LETTERA AL MIO AMICO ENZO, EROE VERO Sul senso della vita. Oltre la malattia e la sua ingovernabilità.
Enzo, mi mancano le parole. Stavolta sì. Mi sento, mi scopro bloccato, inadeguato, incapace di raccontare la tua storia e di esprimere i miei sentimenti, di ammirazione e impotenza insieme.Avverto anche un forte senso di colpa, per non essere riuscito a passare a casa tua a salutarti, a parlare del senso, del mistero della vita; per non aver saputo vedere da vicino, con gli occhi ed il cuore, il tuo coraggio eroico e immutabile, che colsi quando ci incontrammo in quella paninoteca in mezzo al vuoto di un territorio sofferente e in ginocchio, ferito e sottomesso da un potere immondo, prima che criminale.Allora compresi la tua diversità, cioè la tua grandezza: la tua voglia di reagire, di costruire, di insegnare, trasmettere ai tuoi figli e compaesani passione civile, speranza umana e il sogno di un riscatto collettivo.Ricordo come fosse ieri quando, al telefono, mi raccontasti della tua malattia, ridendoci sopra e anticipandomi la tua decisione di non farti avvelenare dalle cure della scienza ufficiale. E poi rammento le nostre conversazioni: io in viaggio, dalle tue parti, tu a casa o in giro per l’Italia, a ricercare terapie alternative e risposte interiori.Mai ho percepito una tua debolezza, mai ti ho sentito lamentarti, disperare, crederti perduto. Neppure ieri, quando mi hai chiesto di poter leggere i miei scritti su Gioacchino da Fiore, rappresentandomi il tuo stato di salute con la dignità e la resistenza che ti hanno sempre distinto e accompagnato, lontano dalle luci della ribalta, dal clamore mediatico, dai rumori del mercato virtuale.So che sei stato sempre un leone, un maestro vero, un poeta di fatto, un innamorato della Calabria e della vita. So che a famiglia ed amici hai dato un esempio quotidiano, e che la tua lotta, sconosciuta ai più, non è stata né sarà mai vana, perché volta alla guarigione personale e, in primo luogo, a quella morale, che interessa tutti.Galleggiamo in questa nostra esistenza breve, sospesi tra idealità e l’amarezza del presente, gravido di abusi, storture, ingiustizie che si perpetuano tra rinunce e connivenze.A me hai offerto spunti di riflessione, motivi in abbondanza per interrogarmi, per lasciarmi conquistare dalla tua fede religiosa e laica, per concludere che, in ultimo, siamo quello che lasciamo in eredità.Di una cosa sono certo: in ogni caso, il tuo patrimonio di spiritualità e coscienza politica non andrà perduto, non finirà nel consumo patologico di questo tempo. Sordo, cieco, finto.Con tutto me stesso, ti ringrazio. Che tu possa leggere, e trattenere, queste mie umili righe
Usa, un gesto gentile cambia la vita: aiuta un uomo e le regalano una borsa di studio
Un piccolo gesto di gentilezza rende migliore la vita di chi lo fa, di chi ne beneficia e anche di chi sta a guardare. È quello che è effettivamente accaduto in una tavola calda di La Marque, in Texas, dove Evoni Williams, una cameriera di 18 anni, ha aiutato con generosità e discrezione un anziano cliente. La sua premura è stata documentata da un’altra avventrice del locale, che ha pubblicato su Facebook una foto della scena diventata virale. Evoni ha così ricevuto attestati di stima da ogni angolo d’America e la possibilità concreta di vedere realizzati i suoi sogni: una borsa di studio per studiare al college
a cura di Martina Tartaglino
In volo sul trapezio per vincere il cancro
Alice è un’infermiera-circense che racconta ad Oncoline la sua storia rivelando che – dopo la scoperta di un tumore ovarico – è riuscita a rimettersi in piedi proprio grazie alla sua passione per il circo. Oggi è tornata a volare sul trapezio ed è anche presidente dell’associazione Acto onlus Piemonte
di IRMA D'ARIA
Era il 2012 quando per lavoro Alice Tudisco arrivò a Torino: aveva vinto un concorso come infermiera pediatrica. “Per una siciliana questo cielo è abbastanza grigio ma l'incontro col circo mi ha legata profondamente a questa città... in più sotto la Mole io sarei ‘rinata’ e quindi è la mia seconda culla”. Due anni dopo Alice aveva un contratto a tempo indeterminato, una storia finita, una casa tutta per sé e dedicava il suo tempo a trapezio, cerchio e tessuti aerei.
Le prime avvisaglie. A metà novembre, mentre si trovava ad Amsterdam da amici, iniziò ad avere dolori strani: “Erano sopportabili ma sicuramente inusuali e mai provati – racconta Alice. Mi dicevo che forse mangiavo troppe verdure e questo mi stava portando dei problemi. Agli allenamenti di circo evitavo sempre più movimenti ma cercavo di non pensarci, le fitte però diventavano più frequenti e acute, selezionavo i cibi e diminuivo le porzioni a tavola...le settimane trascorrevano senza miglioramenti”.
In cerca di una diagnosi. Sotto le feste di Natale l’addome di Alice era più teso, gonfio e la costringeva ad usare 2-3 cuscini per respirare meglio: “Non volevo preoccupare i miei, nè mettere a rischio le ferie delle colleghe sotto le festività ma dovevo capire cosa succedeva – ricorda Alice. Gli accessi in Pronto soccorso sono stati diversi: al primo mi consigliarono di andare a casa... c'era troppa fila, la seconda volta mi dimisero senza diagnosi”.
La scoperta del tumore. All'inizio di gennaio Alice mangiava solo due yogurt al giorno e, comunque, non cambiava nulla: “Trascinavo le mie gambe a forza in quanto il dolore era persistente e mi imponeva una posizione di compenso curvata in avanti. Ennesimo pronto soccorso: ecografia negativa...eppure c'è qualcosa che non va, dopo altri due accessi un medico a mezzanotte mi ricovera per accertamenti”. La diagnosi corretta arriva dopo qualche giorno con la Tac: tumore ovarico bilaterale che richiede intervento chirugico d'urgenza.
Accettare la malattia e le sue conseguenze. Solo col tempo Alice ha riflettuto e si è resa conto di cosa stesse accadendo: “Mi sembrava quasi di non essere io la ragazza dall'altra parte del letto. A 28 anni mi chiedevo perchè mi fossi ammalata di tumore così giovane, perchè proprio io, dove avevo sbagliato ed era difficile accettare l'improvvisa impossibilità di esser madre”. Alice, infatti, ha dovuto subire l'asportazione chirurgica di entrambe le ovaie e, per il tipo di tumore, è stato il trattamento risolutivo, limitando il follow-up ad esami ematici e strumentali ogni 3-6 mesi e trattando la menopausa precoce tramite la TOS- terapia ormonale sostitutiva.
Abituarsi al tumore. Con la menopausa precoce gli attacchi di calore arrivano senza preavviso, ti svegliano di notte o ti imbarazzano in mezzo alla gente: “Cercavo di studiare gli effetti sulle mie ossa per paura di espormi a rischi che avrebbero compromesso la mia passione per il circo. In aggiunta gestire gli sbalzi di umore spesso sembrava impossibile e solo dopo mesi la terapia ormonale è riuscita ad attenuarli - racconta Alice. E poi c'era quella cicatrice che ogni giorno mi ricordava tutto: da nascondere, da massaggiare ostinatamente quasi nel tentativo di cancellarla, da non toccare neanche con le mie mani, come se quel taglio avesse innalzato barriere contro me e tutti”.
Di nuovo in piedi grazie al circo. Dopo l'intervento la prima domanda che Alice fece al chirurgo, in quella bolla di confusione creata da alte dosi di morfina, era stata: ‘quando potrò ricominciare a fare trapezio?’. “Quello sarebbe diventato l'obiettivo per rimettermi in piedi e lottare per vivere, perchè la tristezza lasciasse il posto ad una nuova vita, diversa, consapevole di voler fare solo quello che rende felici”. Tre mesi senza attrezzo per Alice sono stati davvero lunghi, con la paura di non esser più in grado di stare in aria: “Ma ho sviluppato una coscienza e una cura del mio corpo che mi hanno rafforzata e permesso di tornare a fare quello che per me è stato ossigeno, spinta vitale nel momento più buio... e che continua a farmi sognare e abbattere i limiti. Il circo mi ha salvato la vita perchè guardare a testa in giù vuol dire scoprire cose invisibili a molti, perchè è sacrificio, costanza e determinazione ma soprattutto eleganza, movimento legato alla musica, forza e leggerezza insieme, poesia. E perchè è necessario aggrapparsi a qualcosa, quando in quei mesi sembra più facile abbandonarsi”.
L’impegno in Acto. L'energia positiva che il mondo del circo ha trasmesso ad Alice, assieme al tumore, le hanno permesso di guardare la vita con occhi nuovi: “Ho deciso che dovevo convivere con la mia malattia, che ormai viveva con me, e che dovevo farlo nel modo migliore” ci confida. Così è nata l'idea di creare Acto nella regione in cui vive, cioè il Piemonte. E proprio qualche sera fa si è svolta a Torino una serata di beneficenza con uno spettacolo di teatro-circo per far conoscere ai cittadini la nuova associazione nata sul territorio. Acto onlus è la prima associazione nazionale di pazienti per la lotta contro il tumore ovarico. Fondata nel 2010 da un gruppo di pazienti e di ginecologi oncologi oggi Acto onlus è una comunità di associazioni tra loro affiliate che operano a Milano, Roma e Bari con un’unica missione: far conoscere la malattia, stimolare la diagnosi tempestiva, promuovere l’accesso a cure di qualità, sostenere la ricerca scientifica e tutelare i diritti delle donne malate e dei loro familiari. “La mia esperienza – conclude Alice, che è presidente di Acto Piemonte – mio ha reso consapevole del fatto che il conoscere questa patologia è l'unico mezzo ad oggi per contrastarla tramite diagnosi precoci e con la speranza di supportare le donne affette da tumore ovarico nella ricerca di quel qualcosa che ti tiene in vita e che rende tutto più raro e prezioso”.