16.11.16

effetti deliteri dele bufale . meno male che google e facebook cerano di porvi rimedio . BUFALA Grisù il cane che ha difeso la sua famiglia da una rapina ad opera di nordafricani sarà abbattuto per ordine del giudice

Ultimamente sembra che diventare un diffusore virale di bufale sia diventato un mestiere sin troppo facile e redditizio. Come ci siamo avveduti negli ultimi tempi, basta semplicemente applicare ad una foto una bufala riciclata, un canovaccio precostituito o, addirittura, parole messe a casaccio per avere torme di indignadospronte a difendere il diritto della libera bufala in libero stato.
Nel caso della notizia che ci è stata sottoposta, c’è da dire che il bufalaro di turno quantomeno si è ispirato alla seconda tipologia farsesca, giocando col canovaccio più famoso


Isola Ligure – Grisù è un cane lupo, che anche se l’espressione pare truce, in realtà è un giocherellone. Lo scorso 19 Luglio nell’abitazione dove risiede assieme ai suoi padroni, mentre tutta la famiglia era a dormire, Grisù ha sventato una rapina.
Verso le 3 del mattino 4 sconosciuti di origine nordafricana si sono introdotti nell’abitazione del signor Marco Parodi. In quel momento i coniugi Parodi erano a dormire, così come i 2 figli di 4 e 5 anni. Il fedele cane di famiglia stava dormendo al piano terreno della villetta, ma il suo fine udito gli ha permesso di sentire i rumori causati dall’effrazione.
Il Lupo senza esitare ha aggredito il primo nordafricano che ha messo piede in casa, lacerandogli completamente il polpaccio destro. L’uomo in seguito soccorso ha subito l’amputazione dell’arto.
Oggi il giudice di pace ha ordinato di abbattere il cane lupo: “l’animale si è dimostrato pericoloso per la collettività e per questo motivo deve essere abbattuto”. Sgomento in casa Parodi che hanno annunciato un immediato ricorso per cambiare il destino del loro fido compagno, ma ancor più dura la reazione delle associazioni animaliste che hanno dichiarato guerra contro la sentenza.

Il canovaccio è sempre quello:


Tizio, un bravo ed onesto cittadino italiano o di altra categoria degna di affetto e stima da parte del lettore casuale, viene vessato ingiustamente da una delle categorie invise dal “popolo della Rete” (nomadi, stranieri, politici). Tizio o chi per esso si ribella all’ingiustizia, infliggendo un grave oltraggio al “nemico”, oppure, come un moderno eroe dei film d’azione, infliggendogli con brutale violenza gravi lesioni o menomazioni permanenti, che vengono accolte con gioia. Tale gioia viene però improvvisamente interrotta, in quanto le Pubbliche Autorità, latitanti di fronte al dolore immaginario di Tizio, irrompono in scena per punire Tizio in modo crudele e percepito come immotivato, spingendo così il popolo della Rete a strongersi incontro a Tizio.


Come vedete, questa bufala rispetta in pieno il canovaccio. Abbiamo infatti Tizio, il signor Parodi, che vittima di furto da parte di non meglio precisati “nordafricani” (quindi, gli stranieri), scatena contro loro un cane lupo che ne lascia uno mutilato, per il giubilo del popolo della Rete affamato di sangue.
Tale festeggiamento viene interrotto dall’autorità, incarnata dal “malvagio Giudice di Pace” che ordina che l’amato cane del signor Parodi sia abbattuto.

Tutta questa storia è naturalmente una bufala, anzi, un Voltron di bufale.

Il c.d. cane morsicatore non viene infatti abbattuto per ordine del Giudice di Pace, ma, dichiarato tale, viene sottoposto all’obbligo aggiuntivo di una assicurazione in capo al proprietario e l’obbligo permanente di guinzaglio e museruola congiuntamente e mai disgiuntamente in ogni sortita in luogo pubblico, più eventuali altre conseguenze come un periodo di quarantena e l’obbligo di risarcimento per le lesioni provocate, ma ci rendiamo conto che la bufala necessita per avere impatto di suscitare compassione per l’immaginario cane Grisù, contemporaneamente derubricando il grottesco ed inverosimile atto di un cane che strappa un arto a morsi ad atto di “nobile giustizia”.
Non ci è chiaro di quale isola ligure si tratti, né la triste storia del cane Grisù (ispirato al famoso draghetto animato dei fratelli Pagot, buffa creaturina che detestando il destino naturale dei draghi come creature di fuoco avrebbe voluto diventare piuttosto un pompiere) è riportata da altre testate.

Appare, in questi giorni, solo sul portale burla Libero Quotidiano e tutti i portali che hanno voluto copincollare la storia senza verificare.

EDIT: Negli ultimi giorni fino al 15/11 non solo questa bufala, nonostante il fact checking, ha continuato a diffondersi, ma si è incarnata in una petizione presso Change.org annullata solo dopo aver raccolto 14.732 firme , un numero pericolosamente prossimo al numero di firme richiesto per una storia del tutto inventata.

Come vedete, le bufale hanno conseguenze.





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Come un ragazzo adottato rintraccia sui social in barba alle legge i suoi genitori naturali e suo fratello salvandolo dalla droga

adottati o meno    ecco  come cercare  una persona   



La storia che  riporto  oggi   dimostra  come  : << Tutti i ragazzi adottati, ciascuno a proprio modo, a un certo punto sentono il bisogno di sapere da dove vengono. I social hanno rivoluzionato le cose rispetto a qualche anno fa. Non servono più ricerche negli archivi, ora basta battere un nome sulla tastiera. E mi fa ridere la legge italiana che fissa a 25 anni l’età in cui un ragazzo adottato può chiedere notizie sulle sue origini. A 14 anni con qualche clic si è in grado di fare da soli quello che la legge nega >> .  Quindo la legge   che prevede  che  i ragazzi datti  in adozione  debbano    aspettare    i 25  anni per  conoscere  le proprie  origini  ormai.  sia   anacronistica  😢😬  visto lo sviluppo delle nuove  tecnologie  e  come  essa  vada  riscritta  . 

Ecco la  storia   d'oggi tratta    da    repubblica  ( la foto )    e  da  http://www.huffingtonpost.it/
del  14\11\2016


Quattro fratellini colombiani, tre di loro vengono adottati, il più piccolo resta a Bogotà: da allora non se ne sa più niente. Fino a qualche mese fa: fino a quando il più grande non lo ritrova, grazie a Facebook, e lo salva dal giro di droga in cui era finito.



Alan, 23 anni, è arrivato in Italia quando ne aveva 10. Insieme a lui riescono a partire anche due fratelli, ma il più piccolo resta in Colombia, per via di lungaggini burocratiche. Elaborare il distacco non è stato facile:

Ero il più grande dei quattro e per questo mi sentivo responsabile della sorte di tutti, anche della sua. Immaginare noi tre qui al sicuro e pensare a lui perso chissà dove per le strade di Bogotá non mi faceva dormire. La famiglia che ci aveva accolto mi rendeva felice, ma il destino del mio terzo fratello mi angosciava terribilmente. Finché ero piccolo potevo far poco, se non tenermi dentro il mio dolore, ma poi, aiutato dai miei genitori, sono riuscito a trovare su Facebook la direttrice dell’istituto dove eravamo stati ospitati in attesa dell’adozione. Lei mi aveva sempre trattato come un figlio e anche a distanza di così tanto tempo ha deciso di aiutarmi a cercare mio fratello. Non sapevo bene neanch’io cosa mi aspettavo da questa ricerca: volevo vederlo? Incontrarlo? So solo che volevo sapere che fine aveva fatto, perché non saperlo era un peso insopportabile.
Alan non ha sofferto invano per tutti questi anni: il suo dolore e la sua preoccupazione sono serviti per salvare il fratellino, che nel frattempo era cresciuto e finito nel giro della droga.

Alan, anche se in quel momento non ha la possibilità di raggiungerlo in Colombia, decide di occuparsi del fratello lontano. Prima lo convince a entrare in una comunità di recupero per tossicodipendenti, poi a fare la leva obbligatoria in modo da tenersi lontano da brutti ambienti. «Con l’aiuto dei miei genitori italiani sono riuscito anche a fargli riprendere gli studi e a ottenere un diploma, ma non mi sentivo ancora pronto a incontrarlo». Alla fine però il momento del primo incontro arriva. Alan racconta di aver avuto paura: parlare in una lingua che negli anni non padroneggia più molto bene con un fratello di cui quel poco che si sa non è niente di buono rendono l'atmosfera piuttosto tesa: «Ci siamo dati appuntamento in un centro commerciale a Bogotà, abbiamo mangiato insieme, ma è stato un incontro “freddo”. Non ci siamo neppure abbracciati, ci siamo salutati come due sconosciuti, quali in realtà eravamo».Eppure quell'incontro ha cambiato la vita del fratello di Alan. L'aiuto di un membro della famiglia, la possibilità di continuare gli studi e il pensiero di qualcuno che,seppur dall'altro lato del mondo, si preoccupava per lui, ha contribuito a quella svolta che da solo non avrebbe mai potuto prendere: «Mi ha detto che per anni si era lasciato andare perché si sentiva solo al mondo. Si drogava con il peggio del peggio, il paco, una droga ottenuta dagli scarti della cocaina. Tutto è cambiato quando ha saputo che dall’altra parte del mondo c’era un fratello che pensava a lui e lo aveva cercato. Questo, e solo questo, mi ha detto, l’aveva convinto ad accettare di entrare in comunità».Il lieto fine nasconde però un retrogusto amaro. Dopo il fratello, infatti, Alan è venuto a contatto anche con i suoi genitori biologici. L'impatto però non è stato quello che lui aveva immaginato per tutti quegli anni.

«Sono venuti a sapere non so come dell’incontro e hanno deciso di mettersi in contatto, ma non è stata una bella esperienza». Per chi è stato adottato il rapporto mentale con i genitori biologici è un buco nero per niente facile da gestire. Per Alan è difficile raccontare, fa una pausa, prende tempo: «Avevo vissuto tutta la vita con un vuoto nel cuore. Negli anni mi ero costruito un’immagine ideale, ma quando ho avuto la possibilità di vederli, quell’immagine si è frantumata in un attimo. Erano due estranei». Poi con un sussurro, quasi parlando tra sé: «Come se non bastasse, hanno pensato bene quasi subito di chiedermi dei soldi. Anche per questo ho deciso di chiudere i contatti». Quell’incontro però, anche se traumatico, è stato decisivo. «Ho finalmente riempito il vuoto che sentivo nel cuore da tanti anni ed è stato il modo per capire definitivamente che i miei genitori erano quelli che mi avevano adottato».Alan ha raccontato la sua storia in occasione di un incontro organizzato dall'Istituto La Casa (uno degli enti italiani che si occupa di adozioni internazionali), parlando a proposito del ruolo dei social network nella ricerca delle proprie origini. «Tutti i ragazzi adottati, ciascuno a proprio modo, a un certo punto sentono il bisogno di sapere da dove vengono. I social hanno rivoluzionato le cose rispetto a qualche anno fa. Non servono più ricerche negli archivi, ora basta battere un nome sulla tastiera. E mi fa ridere la legge italiana che fissa a 25 anni l’età in cui un ragazzo adottato può chiedere notizie sulle sue origini. A 14 anni con qualche clic si è in grado di fare da soli quello che la legge nega»

9.11.16

.Natale come Halloween, la legge del mercato lo prevede. E noi come polli becchiamo

èer chi volesse  approfondire
http://www.romolocapuano.com/a-chi-si-accinge-a-festeggiare-il-natale/
https://agostinoclerici.it/2014/10/30/se-halloween-ormai-e-come-natale/


Lo so che halloween è passato ma l'articolo che riporto sotto è valido come dice l'amico Christian Faulisi : << Stessa roba vale pure per il Natale e san Valentino >> . Infatti nei negozi e in tv ( ancora no per fortuna su internet e sui social 😀😛 ) iniziano a mettere decorazioni e pubblicità natalizia .
Mi chiedo esiste ancora lo spirito del natale ? oppure se << (...) Oggi la ricorrenza del Natale ha più simboli pagani che religiosi, a cominciare da Babbo Natale vestito negli anni Trenta con i colori della Coca Cola, all’albero dei riti nordici. Resiste il presepio di San Francesco come residuo di fede. Natale è globalizzato. A differenza di altre ricorrenze religiose, il lato profano ha preso il soppravvento. È Babbo Natale e non più Gesù Bambino che porta i regali ai bimbi. Slittamenti progressivi dell’immaginario che certificano una società che prescinde dalla religiosità tradizionale. (...) >> [da http://www.sardegnasoprattutto.com/archives/8652 ]



da ilfatoquotidiano del 30\10\2016













di  Linda Maggiori | 30 ottobre 2016





Non vorrei fare la solita guastafeste ma a me Halloween non piace. Non perché io sia una fervente credente cattolica (non lo sono affatto). Non perché questa festa abbia origini celtiche o pagane (non ci vedo niente di male). Semplicemente perché Halloween è diventata una festa del consumismo e del “ricatto” ritualizzato. Dolcetto o scherzetto?
Forse un tempo aveva un senso, quando nell’Ottocento in Irlanda i contadini avevano poco da mangiare e per una notte mandavano i loro bambini in cerca di cibo, a chiedere la carità nelle case dei vicini, e anche una patata era ben gradita in cambio di una preghiera. Oggi il senso di Halloween è solo quello dettato dalle multinazionali che aumentano i loro guadagni, (in attesa di aumentarli ancora di più a Natale), inondando il mercato di junk food: caramelle, dolcetti e merendine, zeppi di zuccheri, conservanti, coloranti, grassi industriali.
Passano i bambini e i ragazzi casa per casa, ti suonano, chiedono leccornie e se non hai niente di loro gradimento ti fanno un dispetto, piccolo o grande che sia. Se sono bimbi piccoli, con mamma e papà che li aspettano nel Suv poco distante, si limitano a ficcarti carta igienica nella buca della posta. Se sono un tantino più grandi e vivaci ti ci ficcano i petardi; se sono ragazzetti emancipati ti imbrattano i muri; se sono figli di papà che non hanno niente da temere, ti possono anche bruciare un albero davanti casa (è successo a dei miei amici). Pazienza si dirà, per una volta… se a Carnevale ogni scherzo vale, ad Halloween ogni ricatto vale. Già, il ricatto ritualizzato, assunto a normalità, che scatena la prepotenza dentro ai nostri figli. Per una sera si può anche essere un po’ estorsori. In una notte, l’educazione alla legalità perde tanta credibilità.

Scherzetti piccoli, medi o grandi, fino ad arrivare agli scherzetti eclatanti: in Francia le forze dell’ordine nei giorni scorsi hanno arrestato 14 adolescenti che sono andati in giro mascherati e armati di pistole, coltelli, spranghe e mazze da baseball. A Montpellier un uomo è stato aggredito con sprangate da un criminale vestito da clown, che assieme a due complici lo ha poi derubato
Anche i Comuni, pur di cavalcare l’onda dell’horror consumista, si comportano da sciacalli. Per il weekend di Halloween il servizio Turismo del Comune di Ravenna propone diverse iniziative, tra cui le “Passeggiate tra mistero e delitto” che su un volantino promozionale vengono descritte come «visite guidate alla scoperta di una Ravenna misteriosa tra simboli nascosti e delitti dall’antichità a oggi». Passeggiata di pessimo gusto, in una città ancora scossa dal terribile femminicidio di Giulia Ballestri, uccisa a bastonate appena un mese fa. Delitti di oggi? C’è poco da ridere, passeggiare e scherzare. Un’amica di Giulia ha inviato una lettera di protesta ai giornali locali :

“È Giulia, e tutte le persone tragicamente morte come lei, che mi spinge a scrivere. È per lei, per loro, che voglio chiedere per lo meno un po’ di rispetto. Un po’ di buon gusto. La passeggiata fatela tra i mosaici, fatela lungo le vie che parlano della nostra grande storia, fatela tra la tomba di Dante e San Vitale. Si sa, la festa di Halloween ha meno valore, in una città come Ravenna, della sagra della castagna in una frazione dell’appennino. Ma ormai, la legge del mercato la prevede (…)

E’ proprio così, la legge del mercato prevede Halloween, e noi come polli becchiamo, senza rispetto per nessuno.
Il 31 ottobre siamo tutti pagani dissacranti ribelli e le multinazionali gongolano.
Tra due mesi a Natale saremo tutti ferventi cristiani credenti e sarà ugualmente un trionfo del consumismo. A San Valentino saremo tutti romantici e innamorati e le multinazionali si fregheranno ancor più le mani. Non fa differenza che le feste siano cattoliche o pagane, nostrane o importate. L’importante è che noi becchiamo e compriamo, che siamo sempre e solo docili burattini.
I giovani dovrebbero capire che il boicottaggio, la sobrietà e il consumo critico sono gli atti più anticonformisti e ribelli che esistano, le sole vere azioni concrete per marciare controcorrente. Atti concreti che fanno paura ai potenti del mondo. Altro che vestirsi da fantasmi.

7.11.16

LA MILANO CHE NON ACCOGLIE E LA MILANO CHE ACCPOGLIE IL CASO DELL'EX CASERMA MODELLO


IL paese sempre più diviso sull'immigrazione . È vero che non possiamo accogliere tutti e che dobbiamo evitare guerre tra poveri , ma perchè cazzo ce la prendiano con loro , invece di fare pressione su chinn ci governa perchè si faccia valere in europa e sia cambiata la legge sul diritto d'asilO

E' apparso come un gesto straordinario in un momento di forti tensioni; un evento unico, tale da attirare l'attenzione dei media internazionali. La festa di fronte alla caserma Montello di Milano per accogliere l'arrivo dei migranti è finita sulle pagine del Washington Post, che riporta una cronaca della giornata organizzata dal comitato Zona 8 solidale firmata dall'Associated Press. Una festa fatta di solidarietà, cibo, musica e teatro, che ha coinvolto il quartiere, dove solo la sera prima si alzavano i fumogeni di CasaPound e gli slogan dei cittadini contrari all'accoglienza: "Prima gli italiani". "Più di 1000 italiani martedì scorso hanno organizzato una festa di quartiere per dare il benvenuto a circa 80 migranti - si legge nel pezzo del Whashington Post pubblicato online - in contrasto con le crescenti tensioni anti profughi che attraversano il Paese, inclusa una protesta davanti alla caserma la sera precedente".

Milano, i profughi della Montello incontrano il quartiere: gli abbracci di benvenuto

Una festa sui generis, la prima del genere in Italia, sottolinea la cronaca, che racconta delle grida di benvenuto per la delegazione di ragazzi che è uscita dalla caserma per incontrare i residenti, della situazione che sta affrontando la città, e le parole dell'assessore al Welfare Pierfrancesco Majorino: "In questi mesi abbiamo visto tante piccole manifestazioni contro i migranti del Nord Italia anche a Milano - ha detto Majorino all'Associated Press - questa è la prima volta che assistiamo a una mobilitazione per accoglierli. E trovo che tutto questo sia molto bello".

Migranti, Sala: "La vera Milano è quella che accoglie, non quella che sfila con Casa Pound"


3.11.16

la battaglia ecologista di Sylvie Guillem ex ballerina dell'Opéra di Parigi



Leggi anche
http://www.wordsinfreedom.com/sylvie-dopo-guillem-vivere-secondo-natura/

Dopo essermi " marzullato "  con questa  domanda  -  risposta

vegani o vegetariani ( parziali nel mio caso in quando mangio formaggio e uova e raramente carne d'allevamento non industriale\ intensivo ) scelta morale o moda ?
Entrambi . Anche se,lo stesso vale per tutte le cose , la scelta viene fatta criticamente \ spontaneamente e non in maniera acritica \ passiva. Io preferisco la seconda .




Ecco la  storia  secondo me sincera   e coerente di Sylvie Guillem .  Essa è    rispetto a  quella del sottoscritto , cresciuto  fine  anni  70 primi 80   sul finire della cultura  egli stazzi e delle cussuggie   (  I II )  dove  gli animali ( galline  , mucche  ,  maiali , api )   s'allevavano   in maniera  naturale  \  biologica  e  non intensiva  \  industriale  ed  i loro prodotti ( salun ed insaccati , miele ed  uova  )  
erano sani  che   se magia  pochissima  carne    e molta verdura  quindi  è uno che  non disdegna la  cucina vegetariana   - vegana   ma  non ha  il coraggio pur piangendo  ogni volta  che vede  carne  e programmi  sugli allevamenti  non riesce  a  fare il passo   definitivo ad uyn  alimentazione  senza  carne  ed  prodotti animali  .

ma  ora basta  con il mio capriccio  )   e  veniamo alla storia in questione






Sylvie Guillem è una ballerina francese Conosciuta ed apprezzata come una delle più grandi ballerine che ha incominciato ad 11\12 anni e nel corso del 2015 all'apice della sia carriera la cui scelta è stata << Annunciata la sua ferma intenzione di interrompere la carriera (“Mi ritiro quando sono al massimo, non volevo essere obbligata dai segnali del corpo”) [1], danza per l'ultima volta, il 30 dicembre 2015, davanti al pubblico giapponese .[2] >> ( da  wikipedia

    l'icona della danza Sylvie Guillem è anche una donna impegnata per la tutela dell'ambiente e la lotta contro “l'assurdità di un mondo suicida, ignorante, avido e sanguinario”. 
    Conosciuta ed apprezzata come una delle più grandi ballerine, l'icona della danza Sylvie Guillem è anche una donna impegnata per la tutela dell'ambiente e la lotta contro “l'assurdità di un mondo suicida, ignorante, avido e sanguinario”.Una scelta  coraggiosissima   come è evidente  sia  dall'intervista    rilasciata   al programma di rai tre  indovina  chi viene a cena del 31\11\2016  ce  trovate   qui su http://www.vegolosi.it/
      e  da  questa    che    del  20134  che  dimostra      come  la sua  scelta    fosse già nell'aria    quando ancora  era  una balleria  e  non delle coversioni dell'ultimo momento  fatte per  moda  o  farsi  pubblicità  




    Danza e ambiente, la battaglia ecologista di Sylvie Guillem

    Conosciuta ed apprezzata come una delle più grandi ballerine, l'icona della danza Sylvie Guillem è anche una donna impegnata per la tutela dell'ambiente e la lotta contro “l'assurdità di un mondo suicida, ignorante, avido e sanguinario”.

    di Salvina Elisa Cutuli - 20 Marzo 2013

    sylvie guillem
    Sylvie Guillem, una delle più grandi ballerine, icona della danza dalla straordinaria tempra fisica e non solo
    A volte nella vita ci si ritrova a vivere incontri che non avremmo mai pensato di fare se non nei sogni. Chi di mestiere fa il giornalista è abituato a realizzare interviste, ma l'abitudine cede il passo all'emozione quando si incontrano persone che hanno segnato in modo particolare la propria esistenza.

    È stato dunque per caso, una lacrima di emozione dopo averla vista ballare e sentita parlare, una forte stretta di mano, un ripensamento per non averne 'approfittato', un passo indietro ed un'attesa trepidante nel corridoio dell'Auditorium Parco della Musica di Roma prima di avere un suo recapito.

    Un climax di emozioni ed eccomi finalmente lì, a realizzare un'intervista a Sylvie Guillem, una delle più grandi ballerine, icona della danza dalla straordinaria tempra fisica e non solo. Basta vederla danzare per capirlo. Passione, talento, intelligenza, impegno, abilità, espressività si servono di un corpo longilineo e sinuoso capace di dare vita a movimenti, linee ed equilibri in una continua sperimentazione che l'ha portata ad affiancare il mondo del classico, con la danza moderna e contemporanea.

    Come detto, però, non è solo una questione di fisico. Dietro il palcoscenico, infatti, c'è un'artista, una persona attenta e cosciente del mondo in cui viviamo che ha deciso di sostenere l'esempio di Paul Watson – a lui e a Rudolf Nureyev ha dedicato il Leone d'oro alla carriera per la danza che ha ricevuto nel 2012 a Venezia – e degli attivisti di Sea Shepherd, promuovendo e facendo conoscere il loro messaggio durante i suoi spettacoli.

    Prima dell'inizio dello spettacolo – Sylvie Guillem, lo scorso 3 febbraio, ha aperto la nona edizione del festival Equilibrio all'Auditorium Parco della Musica di Roma, con un trittico di pezzi che riunisce tre dei più importanti coreografi del momento: Mats Ek, William Forsythe e Jiří kylián – sono stati distribuiti alcuni volantini con un messaggio chiaro che porta la sua firma: “[...] Eppure tutti noi siamo coinvolti da questi crimini contro la natura e la biodiversità, assolutamente tragici per le generazioni future. […] Il mio impegno con Sea Shepherd è teso a sostenere la lotta contro l'assurdità di un mondo suicida, ignorante, avido e sanguinario. Un mondo che saccheggia ciecamente le risorse da cui dipende. [...]”.

    Durante la nostra conversazione, quindi, ho avuto modo di conoscere un altro volto di questa artista imprevedibile e audace che ha sentito da subito il bisogno e la necessità di libertà di ballare a modo suo, che ha piegato le regole del balletto classico sfidando anche le convenzioni più radicate. Un volto curioso, attento e consapevole che lotta affinché l'essere umano impari a salvaguardare se stesso e quindi il pianeta.

    sylvie guillem
    "Tutti noi siamo coinvolti da questi crimini contro la natura e la biodiversità, assolutamente tragici per le generazioni future"
    Cosa è per lei la danza?

    È una necessità, una fortuna arrivata senza cercarla, senza chiederlo. È arrivata e sembrava una evidenza forte, non ho pensato e mi sono sentita subito a mio agio, trovando uno spazio enorme di libertà, di comunicazione, dove poter dare e ricevere generosamente. La danza per me è tutto questo. È una maniera di essere, una maniera come un'altra, come lo è per uno scrittore, un pittore o un cantante.

    Come definirebbe la danza?
    È la maniera di raccontare una vita o un persona anche se talvolta passa attraverso personaggi o cose non descrittive. Ovviamente è il movimento del corpo che permette che le emozioni si sentano, passino da una persona all'altra, come le parole della bocca, come le immagini di un film...

    Cosa pensa dei tanti spettacoli di danza che si vedono oggi in giro?

    È bello che ci sia l'opportunità di realizzare tanti lavori, ma sono pochi quelli che, guardandoli, mi hanno cambiato la vita. Fa parte della società di oggi avere tante cose nuove, nuovi lavori, progetti, creazioni, ma poca originalità. Sono nuove perché qualcuno ha deciso di fare qualcosa, ma questo qualcuno non l'ha fatto perché sente la necessità, perché ha qualcosa da comunicare in una certa maniera.

    Per arrivare al suo livello c'è bisogno di tanto lavoro, sostenuto dalla passione, dal cuore e da tanta intelligenza. Cosa si sente di dire ai più giovani che intraprendono questa carriera interessati, spesso, più alla forma che alla sostanza?

    Non posso cambiare la società e i ballerini che ne sono parte. Ci sono persone che fanno questo lavoro con passione, onestà, rispetto e necessità – non facciamo questo mestiere perché non abbiamo niente di meglio da fare – altre che... sai, una piramide è fatta sempre da una base larga con una punta molto stretta perché, come le persone, la varietà è davvero tanta. C'è chi pensa con il cuore, chi si lascia andare per scoprire le cose, per impararle e trasmetterle ad altri e chi, invece, ha come obiettivo la carriera fine a se stessa.

    Secondo lei si può danzare senza tecnica?

    Sì, sarà differente perché quando c'è un vuoto o una debolezza bisogna trovare una compensazione. Talvolta la persona ha qualcosa di così importante da trasmettere che il problema della tecnica non si considera neanche, non ci si pensa. È chiaro che per discipline come la danza classica è meglio possedere una tecnica, anche se non formidabile, per non correre il rischio di cadere e per acquisire una certa eleganza e grazia. Bisogna considerare anche cosa vuole/cerca il pubblico. Spesso lo sguardo del pubblico è più eccitato per la performance che per un'emozione. Sul palcoscenico come nel pubblico la gente è variegata.

    sylvie guillem
    "6000 miles away" è uno spettacolo ideato e interpretato da Sylvie Guillem come omaggio al Giappone devastato dallo tsunami (Foto da “6000 miles away”)
    Qual è il segreto di Sylvie Guillem? Cosa la muove?

    Se avessi un segreto non lo direi (ride!). Non c'è un segreto, sto ancora scoprendo e imparando molte cose, cosa c'è da fare, come reagisco alla vita... Ho avuto la fortuna di fare qualcosa che mi è venuto così senza cercarlo. Mi è piaciuto dall'inizio, ho visto che c'erano delle cose incredibili da vivere ed esplorare. Cerco di fare il meglio possibile, di continuare e seguire questo cammino in modo onesto. Non voglio deludere. Sul palcoscenico non si può nascondere ciò che siamo veramente, si sente e si vede tutto. “I do my best”. Ho questo approccio con la mia disciplina.

    È possibile raggiungere la perfezione?

    Si può cercare, ma non so quale sia la perfezione. Ci sono momenti in cui ho sentito emozioni più forti, ho visto maggiore bellezza, ma non so se è la perfezione.

    Di recente l'abbiamo vista protagonista dello spettacolo “6000 miles away” alla nona edizione del festival “Equilibrio” a Roma. Partiamo dal titolo. Cosa significa? 6000 miglia lontane da chi?

    Mentre eravamo a Londra e provavamo la coreografia di Forsythe – era giunto anche il momento di scegliere il titolo per lo spettacolo – ci è giunta la notizia del terrificante tsunami in Giappone. Sono tanti anni che vado in Oriente ed ho imparato ad amare questo paese... ho tanti amici, tante persone che conosco bene. Guardavo la televisione e mi sentivo inutile e impotente, non potevo comunicare con gli amici e non sapevo come stavano. Oltre alle persone che conosco pensavo anche agli altri, al pubblico che mi segue da tanti anni.

    Questa sensazione di impotenza non era piacevole. Mi dicevo: “ok non sono in Giappone, non sono lì, facciamo qualcosa che possa alleggerire lo stato d'animo delle persone colpite da questo evento”. Ed ecco il perché di “6000 miles away”. 6000 miglia, infatti, sono la distanza tra Londra e Fukushima. Un omaggio all'amicizia. Un pensiero che potesse far sentire che l'amicizia esiste anche se ci sono tanti chilometri che ci dividono.

    Mi ha stupito molto il volantino che è stato distribuito all'ingresso della sala del teatro con un suo testo che richiama l'attenzione del pubblico sull'associazione fondata da Paul Watson, Sea Shepherd. Perché divulgare e far conoscere proprio Sea Shepherd? Cosa rappresenta per lei la figura di Paul Watson?

    Ho visto per la prima volta, due anni fa circa, un documentario in televisione su Paul Watson e Sea Sepherd. Subito dopo, insieme a mio marito, abbiamo cercato su internet altre informazioni sull'associazione di volontari presieduta da Watson. Mi è sembrato qualcosa di utile, realizzata con senso e intelligenza. Ho sempre avuto coscienza dell'importanza della natura e degli animali e avevo la sensazione che le cose non stessero andando nella direzione giusta. La vita di Paul, le sue parole, ma soprattutto le sue azioni mi hanno aperto gli occhi ancora di più e ho visto la dimensione del problema che è molto maggiore rispetto a quello che pensavo.

    sylvie guillem
    "L'arte è la vita, fa parte dell'essere dell'umano, è tutto. L'arte prende ispirazione dalla natura, con le emozioni che noi sentiamo e proviamo"
    Io sono un'ecologista per indole, amo l'aria e quando arrivo in un posto nuovo mi fermo sempre a sentirla, a respirarla... non sono cieca rispetto a quello che c'è intorno a me, so che sono una piccolissima parte rispetto ad esso e da cui dipendo, ma non mi rendevo conto che la situazione fosse così drammatica nonostante facessi parte - come tanti - di associazioni conosciute. Mi sono detta: “Paul, Sea e i volontari agiscono personalmente, vanno sul posto e non lottano solo contro la caccia alle balene, quella loro è una lotta molto più ampia”.

    Noi non siamo il centro di tutto, siamo parte di un tutto che ha bisogno di un equilibrio e se ci comportiamo e pensiamo di essere superiori rispetto alle cose intorno a noi è finita. Stiamo facendo danni terribili. Avrei voluto scoprire Paul Watson e Sea Shepherdmolto tempo prima. Non posso andare sulle navi, non sono capace di “attaccare” i laboratori che torturano animali, vorrei essere capace ma non lo sono almeno per ora (ride), come posso aiutare ed essere utile per la natura e la vita in generale? Allora ho capito che forse potevo contribuire ad aprire gli occhi ad altre persone.

    Non è giusto che solo una piccola parte dell'umanità, considerata spesso terrorista o fanatica, provi a salvare l'altra grande parte del mondo. Tante persone non vogliono rendersi conto, non vogliono vedere e questo mi fa molto arrabbiare. Non vogliono sentirsi dire che le proprie scelte non sono buone e non hanno nessuna intenzione di cambiare le proprie abitudini perché vanno bene così, permettono di vivere in modo più comodo e semplice. Molti non pensano nemmeno al destino dei propri figli! Non considerano tutti gli animali torturati; un vero olocausto per quanto ne vengono uccisi ogni anno nel mondo.

    Quindi l'arte può avere un ruolo importante...

    L'arte è la vita, fa parte dell'essere dell'umano, è tutto. L'arte prende ispirazione dalla natura, con le emozioni che noi sentiamo e proviamo. L'arte parla, dunque può aiutare. Ma l'arte è fatta dagli essere umani quindi è la parola di una persona.

    sylvie guillem
    "Io sono un'ecologista per indole, amo l'aria e quando arrivo in un posto nuovo mi fermo sempre a sentirla, a respirarla"
    Visto che l'arte può contribuire a svegliare le coscienze delle persone ci vorrebbero più artisti che, come lei, contribuiscano alla battaglia ecologista

    Anche se ci sono molte persone note impegnate il problema, purtroppo, permane. Le decisioni vengono prese valutando le conseguenze immediate senza ragionare e progettare “in prospettiva”. In una tribù indiana, ad esempio, qualsiasi scelta viene ponderata e presa considerando le sette generazioni future. Oggi viviamo in un mondo pazzo.

    Paul Watson non ha passaporto, è chiamato terrorista e spesso è perseguitato dalla giustizia. Volontari che vogliono salvare l'umanità vanno in prigione, mentre chi distrugge gli altri e la vita con l'inquinamento, le armi, le guerre ha la possibilità di prendere tranquillamente le proprio decisioni e non viene ostacolato. Non si tratta di salvare solo gli animali, ma si va molto oltre. Il nostro comportamento con gli animali riflette quello che abbiamo con gli esseri umani; se non sappiamo prendere buone decisioni per gli animali non lo sapremo fare per noi, per il nostro futuro e per i nostri bambini. È una lotta fondamentale.

    Visto che si parla di cambiare, per lei cosa è il cambiamento?

    Io sono diventata vegetariana e per me è stato un passo enorme. Amavo, specialmente in Italia, mangiare i salumi, ma ho deciso, e non per la mia salute, di fare parte della soluzione e non del problema. Se fossimo in tanti a fare delle scelte di questo tipo potremmo cambiare le cose prima che sia molto tardi. Nel 2045 non ci sarà più a disposizione pesce da mangiare. Se gli oceani muoiono, moriamo tutti. D'accordo non posso cambiare il mondo ma uno più uno più uno… se non c'è domanda, se la gente non va al supermercato per mangiare una carne, tra l'altro tossica, non ci sarà più un tipo di allevamento industriale che distrugge gli animali, la natura e quindi il nostro habitat. Da tanti anni non vado più al supermercato.

    Quando ero giovane dicevano che mangiare carne e bere latte era sano, oggi sappiamo che non è più così. È una scelta morale non salutare. Per me il cambiamento è questo, aiutare anche altre persone a raggiungere questa consapevolezza. Avrei voluto avere qualcuno che mi avesse fatto conoscere Paul Watson tanti anni fa, non solo adesso. Il cambiamento è aprire gli occhi anche agli altri.

    È ottimista per il futuro?
    No, perché si è perso il senso, l'intelligenza, la compassione nelle cose e nei comportamenti. Non è più accettabile con i mezzi di informazione che oggi abbiamo a disposizione fare finta di non sapere, di non scegliere, di non cambiare. La gente non pensa agli altri, ma a se stessa. Non è la politica che può risolvere le cose. Ammiro Paul Watson, gli attivisti e coloro che hanno il coraggio di agire e non parlano solamente. Meglio combattere che mettere la testa nella sabbia. Questa è una lotta contro il denaro e il potere, ma anche contro l'ignoranza della gente.

































































































































































































































































    1.11.16

    eccellenze sarde Oristano, il pasticciere artista vince l'Olimpiade della cucina in Germania e Londra, tenore gallurese canta 'O Sole mio a sorpresa e fa impazzire la folla

    Oristano, il pasticciere artista vince l'Olimpiade della cucina in Germania


    ORISTANO. Gareggiando per la categoria dedicata alla Pasticceria artistica e confrontandosi con più di sessanta pasticceri provenienti da tutto il mondo, Marco Deidda, 32 anni, di Oristano, ha lasciato senza parole la giuria internazionale delle Olimpiadi della cucina di Erfurt, in Germania, meravigliandola con la sua scultura interamente realizzata con lo zucchero artistico e portando in Sardegna il primo oro in questa particolare tipologia di arte pasticcera.

    Che voce! Giuseppe Serra, 23 anni, tenore di Golfo Aranci, ha incantato centinaia di persone che si trovavano a Covent Garden, con un acuto finale degno dei migliori tenori italiani almeno  da   quel poco  che  ne  capisco di  voci  e   d'opera  lirica  

    Londra, tenore gallurese canta 'O Sole mio a sorpresa e fa impazzire la folla




    LONDRA. Ha sorpreso tutti, dal pubblico alla cantante che si stava esibendo nel classico italiano 'O Sole mio e che non si aspettava l'ingresso di una voce maschile. E che voce! Giuseppe Serra, 23 anni, tenore di Golfo Aranci, sempre più apprezzato dai vip, ha incantato centinaia di persone che si trovavano a Covent Garden, con un acuto finale degno dei migliori tenori italiani. Serra si trova a Londra per alcune esibizioni, in particolare alla festa privata di un grosso banchiere in una sala del Ritz Carlton hotel, uno dei più lussuosi della capitale inglese e del mondo


    effetti colaterali di hallowen Olbia, allarme carneficina: mobilitati carabinieri e 118 ma è solo un equivoco in quanto i cadaveri erano ma i cadaveri erano manichini e il sangue vernice colorata



    non sono uscito sia perchè ero stanco dal tour de force lavorativo dei giorni precedenti , ma sopratutto perchè non mi piace l'americanata ( anche se l'origine è europea ) di hallowen .Ma mi sono fatto quattro risate leggendo questa storia

    da la  nuova  sardegna  del 31 ottobre 2016

     
    Olbia, allarme carneficina: mobilitati carabinieri e 118
    Una telefonata ha allertato forze dell'ordine e ambulanze, ma i cadaveri erano manichini e il sangue vernice colorata




                       Uno dei manichini trovato nel capannone in zona industriale

    OLBIA. È scattato l'allarme questa mattina (31 ottobre) a Olbia per un duplice omicidio in zona industriale che ha visto la mobilitazione in massa delle forze dell'ordine. Ma i cadaveri erano manichini e il sangue vernice colorata: un allestimento per una festa in maschera per la notte di Halloween, di cui però era completamente all'oscuro il proprietario del locale teatro della macabra piece.
    Tutto è cominciato con una telefonata al 112 di due operai che segnalavano una 'carneficina" in un capannone di viale Italia, nella zona industriale della città: almeno due cadaveri, fatti a pezzi, sangue dappertutto, una donna con una forbice infilzata nella schiena. Una scena agghiacciante che ha terrorizzato a tal punto i due operai che solo dopo essere fuggiti a gambe levate dalla supposta zona del crimine hanno trovato la forza per dare l'allarme.
    Auto di carabinieri, ambulanze del 118: un imponente schieramento di uomini in divisa, medici e infermieri si è messo in moto e ha raggiunto il luogo indicato dalla telefonata. La sorpresa è stata grande: niente cadaveri, solo manichini vestiti di tutto punto con ferite di arma da taglio e grondanti di vernice rossa a simulare il sangue, gambe e braccia staccate dal corpo, pavimento completamente imbrattato così come le pareti.
    I carabinieri non hanno dubbi: si è trattato di un macabro allestimento per una festa in maschera in occasione della notte di Halloween. Probabilmente un evento da tenere nascosto - il proprietario del capannone non se sapeva niente - destinato ad una platea di prescelti amanti dell'horror.



    Sapienza perduta © Daniela Tuscano



    Che fatica Sant'Ivo, per il suo autore ma anche per chi vi entra. È un ottovolante, un maroso, starei per dire un terremoto. Esito un attimo a scriverlo. Poi proseguo con decisione. 
    Sant'Ivo è esattamente questo: interminato vortice, grido di marmo. Non vi entri, la penetri. E subito anneghi in tutto quel bianco, che non illumina ma acceca. Per capirlo, devi arrenderti. Dimenticare la razionalità. Assecondare quei flutti, le ingannevoli lesene, la preghiera inascoltata.
     Sei nel cuore di Francesco Borromini, nell'attimo precedente la sua disperazione, i tormenti d'elvetico smarrito nella Roma papale. Quando il cervello si svuota, e sei illuso di veder luci, voli d'angeli e spazi nimbici. 


    Risposta logica non c'è. La vita è ricerca oscura, leopardiana. La sapienza, forse, risiede nella consapevolezza di questa fatica, d'un cammino apparentemente senza scopo, del cervello che all'improvviso parte, e non cogita più. Ma tu, sei. L'assioma cartesiano è un inganno. L'umanità non viene annullata. Anzi, in quel momento di sperdutezza, d'abbandono e bestemmia si erge più forte e prepotente che mai.
    Ecco il messaggio di Sant'Ivo, chiesa eretta da un suicida, testamento eretico dell'uomo solo.
    Ieri Sant'Ivo ha ondeggiato ancora. Lo spirito di Borromini è parso ridestarsi, terribile e vacuo come Efialte. Ma era brutalità, stupro. Sant'Ivo dal nome discreto, fiammingo, forense, ora è chiusa al pubblico. Le porte della conoscenza ci sono precluse. Non sarà che, nel frattempo, ne avevamo smarrite le chiavi?
    Sant'Ivo velata agli occhi è l'estremo urlo. Una Commedia che si straccia, impedendoci di riflettere sulla vanitas. E ci accorgiamo, d'improvviso, che è troppo tardi, e non c'è più niente da fare.

    © Daniela Tuscano

    cinquecento anni fra cattolici e protestanti




    Cinquecento anni, per sorridersi ancora.

    Cinquecento anni, perché un uomo abbracci una donna.
    Nella rispettiva, intangibile maestà.
    Cinquecento anni, per ritrovarsi nobili e vuoti,
    Con la tenacia dei reduci,
    In quest'Europa dissacrata.
    Cinquecento anni, per capire 
    Che lo straniero è Dio, è l'altro, siamo noi
    Al nostro fianco, nella stessa via
    Solo se doniamo, abbiamo tutto
    Senza possedere niente.

    © Daniela Tuscano 


    (Nelle foto: papa Francesco con l'arcivescova luterana Antje Jackelen e altri esponenti evangelici davanti alla croce salvadoregna, nel pellegrinaggio in Svezia per il 500^ della Riforma)

    ognissanti © Daniela Tuscano

    OGNISSANTI

    Altrove, ovunque
    Ci son donne, anziani, storpi.
    Qualche sparuto frate
    Dai nudi calzari
    Che mai varcheranno
    Le soglie del potere.
    Sfidano iliadi
    Con candore silente
    E son pietre, radici
    Divelte ma vive:
    Sorgono, vanno
    Nel rotear dei tempi
    E tornano lì
    Ove il sangue è rappreso
    A sciogliere un cantico
    Di polvere e incenso:
    Sul loro dorso poggia
    L'attesa del cielo.

    © Daniela Tuscano
    (Norcia/Baghdad, ottobre 2016)
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    DONI FORZA © Daniela Tuscano

    DONI FORZA


    Si convive, la morte addosso
    Anzi dentro - ti siede accanto -
    Nelle stanze di mite luce
    E il sentiero fresco e solo Si convive, a dorso curvo
    E tu solo puoi capire
    La dolente, folle gioia
    Che t'afferra fra le tende Sei il tuo unico compagno
    Nei viaggi in palmo di mano
    E il diluvio non può assalirti
    La voragine l'hai dentro Quando i ciottoli smembrano vie
    Come efelidi su un volto
    Tu lo sai, la vita è un ciglio
    Vano pendolo di tempo Sei funambolo, già altrove
    Nulla porti assieme a te
    Doni forza, perché il cuore
    Non ha tasche e non ha gloria

    © Daniela Tuscano
    (A Massimo - Fermo, 30/10/2016).