http://www.vastospa.it/html/tradizione/me_varivire.htm
Ispirato dal post dell'altro giorno riporto qui , sempre riguardo a tradizioni che si perdono ( la prima ) o che rsi rinnovano ( la seconda grazie attraverso le app , alcune storie
La prima preesa da la nuova sardegna del 02 febbraio 2018
Angelo Maresca racconta come e perché ad Alghero è nata la tradizione dei coiffeur che compongono canzoni popolari
di Gian Mario Sias
ALGHERO. Quando Alghero stava ancora dentro quella che oggi è la città vecchia, la barberia era il centro dell’universo. Prima dei bar, il luogo di ritrovo era quello. Dal barbiere passava di tutto. Gli algheresi che vivevano nelle campagne, o fuori città per lavoro, se volevano sapere come girasse il mondo (ammesso che a qualche algherese sia mai interessato cosa succede lontano dalla Riviera del Corallo) andavano lì a cercare notizie. La domenica mattina, quando tutto chiudeva, i barbieri erano aperti. I forestieri e i ricchi si mischiavano nelle vecchie botteghe tra via Columbano e piazza Civica con il popolo, tra racconti, risate e storie inventate di sana pianta. Niente che non succedesse anche altrove. Niente che non succeda ancora oggi. A rendere così caratteristici e unici quei posti era la musica. Tra un taglio di capelli e una rasatura, tra una battuta e un aneddoto, ma anche nel bel mezzo di un racconto, i barbieri cantavano. Improvvisavano, componevano, davano un ritmo a ogni storia. Questa leggenda è arrivata sino a oggi in maniera un po’ sbiadita. Il mito dei “barbieri cantanti” è quasi in estinzione. E tra un po’ nessuno saprà più come è nato, perché, chi ne sia stato il più autorevole esponente, di questa schiera di barbieri che hanno fatto la storia della canzone algherese. Tutto questo ad Angelo Maresca, ultimo superstite di una tradizione che si perde nel tempo e resiste ancora, dispiace un po’. “Lo Barber”, come è conosciuto da tutti il titolare del salone da uomo di largo San Francesco, autore, interprete e chitarrista, non si è mai sentito come il discendente di una stirpe in via di sparizione. Ma se si ferma a pensarci, si dispiace anziché compiacersi di questo status che dovrebbe gratificarlo. «Che peccato, finisce che questa tradizione si perde e con lei rischia di perdersi anche questa lingua meravigliosa, poetica, musicale».
Il primo gennaio Angelo Maresca ha fatto 74 anni. Nasconde la calvizie sotto un borsalino scuro e lascia che qualche capello bianco gli copra il collo. La sua vita si è sempre divisa tra due grandi passioni, la musica e il lavoro di barbiere. Le ha coltivate insieme, contemporaneamente, nello stesso posto. Merito di sua madre. «Mio padre era pescatore, a volte mi portava con lui, ma mamma si è imposta», racconta signor Angelo in attesa del primo appuntamento pomeridiano. Si toglie il cappello e per non sentirsi troppo nudo inforca la chitarra e strimpella, chiudendo di tanto in tanto gli occhi appresso a qualche verso d’amore per Alghero. «Mamma non voleva che facessi lavori pericolosi, quello del pescatore all’epoca lo era – ricorda “lo barber” – lei era sarta e mi portò con lei, provai, ma a stare piegato mi veniva mal di testa». Il babbo stava fuori anche per dieci giorni di fila, quando era la stagione della pesca, e sapeva che sacrifici aveva chiesto alla moglie. Così, quando Angelo Maresca chiese di andare a fare il ragazzo di bottega da qualche barbiere, il padre acconsentì. «Non voglio far piangere altre donne per colpa mia», disse, dando il suo benestare. A sette anni “lo barber” iniziò a respirare quell’aria, andava a fare delle piccole commissioni in cambio di qualche spicciolo per il cinema della domenica. «A casa non c’erano soldi, così a quindici anni ho iniziato a lavorare davvero, ho fatto la mia prima barba», dice Angelo Maresca con il sorriso perso nei ricordi.
Ha iniziato alla bottega di Salvatore Masala, detto “Pomodoro”, in via Gilbert Ferret. Poi è stato da Gerolamo Biosa in via Principe Umberto, e da Raimondo Cossu, sassarese, in via Manzoni. Alla fine è arrivato in via Columbano, da “Buttiguetta”, Mario Melis. «Aveva un complessino, in negozio c’era sempre la chitarra – spiega Maresca – è stato lui a spiegarmi perché questo fosse così frequente nelle barberie algheresi». In pratica, «i barbieri avevano un’associazione di mutuo soccorso e di assistenza sociale tra loro, e il mutuo soccorso aveva anche la banda musicale, perciò tutti i barbieri studiavano musica per suonarci», ricorda. «“Alguer Mia”, da molti considerato l’inno di Alghero, l’ha scritta il barbiere Antonio Dalerci, e “La Cardenera” è di Giuseppe Loi, noto “Musconi”, anche lui barbiere, così come Antonio Cao, autore di “Pais me”, e Badalotti, che ha scritto “Miñona Murena”», snocciola lui tutto d’un fiato. «Ma erano barbieri anche i cantanti Angelino Caria, detto “Battorina”, Giovanni Gavini, detto “Pasteta”, e suo figlio Berto», continua.
In via Columbano, a servizio da “Buttiguetta”, Angelo Maresca diventa “Lo Barber”. Inizia a strimpellare la chitarra, e nei lunghissimi pomeriggi di quell’apprendistato di vita e di lavoro scrive la sua prima canzone: “Al carrer de la pretura”. Da lì in poi non ha mai smesso di radere barbe e scrivere canzoni, di tagliare cappelli e cantare, incidendo un disco proprio l’anno scorso con otto brani tradizionali e dieci suoi, e partecipando a inizio anno al progetto “Mans manetes”, una sorta di libro-disco che la Piattaforma per la lingua sta distribuendo in tutte le scuole, utilizzando le filastrocche e le ninnenanne per bambini come strumento didattico per l’insegnamento dell’algherese. «Nel 1967 ho aperto la mia bottega in via XX settembre e nel 1981 mi sono trasferito qui, in largo San Francesco», è l’ultima riflessione.
da http://www.academia.edu/7917110/I_barbieri_maestri_di_musica |
Mario Palomba, che lo affianca dal 1983 ma che non canta e non suona – «altrimenti i clienti scappano», si schernisce – lo ascolta e annuisce. ua moglie Carmelina, 71 anni, e suoi figli Maurizio e Marina, 45 e 43 anni, hanno sempre dovuto dividerlo con queste due passioni. E sarà così ancora a lungo. «Sto preparando un nuovo disco – annuncia “lo barber – e naturalmente ci sarà anche un rap».
Tale fenomeno era molto comune in italia specie nel sud ( I II ed altri link che trovi sopra al post ) . Infatti nel mio paese c'erano diversi barbieri che erano musicisti suonavano ilmandorlio personalmente ne ho conosciuto e ho visto suonare l'ultimo d'essi scomparso ad 85\88 due anni fa . In quanto il barbiere ( ora parrucchiere ) erano il centro della vita dei piccoli paesi ma anche non come testimonia questo estratto
Mestieri Antichi di Vasto:
Lu Varivìre (Il Barbiere)
da "Lunarie de lu Uašte" - edizioni varie
Ecco i famosi
"Calendarietti"
dalle più svariate fragranze, con argomentazioni più o meno piccanti
e comunque molto accattivanti
che li varivìre nelle feste natalizie e di fine e principio d' anno, regalavano ai propri clienti
alla fine dell' opera e dopo "l'immancabile spazzolata sulle spalle"
Li varivìre
Erano, e forse ancora sono, personaggi quasi sempre brillanti, allegri, versatili, accattivanti, beninformati.
I barbieri di qualche tempo fa (barbieri, badate! non parrucchieri) erano poi persone eccezionali, che alternavano all'esercizio delle forbici quello della chitarra o del mandolino o addirittura degli attrezzi da cerusico. Maestri del rasoio da ricordare sono: Zannutille senior, La Scemnie, Cellescacazze, La Vozze,Sciarlotte, Minanze, Ricciuleine, Pasquale Celenza (Passalàcche), Paolo De Guglielmo(Cappucciàlle), Peppino Melle, Angelo De Innocentis, Angelo Miscione, Giovanni Monteferrante (Pan' e fraffe) e Claudio Crisci. Leonardo D'Adamo, comunemente noto come Nardìcce, era uno di questi ed aveva la putéche (la bottega) all'angolo di corso Palizzi con corso Dante. Da lui sono transitate generazioni di apprendisti, tra i quali Tonino Pollutri, ed una clientela tra le più qualificate che annoverava il maestro Aniello Polsi, il poeta Peppino Perrozzi, il pittore Vincenzo Canci e don Salvatore Pepe. Leonardo aveva una spiccata sensibilità musicale riconosciutagli dallo stesso Polsi, che non disdegnava di sottoporgli ogni tanto qualche composizione, chiedendogli poi sornione: «Huè Nardì, che ne pìnze?» |
Il Museo del Barbiere
Lino Delli Benedetti ha un vero e proprio culto per il mestiere di barbiere, che esercita, si può dire, da bambino.Lo testimonia la cura che ha messo nel raccogliere memorie legate all'esercizio del suo lavoro confluite in un simpatico opuscolo pubblicato in occasione dei 25 anni di attività ed adesso la realizzazione, all'interno della bottega, di un vero e proprio angolo della memoria dedicato all'arte dell'acconciatura e della rasatura. Un piccolo museo, verrebbe da dire, nel quale si possono ritrovare ben ordinati sullo scaffale pettini, forbici, pennelli, rasoi, ampolle ed anche una bella poltrona d'altri tempi. stralcio da "Lunarie de lu Uašte" - ed. 2014 | ||
Lu Varivìre, n’arta liggìre
un volumetto sui Saloni dei barbieri, sponsorizzato da Nicolino Delli Benedetti | ||
Per i tipi della Q Editrice è stato stampato un gustosissimo volumetto dal titolo “Lu Varivìre, n’arta liggìre”, che rievoca l’atmosfera dei Saloni d’una volta con una piccola storia di “quando i barbieri non erano coiffeurs”. Il libricino, sponsorizzato da Nicolino Delli Benedetti, acconciatore al numero 50 di corso Italia - Vasto, per festeggiare il 25° di attività, è stato scritto da Giuseppe Tagliente e si può richiedere direttamente allo sponsor oppure presso la libreria Di Lanciano, in piazza Pudente, e l’edicola Tognoni, in piazzale Rodi, alla Marina. Il simpatico volumetto, che contiene anche foto d’epoca assolutamente inedite, viene distribuito ad offerta a beneficio della Ass. Chiara - onlus che si occupa dell’assistenza ai malati oncologici.
stralcio da art. apparso sul giornale "Qui Quotidiano"
- Vasto - pubblicazione gratuita - n. 21 del 9 febbr. 2010 | ||
(.....) di http://www.vastospa.it/html/tradizione/me_varivire.htm La second a storia riguarda un gioco particolare La morra o sa murra come la si chiama in sardegna sempre dala nuova sardegna del 19\1\2018 i primi due e del 2\02\2018 l'ultimo
Sa Murra non è un esclusiva della Sardegna. Anzi. Il gioco che prevede un rapido calcolo matematico basato sull’intuito e sulla strategia viene praticato in Slovenia, Croazia, Tunisia, Francia, Spagna e che in alcune regioni, come la Sicilia, il Veneto, la Valle d’Aosta, la Corsica e la Catalunya, anche la Comunità valenciana, l’Aragona, la Savoia e l’area di Nizza e un passatempo molto praticato. E come per tutti i giochi, esiste una convention in cui i partecipanti si danno appuntamento e si sfidano per eleggere i migliori. Con la morra c’è qualche difficoltà perché le regole variano a seconda della nazione di provenienza dei giocatori. I sardi, ad esempio, sono temutissimi: giocano a velocità elevatissime rispetto ai concorrenti e sono abilissimi nel prevedere le mosse degli sfidanti. Sono i Messi della morra, per fare un esempio che calza sia con l’abilità sia con la location dell’ultimo campionato mondiale di morra che, infatti, è stato ospitato in Catalogna, a Sant Carles de la Rapita, un centinaio di chilometri a sud di Tarragona. L’occasione d’incontro, lo scorso anno, coincideva con una ricorrenza particolare per l’associazione che si occupa di preservare il gioco e che lo scorso anno ha spento 35 candeline e che da dieci anni organizza il campionato. E gli ospiti d’onore della scorsa edizione erano proprio i ragazzi sardi che hanno rivoluzionato la morra dando i natali alla prima versione digitale del gioco che, c’è da scommetterci, aiuterà i giocatori a tenersi allenati e in contatto tra loro. In attesa che il gioco che anima le retrovie delle feste paesane in tutta la Sardegna, e che si trascina una nomea non proprio nobile per colpa degli epiloghi di alcune sfide fin troppo accese, diventi un’attività praticabile anche dallo schermo del cellulare.
Certo, l’aggregazione
sociale e i coloriti modi di dire che accompagnano le giocate non sono riproducibili attraverso lo smartphone ma non tutto può essere digitalizzato. Il gusto delle vittoria, invece, resta lo stesso anche quando il concorrente è connesso da migliaia di chilometri di distanza. Infatti adesso SASSARI. Gli ingredienti per realizzare un progetto di successo ci sono tutti: il gioco è semplice, lo conoscono praticamente tutti e ha un retrogusto didattico che lo rende appetibile anche a chi inizia a far di conto. Trasformare “Sa Murra” in un’applicazione di successo, dunque, è praticamente un riflesso condizionato per chi ha assistito a centinaia di partite ed è cresciuto con il ritmo delle chiamate nelle orecchie. E così anche la versione sarda della morra è diventata un gioco virtuale disponibile gratuitamente nei negozi on line aperti agli smartphone. L’idea è di Davide Onida, 31enne di Abbasanta, che l’ha covata per 5 anni prima di dare alla luce la versione definitiva, dove è possibile confrontarsi con altri giocatori ma anche con un’intelligenza artificiale travestita da abile giocatore di morra e in grado di sfidare i concorrenti di turno in un match composto da tre roun contro i sedici del gioco tradizionale. I creatori. «La verità è che sono un mediocre giocatore della versione live – scherza Davide Onida, il padre dell’app Sa Murra – e quindi ho provato a digitalizzare il gioco per ottenere risultati migliori». I riscontri sono arrivati, ma non erano legati ai progressi di Davide: «Grazie a un amico, Giovanni Arixi, abbiamo realizzato un primo prototipo che girava su Facebook e che abbiamo presentato a Sinnova16, con ottimi risultati». Una volta ottenuti i riscontri che cercavano, Sa Murra era pronta a diventare un’app a tutti gli effetti, scaricabile gratuitamente in pochi istanti e soprattutto funzionale e intuitiva. In sostanza, per imparare a giocare anche on line ci vuole veramente un attimo: «Io sono fondamentalmente un designer – spiega ancora Davide Onida –, per questo ho coinvolto un altro amico e collega, un vero giovane talento sardo, Davide Mainas, con cui ho lavorato per altri progetti e che considero tra i più promettenti programmatori dell’isola. Nel giro di qualche mese Davide ha sviluppato le app per Android e iOS in React Native, una nuova tecnologia sviluppata ed usata da Facebook». L’applicazione. Per Davide è quasi un hobby ma se Sa Murra dovesse continuare a crescere non è detto che possa diventare qualcosa di più: «Dopo essermi laureato a Bologna, faccio l’art director e frontend developer (la figura professionale che sviluppa i siti internet per conto dei clienti, ndr) nell’azienda Softfobia, ma faccio anche parte di alcune startup nate e cresciute a Cagliari. Inoltre porto avanti diversi progetti personali e Sa Murra è uno di questi». Pur non avendo investito nemmeno un euro in pubblicità, l’applicazione ha iniziato a camminare da sola: «Merito del passaparola virtuale, perché si gioca soprattutto contro sfidanti che si trovano su Facebook. E condividendo i risultati il nome della nostra applicazione si è diffuso on line – spiega il giovane designer – perché nel mondo delle app la parola d’ordine è il contenimento dei costi e, soprattutto, il miglioramento del prodotto». E quando a Sa Murra è stata aggiunta l’intelligenza artificiale, il bot nel gergo dei programmatori, che permette le sfide contro il computer, il gioco è salito sulla cresta dell’onda aumentando il numero dei download e diventando un fenomeno di costume tra gli appassionati: «Perché Sa Murra non si gioca solo in Sardegna – conclude Davide Onida –. Ce ne siamo accorti quando siamo stati invitati a Murramundo, una convention di giocatori che arrivano da tutto il Mediterraneo e giudicano la murra per quello che è: un gioco nobile e colto che speriamo di aiutare a riscoprire anche con la nostra app». quindo non vi preoccupate se Rissa tra ragazzi? No, sfida a morra
Se passate davanti ai giardini pubblici e sentite dei ragazzi urlare, non c’è da preoccuparsi: nessuna rissa. Molti studenti, soprattutto provenienti dall’hinterland, si ritrovano e si sfidano a...
Se passate davanti ai giardini pubblici e sentite dei ragazzi urlare, non c’è da preoccuparsi: nessuna rissa. Molti studenti, soprattutto provenienti dall’hinterland, si ritrovano e si sfidano a colpi di morra. E, come da tradizione, non lesinano certamente sul volume. |