25.11.13

imbecillità e solidarietà in tempo di crisi e davanti ai fenomeni alluvionali come quella del 18\19 novembre





musica in sottofondo :








oltre l' imbecillita  a cui  questa lettera   di  Maria Caterina Dore e quella  di roberto vecchioni ala nuova  sardegna del 22\11\2013    hanno  tispostyo  come si deve      o provocazione mancata( per le altre    vedere questi   post precedenti    I II  III     li trovate sotto il tag alluvione sardegna 18\11\2013  )  sfociata in insulti di alcune persone in particolare questa prontamente segnalata a google dove l'imbelle ha il blog e a facebook dove ha pagina e dove scrive ( scrivere e una parola grossa è quella più giusta sarebbe vomita ) tali cose

( segnalato a facebook e la google dove ha il blog  si  libertà  di parola  ma  non d'insulto   e che cazzo   ) che mi ha bloccato ed impedito di commentare il post insultante ( non riporto l'url perchè tale pudibondo essere non
merita ulteriore pubblicità  basta  ed  avanza  aver  menzionato quel  suo  ...  di blog  \  pagina facebook   ) verso noi sardi e verso chi ha subito tale tragedia eppure non sono stato cafone come altri commenti che hanno lasciato (n se li meritava però . perchè se vuoi rispetto devi rispettare anche gli altri ) . c'era un post non so se c'è ancora in cui si diceva che la cultura e l'unica cosa che crea dipendenza , e io gli avevo commento di andare allora a informarsi sula cultura e la storia del popolo sardo .

Ma  ora   vediamo  alla  solidarietà  oltre  alcuni commercianti di alimntari e non   che   ha  dato gratuitamente  (  chi se  ne frega  se per  farsi pubblicità  )  pane  e generi di prima necessità , stivali , guanti  , ecc   i cinesi   che ribassano ulteriormente i prezzi  , e  una  cittadina  tedesca   che ha salvato tre   vite ,    cittadini dele altre  città   del sassarese  e del cagliaritano   e  di tempio che mettono da parte  il loro campanilismi e vanno ad  aiutare   come possono  , gente  che offre  casa e  hotel  e BB    , assistenza  ,  ecc    


   scusate  se  riporto : 1)  gli articoli principali .,  2)    solo  i file  Png   anziché il classico  copia ed incolla   ma   questo ...  di brachet   mi  crea  mal di testa   

 dalla  nuova  ed   Gallura  del 24\11\2013
Olbia. Centinaia di volontari sono arrivati dalla Sardegna e dalla penisola per aiutare la popolazione olbiese colpita dall'alluvione. In queste immagini, i volti di alcuni dei tanti che si sono impegnati in questi giorni (foto Giovanna SannaA Olbia e  non solo  l’aiuto e l’affetto degli angeli del fango le  altre  foto le  trovate qui   nella  fotogalleria della nuova sardegna  





  dal'unione sarda del 25\11\2013

Un progetto spontaneo sul web per informazioni e aiuti

Storia dell'ingegnere ignoto che gestisce gli angeli digitali

Lavorano a loro spese, giorno e notte, con un telefono e un pc, fiato lungo e occhi gonfi. Li chiamano «angeli digitali»: esperti di social network che hanno allestito una macchina straordinaria per coordinare le comunicazioni sull'emergenza, indirizzare gli aiuti, dare informazioni.“AllertameteoSAR” è il nome del progetto che «nasce dall'esigenza di gestire in modo ordinato il flusso confuso di informazioni sull'alluvione», spiega @insopportabile , pseudonimo su Twitter di un giovane ingegnere, ormai famoso in rete, che ha avviato l'iniziativa. Tutto è nato con la creazione di un hashtag (#allertameteoSAR), poi la pagina facebook (facebook.com/allertameteoSAR).Non è la prima volta che un social network scavalca i canali istituzionali in occasione di catastrofi. È accaduto con l'alluvione delle Cinque Terre, o il terremoto in Emilia. «Tutte le notizie pubblicate sono verificate», assicura @insopportabile, «e abbiamo scremato il rumore di fondo: non prendiamo in considerazione le dichiarazioni di cordoglio, ma solo le informazioni utili a fronteggiare l'emergenza». Così per esempio è possibile sapere che a Olbia serve una ruspa per bonificare via Apulia, o idropulitrici per togliere il fango dalle case. A Bitti, invece, ai pastori manca fieno per il bestiame. Informazioni complete e coordinate, con i numeri per le emergenze, le informazioni sulla viabilità, una lista di ingegneri a disposizione.
Funziona così: nella pagina facebook si può compilare il modulo sul link https: //sardsos.crowdmap.com e inserire offerte di aiuto, richieste di soccorso, problemi del traffico, danni e luoghi inagibili. «Abbiamo ancora il problema di ricevere in modo dettagliato le informazioni sulle necessità dei Comuni», conclude @insopportabile. «Il meccanismo accetta solo le comunicazioni dei volontari certificati, non quelle dei tanti informatori spontanei che si attivano in questi casi».
Mauro Madeddu

dalla nuova sardegna del  24\11\2013





























Uomini violenti con le donne: il lato oscuro “La violenza maschile contro le donne” e “modelli culturali di intervento”.di Alessandra Bozzoli, Maria Merelli, Maria Grazia Ruggerini

 unione sarda  d'oggi  25\11\2013



Una preziosa ricerca

Uomini violenti con le donne: il lato oscuro

Quando la cronaca ci parla di violenze contro le donne spesso avvertiamo un vuoto. Sappiamo molto delle vittime e quasi nulla dei violenti. Chi sono? Come intervenire nei loro confronti? Ci servono leggi più severe o è soprattutto questione sociale e culturale? In questi giorni Ediesse pubblica “Il lato oscuro degli uomini” (448 pagine, 20 euro) che prova a colmare questo vuoto. Un libro importante per indagare i vissuti degli autori di violenze sulle donne e di femminicidio. E per raccontare cosa si sta facendo con i maltrattanti. In molti Paesi da tempo gli uomini violenti hanno la possibilità (o l'obbligo) - nei centri, pubblici e privati, di ascolto o nelle carceri - di confrontarsi con il loro lato oscuro, di capire e provare a cambiare. La ricerca racconta i punti comuni e le differenze di approccio in Austria, Australia, Canada, Gran Bretagna, Norvegia, Spagna, Svizzera e Usa. Con gran ritardo anche l'Italia affronta la questione: la mappa racconta in dettaglio una decina di città (nessuna sarda) che, in forme assai diverse, affrontano il dramma della violenza tentando di capire come “guarire” gli autori. Tutte città del centro-nord perché nell'Italia meridionale quasi nulla (solo a Caserta è partito un progetto) si muove.Leggi più dure non bastano, compreso l'ultimo decreto del governo del quale il libro fornisce una lettura assai critica. Con una battuta facile ma motivatissima si potrebbe sintetizzare che non di ordine pubblico si tratta ma di disordine privato. Oppure di un “ordine” non scritto (e smentito oggi dalle leggi) che attribuisce al maschio ogni potere sulle donne. Non è così lontano, in Italia, il tempo del “delitto d'onore” o di un Codice Penale che assegnava al marito il potere di intervenire per “correggere” la moglie al pari dei figli. Esiste un'antica, radicata idea di inferiorità delle donne che si traduce in disprezzo e violenza. Permangono, nella pubblicità come nel quotidiano, e forse crescono modelli di educazione all'idea che le donne, il sesso e persino l'amore possano essere comprati o siano “dovuti”. Ciò significa che la violenza sessista trova complicità o silenzi che altri crimini non hanno. Significa ancora che parlare di patologia, raptus, comportamenti inspiegabili non consente di capire dove quelle violenze nascano, quanto lunga e forte sia la catena (educativa e familiare) che le sorregge.
Da qui il doppio sottotitolo del libro: “La violenza maschile contro le donne” e “modelli culturali di intervento”. Le tre curatrici - Alessandra Bozzoli, Maria Merelli, Maria Grazia Ruggerini - si confrontano con riflessioni e proposte ma anche con le esperienze di operatrici e operatori con ruoli molto diversi. Sul versante degli uomini è particolarmente importante il contributo di Marco Deriu, Roberto Poggi, Claudio Vedovati e altri di Maschile Plurale, una rete (piccola ma attiva) di uomini che fanno i conti col femminismo e con l'idea di un'altra virilità costruita senza il supporto del potere patriarcale e della violenza a esso sottesa.
Daniele Barbieri

[ post notturno numero 2 ] chi è più sciacallo chi ruba i soldi ad un alluvionato o chi licenzia con un sms ulka domestica che s'era assentata per aver aiutato la sorella colpita dall’alluvione.










canzone consigliata chi ruba nei supermercati Francesco de Gregori 


Non riuscendo a prendere sonno , per il mal di denti , avendo finito gli antidolorifici cerco e mi sforzo di come ho scritto nel post come non pensare al dolore fisico in ospedale in attesa della morfina e dell'antidolorifico e non solo  di non pensare e di pensare ad altro . Ma non riuscendoci mi distraggo cazzeggiando \ coglionando in rete ed proprio qui che ho trovato fra le tante storie di solidarietà  che racconterò nei prossimi giorni   per i fatti dell'alluvione del 18\19 di novembre queste due storie la prima  di cinismo








Olbia, un esposto contro il vigliacco

da SARDINAPOST   il 24 novembre 2013




 Un esposto dei vicini di casa ai carabinieri e al sindaco di Olbia. L’hanno firmato Pietro Mariano e Jolanda Concas, vicini di casa di Francesco Mazzoccu, l’operaio di 35 anni morto Enrico ( foto a destra ) , un bambino di 3 anni, travolti dall’acqua che aveva invaso la strada che unisce Olbia a Telti.assieme al figlio . Per ora ancora senza nome, almeno ufficialmente. Un operaio dell’Anas che – mentre Francesco Mazzoccu chiedeva disperatamente aiuto – rimase rintanato nella sua auto, paralizzato dalla paura. E rispose con un “Ti spacco la faccia” alle insistenze di Pietro Mariano che lo implorava di dare una mano perché c’era la possibilità di salvare quell’uomo e quel bambino.
Le sequenza dell’agonia dei Mazzoccu è una delle storie più tragiche e agghiaccianti dell’alluvione che lunedì scorso ha devastato la Sardegna. Pietro Mariano, titolare di un’officina meccanica, aveva raggiunto la località Putzolu per soccorrere un’amica, Jolanda Concas, che era rimasta bloccata sulla strada assieme alla figlia, una bambina di undici mesi. Compiuta la missione, si stava dirigendo verso Raica, ma si trovò davanti a un muro d’acqua. Mentre faceva marcia indietro, sentì delle urla. Su un muretto, stretto a un palo, c’era un giovane uomo che chiedeva disperatamente aiuto. Sotto la giacca stringeva un bambino piccolo.
Pietro Mariano si avvicinò quanto più potè. Si rese conto che da solo non era in grado di fare nulla. Gridò all’uomo di stare tranquillo perché i soccorsi sarebbero arrivati. Quindi andò a cercarli. E per primo incontrò un signore anziano. Gli chiese di seguirlo perché c’erano un uomo e un bambino in pericolo nel mezzo della piena. Quell’uomo era il padre di Francesco e il nonno di Enrico.
Il livello dell’acqua cresce continuamente. Il tentativo di lanciare delle cime non riesce. E’ allora che Pietro Mariano vede l’auto dell’Anas, la raggiunge e chiede all’operaio seduto al posto di guida di intervenire. Niente da fare. Anzi, alle insistenze, quell’uomo risponde con insulti e minacce. Passa quasi un’ora. Nel frattempo si è trovato un trattore che è pronto a intervenire. Ma di colpo i lamenti di Francesco Mazzoccu e del suo bambino s’interrompono. L’acqua ha distrutto il muretto sul quale si erano rifugiati. Il corpo del padre sarà ritrovato nella tarda serata, denudato dalla violenza della corrente. Quello di Enrico la mattina dopo, a cinquanta metri di distanza, in un aranceto.
Francesco Mazzoccu era andato nel primo pomeriggio a prendere il bambino all’asilo. A bordo della sua Punto era diretto verso casa, in via Monte, a Telti, quando si era trovato improvvisamente nel mezzo del fiume di fango. Allora era sceso dall’auto, stringendo il figlio tra le braccia, ed era saltato su quel muretto che appariva sufficientemente resistente. E, in effetti, ha resistito quasi un’ora. Un tempo infinito. Che, se solo tutte le forze disponibili si fossero unite, molto probabilmente sarebbe stato sufficiente per evitare la tragedia.
Pietro Mariano ne è convinto: “Li potevo salvare – ha dichiarato a La Stampa – ci ero quasi riuscito ma nessuno mi ha aiutato. Anzi, chi poteva fare qualcosa si è rifiutato. Sembra difficile da credere ma è successo davvero in quel momento d’inferno”.



 la seconda di un sopruso 


 Olbia, licenziata con un sms per aver aiutato la sorella colpita dall’alluvione. Il padrone è un costruttore




Licenziata con un Sms. E’ una storia che ha l’effetto di un pugno sullo stomaco Che proprio stona in questo scenario di straordinaria solidarietà che sta abbracciando la popolazione di Olbia da ogni parte dellaSardegna e d’Italia. La storia di Alessandra Dalu, raccontata dall’emittente regionale Cinquestelle Sardegna, sembra inventata tanto pare assurda, ma assolutamente vera. Lei, mamma di una bambina, sposata con un disoccupato, ieri ha perso il lavoro, che era l’unica fonte di sostentamento della famiglia. L’ha perso perché ha deciso di aiutare la sorella. Già, nella corsa solidale c’è qualcuno che sta a guardare e punisce chi sacrifica se stesso per gli altri. La colpa di Alessandra? Martedì mattina anziché pulire l’appartamento del padrone, spalava il fango da una

casa popolare di via Campidano.
I datori di lavoro di Alessandra fanno parte di una nota e benestante famiglia di Olbia, titolari di una grande impresa di costruzioni che ha realizzato complessi edilizi in varie zone della città. Alessandra fa le pulizie nella loro villa e nei loro uffici da due anni ma non ha mai ottenuto un regolare contratto . Lavoro nero, senza garanzie. Ieri, quando ha comunicato ai suoi datori di lavoro che sarebbe potuta tornare in servizio solo lunedì prossimo, ha avuto la glaciale risposta prima al telefono e poi via sms . “No, grazie. Non abbiamo più bisogno di te” .
E’ stata punita, Alessandra, per aver dedicato il suo impegno a una persona di famiglia che ha perso tutto. I suoi ricchi datori di lavoro, dalla loro casa confortevole e calda, le hanno detto che non serve piu'

Ora pero  lo stesso giornale  racconta  che  “dopo averla  licenziata, ora minaccia di rovinarla  .Infatti  



Non solo sciacalli. Nella giungla del post alluvione, l’altra faccia della solidarietà è nei lupi che sbranano le coscienze col cinismo.Alessandra Dalu, 38 anni, una figlia di 11, non vive di rendita. Aveva un lavoro come colf, non l’ha più perché ha chiesto al suo datore di lavoro di poter stare un giorno con sua sorella, una delle vittime dell’alluvione. Un solo giorno. Davanti a tanti angeli del fango che aiutano sconosciuti, il ricco imprenditore edile di Olbia ha visto bene di licenziarla. Con un sms: “Non ci servi più”.


Signora Dalu, per caso il suo principale ci ha ripensato? Le ha chiesto scusa?

“Neanche per idea. Ieri ha chiamato mio marito, che fa il muratore, minacciandolo che gli farà perdere il lavoro. A me ha minacciato esplicitamente, dicendo che per l’intervista rilasciata a “Cinquestelle Sardegna” mi rovinerà. Ma io non ho paura”

Ha intenzione di presentare una denuncia?

“Fortunatamente un avvocato si è offerto di darmi assistenza gratuita. Voglio denunciare il mio ex principale all’Ispettorato del Lavoro. Quello che ha fatto non ha giustificazioni. Mia sorella ha perso quasi tutto, lasua casa era sommersa in un metro e mezzo d’acqua. Anche mio padre e mio fratello hanno avuto grossi problemi. Ho chiamato il mio datore di lavoro alle sette di martedì mattina, dopo che erano morte delle persone, quando tutti sapevano di quello che era successo ad Olbia. Mi ha detto che non andava bene. Poi mi ha licenziata con un messaggino sul telefono. E’ una vergogna, l’unica cosa che mi hanno chiesto è stata quella di restituirgli le chiavi di casa”.

Da quanto tempo lavorava per loro?

“Avrei fatto tre anni a dicembre. Pulivo la loro casa dal lunedì al venerdì. Il sabato l’ufficio dell’impresa edile. Non voglio soldi, solo giustizia. I loro soldi sono maledetti e se ricevessi un risarcimento lo darei alle vittime dell’alluvione. Un sms per dire “non c’è bisogno di te” proprio mentre qui a Olbia tutti dicono “diamo una mano” Quello che non capisco è perché davanti a tanta solidarietà ci sia gente che può comportarsi in questo modo”

C’erano già stati segnali da parte di queste persone?

“Il primo anno è andato tutto bene, poi hanno cominciato a dire che c’era crisi e che lo stipendio non sarebbe stato sicuro. Mai un litigio, ma la signora, la padrona di casa, non voleva che mi assentassi. Quando mia figlia aveva la febbre, mi diceva di portarmela dietro pur di non mancare al lavoro. Io ovviamente non la ascoltavo, ma perdevo le giornate di lavoro”.

Un lavoro in nero, senza garanzie.

“Purtroppo sì, era l’unico modo per lavorare. Tanti sacrifici per che cosa? Per essere mandata via per telefono? Se anche adesso tornassero indietro, non li voglio più vedere in faccia. Sono peggio degli sciacalli”.

Giandomenico Mele



tale storie mi fanno considerare meno sciacalli  ,almeno loro è comprensibile vista  la situazione   ma non giustificabile  questi altri due  fatti 

 dall'unione sarda del 24\11\2013
Olbia, anche gli sciacalli tra le macerie  Anziano derubato degli ultimi risparmi

Il volto della solidarietà è quello più bello ed evidente. Nei luoghi dell'alluvione sono però anche entrati in
unione sarda 
azione gli sciacalli e le truffe corrono on line.Aveva poggiato 1500 euro ad asciugare sul letto e qualcuno li ha rubati. Così un anziano malato di Olbia, vittima dell'alluvione, ha denunciato il furto degli unici risparmi rimasti.
I carabinieri hanno anche ricevuto segnalazioni di furti d'auto e di oggetti. Le forze dell'ordine invitano anche a ignorare i gruppi on line non riconoscibili che chiedono soldi. La truffa corre anche sul web.  
 concludo sempre  con un articolo di sardiniapost 

Tema del ritorno a scuola: servi e padroni a Olbia

Articolo pubblicato il 24 novembre 2013

Gli insegnanti delle scuole che finalmente riaprono a Olbia hanno una montagna di cose da discutere con gli studenti. La loro città ha vissuto un’enorme tragedia e, da una settimana, è al centro delle cronache nazionali. Non se ne parla, al contrario di tante volte del passato anche recente, come di una sorta di popolosa frazione della Costa Smeralda. No, Olbia per l’Italia e per il Mondo, è una città “vera”, fierezza e sull‘orgoglio dei sardi che accompagna purtroppo molte delle cronache – è un vezzo nazionale quello di esaltare i luoghi comuni regionali dopo la catastrofi – Olbia è diventata un “argine di realtà”. I fatti si snodano uno dopo l’altro – spietati e crudi – senza lasciare scampo. Quelli collettivi, come le diciassette sanatorie di insediamenti abusivi, e quelli individuali: le vicende dei singoli uomini.Questo è l’ambito che più si presta a una riflessione da sottoporre ai ragazzi. Un’ insperata opportunità educativa. Perché non è frequente, nell’Occidente del benessere, assistere in prima persona a tragedie che chiamano in causa i valori fondamentali svelando, come solo le situazioni estreme possono, la complessità della natura umana. Queste situazioni estreme, infatti, riguardano sempre “gli altri”. Altri Paesi, altri popoli, gente lontanissima da noi. E ci appaiono così lontane che facciamo fatica a vederle anche quando quella gente, per esempio sbarcando sulle nostre coste, ci porta il suo dolore a domicilio.Sono le situazioni dove l’alternativa è tra la vita e la morte, il cibo e la fame, un riparo per la notte e il gelo. Quando gli uomini si trovano a verificare la solidità di quanto hanno imparato dalla scuola, dalla famiglia, dall’insegnante di filosofia o di catechismo: il rispetto per il prossimo, il dovere di aiutarlo se è in difficoltà. Quando, in definitiva, siamo costretti dalle circostanze ad affacciarci nell’abisso della nostra fragile natura. E dobbiamo rapidamente decidere se aprire la casa e il portafoglio, o chiuderli entrambi, chiudendo contemporaneamente anche gli occhi, perché non sopportiamo più la vista del dolore. Perché il dolore degli altri turba i nostri sonni e i nostri pranzi. Perché siamo cresciuti nell’idea folle che il benessere e il progresso non possano avere fine.A Olbia c’è stato un imprenditore – uomo facoltoso e rispettato –che ha licenziato con un sms la sua colf perché era andata a spalare il fango dalla casa della sorella anziché recarsi nella casa del medesimo imprenditore, dove lavorava in nero da anni, per levare la polvere dai mobili e dai soprammobili.
Che immaginiamo opulenti e inutilmente costosi, piccole cose di pessimo gusto messe là per certificare uno status. Senza grazia e senza amore.Ecco, fuori dalla retorica delle fierezza e dell’orgoglio, un bel tema su cui ragionare con i giovani: il rispetto verso il prossimo non è innato. Si impara con lo studio, non basta l’esempio degli adulti. E se esistono adulti così, c’è un motivo in più per studiare. Come insegnava don Lorenzo Milani, studiare serve ad acquisire le parole che consentono di chiamare le cose col loro nome vero. Non con quello edulcorato dal politicamente corretto. L’alluvione, così come trasforma l’acqua in fango, può trasformare certi datori di lavoro in padroni. Ma ancora non riesce a trasformare i loro dipendenti in servi.con i suoi problemi, i suoi eroismi, le sue meschinità.Nelle stucchevole retorica sulla 

24.11.13

Parola di giudice-sindacalista: «Ecco i problemi della Giustizia»

dall'unione  sarda del 24\11\2013
di GIORGIO PISANO
Ha una certa esperienza per essere un magistrato al culmine della carriera: s'è fatto nove mesi di carcere. Ma era giovane, giovanissimo: servizio militare. «Fare la leva a Buoncammino è stata un'esperienza importante, indimenticabile». Mauro Grandesso Silvestri ricorda con evidente disagio il rito della perquisizione delle celle. Si sentiva dentro una violenza non dichiarata, l'invasione di un campo che spiazzava un ragazzo come lui: era giusto metter le mani perfino tra mutande e calzini?, giusto frugare tra le cose più intime di un detenuto?
Quei mesi (nove) gli sono rimasti scolpiti nel cuore e nel cervello. Cinquantanove anni, cagliaritano, due figli, Grandesso Silvestri ha una somiglianza impressionante col padre, magistrato e galantuomo per una vita. Come figlio d'arte quasi in fotocopia, raccoglie opinioni convergenti, da destra e da sinistra. Gli avvocati, mentre sfrecciano da un corridoio infinito all'altro nel palazzo cagliaritano della giustizia, sintetizzano il profilo: «Non è un colpevolista a prescindere. E questo è già moltissimo» (ogni riferimento ad altri magistrati è puramente casuale).
Presidente della prima sezione del Tribunale, governa (sempre nella veste di presidente) l'Associazione nazionale dei magistrati (Anm), sezione Sardegna. Rappresenta insomma i 220 togati che affogano nel mare monstrum di una categoria che conta (a ieri) 9.162 in servizio permanente effettivo, al netto dei risultati. All'interno di questo sindacato - unico come quello dei giornalisti - guerreggiano tre correnti: Unità per la Costituzione (la più numerosa, ascrivibile grossolanamente al Centro), Area (di impronta progressista) e Magistratura indipendente (conservatrice).
Prima pretore e poi giudice, Grandesso Silvestri s'è fatto ossa e muscoli sul fronte giudiziario del Lavoro in una carriera lunga 34 anni. Ha pronunciato migliaia di sentenze e assicura che il dubbio d'aver sbagliato lo assale regolarmente. Si consola pensando che, sbagliato e meno, il suo giudizio passerà comunque all'esame di un Appello e di una Cassazione. «Insomma, riesco a non fare moltissimi danni anche se sbaglio».
Difende la categoria (altrimenti non farebbe il sindacalista) ma scansa diplomaticamente la recente requisitoria contro gli avvocati del presidente della Corte d'appello, Grazia Corradini. Ammette, con qualche pudore, i 45 giorni di ferie l'anno (caso unico nel mercato del lavoro) e stipendi che vanno dai 2.500 euro degli esordienti ai 7.500 di fine carriera. A domanda se il carcere redima, risponde per fatto personale: «Buoncammino sicuramente no. In nove mesi ci ho visto entrare e uscire le stesse persone. Sempre poveracci».
Perché in Sardegna si dice giustizia mala?
«La mia non è una risposta da storico né da sociologo. So che la Sardegna è stata dominata da potenze straniere che hanno varato leggi e istituzioni distanti dalla mentalità locale. E i magistrati sono stati visti come quelli che imponevano il rispetto di queste leggi».
Cani da guardia del potere, insomma.
«Sì, ma è una valutazione a torto poiché il magistrato non fa altro che applicare leggi non decise da lui».
Berlusconi ha detto che per fare il vostro lavoro bisogna essere diversamente normali.
«Io mi sento normale. Sotto tutti i punti di vista».
Riforma della giustizia bloccata: dovreste essere grati al signor B. Non ci fosse lui, si sarebbe già fatta.
«Purtroppo vedo molta volontà di riformare i giudici e pochissima, anzi niente, di riformare davvero e seriamente la giustizia. Non vedo la depenalizzazione di quelli che noi chiamiamo reati bagattellari, non aumentano i giudici onorari, non si restringe il raggio d'azione dei magistrati. Il bersaglio siamo noi, non l'organizzazione della macchina giudiziaria».
Quali sono, secondo lei, i reati da depenalizzare?
«Ci occupiamo delle ingiurie, delle beghe di condominio...»
Per quelle c'è il giudice di pace.
«Certo, ma poi c'è l'Appello. Dove, manco a dirsi, emerge perfino più accanimento. A seguire, per fare un altro esempio, la guida senza patente: depenalizzata e penalizzata mille volte. Il legislatore italiano è un po' ondivago, insegue l'attimo sociale e politico del momento».
Le sentenze non si discutono, si dice. E perché mai?
«Magistratura democratica, gruppo al quale appartengo, punta invece proprio al fatto che qualunque verdetto possa essere oggetto di discussione e di critica. Però, piuttosto che critiche e analisi fondate, vedo altro».
Cioè?
«È analisi critica seguire per strada un magistrato che ha emesso una certa sentenza? È analisi critica raccontare sui giornali il colore dei suoi calzini?»
Quello si chiama squadrismo giornalistico.
«Lo sta dicendo lei».
Il vostro presidente sostiene che l'attacco ai magistrati mina la democrazia. Ma dove, scusi?
«Credo che Rodolfo Sabelli intendesse quello che ho appena detto. Le critiche sono sacrosante, direi anzi necessarie. Da qui a certe cose che sentiamo o che leggiamo ce ne passa».
Sbaglia chi vi considera una casta?
«Se per casta si intende una categoria di persone privilegiate che difende tutti i suoi privilegi, beh sì, siamo una casta. Però siamo anche secondi in Europa per quanto riguarda l'irrogazione dei provvedimenti disciplinari».
Non risultate neanche lavoratori indefessi, non riceverete mai il premio Stakanov.
«Si scaricano sul magistrato le incongruenze dell'apparato. Bisognerebbe rimettere ordine ma questo, come tutti sanno, non spetta a noi. Abbiamo un indice di efficienza che non ha pari nel resto d'Europa. Francia e Spagna sono dietro di noi. Sul Penale viene definito il 95 per cento dei processi, sul Civile si arriva al cento per cento».
Dite di essere oberati dal lavoro ma il tempo per gli incarichi extra-giudiziari lo trovate.
«I magistrati ordinari non possono più svolgere questo genere di impegno se non previsto espressamente dalla legge. Chessò, la presenza obbligatoria in una commissione di disciplina».
E i dispersi nella pubblica amministrazione?
«Sono appena duecento su oltre novemila magistrati in servizio. Il Consiglio superiore della magistratura valuta caso per caso. Sorrido quando si parla del numero dei fuori-ruolo per spiegare la lentezza della giustizia. Fosse davvero così, il Csm li farebbe rientrare immediatamente nei ranghi».
Siete degli intoccabili. Come i fili dell'alta tensione.
«Non la penso affatto così: vorrei essere giudicato per quello che faccio. Bisogna tuttavia uscire da un equivoco e mettersi in testa che il magistrato nasce da questa società, non è un marziano o una persona speciale».
Le risultano parentele fra i magistrati del palazzo di giustizia di Cagliari?
«Sì, ci sono. La legge prevede incompatibilità che ognuno di noi deve subito segnalare. Se mio figlio iniziasse a svolgere attività legale, ho il dovere di informarne il Csm perché valuti se questo può condizionare la mia autonomia».
Ma ci sono anche parentele tra magistrati inquirenti e magistrati giudicanti.
«Ci sono, è vero, ma operano in settori diversi. Abbiamo dei colleghi che sono sposati: e allora? Uno opera nel Civile, l'altro nel Penale. Impensabile che un giudice si esprima su un processo istruito dal coniuge».
Esiste una via politica della giustizia?
«Tutte le volte che uno di noi tocca interessi che hanno risvolti politici, è chiaro che questo problema si pone. La domanda però è un'altra: i politici possono essere inquisiti come qualunque cittadino oppure no?»
Tangentopoli ha cambiato l'Italia, segnato il passaggio dalla prima alla seconda repubblica.
«Non si può attribuire al giudice la colpa di un livello di corruzione che non ha eguali nella comunità europea. La politica dovrebbe emarginare chi si discosta dalle regole. Tangentopoli ha scoperchiato un sistema di tangenti di cui tutti sapevano e che è venuto clamorosamente a galla quando è saltato un certo equilibrio tra vecchia classe dirigente e politici emergenti».
Prima Di Pietro, poi De Magistris e ultimo Ingroia: perché vi piace tanto diventare onorevoli?
«Dovrebbe chiederlo agli interessati. So di sicuro che all'interno della nostra categoria c'è una sempre maggiore insofferenza verso questo tipo di scelta. Alcuni pensano che se fai politica non dovresti poi rindossare la toga, altri ritengono che invece si possa ma solo a certe condizioni. È proprio il caso di Ingroia che, tornato in servizio dopo le elezioni, è stato assegnato alla Procura di Aosta. Comunque: attualmente i parlamentari che provengono dalla magistratura sono nove».
Perché un magistrato che sbaglia non deve pagare?
«Sono dell'idea che se sbaglia deve pagare eccome. Non si possono però fare paragoni coi medici. Il lavoro del medico è farci guarire, fare del bene. Il magistrato, invece, fa male. Sempre. La responsabilità civile del magistrato per dolo o colpa grave è prevista. L'Europa ci contesta tuttavia una farraginosità della procedura. Ha ragione: dipende però dallo Stato, non da noi».
Ha mai colto degrado morale nella categoria degli avvocati?
«Non proprio».
Le risultano avvocati che per danaro sono pronti a tutto?
«Gli avvocati esercitano una professione da cui ricavano il loro sostentamento. Svolgono un ruolo importantissimo per l'amministrazione della giustizia».
Nega lo strapotere dei pubblici ministeri, eccesso di discrezionalità?
«Il Pm ha l'obbligo di esercitare l'azione penale. Non può, come accadeva col vecchio codice, incidere sull'applicazione di misure cautelari. Deve rivolgersi a un giudice e chiedere che quella certa persona venga portata in carcere. Ci si accanisce coi pubblici ministeri ma chi decide gli arresti è un giudice e non un Pm».
Accusa e difesa, secondo lei, si confrontano ad armi pari nel processo?
«Nel sistema attuale direi di sì. Le norme del codice penale sono a difesa del cittadino nei confronti della pretesa punitiva dello Stato, perché di questo si tratta. Come giudice ho il dovere di rispettare fino in fondo il ruolo che svolge la difesa».
Separazione delle carriere.
«Argomento di confronto serrato al nostro interno. L'Anm non ha una posizione ufficiale: ci sono favorevoli e contrari. Se ne può discutere evitando strumentalizzazioni e magari chiedendosi se davvero sia utile alla società tenere i Pm distanti dall'ordine giudiziario».
Intercettazioni: se ne abusa, siamo un Paese di spiati?
«Le intercettazioni sono un formidabile strumento di indagine. Non se ne può fare a meno. La gente deve sapere che vengono decise solo in presenza di reati molto gravi: sequestri, omicidi, stalking, pedopornografia, sfruttamento della prostituzione e altro. In Italia quelle autorizzate sono circa centoventimila l'anno. Considerate che i “bersagli”, come li chiamiamo noi, adoperano non meno di cinque utenze telefoniche diverse. Dunque le intercettazioni riguardano lo 0,042 della popolazione».
È civile che in un Paese normale esistano ancora i manicomi giudiziari?
«No, non è civile. C'è una legge che li ha soppressi ma ha provvisoriamente prorogato l'attuazione delle nuove regole. La magistratura, com'è evidente, non c'entra».
La sua categoria ha un arretrato di nove milioni di fascicoli. La imbarazza?
«Imbarazzare forse no. Mi crea ansia, mi fa sentire inadeguato. So che il mio lavoro è dare un servizio ai cittadini, e so anche che questo servizio è pessimo».
pisano@unionesarda.it

«Nuda sul web per pagarmi gli sfizi» Universitaria cagliaritana racconta il mondo segreto delle cam-girl Sul libretto universitario ha la media del "27" ed esami in regola.





Alcuni dei contenuti qui riportati potrebbero urtare la sensibilità di chi legge in quanto tratta di tematiche inerenti alla sfera sessuale. Sono argomenti che potrebbero urtare la tua sensibilità o essere inadatti per i minori di 14 \16 anni o per  chi è sensibile  a  tali argomenti 















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INCHIESTA. Silvia, 21 anni, arriva a guadagnare 3000 euro al mese: «Lo fanno tantissime ragazze»«Nuda sul web per pagarmi gli sfizi»Universitaria cagliaritana racconta il mondo segreto delle cam-girlDi giorno studia e va all'università, di notte si spoglia a pagamento davanti a un pc. «Faccio l'imprenditrice di me stessa, così riesco a comprarmi vestiti di marca».Sul libretto universitario ha la media del "27" ed esami in regola. Si spoglia davanti alla webcam per comprare trucchi e vestiti di marca. "Che c'è di male?", chiede.



La storia è raccontata sull'Unione Sarda oggi  24  novembre  2013   ( trovate sotto l'articolo ) Ha per protagonista una studentessa universitaria che di notte, dopo aver dedicato la giornata allo studio e a frequentare le lezioni, si spoglia a pagamento per i clienti on line. Professione webcam girl. "E' come se facessi l'imprenditrice di me stessa - racconta - così riesco a comprarmi vestiti di marca. Non vedo cosa ci sia di male".










Un filo di trucco, jeans e scarpe da tennis alla moda. Libri sottobraccio e viavai quotidiano tra la biblioteca e le aule dell'università. Di giorno si confonde tra migliaia di ragazze alle prese con esami e lezioni, la notte mette via gli abiti della brava studentessa e si trasforma in un'abile mangiauomini, sfruttando le potenzialità infinite del web. Silvia (il nome è di fantasia) è cagliaritana e ha una bella media nel libretto, «del 27, con gli esami sono in regola». Lo dice con orgoglio, e con la stessa facilità con cui parla del suo lavoro da lucciola virtuale «più diffuso di quanto si pensi». Professione webcam girl, «non vedo cosa ci sia di male. Mica mi prostituisco. È come se facessi l'imprenditrice di me stessa».
I GUADAGNI I vestiti volano via davanti alla telecamerina installata sul pc: internet diventa la porta d'accesso al mondo del sesso virtuale e dei guadagni facili. Sguardo ammaliante, movenze sensuali e una spregiudicatezza che mette i brividi. L'obiettivo è solo uno: far durare lo “spettacolo” il più possibile. Perché più si è brave a tenere incollato il cliente allo schermo, più consistenti sono i guadagni. «Per la chat privata mi faccio pagare tre euro al minuto. Alcuni mesi riesco a raggiungere anche tremila euro, dipende da quanto tempo mi collego e dalle richieste che ricevo».
I CLIENTI Ventun anni appena compiuti e la vera identità nascosta con cura dietro la mascherina nera («i miei genitori sono convinti che faccia la promoter. Sono all'antica, ne morirebbero»). Il costume di scena lascia poco alla fantasia. Ma pure quello viene sfilato via per mettere in tasca qualche euro in più. Il tariffario cambia in base alle richieste. «Qualcuno vuole spettacoli particolari, in questo caso chiedo anche cento euro».
STUDENTESSE HARD Racconta di un mondo affollatissimo: «Ci sono tantissime studentesse che lo fanno, anche alcune mie colleghe». Qualcuna sceglie il guadagno facile per necessità, «una mia amica si mantiene da sola, il padre è disoccupato, la madre casalinga», per altre diventa una scelta di vita: «So di una ragazza laureata che non riesce a trovare lavoro. Anche lei fa la cam girl». Silvia ha mosso i primi passi in questa realtà un po' per curiosità un po' per togliersi gli sfizi senza curarsi troppo dell'etica: «Con i soldi che guadagno mi compro roba di marca. Qualche mese fa ho preso anche la macchina, di seconda mano». Non è difficile entrare nel mondo della prostituzione on line. Serve l'iscrizione a uno dei numerosissimi siti internet del settore. La caccia alle nuove leve da introdurre nel mercato del sesso virtuale è sempre aperta. Per far parte del giro il corpo deve diventare merce di scambio. I guadagni arrivano, ma, per quanto virtuale, non può non restare il sottofondo triste della prostituzione e della femminilità calpestata.

Sara Marci





Il sesso Voyeuristico ha ne ha atto dfi progressi infatti   sempre  dallo stesso  giornale descrive  com'era  un tempo   il sesso  virtuale prima dell'arrivo  d'internet  


Il passatoIn principio fu l'1444  telefoni hot super costosi


Prima ancora dell'avvento del pc e di internet sono stati i telefoni tradizionali il canale preferenziale del sesso a pagamento. Bigodini tra i capelli, calzettoni di pile e magari tute in perfetto stile omino Michelin, a nessuno importava chi ci fosse all'altro capo della cornetta.
Era l'era degli 144, le linee erotiche nate sul finire degli anni Ottanta ed esplose in quelli Novanta. Rantoli ammiccanti, voci forzatamente suadenti e via libera alla fantasia più spinta. Anche in questo caso il compenso delle telefoniste hard dipendeva dalla loro abilità a intrattenere i clienti il più a lungo possibile. E loro, ammaliati da gemiti vari, solo al momento del pagamento della bolletta si rendevano conto di aver decisamente esagerato. I tempi son cambiati, ora c'è internet e l'144 sembra un ricordo sbiadito. È l'era delle webcam girl, e del sesso con le immagini. (sa. ma.)



 E a proposito  di  144  ed  affini  ne  avrei di storie  da  raccontare ( alcune  le  ho  già raccontate  nei post  precedenti  cercate  il  tag   pornodipendenza   e  simili , se  v'interessano  scrivetemi pure via  email  )    visto  che   da ragazzo   ero un dipendente  di tali linee  . Si posso riassumere  con questi due  video --  e dalla  catturta  schermata    del maiale  (  a  sinistra  )   presa    dal  2  video  --   tratti  Fantozzi - Il ritorno è il nono capitolo della saga fantozziana, realizzato nel lontano   1996







Ma  poi ne  sono uscito  e  confermo dopo  una ricaduta  richiamando   tempo fa  un   899 0 892  quanto riportato da tale articolo   sempre  della stessa inchiesta    dell'unione  sarda  


Un business colossaleI porno “nick” di studentesse e casalinghe





Il business è fiorente, la concorrenza spietata. Il mondo delle cam girls è più vasto di quanto si possa credere. Davanti al web si trovano donne di ogni età e status.
Nascoste dietro nickname dal chiaro richiamo erotico ci sono casalinghe, veterane della disoccupazione, laureate che hanno perso le speranze di trovare un impiego tradizionale. E tante, tantissime universitarie. I numeri sono da capogiro, le professioniste del sesso virtuale in Italia crescono a vista d'occhio: nel 2006 erano circa 75 mila, oggi sarebbero centinaia di migliaia. Sintomo di un malcostume generalizzato che porta a far finire il proprio corpo davanti agli sguardi vogliosi degli internauti con pochi scrupoli. Iniziare è semplicissimo, bastano un computer, una connessione internet e una web cam di qualità. Oltre a una buona dose di esibizionismo.
Su internet i siti specializzati rilanciano la professione del terzo millennio: «È l'unica attività che permette grandi guadagni con il minimo sforzo e divertendosi», si legge in rete. C'è pure la guida per diventare un'ottima cam girl, con tanto di trucchi e consigli per far lievitare gli incassi. I tariffari variano a seconda delle richieste dei clienti, c'è chi paga per chattare in privato con la girl scelta, chi compra spettacoli più spinti e in gruppo. E anche chi si accontenta di spiare un altro utente senza alcuna possibilità di interagire. La tariffazione è sempre al minuto, l'abilità di ogni donna sta nel riuscire a non annoiare l'utente tirando il più possibile il contatto. C'è chi arriva a guadagnare anche 4 mila euro al mese, ma in media si viaggia sui 2 mila. I pagamenti avvengono attraverso accrediti su postpay o carta di credito, ma i guadagni effettivi si dimezzano a seconda del sito per cui si lavora. Alcuni trattengono il 20 per cento degli incassi, altri persino la metà. Soldi esentasse, la maggior parte hanno sede in paradisi fiscali. Spesso fuori dai confini italiani.
Sa. Ma.
  adesso dopo la liberazione   dalla  schiavitù dei telefoni  erotici   continuo  fra alti e bassi  da  quella dei siti   .Concludo   invitando ed  invitandomi ala prudenza  


GLI ESPERTI. Ormai su internet si trova di tutto: se sono coinvolti minori si rischiano pene gravissime
Il sottile confine tra lecito e reato
Gestire siti di chat erotiche è considerato sfruttamento della prostituzione
«Quando c'è il pagamento per una prestazione sessuale o uno spogliarello, anche attraverso una webcam, chi trattiene parte del guadagno della ragazza commette un reato». Davanti a un terreno sconfinato, gli investigatori della Polizia Postale di Cagliari, cercano di mettere alcuni paletti: troppo spesso chi utilizza determinati servizi non sa di potersi cacciare nei guai. Così come i tantissimi minorenni, sopra i dodici anni, non hanno la minima di idea che detenere una foto nuda o un video hard di una ragazzina significa automaticamente collezionare una denuncia penale.
Quando si parla di sesso virtuale e maggiorenni invece la discriminante secondo gli agenti della Polposta è il denaro. «Una video chat erotica, se fatta tra due persone, è paragonabile a una conversazione telefonica. È un qualcosa di privato, dunque non si commette alcun reato». Se però la chat e le immagini finiscono a più persone o se per vedere uno spogliarello o una scena di autoerotismo si paga, la situazione cambia. «Nel primo caso», spiegano dagli uffici della Polizia postale di Cagliari, «si viola l'articolo 528 del codice penale, favorendo il commercio e la distribuzione di immagini con atti osceni». Quando si paga, anche per vedere una video chat, se il servizio è gestito da una società che trattiene parte degli introiti si è nel campo dello sfruttamento della prostituzione. A rischiare non sono né la wecam girl né il cliente, ma i gestori del sito. «Ma sono situazioni difficili da smascherare», fanno sapere gli "007" della Polposta, «perché il più delle volte le società che gestiscono il servizio sono all'estero. Le indagini dunque sono spesso in salita, oltre a essere molto complicate».
Il discorso cambia, e diventa molto più grave, quando di mezzo ci sono minorenni. Detenere immagini o video di ragazzine nude (come il caso delle quattro dodicenni finite al centro di altrettante inchieste portate avanti proprio dalla Polizia postale di Cagliari) è un reato. Anche per chi ha meno di diciotto anni. Per questo la vicenda delle ragazzine del Cagliaritano è delicatissima. Foto e video hanno fatto il giro di Facebook e WhatsApp, raggiungendo migliaia di persone: coetanei, giovani e quasi sicuramente anche maggiorenni. L'inchiesta va avanti e non è escluso che nei prossimi mesi ci possano essere novità. (m. v.)


alla prossima  

perchè parlo di : persone che soffrono di dipendenza da slot machine



 Etra  da un bel  po'  che non rispondevo  alle  faq  .M'ero proposto di  farlo  , ma poi  i sentimenti    derivati dall'alluvione  sarda  del  18\19  novembre   hanno  prevalso e  costretto a rimandare    tale post  .
  Visto le lettere  che ricevo  ( insulti e  complimenti  )  ma     anche  delle  domande  .  Ne  approfitto   per  chiare  alcune cose  di me   e  perchè parlo di queste  cose  .  Iniziamo  da  commenti  \ email  sul  primo argomento  1)  ma che  te  frega mica  soffri di ludo patia  , 2  si  è vero sono gli effetti collaterali  del gioco , ma  sono  solo pochi casi  tu    riportando  tali news  fai terrorismo mediatico  , 3)  ci sono cose più importanti cui parlare  .
A,messo  e non concesso    che  siano solo pochi casi  e\o limitati   ciò  è  un fenomeno   da non sottovalutare  \  prendere in considerazione  se   ci sono dei movimenti   d'aiuto ( vedere mie post  precedenti  )   non solo  a chi  non vuole  smettere  , ma    a  chi  vuole  togliere le macchine dai propri locali  . O se  molti comuni   intervengono con politiche   a  tale  scopo  . O  se  succedono fatti del genere    


  dalla nuova  sardegna  del 29\10\2013

PORTO TORRES. Denuncia ai carabinieri di avere subito una rapina: «Era incappucciato – dice – mi ha aggredito mentre passavo in via Enrico Costa». Ma dopo qualche ora, messo alle strette dai militari confessa tra le lacrime che i soldi della “falsa rapina” li ha spesi alle slot machine. Una storia dai contorni kafkiani quella raccontata nei giorni scorsi da un ventiduenne di Sassari ma residente a Porto Torres, che alla fine gli è costata una denuncia a piede libero per simulazione di reato (si rischia una condanna da uno a tre anni). Il giovane era uscito di casa con 150 euro in tasca, cifra data dai genitori per pagare una bolletta, ma l’attrazione per il gioco d’azzardo gli ha preso talmente la mano che ha pagato il tributo alle macchinette mangiasoldi. Da quel momento ha azionato la fantasia, non rendendosi conto dei guai che stava per combinare.
Dai carabinieri si presenta alle 14, in forte agitazione emotiva, racconta che la rapina è avvenuta alle 10 ad opera di un uomo incappucciato che lo ha minacciato con un coltello per derubargli i
soldi che aveva in tasca. Per avere un riscontro dei fatti indicati dal giovane incensurato, in modo contraddittorio, i militari effettuano il sopralluogo in via Costa: nessuno ha visto niente di strano durante quella mattina, nemmeno le signore affacciate per lungo tempo ai balconi. Non rimaneva altro che chiedere spiegazioni ai genitori su quei 150 euro nelle tasche di un disoccupato che si muove a piedi. Di fronte alla richieste di ulteriori spiegazioni da parte dei carabinieri, al comando del tenente Romolo Mastrolia, il ragazzo crolla e ammette di avere raccontato il falso. «I soldi li ho utilizzati per tentare di vincere alle macchinette», ammette.(...)  >>




Infatti Il gioco d’azzardo è ormai ritenuto una vera e propria emergenza sociale anche nei confini cittadini, capace di generare irrefrenabile dipendenza, che trova tra l’altro favorevoli condizioni di radicamento in una comunità che vive una crisi sociale ed economica senza precedenti.<< molti utenti iscritti ai Servizi sociali utilizzano i sussidi per rincorrere un illusoria (la maggior parte delle volte corsivo mio ) fortuna . >>





  Ora Con i miei post provo nel mio piccolo a raggiungere l’obiettivo di individuare le modalità per frenare il fenomeno attraverso la prevenzione ed il parlare \ raccontare di tali storie ed iniziative per combattere tale piaga. << La nostra prossima mossa – assicura l’assessore ai Servizi sociali di Porto Torres Piera Casula sempre alla nuova sardegna – sarà quella di aderire alla mobilitazione regionale che chiede con forza una limitazione dei punti gioco, in autonomia, soprattutto nelle zone sensibili». Nei mesi scorsi si sono svolti incontri informativi, per comprendere a fondo l’entità e la diffusione territoriale del problema azzardo, tra assessorato Servizi sociali, responsabili del Serd di Sassari (in cura 3 “giocatori” portotorresi), comando polizia municipale e compagnia dei carabinieri.>>
Per quanto riguarda la battuta un po' malevola ( ma non importa ce ne sono di peggiori, e quindi mi scivola via ) :<< ....mica soffri di ludo patia ( I II III ) rispondo che fortunatamente no , anche se ho avuto fin da piccolo per i videogiochi ( prima in casa con il pc all'epoca c'era il comodore 64 e simili , poi con le sale giochi e " le guerre " per studiare o fare altro e non stare sempre davanti ai videogiochi con i mie vecchi ) , dei problemi compulsivi di dipendenza . E quindi so di quello che sto parlando .Concludo segnalando questi link a chi ancora sottovaluta il problema


poiché la seconda , quella   sul perchè parlo\  racconto storie   nei miei  post  o e  d'immigrazione \emigrazione  parte risulta  nella brutta  più lunga  della prima  ho deciso di rinviarla , anche  a  causa  d'impegni per  gli alluvionati sardi  principalmente la  mia città  d'adozione  e  della mia  infanzia  delle vacanze  Olbia  ,  in un prossimo post  

23.11.13

come non pensare al dolore fisico in ospedale in attesa della morfina e dell'antidolorifico e non solo

Il post  d'oggi   ispirato   sia  alla  mia pluriennale esperienza  ospedaliera    sia   dallo stato  di facebook  di una mia  amica   ricoverata  in ospedale  in cui domanda  se  : <<  Qualcuno conosce un "trucco psicologico" per sfuggire al dolore (fisico)? Fino a mezzanotte è dura che arrivino altri antidolorifici ... >>  e dalle  risposte    date  da me   a tale  stato  . Sia  dai dolori che  ho  nell'uso  , fortunatamente  non necessitò di morfina o di altri
 anti dolorifici potenti  , e  che mi sta creando una bolla  sotto i denti braghettati (  vedere  nel mio autoscatto a sinistra l apparecchio) otere  in fuori  un  dente  storto  che miha cereato e mi sta creando problemi alla parte destra del mio corpo  

N.B ovviamente  su ricbiesta dell'interessata  o  omesso   i nomi  e le  foto   dei profili eccetto il mio 




    Musica sparata al massimo nelle orecchie.
    20 novembre alle ore 22.37 · Mi piace


    Non posso! Ho dato l'iPod ai miei per farlo portare a casa (qua ciulano tutto), sono in una stanza con altre 5 persone, sentirebbero attraverso le cuffie...ahimè questo non è un ospedale privato dalle stanze singole! :,(
    20 novembre alle ore 22.39 tramite cellulare · Mi piace


    Parola d'ordine, distrazione.Hai enigmistica e/o sudoku?
    O un libro che ti isola dal resto?
    20 novembre alle ore 22.41 · Non mi piace più · 2


    Giuseppe Scano usa la fantasia , pensa al futuro , immagina che quello sia piacere e non dolore . io quando ero in ospedale o sono dal dentista faccio cosi . ed il 90 % funziona
    20 novembre alle ore 22.41 · Mi piace · 1



    Libro ce l'ho, è quello che devo studiare, ma mi hanno spento tutte le luci.
    Cercherò di pensare come ha detto Giuseppe... Unicorna lilla che vomitano arcobaleni pestando cacche di glitter...
    20 novembre alle ore 22.48 tramite cellulare · Non mi piace più · 2



    Pensare di essere sospesi o dentro dei liquidi a mare o pensa di chiudere gli occhi e riuscire ad allontanare il cervello da qualsiasi pensiero cerca di vedere solo nel nero con i tuoi occhi chiusi come se viaggiassi in un universo che lasci la tua testa senza pensieri vuoto silenzio buio niente .... Cerca di tenere la testa lontana da qualsiasi cosa sopratutto da lui lo so è difficile ma non ce altra scelta ti sono vicina e se eri qui ti davo antidolorifici e sonniferi veri!!!!
    20 novembre alle ore 23.26 tramite cellulare · Non mi piace più · 1




    Se puoi, ascolta questa:



20 novembre alle ore 23.28 · Non mi piace più · 1


Eh, ****** non posso proprio! Non ho nemmeno gli auricolari ;^;
******* ti ringrazio...proverò a pensare di essere immersa nel mare cullante e nero dei miei pensieri, ma che sia troppo scuro per riconoscerli...
(Ps.: oggi mi hanno dato per la prima volta la morfina!
Ma hanno creduto che una sola dose bastasse....tzé! Menomale che ho portato il Tramadolo da casa...sennò sì che erano guai...)
20 novembre alle ore 23.31 tramite cellulare · Mi piace




Decostruire la mascolinità non significa demolire l’uomo. È reinventarlo, liberarlo dalle catene degli stereotipi affinché possa essere se stesso,

Ultimo  post  per  questa  settimana   sulla violenza  di genere o  femminicido    La nostra  mascolinità, spesso definita da stereotipi cul...