17.11.13

Musica, il rock stona con la morale e perde smalto oppure è morto come diceva un tempo sting ?

le  dichiarazioni  di sting 



di Massimo Del Papa


CULTURA
Musica, il rock stona con la morale Jagger cantò i pregiudizi sessuali. Zappa sfidò gli Usa. Oggi le provocazioni sono liofilizzate. E nessuno teme la censura. 



Mick Jagger nel 1985, cristallizzando una koinè, disse: «Il rock, per essere tale, deve essere pericoloso».
Il linguaggio comune del rock è il sesso, con la sua pretesa di scardinare la calcarea architrave dei valori accettati, del perbenismo borghese.
Qualcosa di congenito al genere, prima ancora di tutti gli altri significati che con il tempo l'avrebbero rivestito. La stessa definizione, rock and roll, è di natura sessuale, deriva dallo slang del blues, ribollente di metafore, di doppi e tripli sensi erotici. E il grido più famoso del rock nascente, Awop bop-a-loo-mop-alop-bam-
(© Getty Images) Mick Jagger, leader dei Rolling Stones. 
boom, altro non era se non l'onomatopea di una irrefrenabile eiaculazione (di natura omosessuale, per di più).
JAGGER, L'AMBIGUO DEL ROCK. Proprio Jagger incarna da mezzo secolo, più di chiunque altro, da David Bowie a Iggy Pop, da Lou Reed a Jim Morrison, la suprema ambiguità del rock, ribelle anticapitalista ben piantato nel capitalismo, multinazionale di se stesso.
Capofila di una schiera infinita di eroi sessualmente incerti, il suo ruolo è stato a un certo punto insidiato da Michael Jackson, perfino più strambo di lui. Ma quest'ultimo ha finito per implodere nelle proprie vanità e nei suoi stessi incubi.
LA FINZIONE FA BUSINESS. Oggi Jagger, a 70 anni, fa salire sul palco le moderne eroine della trasgressione sessuale, da Lady Gaga a Katy Perry, ed è più incorreggibile che mai mentre duetta insieme con loro con l'aria di pregustarne il pasto nudo.
Allo stesso tempo, tutto è finzione, orientata a un business colossale. Oggi il mondo si interroga sulla portata effettiva degli attacchi misogini o omofobi da gente come Eminem o Robin Thicke; ma a quest'ultimo risponde, in chiave femminista, Lily Allen con una canzone se possibile ancor più esplicita.Ecco servito un bel cortocircuito.


I Rolling Stones e gli attacchi alla morale negli Anni 60






Proprio gli Stones, alle metà degli Anni 60, si segnalarono con un attaccato ben organizzato alla morale dell'epoca, sferrato con una micidiale serie di canzoni sessiste; giunsero al culmine una decade più tardi con l'album Black and Blue, annunciato da una ragazza in bondage, piena di ecchimosi, che ammiccava: «I Rolling Stones mi hanno ridotto così e mi piace da matti».
SFIDA ALLE DONNE. Le proteste femministe furono ovviamente furibonde, ma niente in confronto a due anni dopo, quando, nel brano Some Girls, Jagger schiacciò l'immaginario femminile contro un muro di pregiudizi geosessuali: le italiane che si vendevano per una macchina, le inglesi che gli davano figli mai chiesti, le americane che volevano tutto, «le negre che vogliono essere fottute tutta la notte... non ce l'ho tutta quella marmellata».
Il brano, raccontò poi Glyn Jones, ingegnere con gli Stones, nacque «con Mick che, completamente ubriaco, si presentò in studio e per 45 minuti farneticò le sue visioni più oscene mentre il gruppo gli suonava sotto; alla fine, tenemmo i cinque minuti più divertenti e... presentabili». Figuriamoci il resto.
Jagger, in quel 1978, aveva il problema di rintuzzare l'attacco che gli proveniva dal punk nascente.
LE PARODIE DI FRANK ZAPPA. Su coordinate del tutto personali, Frank Zappa, figura unica di pornografo moralista, si servì del sesso per fra tremare le mura di Jerico della morale americana. Finendo spesso oltre i limiti del pessimo gusto, inzuppando la sua polemica sociologica in una misoginia religiosa: le ragazze cattoliche capaci di ogni perversione, le «piccole principesse giudee» che guaivano come cagne.
Zappa è responsabile di una fra le più offensive, parodie della sensibilità omosessuale, He's so gay rappresentata dal vivo con pantomime davvero disgustose; salvo chiudere la rappresentazione con una chiosa: «State attenti. A ciascuno di voi potrebbe capitare di venire discriminati per quello che siete».
GUERRA ALLA CENSURA PREVENTIVA. Zappa era, a modo suo, un liberale vero, che aveva a cuore la libertà di espressione ad ogni livello. Non esiterà ad imbarcarsi in una crociata donchisciottesca contro Tipper Gore, moglie del futuro vicepresidente Al, che stava insufflando una nuova censura preventiva sui dischi rock con il suo Pmrc, associazione che, con il pretesto della salvaguardia genitoriale contro le oscenità, puntava a preservare la morale Wasp.Zappa non poteva spuntarla contro «gli Stati Uniti d'America». Ma riuscì almeno nell'intento di sollevare il problema; nella composizione Porn Wars, arrivò a inserire spezzoni delle udienze del processo che lo riguardava, alternati a irridenti passaggi sonori e sarcastici estratti rumoristi.
La storia si ripeteva: e non è mai stato sciolto veramente il dubbio su quanto il nascente rock and roll dovesse al maccartismo declinante.Negli Anni 80 cambia tutto con la 'musica da vedere' di Mtv. 
Il rock per esistere (e il senso del rock, alla fine, è «siamo qui per far soldi»), deve essere pericoloso, il che
significa avere sempre una Gerusalemme da liberare. Ma spesso, chi parte lancia in resta è una Jezabel.


Negli Anni 80, l'avvento di Mtv



(© Getty Images) Una performance della cantante Miley Cyrus. 
Il rock per esistere (e il senso del rock, alla fine, è «siamo qui per far soldi»), deve essere pericoloso, il che significa avere sempre una Gerusalemme da liberare. Ma spesso, chi parte lancia in resta è una Jezabel.
Negli Anni 80, l'avvento di Mtv, della 'musica da vedere', avrebbe definitivamente sdoganato il corpo, cioè una sessualità sempre più prorompente e scoperta a tutti i livelli.
In mezzo alla contraddizione tra libertà e controllo sarebbe finita, più di tutte, la componente omosessuale, bisex o transgender, da una parte enfatizzata, dall'altra attaccata da altri musicisti, rapper o popstar che fossero, e inevitabilmente boicottata.

ZERO SDOGANA IL CORAGGIO. In Italia un caso singolare è dato da Renato Zero, che, a 63 anni, appare sempre più impegnato a rievocare un passato avventuroso e sessualmente indefinibile dal quale, nel contempo, sembra prendere sempre più le distanze.
Ma forse la frase più sincera Zero la concesse una ventina d'anni fa, a successo completamente riconquistato: «Mick Jagger a 50 anni può permettersi di sbattere le chiappe in faccia ai fotografi: qui non te lo fanno fare, qui prima o poi la paghi». Lui si era stancato di sdoganare il coraggio degli altri.

NUOVI ATTACCHI ALLA LIBERTÀ. Oggi sulla ribalta internazionale non c'è popstar femmina che non indulga in baci saffici, spesso gratuiti, con qualche collega; allo stesso tempo, un 'Comitato genitori russi cattolici' non molto diverso dal vecchio Pmrc di Tipper Gore, riesce a impedire al gay e padre Elton John di esibirsi in Russia, il Paese che manda ai lavori forzati in Siberia tre ragazzine, chiamate Pussy Riot, che a Vladimir Putin davano meno fastidio di una mosca.
Problemi e intralci omofobici subiscono Madonna, Lady Gaga e molte altre icone ambigue, mentre Rihanna cerca e trova la sua censura andando a girare un video licenzioso davanti alla moschea di Abu Dhabi.

MORALE ATTENTA AGLI ECCESSI. Certo, non si può impedire che la morale corrente si preoccupi e si interroghi di fronte agli eccessi della musica pop; allo stesso tempo, pretendere da questa musica che non sia 'pericolosa', che smetta di provocare, equivale a volerla eliminare. Oltre a caricare i cantanti di missioni salvifiche che non spettano loro.
Si cavalca e insieme si denuncia una 'pornomusica' sicuramente discutibile, ma la realtà va oltre: le lolite che stanno emergendo dalle Alpi a Capo Passero, sarebbero state scongiurate impedendo il twerking a Miley Cyrus?

NUOVE PROVOCAZIONI LIOFILIZZATE. Queste sono provocazioni liofilizzate, il rock non è più pericoloso come quando la Cia, il Fbi e i comitati parrocchiali facevano spiare Elvis Presley, John Lennon e pressoché tutte le rockstar.
Ma il punto, forse, è un altro: se a preoccupare oggi non sono più i Bob Dylan e i Keith Richards, ma gli Eminen, i Thicke e i Daft Punk, la cui Get Lucky è stata 'adottata' dalla polizia russa, forse sono le società e relativi governi a sentirsi meno saldi di un tempo. Forse stiamo di nuovo guardando più il dito della Luna.

Giovedì, 14 Novembre 2013


I DUE VENTENNI CHE HANNO RIFIUTATO TRE MILIARDI DI DOLLARI: SNAPCHAT RESPINGE L’OFFERTA DI FACEBOOK (MA ANCHE DI GOOGLE E DEI CINESI)

  
da http://www.nuovaresistenza.org/


I DUE VENTENNI CHE HANNO RIFIUTATO TRE MILIARDI DI DOLLARI: SNAPCHAT RESPINGE L’OFFERTA DI FACEBOOK (MA ANCHE DI GOOGLE E DEI CINESI) – IL SOLE 24 ORE

POSTED BY MACWALT ON NOV 17, 2013 IN INTERNET, TECNOLOGIA | 0 COMMENTS


ilsole24ore.com – I due ventenni che hanno rifiutato tre miliardi di dollari: Snapchat respinge l’offerta di Facebook (ma anche di Google e dei cinesi)

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Il servizio di messaggistica istantanea Snapchat (che sta conquistanto i teens e permette l’invio di foto, messaggi e video che si cancellano dopo dieci secondi dalla lettura) ha rifiutato un’offerta di acquisizione da tre miliardi di dollari da parte di Facebook. La notizia è stata rivelata dal Wall Street Journal..
Secondo il quotidiano economico americano pare che la proposta non sia stata l’unica: anche Tencent Holdings, sito di e-commerce cinese, avrebbe messo sul tavolo quattro miliardi di dollari. A queste offerte si aggiungono anche i rumors di un altro rifiuto eccellente quello a Google. Sul sito Valley Wag si legge che anche Sergey Brin e Larry Page avevano messo sul piatto quattro miliardi, ma il deal non è stato preso in considerazione..
Il 23enne Evan Spiegel e il socio Bobby Murphy, 25 anni, studenti a Stanford, non dimostrano alcun interesse verso la vendita. Forti del successo ottenuto fino ad ora, i giovani milionari che hanno creato l’azienda solo due anni fa, attendono di crescere ancora di più per poter strappare un’offerta più interessante o di diventare ancora più grandi per poi quotare l’azienda, seguendo l’esempio di Twitter. I pochi dati che i due soci hanno reso pubblici dicono che il loro business nonostante non macini, al momento, alcun utile è in crescita. A ottobre attraverso le app di Snapchat per Ios e Android venivano scambiati 350 milioni di foto, video al giorno e il trend è in continua crescita..
Se Facebook fosse riuscito a portare a termine l’acquisizione, quest’ultima avrebbe rappresentato la più costosa della storia del social network, battendo il record del 2010 quando spese 1 miliardo di dollari per Instagram.

anche i gay e i single posso offrire amore ai bambini in afido o in adozione .la storia di Mario zidda ex sindaco di Nuoro che fu adottato da due single

 Cercando  ,    chi   qualcosa  di Piera serusi  , giornaliusta  che scrive  la  rubrica  storie  per  il  giornale   L'UNIONE SARDA.it   ho trovato (  è  un articolo  di  2  annifa   , ma    è ancora  attuale    )   La storia dell'ex sindaco di Nuoro Zidda 'Io, bimbo felice, adottato da due single'. Essa dimostra  , come    se  l'ambiente  di  chi   ha  il compito dell'affido o dell'adozione   è sereno  poco importa  se   esso sia un single  come in questo caso  o gay   come  sta  avendo in questi giorni con l'afido   di bambini \e  a coppie  gay     

La storia dell'ex sindaco di Nuoro Zidda 'Io, bimbo felice, adottato da due single'




La Corte di Cassazione ha invitato il Parlamento ad aprire, quando vi siano particolari condizioni, alle adozioni dei minori da parte dei single. L'ex sindaco di Nuoro interviene nel dibattito. 
di PIERA SERUSI

«Io sapevo che non ero figlio loro, però sentivo di far parte di una famiglia. Ne ho sempre avuto coscienza,
Mario Zidda
sempre. Ma oggi ancor più posso affermare di aver avuto tutto ciò di cui un bambino ha bisogno: la certezza di un rifugio sicuro, la consolazione di un abbraccio, il sostegno lungo l'impervio cammino che porta ogni piccino a diventare grande. Non ritengo la mia vita una lezione magistrale, ma è la mia storia, e se la racconto per la prima volta dopo sessant'anni è soltanto perché io posso testimoniare che, per un bimbo che sa cos'è l'abbandono, l'amore di una famiglia - anche imperfetta - è sempre meglio dell'abisso della solitudine».
FESTA DEL PAPÀ Non è stato semplice ottenere questa intervista. Chi conosce Mario Demuru Zidda, ex sindaco di Nuoro, sa bene che uno dei tratti del suo carattere è la riservatezza, una discrezione che l'ha sempre portato a distinguere nettamente il piano dell'impegno politico e amministrativo da quello privato. Ha contravvenuto a questa regola giusto due settimane fa, per dare un contributo al dibattito che si è aperto in Italia sull'adottabilità piena dei minori anche da parte dei single dopo la recente sentenza della Corte di Cassazione intervenuta sul caso che riguarda una signora di Genova.
Questa è una storia che va raccontata nei giorni della Festa del Papà, per ribadire che - qualunque sia la nostra idea a riguardo - la famiglia non è solo e soltanto il triangolo affettivo e naturale tra babbo, mamma e figli. Famiglia è la casa che salva un piccino dalla solitudine.
L'ORFANOTROFIO Ogni bambino abbandonato nasce più di una volta, quando è guardato dalle stelle. Mario Demuru, venuto al mondo nel dicembre 1945 a Brunella, Budoni, aveva un anno e otto mesi quando Pasqua e Caterina Zidda, due sorelle di Orune, classe 1906 e 1908, lo presero in casa come un figlio. «È stato abbandonato dalla mamma», disse loro padre Gavino Lai, il direttore dell'orfanotrofio femminile 'San Giuseppe' di Nuoro. «Le mie due nuove mamme mi accolsero così, senza aver ricevuto alcuna garanzia, sia per me che per loro, sul futuro dell'affidamento. È stato il loro atto di generosità senza condizioni a salvarmi la vita».
Erano gli anni del dopoguerra. Pasqua e Caterina Zidda, che a Nuoro erano arrivate negli anni Trenta a servizio dalle famiglie benestanti, avevano un piccolo negozio di generi alimentari e una casetta in piazza Santa Croce. «Era una casa sempre piena di gente. Pasqua e Caterina ospitavano due loro fratelli e più tardi pure una nipote. Accoglienza e amore: era questo, per loro, il senso della famiglia». La memoria corre ai giochi per strada, ai vicini di casa («come i fratelli Rondello, scalpellini e cacciatori di professione»), alla tavola dell'ora di pranzo apparecchiata anche per tre impiegati delle Poste e per il calzolaio, il signor Bastiano Dessena («per arrotondare, le mie due mamme cucinavano per i pendolari»); alle vacanze estive dalla nonna a Orune («lì, coi miei cuginetti, sentivo fortemente il senso della mia appartenenza a tutta la famiglia: ero stato riconosciuto come uno di loro»).
LE RADICI Aveva cinque anni quando Pasqua gli disse: «Vieni con me, andiamo a visitare padre Lai». Le due mamme, modernissime e intelligenti, avevano deciso che il bambino doveva sapere, doveva conoscere le sue origini. «Un bambino abbandonato più che sentire la propria condizione si chiede il perché, ha bisogno di risposte ma allo stesso tempo cerca di esorcizzare il problema. È lì che nasce la sofferenza, il disagio di una personcina non ancora formata che cresce in un istituto. L'istituzione, a prescindere dalla presenza di operatori caritatevoli e attenti, è sempre anaffettiva, assolutamente inadeguata a sostenere il bambino nella ricerca di un senso di sé e della propria vita. Per questo credo che una famiglia, purché sia, è sempre meglio della solitudine, della mancanza di punti di riferimento».
«Certo, finché è possibile l'ideale è una famiglia tradizionale, con padre e madre. Ma è riduttivo porre la questione dal punto di vista di chi può o non può adottare un bambino, perché l'unico bisogno di cui si deve tener conto è quello del minore. Va bene l'adozione da parte di un single, se risolve il problema di un bambino che non ha nessuno al mondo: è un modo per allargare le opportunità di salvezza di tanti piccoli abbandonati. Io sono cresciuto con due mamme single e nessun papà, ma è stata una famiglia a tutti gli effetti».
TRE COGNOMI Mario Demuru Zidda ricorda ancora il senso di desolazione provata quando, preso per mano da Pasqua, varcò il portone dell'orfanotrofio. «Ebbi l'impressione di esserci già stato e, per un attimo, sentii ancora il vuoto della solitudine. Padre Lai era un buon sacerdote dei suoi tempi. Era stato lui ad affidarmi alle sorelle Zidda, con l'intermediazione della signorina Campanelli che per anni si occupò di sciogliere i nodi della parte burocratica della mia affiliazione. Persino il cognome cambiava: nell'arco di poco tempo mutò tre volte: prima Demuru, poi Zidda, poi Demuru Zidda».

IL LEGAME DI SANGUE Non era un bambino che faceva domande. «Non ce n'era bisogno. Pasqua e Caterina mi hanno sempre raccontato tutto. Loro andavano alla ricerca dei tasselli sparsi delle mie origini, li ricucivano e me li narravano. Avevano capito il mio bisogno di tornare sui miei passi, di conoscere le mie radici. A cinque anni ho cominciato così a esplorare la via che mi ha portato a sapere di mia madre e, avevo 17 anni, a conoscerne i familiari. Ho poi conosciuto anche mio padre, certo. Avevo 25 anni, è stato un incontro voluto da lui che mi aveva sempre tenuto d'occhio, da lontano. Se ho provato sentimenti ostili? No, mai. La mancanza di un padre forse l'ho sentita durante l'adolescenza, solo perché confrontavo la mia realtà con quella degli altri ragazzi. Ma, onestamente, se penso al prima e al dopo, dico no: non c'è stato un vuoto d'affetto». Pasqua e Caterina non ci sono più. Una è morta nel 1979, l'altra nel 2003. «Sono state le mie due mamme. Dandomi una famiglia mi hanno ridonato la vita».

PIERA SERUSI

16.11.13

ricordi di persone scomparse in un giorno di pioggia

Musica  consigliata  ed  in sottofondo Modena City Ramblers - In un giorno di pioggia


  a  chi leggendo questo post    mi dirà che parlo di cose  tristi  rispondo  come ha  risposto   questa persona  all'interno della discussione   da  cui  ho tratto questo post  di  Ivan Il Terribile  eccetto  l  foto   della  finestra  della mia  camera ( le  altre due le  trovate   qui sul  mio facebook  )   fatta poco fa con il mio samsung GT -S6500il testo



Roberto Ladu la pioggia rende più malinconici...ci son quelle giornate che è bello ricordare anche le cose che ci fanno male...35 minuti fa · Non mi piace più · 2



Quando ti ho visto la prima volta, tutto tirato, dietro il bancone di quella discoteca paesana, mi sei stato subito antipatico. Sorridente e un pò convinto. Capelli scolpiti e un sorriso che non risparmiavi.
Poi nasce l'amicizia. Una strana tra ragazzi di età molto diversa, eravamo quasi fratello grande e tu quello
piccolo. Tu che riscuotevi grandi successi con le donne ma non ti concedevi facilmente. Mi chiedevo perché non le amassi tutte, quelle donne che ti facevano sguardi languidi e proposte per me insperate. Invece tu avevi un cuore grande come una casa, volevi una ragazza con cui avere una storia d'amore nonostante tutto. Avevi paura di innamorati. Ti davo qualche consiglio ma sapevi cavartela benissimo.
Arrivò l'amore, l'estate, ci si vedeva meno ma ero felice di riabbracciarti quando ci incontravamo. Poi l'estate è finita. E pure tu te ne sei andato.
Lavoravi e un maledetto giorno ti ha visto cadere sotto quella trave di ferro. Ti sei rialzato, come sempre, tranquillizzando tutti.
E così sei morto, un arresto cardiaco dopo l'altro.
Ti potevi salvare hanno detto.
Pioveva quei giorni.
Quando inizia la pioggia mi manchi più del solito.



facebook smiley sad mi  ha fatto   ritornare  alla mente  ,  un mio  amico  \  conoscente  morto   in un cantiere  non ricordo se   cadendo  da  un ponteggio  o  un ponteggio  gli  è caduto  sopra  .  Ma   poi sempre  all'interno della discussione da  cui ho preso  il testo   ho appreso  e  ricordato che  :   non solo  la persona scomparsa
aveva 24\25 anni , ma che Fu travolto da un elemento di prefabbricato metallico :-(  \  facebook smiley sad 

psicotaxi di sophia corben mi ha stregato

Di  solito  è raro che  compri    libri  di cui  intervisto  gli autori   perchè  \)con i tempi che corrono    ho  (  spendo in fumetti  e  cazzeggi vari  ) pochi  €  o perchè  sono troppo  culone     e  li ricevo in omaggio dagli autori  che ho intervistato  come il caso di    la  società  sparente  di Emiliano Morrone  e  Francesco Saverio Alessio   .,Rino Gaetano: La tragica scomparsa di un eroe  di Bruno Mautone. 2)  spesso  si conosce  un  di più  un libroisenza  leggerlo che   leggerlo  ., 3)   ho tanti di quei libri  , libretti  riviste  ed  opuscoli , enciclopedie  , ecc  che  nonon  ho poiun briciolo di spazio    Ma   rileggendomi  l'intervista da me  fatta  all'autrice   in un post  precedente  (  che  trovate  qui ) e  vedendo questo promo del libro



 credo che lo comprerò  .
Mi piace  come scrive   , come  ha risposto alle  mie  domande talvolta  banali  . Ma   specie    , facendo un mestiere difficile   come testimonia  questo  video  sotto  sempre  dello stesso autore  



L'autrice  del  libro  (  vedere  il suo blog   www.psicotaxi.it  )    è una  che resiste   e che   calma è e paziente  ,  o  è buddista  o che  ha  studiato e pratica  zen  .ù

15.11.13

Un pallone al posto del pennello Così lo sytudente d'archittettura Marcello Rosas ritrae Gigi Riva

dall'Edizione di venerdì 15 novembre 2013 - Cronaca di Cagliari (Pagina 23) dell'unione  sarda  

Marcello Rosas, 26 anni, studente in architettura, ha inventato il football paintingDipinge Riva con i dribblingPallone e vernice: così nasce l'opera “Rombodituono”



Marcello Rosas è l'autore della prima opera d'arte al mondo realizzata con un pallone al posto del pennello. L'ha dedicata al suo mito Gigi Riva.
Fin da piccolo ha sempre avuto tre passioni: il calcio, Gigi Riva e la pittura. Poi un giorno, alla fine della scorsa estate, è scattata qualcosa e ha deciso che era venuto il momento di provare a metterle insieme. Così, ha creato “Rombodituono”, la prima opera d'arte al mondo di “football painting”, un quadro realizzato usando i piedi e un pallone anziché le mani e il pennello. Marcello Rosas, 26 anni, oristanese, studente in Architettura a Cagliari, non poteva che dedicare al più grande goleador del calcio italiano e al Cagliari dello scudetto la sua sorprendente opera d'arte.
IL RACCONTO «Una notte ho fatto un sogno in cui dipingevo l'immagine di Riva mentre giocavo con un
pallone “sporco” di vernice. La mattina al risveglio ho cominciato a studiare il modo per realizzarlo», racconta questo artista fuori dal comune, con un breve passato nella nazionale di calcio a 5. Così è nata l'idea. Per tradurre il sogno in realtà ha utilizzato una tela grande 1,8 x 3 metri, un barattolo di vernice, un pallone da calcio e la fantasia. Il risultato è sbalorditivo: una gigantografia di Gigi Riva con la maglia del Cagliari dello scudetto allo stadio Amsicora che suscita un'incredibile emozione.
PERCHÉ I PIEDI Quando gli si domanda perché ha usato i piedi, Marcello Rosas risponde con la semplicità di un saggio. «Perché gioco a calcio da quando sono piccolissimo e perché lo strumento di un pittore è, comunque, la testa», spiega. «Ho sempre pensato che l'arte non abbia confini, non importa cosa una persona usa per esprimersi, ciò che conta è quello che si riesce a trasmettere all'esterno». Può sembrare un concetto banale, quasi scontato, ma a vedere questo capolavoro non è così. Sono soprattutto i particolari a rendere straordinario “Rombodituono”: come le migliaia di cagliaritani “stipati” sulle gradinate dell'Amsicora che spuntano alle spalle di Riva, oppure il profilo del viso che tratteggia la giovinezza o, ancora, i quattro mori bendati sulla maglia. «Volevo fare qualcosa in cui riuscissi a coniugare la mia grandissima passione per il pallone con la pittura. Niente altro», dice ancora.

IL VIDEO Di questa opera d'arte esiste anche un video di pochi minuti. È sempre il pittore-calciatore-aspirante architetto a scrivere la sceneggiatura: il filmato mostra un giovane che palleggia tra alcuni barattoli di vernice, il pallone finisce sul colore nero e a quel punto, sulle note della sigla della Domenica Sportiva del 1970, l'anno dello scudetto, comincia a nascere l'opera. Su Youtube, “Marcello Rosas Rombodituono” è un video cliccatissimo. «Volevo fare un regalo speciale al mio mito, che fosse in grado di arrivare anche agli altri. Chissà se Gigi Riva apprezzerà!», dice quasi sottovoce. Apprezzerà, sicuramente.

Mauro Madeddu

14.11.13

La sfida di Carlo Petrini:«Mangiare pulito e sano Un diritto per tutti»"Cibo e libertà. Slow Food: storie di gastronomia per la liberazione (Giunti, pagine 192, 12 euro).



da  la nuova sardegna del  13\11\2013


Il padre fondatore di Arcigola, Slow Food e Salone del Gusto spiega il rapporto tra ambiente alimentazione e giustizia sociale
di Pasquale Porcu Accendi la tv e a qualunque ora del giorno e della notte trovi qualcuno che spadella,
assaggia, pontifica di cibo. Ma tutto questo aspetto parascientifico, ludico e leggero dell’argomento “mangiare”, raramente si incrocia con gli appelli che vengono da quanti (sempre di più) non hanno da mangiare. O con il grido d’allarme che sale dal mondo delle campagne, dove contadini e allevatori vivono ormai in condizioni sempre più difficili, a causa dei fatti dell’economia o delle emergenze ambientali. Se si pensa bene ai paradossi del mondo alimentare, insomma, si rischia quasi di impazzire. Meno male, in tutti questi anni, che un personaggio come Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, ci è venuto in soccorso dandoci il filo rosso da seguire per capire l’ universo magico e contradditorio del cibo. Il libro L'ultimo contributo che ci regala Petrini è da qualche giorno in libreria. Si intitola "Cibo e libertà. Slow Food: storie di gastronomia per la liberazione (Giunti, pagine 192, 12 euro). Petrini sostiene che nel corso dell'ultimo trentennio nel mondo del cibo c'è stata una vera e propria rivoluzione. Ma ogni rivoluzione che si rispetti libera energie e genera cambiamenti importanti. Una tesi che farà discutere, non abbiamo dubbi, che Carlin (come lo chiamano i suoi amici) espone facendo ricorso alla sua storia personale, che si sovrappone a quella dell'Arcigola, di Slow Food, del Salone del Gusto e di Terra Madre. Quelle teorie che enunciate alla fine degli anni Ottanta potevano apparire quelle di un Guevara dell'alimentazione si sono diffuse ora in tutti i
continenti contribuendo a creare un movimento, riconosciuto da autorità politiche, accademiche e religiose (apprezzato pubblicamente anche da Papa Francesco) dal quale nessuno ormai può più prescindere. Dalla terra alla tavola «No, non il mangione che non ha il senso del limite e gode di un cibo solo quanto più è copioso o quanto più è proibito_ scrive nel libro Petrini-. No, non lo stolto dedito ai piaceri della tavola che se ne infischia di come un cibo è arrivato al desco. Mi piace conoscere la storia di un alimento e del luogo da cui proviene, mi piace immaginare le mani di chi l'ha coltivato, trasportato, manipolato, cucinato, prima che mi venisse servito». «Vorrei che il cibo che consumo– precisa l’autore– non privi di cibo altri nel mondo. Mi piacciono i contadini, il loro modo di vivere la terra e di saper apprezzare il buono». E ancora: «Il buono è di tutti; il piacere è di tutti, poiché è nella natura umana. C'è cibo per ognuno su questo Pianeta, ma non tutti mangiano. Chi mangia, inoltre, spesso non gode, ma mette benzina in un motore. Chi gode, invece, spesso non si preoccupa d'altro: dei contadini e della terra, della natura e dei beni che ci può offrire». Il cibo e il porno E poi una considerazione anche su come si consuma il cibo. Petrini lo paragona al porno, vale a dire al sesso consumato ma senza amore. «Pochi– afferma Petrini – conoscono ciò che mangiano e godono per tale conoscenza, fonte di piacere che unisce con un filo rosso l'umanità che la condivide». «Sono un gastronomo,– dice – e se vi vien da sorridere, sappiate che non è semplice esserlo. È complesso, perché la gastronomia, considerata una Cenerentola nel mondo del sapere, è invece una scienza vera, che può aprire gli occhi. E in questo mondo d'oggi è molto difficile mangiare bene, ovvero come la gastronomia comanderebbe». Cibo sì, dunque: Ma libero dagli estetismi modaioli degli anni Ottanta e libero dalla fame di chi non ha da mangiare. Diecimila orti La sfida, oggi, è in America Latina e in Africa con il progetto di 10 mila orti da realizzare. Ormai la scommessa da vincere coinvolge tutto il pianeta. E per questo diventa subito progetto politico che ha dimensioni planetarie. Ma non c’è da scoraggiarsi. Lo dice anche la storia recente. Ricordate il 1986? Era l’anno della scandalo del vino al metanolo. Un imbroglio che ha dato un colpo mortale all’enologia del Belpaese. Il metanolo «Ho ancora nitida negli occhi la visione di Beppe Colla, allora presidente del Consorzio di tutela Barolo Barbaresco, – racconta Petrini nel libro – che piange in televisione dopo lo scandalo del vino al metanolo. Un pianto mal trattenuto, fiero ma disperato. In quel momento – erano i primi di aprile del 1986 – sembrava davvero finita per tutto il comparto del vino italiano. I blocchi alle dogane e un tracollo d’immagine portarono a chiudere l’anno con un calo del 37% nelle esportazioni e una perdita di un quarto del valore per l’intero settore. Fu impressionante viverlo in Langa, vicino a tanti amici produttori. In quel pianto pubblico di Beppe Colla non c’erano solo la disperazione per l’onta intollerabile e per il profilarsi di una grossa perdita economica, c’era molto altro. E dopo quasi trent’anni mi è ancora più evidente».Quel disastro, come sappiamo, cambiò per sempre (in meglio) il vino italiano e la sua immagine. Non è successo altrettanto con altri scandali (per esempio l’inquinamento da atrazina nella Pianura Padana di cui si parla nel libro). Una nuova sensibilità Vero è, comunque, che le riflessioni avviate su quei fatti da una serie di associazioni (a iniziare ovviamente da Slow Food) hanno contribuito a creare una maggiore sensibilità sul rapporto tra cibo e ambiente. «Questo insieme di valori oggi – scrive Petrini – è di grande attualità: c'è chi si è specializzato nel promuoverli o difenderli anche solo in parte, ma pochi colgono la portata dell'insieme, la preziosità dei collegamenti nascosti. La nostra visione è invece olistica, onnicomprensiva e complessa». «Non si può guardare al cibo da un solo punto di vista, inseguendo unicamente e separatamente il buono, il pulito o il giusto– osserva Petrini –. Ma c'è anche chi era ossessionato dal buono e ha fatto passi in avanti verso il pulito, chi voleva soltanto il giusto o il pulito ma si è poi accorto di quanto fosse importante il buono». Il libro del padre di Slow Food lancia un messaggio di speranza. Non solo, insomma, qualcosa si muove. Ma, come affermava tempo fa Edgar Morin su Le Monde, «tutto è già ricominciato». Anche se la strada per arrivare a un cibo “pulito, sano e giusto” è ancora impervia.

viaggiare ballando la storia di Mickela Mallozzi

da http://www.lavocedinewyork.com/

  In viaggio ballando


[28 Apr 2013 | 0 Commenti | 95.960 views]


Mickela Mallozzi danza a Grotta del Turco (Foto di Bridget Palady)


OGNI Luogo ettari Una storia, e Il Modo più bello per condividerla E ATTRAVERSO la musica, la danza, l'arte, e la festa. Non Importa se ci vuole Un viaggio in aereo di 24 ore o Solamente 10 Minuti A piedi per Arrivare, la Scoperta di cultura Nuove e la mia Missione. Sono Stata Una ballerina ndr Una musicista Tutta la vita, e Vivere Come una Newyorkese km Da un pieno accessori Tutte e dovuta QUESTE forme d'Arte e Altro Ancora. Eppure, ho Ancora this fama insaziabile di assaporare OGNI cultura ATTRAVERSO la mia, in Un'autentica Tradizione Popolare, e, SOPRATTUTTO, Nel Luogo in cui si nasce. La mia Storia INIZIA venire tante, Casualmente - STAVO lavorando per un'azienda, guadagnando di piú Quanto potessi Immaginare, Sperando di Diventare Una dirigente in Un Futuro non troppo Lontano. Ero implacabile, volevo Avere Successo Nella Vita e mi identificavo negligenza Zeri Scritti sul mio STIPENDIO. DOPO alcuni Anni di Attività con l'industria musicale (il Che ha incluso also feste con rockstar e bighellonare con Celebrità also non della musica), ho sentito il Che Quel Lavoro non faceva per me. Lavorare venire mangiatoia per artisti, significazione Essere also Una baby sitter per ADULTI. Così ho DECISO di lasciare Tutto. Ed ero Ancora Giovane. Non ero Sposata, non possedevo niente (venire la maggior Parte degli Abitanti di New York), ero in Missione per trovare la mia vera Vocazione: sono nata per tariffa di Cosa a Questa Vita?



Le mie dovuto Passioni Sono Semper stato ballare e Viaggiare, in quest'ordine. Avevo tre Anni QUANDO ho iniziato la Formazione in Danza e per I Viaggi, avevo iniziato also prima. Io sono italo-americana di prima Generazione ed ho avuto la possibilita di visitare la terra lontana del Sud Italia, Quando ero Ancora Una bambina, Dai Primi Anni '80. E non solo era ONU Piacere per me, Bensi also ONU Privilegio Estremo. I Miei genitori avevano UN 'salvadanaio per l'Italia', cosi potevamo Andare a trascorrere delle Nazioni Unite Paio di Estati Nel Posto il Che Onu tempo Loro chiamavano 'casa'. Ed E Stata Molto Di Più Che Una vacanza, E Stata Una lezione di Tradizione, di lingua, cultura e storia della Mia Famiglia.
QUANDO ho frequentato l'Università a circa 16 Anni, DOPO Il mio primo Volo Transatlantico, ho DECISO di Studiare all'Estero, Nel Paese Che ho chiamato 'patria'. Fu Allora, con I Primi Viaggi veri per Conto Mio, abbandonata a me stessa, il Che Ho Contratto il 'bug del Viaggio', il Che mi ha Fatto continuare ad Esplorare.  ì Così il Che vivo Ora - Unendo le dovute maggior Parte delle Cose Che amo : Viaggiare e ballare. Insieme mi Danno Modo di Scoprire le molte, diverse ed Estremamente ricche cultura caratterizzano il Che Gli Esseri Umani. QUESTE Sono le basi, il Che ci Fanno sorridere - Le basi del celebrare Insieme, condividere musica e Movimento. QUESTE emozioni non Hanno Bisogno di Traduzione, in Nessuna lingua. Anni di Viaggi mi Hanno Fatto Capire Che Non è la DISTANZA Fisica costituisce il Che Il Viaggio.  E l'Esperienza Che ti da, il trasportarti in Un Altro Luogo, ANCHE SE potrebbe non Essere Più Lontano del Tuo Vicino di Casa. Allora unitevi a me, vi portero Nelle Mie Avventure Culturali di Tutto Il Mondo, Alla scoperta delle Tradizioni Popolari di OGNI Luogo Che visito ATTRAVERSO L'Arte, la Musica e la danza: dal Carnevale sull'isola di St. Thomas, al ballare tango a Buenos Aires, al "Contra" danza a Saratoga Springs, New York, e per celebrare La Sagra delle Regne Nel Paese natale della Mia Famiglia a Minturno, Italia!

dall'italia all'estero e dall'estero in italia le storie di Lara Manganaro

Sfogliando  con curiosità  www.americaoggi.info   ho trovato quest'altro  sito   da  cui riporto due  articoli interessanti

da  http://www.lavocedinewyork.com/

SFIDA NEW YORK

Sono originaria di Varese, al momento di casa a New York prima di tornare a Rimini dove vivo…per ora. Ho lavorato in
televisione e nella carta stampata. Laureata in Scienze politiche e con un Master in Pnl e Neurosemantica sono giornalista e life coach. Da qui ho ideato la nuova figura di life journalist un connubio tra la creativitá e la capacitá di raccolta delle informazioni del giornalista e l’umanitá e positivitá del life coach per aiutare le persone a raggiungere i propri obiettivi ad affrontare positivamente i cambiamenti. Così una volta arrivata a New York ho creato il mio blog lifejournalistblog.com dove parlo di life style, coaching, benessere ma soprattutto racconto la storia degli italiani, e non solo, che hanno realizzato il loro sogno di vivere nella Big Apple superando ostacoli e difficoltà. Ma come hanno fatto? Me lo sono chiesta più volte allora sono andata a cercare le risposte





La scienziata che qui ha imparato a non giudicare gli altri


Lara Manganaro, biologa molecolare, è ricercatrice del virus Hiv al Mount Sinai Hospital, : "Mi manca tantissimo l'Italia, ma tutti dovrebbero uscirne per un periodo, aiuta ad aumentare l'elasticità mentale"
                                                                    Lara Manganaro a Washington Square

Una passione per la ricerca scientifica e una vita di studi. L'amore per la scienza sbocciato da bambina per poi crescere sui banchi del liceo e il sogno di diventare uno scienziato l’ha portata a New York.
“Qualunque cosa tu possa fare, qualunque sogno tu possa sognare, comincia. L’audacia reca in se genialità, magia e forza. Comincia ora”. Johann Wolfgang Göethe



Lei è Lara Manganaro originaria della provincia di Udine. Dopo la laurea in Biotecnologie mediche ed un dottorato in biologia molecolare vola a New York con in tasca una borsa di studio per il The Mount Sinai Hospital uno dei più antichi e grandi ospedali didattici degli Stati Uniti. Qui è ricercatrice del virus Hiv o Aids. Prima di lavorare a Microbiologia ha lavorato un anno nel dipartimento di Immunologia, poi ha deciso di cambiare perchè il primo amore non si scorda mai. “Ho sempre avuto una grande passione per i virus e in particolar modo per l’Hiv, che è stato anche il mio argomento di ricerca durante il dottorato in Italia. Hiv è un virus talmente affascinante che anche dopo tanti anni non mi annoia!”


Lara vive col marito, anche lui ricercatore, nella Big Apple ormai da 4 anni. Ci siamo incontrate nel parchetto di fianco alla fermata della subway sulla 72st per poi recarci ad un caffè lì vicino ed iniziare a raccontarci. Lara inizia a parlarmi del suo percorso professionale puntando l’accento sul fatto che andare all’estero è una tappa obbligata se vuoi fare ricerca: “Tutti i miei colleghi di laboratorio più ‘anziani’ di me se ne sono andati dopo la fine del dottorato. Quindi ho sempre saputo che se avessi volute continuare a fare ricerca, prima o poi, avrei lasciato l’Italia. Gli USA sono molto competitivi nel mio campo quindi erano la mia prima opzione. Purtroppo il mio primo
impatto con l’America mi ha lasciato molto delusa. Nel 2006 sono andata ad Atlanta per un congresso. Era la prima volta che vedevo l’America. Ero piena di aspettative e Atlanta l’ho trovata molto triste. Quindi mi sono detta ‘io in USA non ci vado’. Così ho cominciato a considerare laboratori a Londra. Poi nel 2007 sono venuta a NY durante il viaggio di nozze. Io e mio marito ci siamo innamorati della città. Ho pensato che NY era un posto dove potevo vivere”. E così è stato. Lara dopo la laurea in Biotecnologie Mediche presso l’Università di Trieste è entrata nel programma di Dottorato in Biologia Molecolare della Scuola Normale Superiore di Pisa continuando a svolgere la sua attività di ricerca a Trieste all’ICGEB (International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology) da qui ha poi ottenuto la borsa di studio per svolgere ricerca negli States.
“Lasciare l’Italia è stato difficile. In aeroporto ho pianto tantissimo! Ma quando sono arrivata a NY tutto era elettrizzante. Mi sono sentita subito a casa”. Nonostante si sentisse a casa, i primi mesi non sono mancate le difficoltà. Parlava solo l’inglese scientifico quindi quando si discuteva di Dna, protein, molecole etc., non aveva problemi. L’inglese “da tutti i giorni” era più complicato. “Potevo tranquillamente parlare di DNA e proteine ma non sapevo come intavolare una conversazione su film, musica o qualsiasi altra cosa che non fosse scienza. Dopo un po’ di mesi impari e tutto fila liscio. I primi mesi a NY me li ricordo bellissimi, tutto era nuovo, emozionante, mi sembrava di essere in un film. Ogni tanto ancora adesso”.
L’ostacolo della lingua rendeva complicato anche le cose più stupide come pagare le bollette, il contratto d’affitto e capire cosa la gente diceva, soprattutto al telefono! “Essere in due rende tutto piu’ semplice. Ci si aiuta a vicenda. Iniziare un nuova vita insieme alla persona che ami è una bellissima esperienza”. Dopo i primi mesi le cose iniziano a migliorare e anche la lingua inglese diventa sempre più familiare.Lasciando l’Italia è potuta crescere professionalmente grazie alle opportunità che offre la città. “A NY hai la possibilita’ di conoscere molte più persone, di andare piu spesso a congressi per presentare il tuo lavoro e partecipare a seminari di scienziati molto importanti che raramente passano per l’Italia”. 
“Il viaggio non soltanto allarga la mente: le dà forma”.
 Bruce Chatwin
Lara consiglia a tutti di uscire dall’Italia, anche solo per un breve periodo. Aiuta ad aumentare l’elasticita’ mentale e capire quali sono le cose importanti. Nonostante viva da 4 anni a NY, l’Italia le manca sempre “L’Italia è il mio paese e penso che sia il paese più bello del mondo anche se ha un sacco di problemi. Quando te ne vai ti accorgi di quanto è bella e ti manca”.
Nei momenti di maliconia o tristezza Lara per tirarsi su di morale parla con il marito oppure esce con i suoi amici o li chiama su Skype se sono fuori NY. “Non ho mai pensato di tornare indietro, non avrebbe senso. Ho passato mesi a concentrarmi sul problema. Poi quando non mi piaceva più il lavoro che svolgevo ho iniziato a cercarne un altro per trovare la soluzione. Vivere a NY può sembrare complicato perchè è molto cara e frenetica. Ti devi spostare sempre in metro. Per fare qualcosa con i tuoi amici devi organizzarti settimane prima perchè sono tutti molto impegnati. Ma allo stesso tempo è difficile che tu ti senta uno straniero a NY, lo sono tutti. Ed inoltre la trovo molto “europea” come città. Credo che per un italiano sia piu facile vivere a NY che ad Atlanta!” 
“Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo”. Gandhi
New York l’ha cambiata. L’ha resa una persona più forte e indipendente. Poi le ha insegnato a non giudicare: “Credo che la cosa principale che ho imparato è di non giudicare gli altri. Allo stesso tempo mi sento piu libera perchè gli altri non giudicheranno me. Credo che qui a NY nessuno ha veramente tempo di preoccuparsi di cosa fanno gli altri, nel bene e nel male”.
In future lei e suo marito vorrebbero tornare in Europa perchè NY è una citta troppo cara per crescere dei figli: “Vorrei tornare in Europa. L’Italia sarebbe il mio sogno, ma Francia, Germania e Inghilterra vanno bene”. 
Lifejournalistblog.com

  La  seconda    storia  sempre  dallo stesso  sito    riguarda il  percorso inverso  

Quella ragazza italo-canadese che amava tanto l'Italia...


[14 Nov 2013 | 0 Comments | 182 views]


Escono le nuove statistiche AIRE (Anagrafe Italiani Residenti Estero), che confermano l'allarmante fuga dei giovani soprattutto dalle regioni Settentrionali. Leggendo i dati, ci viene in mente una storia emblematica



La tabella indica in migliaia gli italiani iscritti all'AIRE: nel 2012 i cittadini italiani residenti ufficialmente all'estero erano 4 milioni e 341 mila

Uno spaccato inedito -per certi versi sorprendente - della nuova emigrazione professionale italiana: le nuove statistiche Aire (Anagrafe Italiani Residenti Estero) sui 20-40enni in uscita dall'Italia nel 2011 certificano il sorpasso delle regioni del Nord Italia su quelle del Sud, almeno per quanto riguarda le "forze fresche" che emigrano. La crisi sembra dunque incentivare soprattutto la fuga dei giovani settentrionali, residenti nelle zone più produttive. Un segnale allarmante.
Le statistiche ufficiali pero' non

13.11.13

non sempre i film strappa lacrime sono una barbara il caso di So che ci sei (Matching Jack)

http://www.comingsoon.it/


IN ONDA IN TV» Sky Cinema Passion » sabato alle 19:15Guida ai film in tv
So che ci sei - visualizza locandina ingrandita
VOTO DEL PUBBLICO
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VALUTAZIONE
7.6/10 - 12 voti
TRAMA DEL FILM So che ci sei  (Matching Jack)
La vita di Marisa e di suo figlio Jack scorre tranquilla fino al giorno in cui, al termine di una partita di calcio giocata male, Jack finisce in ospedale. Marisa tenta di rintracciare il marito David ma lui, con il telefono spento e senza alcuna preoccupazione, sta progettando di lasciarla per un'altra donna. A Jack viene diagnosticata una leucemia. L'unica possibilità di cura sarebbe l'esistenza di un eventuale altro figlio di David, avuto da una delle sue tante amanti, che potrebbe risultare compatibile come donatore di midollo osseo. Marisa cerca in tutti i diari di David i nomi delle donne con cui ha avuto una relazione e inizia a bussare alle loro porte. Donne ignare che si trovano di fronte una madre disperata...

USCITA CINEMA: 
REGIA: Nadia Tass
SCENEGGIATURA: David ParkerLynne Renew
ATTORI: 
James NesbittJacinda BarrettRichard RoxburghYvonne StrahovskiTom RussellKodi Smit-McPhee
FOTOGRAFIA: David Parker
MONTAGGIO: Mark Warner
MUSICHE: Paul Grabowsky
PRODUZIONE: Cascade Films
PAESE: Australia 2010
DURATA: 103 Min
FORMATO: Colore

NOTE: 
Presentato in concorso al Festival di Roma 2010 nella sezione Alice nella città


la ferita ancora aperta di nassyria e le distorsioni dei media delle parole pronunciate alla Camera da Emanuela Corda, deputata sarda del M5S

Musica  in sottofondo e consigliata    e questa  http://www.youtube.com/watch?v=UF_LyEpcfKo
o  http://www.youtube.com/watch?v=Gc3A__oi3-0


http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2013/11/strage-di-nassyria-dieci-anni-dopo.html


  cosi rispondo a  coloro che mi dicono che  offendo le  vittime

L'intera classe politica dirigente, ieri, si è spesa nel ricordare l'episodio della strage  di  Nassyria   attribuendogli una valenza ad alto impatto retorico, definendo l'evento (parole del Presidente Napolitano) "un atto di grande viltà".
Non è così.
Non ci fu assolutamente niente di vile, secondo me  e secondo  il blogger http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.com/
Infatti  L'uso del termine "vile" è fuorviante e come significante ha l'obiettivo di far pensare alle persone che i nostri carabinieri sono stati colpiti a tradimento. Il fine di questa manipolazione consiste nel far credere che la partecipazione degli italiani alla guerra in Iraq -così come quella di tutti gli altri- non aveva niente a che fare con il concetto di guerra, ma che era una missione di pace.
Era, invece, una guerra o lo è diventata, da subito.In guerra, i codici vengono alterati e sono diversi da quelli civili.La caratteristica della guerra consiste nel fatto che o uccidi uno sconosciuto oppure quello sconosciuto ucciderà te (un ricordo a Fabrizio De Andrè). Per salvare se stessi e i propri compagni, tutto è consentito, sia nella difesa che nell'attacco. E ci sono anche vittime civili, inevitabilmente. Ma ne restiamo sorpresi.


Una eletta nelle fila del movimento a cinque stelle, circoscrizione Sardegna, l'onorevole Emanuela Corda, si è alzata e ha fatto un intervento.
Le sue parole hanno provocato reazioni diverse e contrastanti.
Non entro nel merito ora   nel  merito  perchè  aspetto   di confrontare  la mia idea   con le  vostre dopo  ovviamente la visione    dei  due  video   (  quello  ufficiale  e  quello del media    )   . 
Ho  fatto   come propone  il  sito in questione     ho visualizzato sia  la  versione manipolata   dai media  sia  il discorso  integrale  che trovate qui sotto  inversione doppia  qual'ora   downloadhelper   facesse le bizze





 . Infatti  : <<  Sui social networks il suo intervento è stato presentato con ottiche diversissime. Qui di seguito quattro esempi dei link più diffusi in assoluto:


L'On.Emanuela Corda (M5S) giustifica l'attentatore kamikaze che uccise gli italiani a Nassirya
e poi
M5s: Emanuela Corda sui kamikaze: ferma condanna al fondamentalismo

In alcuni casi veniva presentato il video del suo intervento nel quale mancavano alcune frasi. In altri casi erano state aggiunte altre frasi.
Sui social networks, soprattutto su facebook che è la piattaforma più importante nel diffondere la chiacchiera del giorno di cui tutti parlano, quando si presenta un video con una scritta sopra, il più delle volte nessuno guarda il video ma si attiene alla didascalia che lo presenta.
Quindi, come si fa a sapere che cosa ha detto o non ha detto la Corda?
Ecco in che cosa consiste l'esercizio di cittadinanza attiva: si va a vedere su youtube la ripresa video del suo intervento, quella autentica, senza aggiunte e senza tagli. Si compie, quindi, un'azione (da cui l'aggettivazione "attiva") senza far caso alla didascalia, nè a quella che la esalta nè a quella che la contesta. Dopo averlo visto ci si pensa su. Magari, se è il caso, lo si rivede un'altra volta, lo si studia e si ottiene una idea, un giudizio, una opinione, che è frutto della riflessione della propria mente, quindi è originale. Quando si partecipa, poi, al dibattito, si porta avanti la propria argomentazione magari citando la frase al minuto 1,2 3 o 2,41 inserita nel suo contesto generale.Questo presuppone un meccanismo attivo.
Il vantaggio, nell'essere "cittadini attivi", consiste nel fatto che non si usano idee degli altri, oppure l'opinione di un passante che magari ha pigiato tre volte mi piace su dei nostri post e quindi abbiamo deciso, per puro narcisismo, di fidarci di lui o di lei.
Si usano le proprie idee, il proprio ragionamento.
Un cittadino attivo è una persona che cerca i dati oggettivi e si arroga il diritto di avere una opinione personale su quel fatto specifico.Tutto qui.>>
Poi, , possiamo scambiarci le nostre opinioni al riguardo: se il suo intervento è stato bello o brutto, in linea con il progetto M5s oppure no, a favore della verità o a favore della menzogna, ecc o  se  ha  offeso  i caduti  

12.11.13

cattivi si nasce o si diventa ?

musica   consigliata  ci vuole un fisico  bestiale  - Luca  Carboni  

ti potrebbe interessare
http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2013/11/questa-e-la-vita.html

dopo  questa  ennesima violenza  gratuita   sugli animali
  da  http://www.all4animals.it/

Alghero: i ragazzini che ammazzano a calci il gattino di cinque mesi Un gatto di cinque mesi appartenente alla colonia del forte della Maddalenetta, nel centro storico di Alghero, è stato brutalmente massacrato a calci. Secondo quanto trapelato, il piccolo sarebbe diventato oggetto delle 
sevizie di alcuni ragazzini che lo avrebbero ucciso di fronte ad un altro micio con il quale faceva sempre coppia. Almeno una persona avrebbe assistito alla mattanza, e i volontari che sono soliti prendersi cura della colonia (e che da tempo fanno il possibile per far adottare i gatti, costantemente in pericolo) sperano ora che possa farsi avanti: in ogni caso, per quanto accaduto, è già stata sporta denuncia alle autorità di polizia. Contestualmente, gli attivisti di Alghero chiedono all’amministrazione comunale di tutelare maggiormente le colonie feline, così come prevede la legge. Non è la prima volta che la zona è teatro di orrori simili: in passato, già tre gatti erano stati uccisi a colpi di spranga.

11\XI\2013




Ora mi chiedo : L'essere umano nasce con una predisposizione innata alla cattiveria o diventa cattivo strada facendo?
da carlamanea.blogspot.com giugno 2012
 -

É genetica, influenza familiare, oppure é la società, la cultura che ci allena ad esserlo o, peggio, ci impone di esserlo...cattivi?

Ci sono delle dinamiche comportamentali per cui é difficile se non impossibile trovare una giustificazione plausibile... e che , come dice anche una mia la mia amica \ contatto di facebook Piera Carta non capirò mai.


Ma  poi  mi  rivengono in mente questi  dibattiti  di cui  trovate  sotto   alcuni  link   














che rispondono solo ad una parte della domanda . ed io continuo ad essere come  barche in mezzo al mare

la chiesa prointa ad un passo indietro sull'ora direligione a scuola

   Per qualcuno era una noia mortale, un’imposizione statale   e  poi  dei genitori in un’Italia, quella degli anni precedenti  al  rinovo  ...