primi giorni dell'anno persone sconosciute hanno fatto saltare in aria quattro attività commerciali: una profumeria, una rivendita auto, un parrucchiere e un negozio di giochi pirotecnici, piazzando ai piedi delle saracinesche dei rispettivi locali potenti ordigni esplosivi. E' così difficile essere un imprenditore da queste parti?
    "E' impossibile fare impresa in questo territorio. Noi siamo stanchi. Abbiamo paura. Penso ai miei colleghi, agli altri quattro commercianti di San Severo che hanno subito attentati bomba".

    Che futuro l'aspetta? Deciderà di chiudere la sua rivendita di tabacchi?
    "Al momento non chiuderò. Ogni giorno, però, questa ipotesi diventa sempre più concreta. Ho tanti progetti, ma pian piano li sto abbandonando".

    5.2.22

    anche le olimpiadi invernali hanno il loro fascino e la loro storie

     Sono davvero tante le storie da raccontare  che   si trovano    alle  olimpiadi  ,  in questo caso  quelle  invernali  che  si  svolgono rispetto  alle  classiche    solo  dal  1924   (  qui  maggiori   informazioni   sulla loro origine  ) : sconfitte, successi, drammi, intrighi, passioni e qualche gossip. Ho  scelto alcune delle più significative, ed  altre    ne  seguiranno    nel  corso di queste  ultime  olimpiadi  . quelle che secondo me  potrebbero benissimo diventare avvincenti serie tv di cui fare binge watching. Una volta finite le Olimpiadi, ovviamente.

      esse    sono prese  da   :

    1.   https://www.vanityfair.it/sport/altri-sport/2018/02/08/bulloni-aquile-007-olimpiadi-invernali-10-curiosita-episodi-strani.,
      https://www.wired.it/play/televisione/2018/02/12/storie-olimpiadi-serie-tv/




    «007 - Missione Cortina». No, non si tratta di una rivisitazione in chiave Cinepanettone della celebre saga su James Bond, ma di un omaggio al mitico sciatore austriaco Toni Sailer. Campionissimo sulla neve, il compianto «lampo nero di Kitzbuhel» vinse tre ori ai Giochi invernali in Italia, nel 1956, poi si riciclò attore e fece persino la controfigura dello storico agente segreto nel film Al servizio di sua Maestà. E’ uno dei tanti personaggi curiosi ad essersi preso la scena nella storia delle Olimpiadi sulla neve, che quest’anno fanno tappa a Pyeongchang, in Corea del Sud.

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    La mamma, la millennial e i cugini: gli azzurri all'Olimpiade

    Grandi campioni, ma anche perdenti di successo, come l’indimenticabile Eddie Edwards, per gli amici «The Eagle» (l’aquila), che a Calgary ’88 fu il primo britannico a qualificarsi per un’Olimpiade nel salto con gli sci: con uno stile bizzarro arrivò ultimo, totalizzando la metà dei punti del penultimo. Un risultato talmente disastroso che costrinse il Comitato Olimpico a istituire una regola, nota come «The Eagle Rule», che rafforzava i criteri di ammissione. In quella stessa edizione dei Giochi non andò bene neppure ai giamaicani del bob, anche loro esordienti a cinque cerchi.
    In realtà, già qualificarsi era stata per loro un'impresa pazzesca: gli atleti infatti misero su la squadra a 4 mesi dall’evento, in gara però si cappottarono. Nessuno, per fortuna, riportò problemi fisici, così nell’edizione successiva firmarono la loro vendetta mettendosi alle spella diversi equipaggi. Sempre in tema bob è celebre la storia dell’italiano Eugenio Monti, che a Innsbruck 1964 prestò un bullone last-minute ai rivali inglesi che così conquistano l’oro: l’azzurro dovette «accontentarsi» del bronzo e della prima Medaglia De Coubertin, un riconoscimento ai gesti di estremo fair play.
    C’è pure chi, come l’americana Linda Jacobellis, ha perso l’oro nello snowboard cross a Torino 2006 per aver tentato un’inutile acrobazia a pochi metri dal traguardo, e chi, come la pattinatrice tedesca Christa Ludig, è riuscita a vincere due medaglie in due Olimpiadi diverse nello stesso anno, il 1988, prima invernali e poi estive. Avrà storto il naso l’austriaco Karl Schranz, quando fu escluso da Sapporo ’72 per essersi presentato con lo sponsor, mentre se la ride tutt’oggi il pattinatore Bradbury, che a Salt Lake City 2002 ha vinto l’oro grazie alla caduta di tutti i suoi avversari.

    «Non ero certamente il più veloce», ha detto a fine gara, «ma questa medaglia l’ho vinta dopo un decennio di sacrifici». Impossibile contraddirlo.

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    Perdere...con stile


    Il perdente più conosciuto della storia dei Giochi Invernali si chiama Eddie Edwards, detto The Eagle (l'aquila), il primo britannico a partecipare nel salto con gli sci: con uno stile bizzarro, a Calgary '88 si classificò ultimo con la metà dei punti del penultimo. Tanto che il CIO istituì una regola ad hoc, «The Eagle Rule», che rafforzava i criteri di ammissione alla gara olimpica.





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    Se gli altri cascano...


    Il pattinatore australiano di short track Steven Bradbury è noto alle cronache per aver vinto contro ogni pronostico la medaglia d'oro nei 1000 metri a Salt Lake City 2002. Com'è riuscito nell'impresa? Semplice, suoi quattro avversari della finale si sono scontrati a pochi metri dal traguardo, lui li ha saltati e ha vinto in solitaria. In suo onore è stato stampato anche un francobollo!




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    Premio Fair Play


    Esiste un riconoscimento olimpico poco conosciuto, la medaglia De Coubertin, che viene data solo agli atleti che si distinguono per gesti di estrema sportività. Il primo a conquistarla fu proprio un italiano, il campione di bob Eugenio Monti, che a Innsbruck 196







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    Credete nei miracoli?


    «Da oggi credo nei miracoli» fu l'urlo del commentatore americano Al Michaels sulla sirena di USA-URSS, match decisivo per la medaglia d'oro nell'hockey a Lake Placid 1980. Avversari nella Guerra Fredda, gli Stati Uniti si presentarono con una squadra di studentessi e dilettanti contro i favoritissimi russi. La partita infatti è ricordata come «miracolo sul ghiaccio».



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    Nessuno ancora crederci potrà...


    ...Giamaica la sua squadra di bob avrà! La canzoncina diventata celebre grazie al film Cool Runnings, che racconta la storia della più pazza squadra di bob della storia. Formata a 4 mesi dai Giochi di Calgary 1988 si è presentata al via con tutti i riflettori puntati addosso: purtroppo però si sono ribaltati dopo poche curve e si sono ritirati. Alle Olimpiadi successive è arrivata la rivincita!



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    Il re della sfortuna

    L'ex sciatore austriaco Karl Schranz, durante i Giochi di Grenoble 1968, fu squalificato nella slalom per aver saltato una porta: «Sono stato disturbato da un addetto alla pista», tuonò al traguardo, ma la squalifica fu confermata. La rivincita quattro anni dopo? Nemmeno per sogno, da Sapporo 1972 venne escluso per essersi presentato con lo sponsor, violando la legge sul dilettantismo.






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    Medaglie sfumate o raddoppiate


    Chissà cos'è passato nella testa di Lindsey Jacobellis che a Torino 2006, a pochi metri dal traguardo nello snowboard cross, tentò un'inutile acrobazia e finì per terra: perse clamorosamente un oro e da quel giorno cerca di riprenderselo. Chi non ha problemi di medaglie è la pattinatrice e ciclista Christa Luding, unica atleta a vincere due medaglie olimpiche nel solito anno in due Giochi diversi, invernali e estivi: 1988, Calagary e Seul.



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    Agente segreto a Cortina


    Toni Sailer è stato uno sciatore austriaco che ai Giochi italiani del 1956 si è messo al collo ben tre medaglie d'oro. Da tutti soprannominato «il lampo nero di Kitzbuhel», quando decise di smettere con le gare si dedicò alla carriera cinematografica. E fu addirittura la controfigura sugli sci dello 007 George Lazenby in «Al servizio di sua maestà».



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    Muscoloso e...polivalente!


    Vi ricordate Pita Taufatofua, il lottatore di taekwondo di Tonga che ai Giochi di Rio fece scalpore per aver portato la bandiera a torso nudo, mostrando i suoi muscoli cosparsi di olio? Ecco, proprio lui si ripresenta alle Olimpiadi, stavolta invernali, e in Corea si cimenterà nello sci di fondo. Certo, stavolta portare la bandiera mezzo nudo sarà più complicato.








    1.Valanga inarrestabile

    Nella nutrita delegazione italiana alle Olimpiadi invernali di Pyeongchang, 121 atleti in tutto, ci sono 48 donne, fra cui la portabandiera italiana Arianna Fontana, 26enne specializzata nel pattinaggio di velocità. Ma fra le altre concorrenti c'è una ragazza che tutti definiscono come "inarrestabile": Michela Moioli, 22enne di Alzano Lombardo, è una campionessa di snowboard cross. Negli ultimi tempi ha vinto numerose gare soprattutto nell'ambito della Coppa del Mondo e è determinata a non fermarsi.
    Terrorizzata dalla paura di volare, supera il problema grazie a uno spirito competitivo piuttosto forte (nato quando giocava da bambina a carte con il papà). La sua è una storia della porta accanto, quella di una ragazza che non lascerebbe mai la provincia bergamasca eppure grazie alla propria determinazione (è riuscita a riprendersi anche da un grave infortunio al ginocchio) ha inanellato record e vittorie. Un This is Us in salsa olimpica ci sta tutto.


    2. Dall'Africa con slittino

    Già arrivando a Pyeonchang hanno fatto la storia: Seun Adigun, Ngozi Onwumere e Akuoma Omeoga sono tre atlete nigeriane, il primo team di bob a partecipare alle Olimpiadi provenendo da quel paese in assoluto e, più in generale, il primo team di bob proveniente dall'Africa. Grazie a queste tre ragazze, infatti, la Nigeria compare per la prima volta fra il novero delle nazioni partecipanti ai Giochi invernali. Prima di passare alla competizione invernale, le tre atlete si erano dedicate all'atletica leggera, con Adigun che ha partecipato ai 100 metri a ostacoli alle Olimpiadi di Londra 2012.È lei a guidare il bob con Onwumwere e Omeoga a manovrare il freno alternativamente. Non solo le uniche, comunque: Akwasi Frimpong è il primo atleta dal Ghana e gareggia nello skeleton (una slitta con rotelle lanciata su una pista ghiacciata), mentre in questa edizione partecipano anche Eritrea, Kenya, Sudafrica e Togo.
    Il contrasto tra sport invernali come il bob o lo skeleton giocati in un paese torrido come l'Africa potrebbero essere uno spunto interessante per una serie tv.

    3.La sciatrice elettrica

    Nel 1981 a Calgary, nella provincia di Alberta in Canada, Lauren Woolstencroft nasce con un destino già segnato: le mancano le gambe dal ginocchio in giù e anche il braccio sinistro dal gomito in giù è mancante. Ma quel destino Lauren è riuscita a ribaltarlo: già a 4 anni era sulle piste di sci grazie a delle protesi, a 14 anni inizia a competere. Seguono anni e anni di impegno (in cui diventa anche ingegnere elettrico), arrivando a rappresentare il Canada nelle Paraolimpiadi di Salt Lake City nel 2002; seguono poi Torino e Vancouver, con un totale di 8 medaglie d'oro e 60 medaglie in totale vinte nella sua carriera.
    Nonostante si sia ritirata dalle gare nel 2010, la storia di Woolstencroft è ritornata attuale anche in occasione di questi Giochi olimpici in quanto è stata protagonista di uno spot di Toyota durante lo scorso Super Bowl: sfidando le percentuali avverse di poter vincere un oro, l'atleta ha dimostrato che impegno e costanza possono raggiungere qualsiasi risultato: "Hanno visto in me una storia di determinazione", ha dichiarato. Shonda Rhymes ne farebbe una serie tv eccezionale.4.L'olio come superpotere Se prima del 2016 avevate una conoscenza piuttosto generica di Tonga, lo stato insulare polinesiano, da quel momento in poi l'avrete quasi sicuramente associato al volto, o meglio al petto, di Pita Taufatofua, l'atleta che proprio durante l'apertura delle Olimpiadi brasiliane colpì l'attenzione del mondo in quanto si presentò con un gonnellino di paglia e il corpo ben definito e ancora meglio oliato. Sempre a torso nudo ha sfidato anche le rigide temperature di Pyeongchang.Perché Taufatofua, nato in Australia ma cresciuto nelle Tonga, non pago di essere stato il primo atleta a rappresentare il suo paese nelle Olimpiadi estive nella specialità del taekwondo, si presenta ai Giochi invernali come il primo sciatore di fondo, con un'esperienza di appena tre mesi sulla neve. Per qualificarsi ha dovuto perdere peso, contrarre diversi prestiti e sopravvivere a una tempesta di ghiaccio sull'aereo che lo portava all'ultima gara di qualificazione in Islanda. Insomma, niente può fermare Taufatofua, nuovo umanissimo supereroe dei tempi moderni. Basta non restare a corto di olio.


    5.Misteriosa Kim

    Non è un'atleta, eppure ha attirato su di sé gli occhi di tutto il mondo proprio in occasione dell'apertura dei Giochi Olimpici di Pyeongchang. Si tratta di Kim Yo-Jong, la misteriosa ma potentissima sorella minore di Kim Jong-Un, invitata in Corea del Sud (prima della famiglia ad attraversare il confini da decenni) per iniziare una difficile distensione fra le due parti del paese. Il tutto condito da balletti diplomatici, sospetti mai sedati, rigidi protocolli e paradossali cautele: accusata dagli Stati Uniti di violazione dei diritti umani, il primo obiettivo era di non farla incontrare con il vicepresidente Usa Mike Pence, a rischio di sanzioni.
    Ma di per sé quella di Kim Yo-Jong è già una storia avvincente, per il poco che si sa: apparsa in pubblico per la prima volta nel 2011 al funerale del padre, avrebbe studiato in Svizzera prima di diventare viceministro della propaganda per il fratello, potrebbe essere sposata e avere un figlio, oppure essere nubile o ancora, secondo striminziti gossip, aver avuto una relazione con la sua guardia del corpo. I condizionali sono d'obbligo, anche se molte fonti concordano sul fatto che sia un'abile stratega, determinata nella politica e nel proteggere gli affari di famiglia. Il personaggio perfetto per un misto di Homeland e House of Cards al femminile.

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