20.3.18

«I maschi? Sono vittime», il blog di Alessandra vola Diventa un caso la provocazione di Cantini, ex candidata di Forza Italia col master in relazioni internazionali. E arriva ai microfoni della “Zanzara”

Leggendo il blog della  tipa  ,  le  sue  dichiarazioni   è posso dire  è ' fuori o  è in cerca  di pubblicità  . Anche se  preferisco  la prima ipotesi  .Qui mi fermo non voglio abbassarmi al suo livello e mettermi a fare battute sessiste  e  volgari  . L'unica  cosa  che  mi  viene  da  dire   a   chi mi dice  che  


Sabrina Velenosa La tua condivisione è pubblicità. Lei ha ciò che vuole...
Gestire

Giuseppe Scano In effetti . Ma come si fa non ignorarla
Gestire

Giuseppe Scano Sabrina Velenosa nel senso che dice cose talmente strane per una donna che non si può fare a menoi d'ignorarla


http://iltirreno.gelocal.it/livorno/cronaca/2018/03/18/news/


«I maschi? Sono vittime», il blog di Alessandra vola Diventa un caso la provocazione di Cantini, ex candidata di Forza Italia col master in relazioni internazionali. E arriva ai microfoni della “Zanzara”                                    
                                    di Roberto Riu







LIVORNO. Ha 26 anni, parla cinque lingue straniere, si è di recente laureata in scienza politiche con specializzazione in relazioni internazionali, ha recitato nel film “La prima cosa bella” diretto da Paolo Virzì nel 2010, è stata candidata nella lista di Forza Italia alle ultime elezioni regionali, sta scrivendo un libro sulla condizione femminile ed ha appena aperto un blog intolato “The Venusians” in cui si schiera apertamente contro le posizioni femministe. «Il femminismo è una nuova sorta di comunismo, vuole annullare la differenza di genere, vuole la parità completa tra uomo e donna che è innaturale». E da qualche ora Alessandra Cantini, che il Tirreno ha intervistato in anteprima, è diventata anche un personaggio cult tra radio e web. 
Ad accendere su di lei i riflettori nazionali è stata la sua intervista al programma di Radio 24 “La zanzara” condotto da Giuseppe Cruciani e David Parenzo. Qui Alessandra ha lanciato la sua provocazione, sempre in tema donne, sesso e potere. Facendo ovviamente riferimento anche allo scandalo di Hollywood nato dalle accuse lanciate da Asia Argento e da altre donne al produttore Weinstein accusato di aver approfittato per anni del suo ruolo per ottenere favori sessuali. «Tra Asia Argento e Weinstein preferisco Weinstein. Asia Argento ha goduto di ciò che ha ottenuto. Prima accetta i favori di un uomo e dandogli favori gode una sacco e poi lo denuncia e lo rovina» ha dichiarato Cantini ai microfoni della Zanzara e su questa linea ha continuato, rispondendo alle domande di Criciani.
Un’intervista di quelle che lasciando il segno e infatti nel giro di poco le dichiarazioni di Alessandra hanno fatto il giro della rete, sito Dagospia compreso. 
Un’altra soddisfazione per la livornese Alessandra Cantini che proprio come donna si propone in difesa del genere maschile dando vita ad un progetto che trova appunto il suo strumento di diffusione nel blog da lei avviato nel febbraio scorso, presentato a Milano ed anche qui a Livorno. È un’idea che, come lei stessa tende a precisare, si richiama, quando si dice il caso, al suo nome di battesimo: «In greco Alessandra significa appunto protettrice dell’uomo». Pochi giorni fa Alessandra ed il suo blog sono stati al centro di un’ampia intervista pubblicata sul quotidiano madrileno “La Razòn”, uno dei principali giornali spagnoli. Guardando al suo attuale impegno uno dei temi da lei affrontati è il caso Weinstein e quanto ne è scaturito in questi ultimi mesi: «Non si può ottenere un ruolo in un film, – dice – magari lanciandoti in una carriera milionaria, e dopo vent’anni denunciare l’uomo che ti ha dato quell’opportunità. O uscivi dalla camera o non ci entravi proprio». 
La presentazione del blog è avvenuta a Milano: «Ci ho creduto molto e da quando l’ho avviato è stato come un’onda, un’idea veniva dietro l’altra. A Milano dove l’ho presentato sono tutti impazziti. D’altronde faccio una cosa di cui gli uomini penso abbiano bisogno ed anzi valorizza la donna in quanto tale». Proposto in inglese,ma facilmente traducibile in altre lingue, il blog, che ha come sottotitolo “La bellezza salverà il mondo” riprendendo una celebre frase di Dostoevskij, ha perciò un obiettivo a carattere internazionale: «Spero di creare anche un ponte con la Russia dove penso di recarmi fra un po’».

16.3.18

Ricordo bene il 16 marzo 1978 di © Daniela Tuscano

Ricordo bene il 16 marzo 1978. Era plumbeo, come al solito. Le figure di quegli anni scorrono uniformi davanti agli occhi della memoria. L'immaginario cromatico lo formava la televisione e molti programmi venivano trasmessi in quel non-colore monotono, ingessato, quasi autarchico; lo chiamavano bianco e nero e in realtà era grigio, come i cappotti, le giacche strizzate, i colletti inamidati e le sterminate periferie cittadine. Anche le voci dei mezzibusti risuonavano neutre, vagamente untuose, con echi di democristiana pudibonderia. Quella stagione istituzionale volgeva al declino mentre attorno a me urlavano mondi scarlatti che l'informazione ignorava o non comprendeva: indiani metropolitani, controcultura, femministe, diversità, marginalità, sorrisi psichedelici, sogni libertari e sessi incerti. Quelli erano colori, anche quando irrompevano nel bigiognolo del piccolo schermo. Pensavo sarebbe presto scoppiata la rivoluzione della pace. 

L'immagine può contenere: 2 persone, schermo


Invece, il mondo era in guerra. Quando rapirono Moro mi trovavo a scuola, l'aula ancor fredda per i rigori dell'inverno e un pallore d'antico ospedale. E poi le suore angosciate, le preghiere. Ci mandarono tutti a casa dove trovai il volto severo di mio padre, i denti piccoli e digrignati di mia nonna, lo smarrimento di mia madre. Ma mio padre era lo Stato, il quarantenne comunista divenuto lo stellone. Che ripeteva di tener duro, che la democrazia andava difesa e i brigatisti, "falsi compagni", abbattuti a ogni costo. Non so esattamente cosa provai. Detestavo la violenza e i terroristi, percepivo indistintamente che non stavano dalla mia parte e la rivoluzione della P38, portata avanti da "proletari" appartenenti all'alta borghesia, non era quella sognata dalla mia famiglia operaia. 
E, d'altronde, ero smagata, distratta e ribelle. Più che Moro, allora, mi segnò Peppino Impastato. Anch'io amavo la radio e la rivoluzione volevo farla dalle idee, dall'arte e dai colori. E ancor più mi segnarono Fausto e Iaio, che raggiunsi quand'era troppo tardi; cioè, ai funerali. 

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Scappai da scuola per assistere al corteo funebre e conservo ancora un petalo dei garofani lanciati per loro. Ricordo tanti volti, lacrime di rabbia e dolore. Cupe e giudici, come sanno esserlo quelle dei giovani. Eravamo giunti a frotte, compatti e straripanti, perché a quei tempi l'Italia aveva ancora un viso ventenne. Ci sentivamo soli, consci d'esser stati ingannati, vinti dalla polvere bianca come il ragazzo stramazzato sulla panchina d'una celebre foto. Il prete inutilmente benedicente indicava la sconfitta dei padri e i figli traditi, crocifissi senza resurrezione. Eravamo gli ultimi, e lo sapevamo. L'omicidio di Fausto e Iaio ebbe un che di pasoliniano e li inchiodò per sempre a una gioventù gridata, di case-formicai e asfalti bagnati. Meritavano di uscire da quel mondo in transito, immeritevole e oscuro. 
Oggi, a distanza di 40 anni, cerco di spiegare alle generazioni affidatemi un passato così tragico e all'apparenza lontano. Dove tutti fummo colpevoli e vittime. Ma dove non tutto, malgrado il grigio livellatore, era uguale, e le coscienze sobbollivano, nel dolore profondo d'un sacrificio già deciso, oltre noi e sopra di noi.

© Daniela Tuscano

P. S
Ho raccontato anche di Sergio Ramelli. 
L'immagine può contenere: 1 personaDi cui in realtà non ho alcun ricordo. Ero troppo piccola e nessuno, all'epoca, ne parlò. L'ho scoperto molto più tardi, studiava all'istituto che, per breve tempo, mi vide giovane docente. Era bello, poetava. Sì, d'accordo, c'era il Fronte della Gioventù. Ma c'era soprattutto la gioventù. E il diritto a viverla. Aveva uno sguardo spettinato, una vaga e inerme grazia. Non doveva morire, non così.

prima d'accusare almeno informarsi No . Il caso del film la ciociara di Mario Salieri . A mente fredda posso dire che i suoi detrattori hanno torto


in sottofondo   

Lady Barcollando - Cristiano De André

In questi giorni sono riuscito a vedere il film La Ciociara di Mario Salieri . Di cui    avevo parlato l'anni scorsdo    , vedere  archivio  blog  ,  per  gli attacchi  aprioristici  ed  struimentali \  ideologici  ( anche  personali   )    e le polemiche  ch'esso aveva provocato . 
 





Ora  non capisco tutte le polemiche che provoco l'estate scorsa . Anche se in chiave hard \ eoritica che si sia , da quel poco che ricordo  del romanzo  di Moravia  devo andare a rileggerlo , mantenuta fedeltà al romanzo   a cui liberamente  cisi  è ispirati  . Infatti gli eredi e i   " curatori  "   del fondo  alberto Alberto  Moravia hanno protestato o si son lamentati ) . Io non  ho visto quell'uso strumentale , speculativo, ed  offese  alla menoria  di  chi subito  quelle  vioelnze  che  si trovsano descritte sia nel   romanzo di Alberot Moravia   e dek  film   (  vedi  foto  sotto  )  la  ciociaria    con Sophia Loren . 
E' vero che stupri e violenze sessuali ci sono ne fillm  , anche troppi da rendere pesante ed poco ecittante ed arrappante la visione ad uno  come me   pornodipendente ed fruitore di tali film , ma non sono queli che il tamburellante  tam  tam  mediatico   s'aspettava ovvero  le orribili Marocchinate .  C'è  si  nel  finale  un  piccolo  cenno  m verbale   da parte dei protagonisti   ma  nessuna  scena   nè  hard  nè  normale   ovvero   non come ne parlarono  i suoi detrattori  aprioristici
“Marocchinate”: i bambini violentati, le sorelle crocefisse, il prete seviziato, la nonna stuprata da 300 soldati…
 

Quindi  un



alla  parlamentre  de Pd    Maria  spillabotte che  interviene  qui il suo intervento  senza aver  richiesto al regista  o procuraqasi la scenegiatura del film   ed  a  tutti quelli che   come  la   spilabitte  non hanno nè letto la sceneggiatura  nè  visto il film  ,  alcuni dei  quali     sono arrivati  a   minacciare  il regista  e  le attrici  .  cioè tutte  querlle  persone  che    non collegano il cervello prima  di parlare   po non  cercano  conferme  o smentite   sullla  trama  del film in questione    e   parlano   senza 



 basandosi solo  sul  titolo   o  quanto  gli diconoglia ltri  \e 
   

Io sono libera e non sono una puttana, «Salvatore mio...» È l’unico modo che ho per rendere un briciolo di giustizia a Maria Concetta che non è stata solo una vittima della ‘ndrina calabrese ma anche della nostra ipocrita pochezza che permette alle mafie di esistere




Ci sono storie speciali  che non hanno   temo  ( alcune   a lieto  fine  altre  come  questa   dal triste  finale  )  che toccano il cuore perfino   a  chi   usa  ( o ci  prova  quotidianamente  come nel mio cas)  cuore  e mente per  non essere  d'assente   . Storie    che  coinvolgono  anche  se  vecchie  d'anni  (  la  storia   di Maria   è del  2014\5  )  emotivamente anche chi le racconta: quella di Maria Concetta è una di queste. Una storia simbolo di opposizione alla ‘ndrangheta sulla quale non deve ,  come  per  tutte le mafie  , mai calare l’oblio. Lo dobbiamo  ---  come dice  questo articolo  di http://www.antimafiaduemila.com/  --- a  Maria Concetta   ma  anche    a  tutti  quelli   che in  silenzio    a differenza dei protagonisti dell'antimafia  combattono contro la mafia  le mafie 




al suo coraggio, al suo esempio e alla sua immensa voglia di vivere.


Io sono libera e non sono una puttana, «Salvatore mio...»
È l’unico modo che ho per rendere un briciolo di giustizia a Maria Concetta che non è stata solo una vittima della ‘ndrina calabrese ma anche della nostra ipocrita pochezza che permette alle mafie di esistere


Maria Concetta Cacciola sognava la libertà. Per questo era destinata a morire
Sono all’incirca queste alcune delle parole che Sylvia De Fanti fa dire a Maria Concetta Cacciola mentre porta in scena la sua drammatica vicenda nella trasposizione teatrale “O cu nui. O cu iddi”. Maria Concetta: una donna del Sud che voleva sentirsi libera di vivere la propria vita e la propria femminilità; una donna che voleva sentirsi bella e desiderata. E non per vana civetteria né per cattivo gusto: no. Per una donna che libera non nasce ma, come una bestia in gabbia, viene al mondo per crescere in cattività ed essere figlia, sorella, moglie e madre sottomessa e servizievole in maniera esemplare, l’idea di poter sentire lo sguardo di un uomo posarsi su di sé può essere un’esigenza, profonda e inspiegabile, per sentirsi viva, per poter dire a se stessa: «anche io esisto».È l’esigenza di chi cresce avviluppata e mortalmente intrappolata negli schemi di una cultura che non si è mai liberata della sua arretratezza, nonostante i cambi d’abito e di trucco. Quando ascolto queste due battute, un brivido corre lungo la schiena: un’emozione così forte che trattengo a stento le lacrime.



«In te ho visto la libertà, Salvatore mio».
«Io amo la bellezza: voglio sentirmi libera, io voglio affascinare, voglio sentirmi desiderata».
«Salvatore mio…»In quell’invocazione, amorevole e disperata insieme, sento risuonare la fatica compiuta per cercare di agguantare quella libertà che a Maria Concetta è costata la vita. La libertà di autodeterminarsi a partire dalle cose più banali come la scelta di un taglio di capelli, di un abito o di un rossetto, la libertà di parlare e muoversi senza temere di suscitare gelosie e diffidenza o giudizi sulla propria dubbia moralità. La libertà di vivere la propria femminilità senza sentirsi una “puttana” indegna o un’oca senza cervello, buona solo a letto, a passare da un uomo all’altro. La libertà di esistere senza nemmeno sentirsi un gingillo fragile da proteggere da un mondo di uomini voraci e affamati di sesso, incapaci di rapportarsi a una femmina senza pensare che, prima o poi, la farà cedere e cadere tra le proprie braccia. Chiamarlo amore proprio non si può né si può pensare che tutto questo possa essere una forma di rispetto per la donna in quanto essere debole da salvaguardare.Senza minimamente pretendere di avvicinare la propria alla storia drammatica di Maria Concetta Cacciola, i cui sogni sono stati traditi dal suo Salvatore e che è stata uccisa dalla madre, dal padre e dal fratello per quel desiderio di libertà e quel bisogno di dignità, c’è però un filo rosso che tiene insieme la sua e tante, troppe, vicende di dolore e solitudine, il prezzo da pagare per soddisfare il bisogno di affermare a voce alta e ferma: «anche io esisto».Un bisogno latente che esplode nel momento in cui la vita crea le condizioni utili a farti capire che sotto la gonna e il cappello c’è qualcosa di più di un bel faccino e di un corpo che può essere oggetto delle attenzioni indesiderate di un uomo che sente di avere il potere di disporre di te in virtù della sua posizione. Nel momento in cui la vita crea le condizioni utili a farti comprendere che non c’è nulla di male a volerti sentire bella e desiderabile, pur restando fedele, prima di tutto a te stessa, senza dover necessariamente essere in vendita. Nel momento in cui la vita ti permette di capire che la tua intelligenza ha un valore e non è giusto mortificarti, mortificare il tuo aspetto, per non essere esposta a giudizi e critiche di sorta o al rischio che mani indesiderate scivolino lì dove non vuoi.Un aspetto, per tutto questo, da valorizzare solo in presenza del tuo di uomo, l’unico a autorizzato a portarti in giro abbigliata in un certo modo perché lui sì che può salvaguardarti. Quel bisogno che esplode nel momento in cui la vita ti aiuta a capire che se anche dovessi rimanere sola, senza un compagno che ti protegga, nulla sarebbe perduto né ci sarebbe alcunché di male. Nulla di male nel voler rompere gli schemi sociali e familiari che ti ritraggono sposa soddisfatta di una vita di agi. Romperli scegliendo di mandare all’aria un matrimonio sicuro, per incamminarti sulla via, colma di insidie, che si dispiega nel mezzo della sfida lanciata a tutti, in primis alle tue certezze, per cercare di costruirti da sola e misurarti con le tue forze in un mondo di uomini e pregiudizi. E giocare la tua partita con lavori creati dal nulla, che danno un po’ più di peso al tuo nome, al tuo cervello e alle conoscenze faticosamente costruite, concretizzate in una casa piena dei tuoi libri e del tuo bisogno di intimità, nella quale coltivare la tua indipendenza. L’indipendenza che ti permette di dire, con sorridente determinazione, di «no» a chi vorrebbe possederti anche a rischio di sentirti ripetere: «ma tu così gli uomini li farai sempre scappare».Che continuassero a farlo. Questo è l’unico modo che ho per rendere onore a me e ai sacrifici non solo miei ma di tante che, prima di me, hanno lottato per aprirmi l’orizzonte di quella che ci si affanna a chiamare, con grande enfasi, emancipazione. È l’unico modo che ho per rendere un briciolo di giustizia a Maria Concetta che non è stata solo una vittima della ‘ndrina calabrese ma anche della nostra ipocrita pochezza che fa di un costume, dell’apparenza, l’essenza di un individuo. Quella pochezza che permette alle mafie di esistere.

  il resto della  storia    sugli url in cima  al post  




15.3.18

L'ultima frontiera di C'è posta per te: rendere show il volto della crisi desolante spettacolo di Maria De Filippi. Che sbatte in prima serata storie di ordinaria desolazione. Non più fatti privati, ma vere e proprie colonscopie di un paese che soffre e viene ridotto ad attrazione nuda


ci manca  , ma mi sa  che  ci siamo vicini che  trasmetteranno in diretta  o  in differita     programmi   direttamente  dal cesso  , mentre  facciamo  .... plin plin oppure  ,popo popo   o   mentre  ...... copuliamo o  facciamo attività  onanistica  . Purtroppo  ha  ragione  La  Guzzanti  di cui  ho citato la canzone precedente  




 http://espresso.repubblica.it/visioni/2018/03/07/news/l-ultima-frontiera-di-c-e-posta-per-te-rendere-show-il-volto-della-crisi-1.319305?ref=RHRR-BE

Non c’è nessuna novità nel prendere 
i panni accartocciati dal cesto nello sgabuzzino e decidere di lavarli nella piazza televisiva. È talmente una solfa già vista che quasi non ci si fa più caso. Però quando l’Italietta desolante si ostina a volersi superare, come accade puntualmente tra una busta e l’altra 
di “C’è posta per te”, sorge il dubbio dell’accanimento terapeutico. Non basta più litigare davanti alle telecamere, spruzzare veleno familiare su tutto l’albero genealogico, denunciare corna 
e malefatte dopo l’arrivo del postino 
in divisa. La frontiera è stata ormai scavalcata. E si è passati a storie di ordinaria desolazione, dove la parola crisi si infiocchetta per la prima serata e viene regalata come un piatto ricco al buffet.





Così accade che ci sia una moglie povera ma onesta che per esprimere il suo amore al coniuge si presti ad elencare 
nel dettaglio tutte le difficoltà economiche che l’hanno inaridita. 
Non più fatti privati, ma vere 
e proprie colonscopie di un paese che soffre e viene ridotto ad attrazione nuda 
e cruda. Uno show che si nutre dell’umiliazione dell’altro, mentre Maria passeggia elencando come le Pagine Gialle i sacrifici a cui costringe un’ordinaria esistenza di precariato: «Trentotto centesimi per tre pacchi di pasta lunga, 59 per quattro di pasta corta. E per Natale niente casa di Frozen per la bambina, costava troppo». Nessuna dignità, nello srotolare la storia dettaglio dopo dettaglio, navigando con leggerezza tra le lacrime scomposte dei protagonisti intimiditi dalle luci. E nessun ritegno quando i bambini ricchi entrano 
in studio con mosse provate e riprovate accompagnando l’ospite di turno per regalare assegni, canzoni e cotillon 
in mezzo a trionfali sorrisi. In sintesi, 
uno spettacolo indecoroso. 
Come se la tv fosse un pagliaccio ridente capace di risollevare animi e finanze con una risata, gongolando in attesa dei dati di ascolto del giorno dopo.
Un piccolo schermo col cerone e le scarpe buffe dove chi è preso di mira è quel lato debole dell’umano pubblico che ormai ridotto ai minimi termini si presta a perdere ogni senso della misura. 
Ma quel pagliaccio in realtà è il mostro 
di IT. E prima o poi lo lasceremo 
nella busta.





HO VISTO COSE BELLE
In fondo non si chiede poi tanto a un programma tv: solo di essere brillante, visivamente gradevole, capace di raccontare delle storie, in grado di farci sorridere e perché no, emozionare. Semplice. Ed è quanto ha fatto per 
la seconda stagione Riccardo Rossi con “I miei vinili”. Su Sky arte, 
con intelligenza a 33 giri.



HO VISTO COSE BRUTTE
Luca Tommassini perché 
lo hai fatto. Il passaggio 
da X Factor ad Amici sembra un gesto da marito di mezza età che per l’illusione di una facile giovinezza 
si butta tra le braccia di una blanda ventenne. Ma un curriculum solido come il suo che razza di bisogno 
aveva di essere immerso nell’arena degli urletti formato Instagram?







14.3.18

se a dire che le nemiche delle donne sono le donne è una donna che ha subito abusi e violenze silenzio se lo dice un uomo è sessimo

   
Se un uomo ( anche il sottoscritto scrisse sulla sua bacheca di fb tempo fa disse   la stessa cosa  ed  fu  violentemnete  ataccato dalle  femministe  fra cui  una sua migliore  amica  ) dice che il Risultati immagini per donne  nemiche  delle donnevero nemico Delle donne sono le donne stesse viene bistrattato ed accusato di : sessismo, misoginia e maschilismo . Se lo dice

 ci sono donne che per prime dubitano davanti a questi eventi e che, invece di sostenere, accusano la donna stessa, la vittima stessa". studio medico gratuito centro storico di napoli"Ci sono donne intimamente subordinate alla figura del maschio", si legge ancora, " donne che non giudicano questi comportamenti come molestie, ma come inevitabili avance e che scatenano in loro anche qualche lusinga. Donne deboli che non vogliono vedere i soprusi, che non hanno il coraggio per rendere migliore questo mondo e si limitano ad accettare di buon grado qualsiasi parola di troppo, arrivando anche a giustificare i molestatori. Ecco, io oggi non dico grazie a quelle donne. Non a loro. Troppo spesso l'anno di molte di noi si apre, continua o finisce con una denuncia per molestia sessuale, quando ci va bene. E non grazie alle donne che non alzano la testa o che non sostengono le loro sorelle: cambieremo questo mondo. Donne forti, vi ringrazio. Alle altre donne dico: vi aspetto dall'altra parte. Là dove c'è il coraggio, l'amore per le altre, per voi stesse e magari, forse, un futuro diverso"




una donna che ha subito   recentemente     vedi    qui  molestie e violenze  allora nessuno dice niente  seileznzio.

altro che scarpe rosse 'Com'eri vestita?': in mostra a Milano gli abiti delle vittime di violenza ed femminicidio

ecco   una  bella iniziativa  , altro che le  scarpe  rosse  , per denunciare  gli  stereotipi ed  i  luoghi comuni di genere .

 da http://milano.repubblica.it/cronaca/2018/03/13

"La mia amica mi disse, forse lo hai provocato tu?". E' una delle frasi esposta accanto agli abiti - fra magliette a maniche corte, un pigiama, una sciarpa fuxia - scritta da una donna vittima di violenza sessuale. 'Com'eri vestita?' è la mostra-installazione che, realizzata sulla scia dell'originaria americana, inaugurata qualche anno fa in Kansas, espone gli abiti delle sopravvissute a violenze sessuali, nata per accendere i riflettori sulla domanda che viene posta alle vittime, attribuendo loro una responsabilità nella violenza. La mostra, inaugurata alla Casa dei Diritti di Milano in via De Amicis e organizzata dal Centro antiviolenza 'Cerchi d'Acqua', è visitabile fino al 21 marzo (ingresso libero). Molto spesso alle vittime di violenza sessuale viene domandato: "Che cosa indossavi? Com'eri vestita?". Un interrogativo che contiene una sfumatura accusatoria e colpevolizzante, sottintendendo "l'essersela un po' cercata" e ribaltando l'attribuzione della responsabilità non su chi è autore di violenza sessuale, ma su chi la subisce. Cerchi d'Acqua ha voluto riadattare e sviluppare l'idea della mostra americana calandola nella realtà milanese, territorio in cui opera da molti anni, per smantellare alcuni stereotipi: primo tra tutti l'idea che l'abbigliamento possa essere una causa di violenza e che l'atteggiamento della vittima possa provocarla

13.3.18

In Italia una donna neppure in un ospedale viene rispettata ?Visita choc dal ginecologo: “Perché sei lesbica? Con me avresti cambiato idea”

 IL fatto che trovate sotto é la risposta  ed  un ampliamento  a chi mi dice che sono utopista   quando dico che in Italia é un tabù essere omosessuale / Gay .


Una visita ginecologica di routine si è trasformata in un incubo per una ragazza di 23 anni di Ischia. Il medico, infatti, avrebbe più volte lanciato allusione e battutine, oltre che “un lungo bacio viscido sulla guancia”. La giovane lo avrebbe poi denunciato per molestie sessuali: “Mi ha letteralmente immobilizzato. Ero tesa, non riuscivo a rispondergli”.
Allusioni e battutine, un "lungo bacio viscido sulla guancia" . Maria (nome di fantasia) racconta una visita ginecologica che si è trasformata in un incubo. Perché il professionista, che ha provveduto a denunciare ai carabinieri per "molestie sessuali", l'ha messa a disagio. "Di più, mi ha letteralmente immobilizzato. Ero tesa, non riuscivo a rispondergli".
 
Roma, fine gennaio. Lei ha 23 anni, è di Ischia, dove ha vissuto fino all'età di dodici anni. Bellissima, ma questo non conta. "Ad accendere il medico è stato l'aver appreso della mia omosessualità - racconta, ancora provata, benché siano passate diverse settimane - perché quando gli ho spiegato che non ho avuto rapporti con uomini, è partito sparato: " Se avessi avuto trent'anni di meno avrei provato a farti cambiare idea e ci sarei riuscito"". 
Aspetto borghese e fare educato, il ginecologo - racconta Maria - "mi ha rivolto questa frase insinuante guardandomi negli occhi, mentre mi sottoponeva a una transvaginale" . Imbarazzo, l'auspicio che si tratti di una battuta, benché evidentemente non riuscita. E invece no: da lì, va avanti un controllo che diventa, per lei, una sofferenza: "Mi ha detto: " Perché vai a letto con le donne? Avrò la muffa dentro io, ma trovo strana questa cosa dell'omosessualità. Non credo accetterei un figlio gay" ha continuato. E ancora: "Sei troppo bella, torna agli uomini invece di stare con le tue amichette. Ma non ti manca il rapporto con un uomo?"".

Fino al crescendo, lei immobile e disorientata, quasi impotente, ma soprattutto - spiega - "umiliata " : "" Sei proprio una monella" mi ha detto, tastandomi il seno e riferendosi ai miei tatuaggi" . Maria ha trovato il coraggio di raccontare la storia, che potrebbe avere una coda giudiziaria, sul suo profilo Facebook, in occasione della festa della donna, accompagnandola con una chiosa diventata virale: "Grazie a tutte le donne che ho accanto, che hanno saputo farmi capire il loro disgusto, il loro sostegno, la loro comprensione. Grazie alle donne che sostengono altre donne, le loro battaglie e il loro punto di vista; che possono capire profondamente cosa voglia dire questo tipo di abuso e, vestendo i tuoi panni, sanno darti calore e valore. Questa vicenda è stata per me anche chiarificatrice della natura di chi avessi accanto. Mi sono resa conto che ci sono donne che per prime dubitano davanti a questi eventi e che, invece di sostenere, accusano la donna stessa, la vittima stessa". 
studio medico gratuito centro storico di napoli
"Ci sono donne intimamente subordinate alla figura del maschio", si legge ancora, " donne che non giudicano questi comportamenti come molestie, ma come inevitabili avance e che scatenano in loro anche qualche lusinga. Donne deboli che non vogliono vedere i soprusi, che non hanno il coraggio per rendere migliore questo mondo e si limitano ad accettare di buon grado qualsiasi parola di troppo, arrivando anche a giustificare i molestatori. Ecco, io oggi non dico  grazie a quelle donne. Non a loro. Troppo spesso l'anno di molte di noi si apre, continua o finisce con una denuncia per molestia sessuale, quando ci va bene. E non grazie alle donne che non alzano la testa o che non sostengono le loro sorelle: cambieremo questo mondo. Donne forti, vi ringrazio. Alle altre donne dico: vi aspetto dall'altra parte. Là dove c'è il coraggio, l'amore per le altre, per voi stesse e magari, forse, un futuro diverso".


Ora inizialmente leggendo solo la semplice slide su fcebook credevo che più che molestia si trattasse d'insulri i pesanti ed offensivi . In quanto da quel che so è molestia  (  e  da li il passo  alla  violenza  sessuale  \ stupro  è molto vicino    se  non uguale  )  se:

1) Ricevi attenzioni non richieste o contro la tua volontà“La molestia – spiega l’esperta - è quella pungente sensazione di disagio, tale da alterare le normali caratteristiche di uno stato, di un'azione o di un comportamento, provocata da fattori o agenti interni o esterni, oggettivamente ostili o sentiti come tali. Nello specifico è molestia sessuale qualsiasi atteggiamento rivolto alla vittima non consenziente”.
2) Si rivolgono a te con espressioni “colorite”“Sono comprese tra le molestie sessuali- precisa Migliaccio - espressioni verbali spinte che alludono alla sfera sessuale e atti di corteggiamento ripetuti e rifiutati da chi li riceve: è importante sapere che se c’è anche un contatto fisico nei confronti della vittima, la cui libertà sessuale viene in tal modo limitata, è violenza sessuale”.
3) Subisci un palpeggiamento“ ma anche palpeggiamenti, toccamenti, sfregamenti messi in atto nei confronti di un’altra persona per soddisfare o eccitare il proprio istinto sessuale sono da considerarsi un’intrusione violenta nella sfera sessuale della vittima perché coinvolgono la sua corporeità”, aggiunge l’esperta.


Se la vittima è donna, si parla di violenza di genere: “Questo tipo di violenza - spiega Migliaccio  sempre  su  D  di repubblica   - costituisce una grave forma di violazione dei diritti umani - ovvero dell’integrità, fisica, psicologica, economica della persona - e una privazione della libertà personale, un ostacolo al godimento del diritto a una cittadinanza sicura, libera, giusta. L’ONU e l’UE definiscono “violenza di genere” quella che si annida nello squilibrio relazionale tra i sessi e nel desiderio di controllo e di dominio sessuale, culturale, sociale ed economico degli uomini sulle donne”. 
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Ora un conto pensarlo o dirlo fra amici ( anche se questo non è bene pero la cultura maschilista \ sessista non si uccide dall'oggi al domani o meglio non si smette di coltivarla \ alimentarla dall'oggi al domani fino a farla estinguere ) ma dirlo e soprattutto farlo verso  un donna   ce  ne passa  . Quindi  come  voi ( noi  )  esercitate possesso su  una  donna    sono legittimate  a rispondervi   come nella foto a sinistra .
E soprattutto   a approvo  quanto  dice  la  ragazza in questione   ,  e qui  mi  tolgo  una soddisfazione  e mi faccio una  risata  😅🤣🤔🙄,  in quanto  dissi io una cosa  simile rivolto ad un determinato tipo di donna  : <<  il vero nemico delle donne sono le  donne stesse  >>  venni etichettato come un  sessista , un misogino ., ecc,Ora  che lo dice  una donna  ,  va  e  capiscilo ha  più  valore  e  non è sessimo   

Decostruire la mascolinità non significa demolire l’uomo. È reinventarlo, liberarlo dalle catene degli stereotipi affinché possa essere se stesso,

Ultimo  post  per  questa  settimana   sulla violenza  di genere o  femminicido    La nostra  mascolinità, spesso definita da stereotipi cul...