2.9.24

calcio a 5 Per ciechi ., sulla soddisfazione per i quarti posti? .,Valentina Petrillo la prima donna trans a partecipare a una Paralimpiade .,inventarsi un modo diverso di fare le cose il caso della nuotatrice tedesca Tanja Scholz,

 





Ieri è iniziato anche il torneo di calcio a 5 per ciechi, uno sport in cui il pubblico deve stare in silenzio per far sentire la palla ai giocatori, mentre c'è chi dice loro cose come: «Destra, attento, passa, tira!».

Vi eravate appassionati al dibattito sulla soddisfazione per i quarti posti? L'altra sera si è aggiunto questo bel discorso fatto dalla nuotatrice Angela Procida dopo aver perso una medaglia di bronzo per due centesimi.
 

Oggi  c'è stata la  classificazione  per la semifinale  400m t12 cioè per  gli ipovedenti   è vede  la  partecipazione   di 
Valentina Petrillo, la quale ha appena scritto la storia delle sport paralimpico diventando la prima donna trans a partecipare a una Paralimpiade.

Lo ha fatto guadagnando anche il pass (col sesto tempo) per la semifinale dei 400
metri T12, lei che è affetta dalla Sindrome di Stargardt, una malattia oculare rara che l’ha portata a perdere la vista.Ma lo ha fatto soprattutto con la dignità e il coraggio di chi da anni lotta contro ogni discriminazione, parlando con rara intelligenza di “inclusione”, di diversità, di battaglie per i diritti. Come Imane Khelif prima di lei, in forme diverse ma con la stessa determinazione.E ha fatto tutto questo per una ragione molto semplice. Perché, a differenza di quello che vomitano i suoi odiatori, rientra pienamente nei valori del Cio che prevedono valori di testosterone entro i 5 nanomoli per litro. E lei, dopo la transizione di genere, è di gran lunga al di sotto di questa soglia. Tradotto? Non ha attualmente NESSUN vantaggio nell’essere nata uomo. Nessuno. E non lo dice un pillon qualsiasi o fragolina76 ma il Comitato Olimpico Internazionale.E chi oggi la insulta, la offende, la discrimina o, peggio ancora per una sportiva, la accusa di barare, o non sa di cosa sta parlando oppure è coem quelle cagnette a cui hanno sotrattato l'osso . Infatti
L'atleta è al centro di numerose polemiche per quanto riguarda l'inserimento nella categoria femminile paralimpica. Molte atlete si sono espresse negativamente sulla correttezza del confronto sportivo con Petrillo, in quanto conservando la struttura fisica e biologica maschile, ha capacità atletiche maggiormente prestazionali rispetto alle atlete biologicamente femmine. Nelle polemiche sollevate sul caso Petrillo si è parlato di vera e propria discriminazione nei confronti delle donne.Proteste sono arrivate in occasione dei Campionati italiani master indoor di Ancona da parte di un comitato di 30 atlete rappresentate da un legale che hanno inviato alla FIDAL una diffida circa l'ingresso di Petrillo negli spogliatoi femminili a causa dei suoi genitali maschili.
Posizioni apertamente critiche nei confronti del percorso atletico di Petrillo sono emerse nel mondo dei social: tra queste un numero rilevante di insulti e minacce ha portato Petrillo a rinunciare alla partecipazioni World Masters Athletics in Polonia, anche dietro suggerimento dell'organizzazione dell'evento sportivo, paventando pericoli per la sua incolumità.Tali atteggiamenti gravemente omofobotransfobico. Una patologia che per fortuna non ha e non avrà mai alcuna rappresentanza olimpica.



Inventarsi un modo diverso di fare le cose


Ogni tanto nello sport succede che qualcuno improvvisamente si metta a fare le cose in modo diverso da come si erano fatte fino a quel momento, e che funzioni: uno degli esempi più celebri è Dick Fosbury, che inventò lo stile del salto in alto ancora oggi considerato più efficace.
Con ambizioni forse minori la nuotatrice tedesca Tanja Scholz, 40 anni, ha iniziato a eseguire in modo diverso da tutti lo stile rana per renderlo più adatto alla sua disabilità: è paraplegica dal 2020 per via di un incidente a cavallo e da allora è in carrozzina. Scholz fa la rana respirando (e quindi tirando la testa fuori dall'acqua) ogni due cicli di bracciate, invece che a ogni bracciata come si fa di solito: in questo modo affonda in acqua con il bacino e con le gambe la metà delle volte, e risparmia energie preziose (essendo paraplegica, una volta sprofondata fa più fatica a tornare su perché può farlo usando solo la parte superiore del corpo). Questa tecnica le permette anche di tenere sempre la nuca sopra la superficie dell'acqua, come prevede il regolamento della rana: se andasse completamente sotto verrebbe squalificata.
Anche grazie a questa tecnica ieri Scholz ha vinto l'oro nei 150 metri misti SM4, dove le nuotatrici devono fare tre frazioni da 50 metri in tre diversi stili (dorso, rana e stile libero): in gare di questo genere risparmiare energie è ancora più importante, perché la parte superiore del corpo deve poi produrre un grande sforzo nella frazione finale a stile libero. Scholz non è stata comunque l'unica a eseguire la rana in questo modo, visto che di recente altre nuotatrici con disabilità simili hanno preso spunto da lei. In generale nello sport paralimpico è più frequente che gli atleti provino a fare le cose in modo diverso, in base alle specificità della propria condizione fisica.

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Quella di Rigivan Ganeshamoorthy, Rigi per gli amici, è una di quelle storie che meritano di essere raccontate.
È la storia di un ragazzo di 18 anni a cui viene diagnosticata la sindrome di Guillain-Barré, aggravata, due anni dopo, da una caduta che gli provoca una grave lesione cervicale.È proprio in ospedale, nel 2019, che Rigi scopre il basket in carrozzina. “Ma era molto faticoso, non faceva per me” ha spiegato nel suo inconfondibile accento romanesco.Poi ha provato con la scherma, anche lì con discreti risultati ma senza la scintilla che gli avrebbe cambiato la vita.Quella arriva quasi per caso, come spesso capita, a 25 anni, mentre se ne sta nella sua auto-officina e qualcuno gli parla dell’atletica paralimpica, in particolare dei lanci.Peso, giavellotto e, infine, disco.Bastano le prime prove per capire che siamo davanti a un fenomeno. Nel giro
di pochi mesi tira giù il record del mondo del giavellotto (20,99), arriva a un centimetro da quello del peso.
Infine si presenta a Parigi nel disco. In questa specialità non lo conosce quasi nessuno. Per Rigi, alla sua terza gara internazionale, è già un successo essere in pedana, davanti a 80.000 persone.Solo che non si limita a partecipare. Fa sei lanci e tre di questi, tra il secondo e il quarto, sono tre record del mondo in fila. L’ultimo a oltre 27 metri. Un’impresa che ha pochi precedenti nella storia dello sport.Alla fine Rigi si presenta davanti alle telecamere Rai con un sorriso imbarazzato e con la sua calata romanesca dice: “Che devo dì?” “Sono un po’ timido”. Poi il “timido”comincia il suo show personale: “Agli amici, a tutta Dragona, al X Municipio. Al mio vicino che mi è venuto a trovare e a dare la bandiera. L’amicizia, questo vale più di una medaglia d’oro.” Mostra il “parafanghetto” portafortuna a Martina Caironi (“È merito tuo”), urla “Ambraaaa” (ad Ambra Sabatini in studio) e saluta tutti: “Se vedemo”.Ieri sera abbiamo scoperto un campione. E, insieme al campione, un personaggio ironico e auto-ironico, intelligente, divertente. E, insieme al personaggio, l’UOMO.


Di un’umiltà e una schiettezza a cui non siamo nemmeno più abituati. Infatti
Ieri sera il 25enne romano Rigivan Ganeshamoorthy ha vinto la medaglia d'oro nel lancio del disco categoria F52, in cui gareggiano atleti in sedia rotelle con capacità di movimento molto ridotte del tronco, delle gambe e delle mani (e in misura minore delle braccia). È stata una finale abbastanza eccezionale, perché ha vinto con oltre sei metri di vantaggio sul secondo classificato e soprattutto perché tra il secondo e il quarto lancio ha battuto per tre volte il record del mondo, facendo prima 25,48 metri, poi 25,80 e infine 27,06.
I tre record consecutivi sono arrivati in un tempo molto ravvicinato, perché per evitare troppi spostamenti degli atleti dalla carrozzina alla postazione di lancio ogni atleta fa i suoi sei lanci uno dopo l'altro, non alternandosi con gli altri atleti. Ganeshamoorthy ha una storia sportiva notevole: fino all’anno scorso praticava la scherma in carrozzina, ma dopo aver provato a lanciare ha scoperto di essere molto portato e nell’ultimo anno ha iniziato ad allenarsi nel disco e nel giavellotto: la finale delle Paralimpiadi di Parigi era solo la sua terza gara internazionale nel disco.
Dopo la gara ha dato all'inviata della Rai Elisabetta Caporale un'intervista molto divertente, in cui sembrava sinceramente contento e compiaciuto per la serata. «Che devo di', non ho parole neanche per me stesso», ha detto; e poi quando Caporale gli ha chiesto se questo mondo cominciasse a piacergli (parlando delle Paralimpiadi), 
Ganeshamoorthy ha risposto: «Ma sì dai, un po' troppi disabili forse», ridendo.
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Paralimpiadi, le storie di chi fa la storia: dall'atleta del Ruanda scomparsa al paramedico ucraino
Claudine, pallavolista ruandese, ha fatto perdere le proprie tracce e non ha partecipato neanche alla cerimonia d'apertura. L'ipotesi principale, come già accaduto in passato: scomparsa volontaria, per chiedere lo status di rifugiato

L'Ucraina, con i suoi 140 atleti è una delle delegazioni più folte e ambiziose di Parigi 2024. Nella nazionale paralimpica c'è un atleta che è qui non solo per far vedere che il suo Paese, e la sua gente, va avanti nonostante l'invasione dei russi e la guerra, ma anche per lanciare un messaggio a tutti coloro che, come lui, si sono trovati sul campo di battaglia e ne hanno pagato le conseguenze.Yevhenii Korinets, maglia n.2 dell'Ucraina, era un paramedico militare che, a 25 anni, non aveva mai messo piede fuori dal suo Paese e a un certo punto si era ritrovato al fronte. A marzo dell'anno scorso, a causa delle gravi ferite riportate mentre cercava di soccorrere dei commilitoni che stavano combattendo a Bakhmut, ha dovuto subire l'amputazione della gamba sinistra, all'altezza del polpaccio.

1.9.24

non esistono solo le olimpiadi e le paraolimpiadi ci sono anche quelle della cultura



mi è stato fatto notare via email ( ripeto qui il mio @ redbeppe@gmail.com) che esiste un altra olimpiade poco nota mediaticamente . Essa è quella della cultura

  da   <<Olimpiadi della Cultura - Parigi 2024 >> di  olympics.com


Unire arte e sport, o “muscoli e mente” come diceva Pierre de Coubertin, è uno dei capisaldi dell’Olimpismo. Arte e sport interagiscono e si arricchiscono con i Giochi di Parigi 2024. Affinché i Giochi siano aperti, partecipativi, unificatori e inclusivi, Parigi 2024 incoraggia tutti, artisti, compagnie, organizzazioni non profit, comunità, e club sportivi a svolgere un ruolo nel programma culturale dei Giochi. Questo programma offre opportunità alle persone nelle città e nei paesi di prendere parte alle Olimpiadi culturali di Parigi 2024 già ora!
OLIMPIADI CULTURALI: GLI ARTISTI PRENDONO LO SLANCIO DEI GIOCHI! Le Olimpiadi della Cultura. Sport e cultura: I Giochi, insieme!


Sin dalla fase di candidatura per i Giochi della XXXIII Olimpiade nel 2024, Parigi 2024 ha compiuto uno sforzo incredibile per incorporare la cultura al centro del suo progetto.
Sfruttando questa attenzione per la cultura, i rappresentanti della ricca vita artistica francese, tra cui musicisti, ballerini, attori, fotografi, artisti visivi e altro ancora, si stanno impegnando per creare una celebrazione per tutti con le Olimpiadi della cultura.Una festa popolare che durerà fino alla fine dell’estate 2024.
Centinaia di eventi a cui sarà possibile accedere gratuitamente, tra cui concerti, spettacoli, mostre, spettacoli di danza, film, laboratori per tutte le età e sfilate celebrative, tutte che si trovano tra arte, sport, valori Olimpici e Paralimpici.
Una rete regionale unica, in constante comunicazione con i movimenti Olimpici e Paralimpici.
Un’ampia gamma di progetti che si svolgono lontano dagli stadi, in spazi pubblici, palazzetti dello sport, teatri, musei ecc.
Perché sport e cultura hanno tanti valori in comune: l'attenzione alla prestazione e all'eccellenza, così come la condivisione (sociale, familiare, generazionale), con le persone al centro di tutto.

CHE COSA SONO LE OLIMPIADI DELLA CULTURA?

Le Olimpiadi della cultura sono un programma artistico e culturale multidisciplinare che inizia dalla fine dei Giochi precedenti fino alla fine dei Giochi Paralimpici successivi. In altre parole, Parigi 2024 ha avuto tre stagioni per aggiungere la creazione artistica alle emozioni e ai brividi sportivi.
L’Olimpiade della Cultura è un programma originale per esplorare le connessioni tra arte e sport e i valori che condividono: eccellenza, inclusione, diversità culturale e universalismo per esempio.
Porta la cultura negli impianti sportivi e in luoghi inaspettati. Dall’estate 2022 a settembre 2024, diversi grandi raduni presenteranno creazioni artistiche per stimolare le conversazioni tra sport e cultura in tutte le città che desiderano far parte di questa avventura.
Le Olimpiadi della Cultura di Parigi 2024: un programma unico nel suo genere che unisce la pratica artistica e la cultura sportiva.
Artisti, istituzioni culturali e organizzazioni del movimento sportivo possono richiedere di far parte di questo programma completamente nuovo.

Perini bronzo alle Paralimpiadi, ma è squalificato per un motivo assurdo: aveva un telefono in gara ., La vita di Ali Truwit stravolta dall’attacco di uno squalo che gli ha a amputato una gamba : lotterà per l’oro alle Paralimpiadi

Perini bronzo alle Paralimpiadi, ma è squalificato per un motivo assurdo: aveva un telefono in gara .

Giacomo Perini dopo aver conquistato il bronzo nel canottaggio alle Paralimpiadi è stato retrocesso, a causa di un motivo particolare: la presenza di un telefono nella sua imbarcazione.Dalla gioia incontenibile per la vittoria di una medaglia alle Paralimpiadi, alla delusione cocente per la  retrocessione all'ultimo posto. Giacomo Perini aveva conquistato il bronzo ai giochi di Parigi nel canottaggio, nella categoria Singolo PR1 maschile. Mentre festeggiava però ecco la doccia fredda da parte della giuria per un motivo molto particolare, ovvero la presenza di un telefono.Perini aveva sfoderato una grandissima prova riuscendo ad arrivare sul terzo gradino del podio. L'azzurro ai primi Giochi Paralimpici della sua vita, dopo l'amputazione della gamba destra a causa di un tumore osseo, ha portato a casa una medaglia che mancava all'Italia nel canottaggio alle Paralimpiadi dal 2008.Una soddisfazione enorme, anche perché conquistata dopo una prova di eccezionale livello agonistico. La celebrazione del risultato è stata interrotta dalla comunicazione ufficiale della Giuria che ha vanificato gli sforzi di Giacomo: "Nella finale del singolo maschile PR1, l'atleta dell'Italia è stato trovato a utilizzare apparecchiature di comunicazione durante la gara, in violazione della regola 28 e dell'Appendice R2, Bye-Law della regola 28.








 Di conseguenza, l'equipaggio è stato escluso dall'evento e viene classificato ultimo".In pratica, Perini avrebbe portato un telefono sull'imbarcazione. Per questo l'Australia ha presentato il ricorso ottenendo così riscontro positivo. La Federazione italiana dal canto suo ha provato a rispondere con un reclamo ufficiale: sul piatto i tabulati del telefono di Perini, per dimostrare che non ha utilizzato il dispositivo.La sua colpa sarebbe dunque stata solo quella di averlo dimenticato in barca. Questo il risultato al momento ufficializzato: 1. Gran Bretagna (Benjamin Pritchard) 9.03.84, 2. Ucraina (Roman Polianskyi) 9.14.47, 3. Australia (Erik Horrie) 9.23.37, 4. Israele (Shamuel Daniel) 9.36.94, 5. Francia (Alexis Sanchez) 9.46.60, EXC Italia (Giacomo Perini-CC Aniene)



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La vita di Ali Truwit stravolta dall’attacco di uno squalo: lotterà per l’oro alle ParalimpiadiAli Truwit ha perso una gamba a causa del morso di uno squalo. Un’esperienza terribile da cui, la nuotatrice ha saputo comunque riprendersi.


Una delle storie più curiose delle Paralimpiadi è senza dubbio quella di Ali Truwit. Questa ragazza 24enne proveniente dagli USA ha perso una gamba poco più di un anno fa, a causa del morso di uno squalo. Un'esperienza terribile da cui, la nuotatrice ha saputo comunque riprendersi: gareggerà infatti nei 100 metri stile libero sotto la Tour Eiffel lottando per l'oro.Una situazione impensabile 15 mesi fa quando Ali stava nuotando in mare aperto nei pressi delle Isole Turks, con una sua amica. Ad un certo punto ecco l'arrivo di uno squalo che ha preso di mira le due. Alla CBS Truwit ha raccontato: "Abbiamo preso a calci e spinto lo squalo, ma mi ha morso ad un piede. Il mio primo pensiero è stato: sono pazzo adesso o non ho più un piede. È stato un pensiero incredibilmente difficile per me. Ma poi siamo entrati subito in azione. In una frazione di secondo abbiamo nuotato per salvarci la vita”.







L'istinto di sopravvivenza, più forte del dolore, ha salvato la vita alle ragazze che hanno nuotato per 60 metri prima di mettersi in salto sulla barca: "Senza i nostri anni di addestramento, non sono sicura che saremmo riusciti a tornare sulla barca in mare aperto". Da lì il trasporto in aereo a New York, dove è stata operata tre volte, con la rimozione definitiva della parte inferiore della gamba sinistra, proprio nel giorno del suo 23° compleanno.




A poco a poco, Ali Truwit è tornata in piscina anche se non ha mai avuto il coraggio di nuotare nuovamente in acque libere: "Ho avuto molti giorni bui da superare, ma sono viva e quasi non lo ero più. L’ultima volta che ho sentito il rumore dell’acqua, stavamo nuotando per salvarci la vita. Ricordo l'intero attacco; sono stata cosciente per tutto il tempo. Quindi è stato difficile anche solo sentire di nuovo il rumore dell’acqua e non avere ricordi dell’attacco”.

Perché Olimpiadi e Paralimpiadi non si fanno in contemporanea ed altre storie paraolimpiche



Oggi quarto giorno di Paralimpiadi .
Chi vince una medaglia può fare due cose, quando passa da un metal detector: togliersela, per non farlo suonare, oppure approfittarne per pavoneggiarsi un po'  come  il  caso  dell'italiano Antonino Bossolo, bronzo nel taekwondo -63 kg . 




Ma  veniamo     al  quesito che   si pongono  molti  ( compreso il sottoscritto ) Perché Olimpiadi e Paralimpiadi non si fanno in contemporanea  ? 

Le Olimpiadi e le Paralimpiadi non si svolgono contemporaneamente per diverse ragioni storiche, logistiche e organizzative.  Infatti   se  si legge   la storia  delle  parolimpiadi   è  dal 2001,   che  il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) e il Comitato Paralimpico Internazionale (IPC) hanno firmato un accordo che stabilisce che la città ospitante delle Olimpiadi deve anche organizzare le Paralimpiadi1. Questo accordo è stato pensato per garantire che entrambe le manifestazioni abbiano la giusta attenzione e risorse, utilizzando le stesse strutture e infrastrutture
Inoltre, tenere i due eventi separati permette di dare maggiore visibilità agli atleti paralimpici e di celebrare le loro imprese senza che vengano oscurate dalle Olimpiadi3. Questo approccio aiuta a promuovere l’inclusione e a sensibilizzare il pubblico sulle capacità e i successi degli atleti con disabilità  .  Infati  
 

  dalla     NW  di paris   di ilpost.it

Quando la città di Boston provò ad aggiudicarsi l'organizzazione dei Giochi del 2024 – ritirò la candidatura nel 2015 – propose di invertire l'ordine dei due eventi: prima le Paralimpiadi, poi le Olimpiadi. L'idea era che le Paralimpiadi ne avrebbero guadagnato in visibilità, e allo stesso tempo le Olimpiadi avrebbero avuto un evento per “testare” su scala ridotta la macchina organizzativa. Fu una proposta presto respinta, come avviene tutte le volte in cui ciclicamente si parla della possibilità che Olimpiadi e Paralimpiadi vengano fatte nello stesso periodo, in teoria con la speranza di dare più visibilità alle Paralimpiadi: fu una questione molto dibattuta prima delle Paralimpiadi di Rio 2016, quando il comitato organizzatore ebbe molti problemi a vendere i biglietti per le gare (ma poi ci riuscì).
Secondo entrambi i Comitati internazionali, olimpico e paralimpico, queste proposte non solo non funzionerebbero, ma non sarebbero nemmeno praticabili: organizzare i due eventi in contemporanea richiederebbe uno sforzo logistico enorme e rischierebbe di produrre l'effetto opposto sul pubblico, cioè di togliere attenzione alle Paralimpiadi. Per Andrew Parsons, presidente del Comitato paralimpico internazionale, è invece un bene che ci sia «un momento unico per celebrare gli atleti paralimpici». Parsons rifiuta anche la proposta di anticipare le Paralimpiadi, che secondo lui non dovrebbero in alcun modo «essere viste come un test per le Olimpiadi».
Ecco quind  che   , semre  secondo  la   Nw , nel 2001 i due comitati firmarono un accordo per tutelare i Giochi paralimpici, stabilendo che da Pechino 2008 in poi dovessero tenersi sempre poco dopo quelli olimpici, usando lo stesso villaggio, facendo le gare negli stessi posti (più o meno) e coprendo le spese di entrambi gli eventi con lo stesso budget.


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La saltatrice in lungo Tara Davis e il velocista paralimpico Hunter Woodhall, che sono sposati e si allenano spesso insieme (AP Photo/Michael Woods)

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Il rugby in carrozzina è uno sport in cui scontri, contatti fisici al limite e ribaltamenti delle carrozzine stesse sono talmente frequenti che è stato soprannominato murderball: e non vi sfuggirà che “murder” in inglese significa “omicidio”. È in effetti uno sport all'apparenza piuttosto violento, anche se i giocatori sembrano impassibili a qualsiasi cosa gli capiti: appena ci si abitua, comunque, diventa molto divertente perché è estremamente rapido e dinamico.
È uno sport che mischia elementi del rugby ad altri del basket e della pallamano, e come nel rugby i punti si fanno oltrepassando una linea di meta in fondo al campo. La palla però è rotonda. Si gioca su un campo al chiuso grande quanto quello da basket, e infatti fu inventato negli anni Settanta proprio come alternativa al basket in carrozzina. È uno sport misto, in cui uomini e donne giocano insieme: ogni squadra ha 4 giocatori e giocatrici a cui viene assegnato un coefficiente da 0,5 a 3,5 in base al livello di limitazione fisica o della capacità di gioco dovuto alla disabilità, e la somma dei coefficienti in campo non può superare 8 (per ogni donna in campo però si ha uno 0,5 in più).
Il rugby in carrozzina sta avendo un crescente successo negli ultimi 10 anni soprattutto grazie a una regola che dal 2008 lo ha reso più intenso e spettacolare: quella per cui ogni squadra ha al massimo 40 secondi per un'azione d'attacco (ogni giocatore, poi, non può tenere la palla per più di 10 secondi senza passarla o palleggiare).
Le carrozzine sono diverse a seconda del tipo di giocatori: quelli di difesa ne hanno una con una sporgenza davanti per permettere di contrastare gli avversari (gli vanno proprio addosso alla massima velocità), mentre quelli d'attacco ne hanno una più adatta all'agilità di manovra in spazi stretti. La fisicità è una delle cose che giocatori e giocatrici preferiscono di questo sport, e ciascuno ha le sue storie di cicatrici, dita maciullate e ossa rotte durante le partite da raccontare con fierezza. Le carrozzine si ribaltano spesso, sì: e altrettanto spesso sono da aggiustare.


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Anche nelle paraolimpiadi ci sono donne incinte che hano scelto di gareggiare


Sette mesi


Non sono molte nella storia delle Olimpiadi le atlete che hanno gareggiato mentre erano incinte, e fino a questa edizione non ce n'era mai stata nemmeno una alle Paralimpiadi (o almeno non che si sapesse): poi è arrivata l'arciera britannica Jodie Grinham, che si è presentata a Parigi 2024 al settimo mese di gravidanza. Se in un certo senso il tiro con l'arco può sembrare uno sport più adatto di altri a essere praticato anche in gravidanza, perché richiede meno movimenti, per altri versi non lo è affatto. Nel momento del tiro le arciere hanno bisogno del massimo della concentrazione, di abbassare il proprio battito cardiaco e di
controllare la respirazione in modo da scoccare la freccia solo quando sono completamente ferme: ecco, pensate dover fare tutto questo con un feto di sette mesi in pancia.
Ieri Grinham (  foto  a  sinistra  ) ha vinto la medaglia di bronzo nel torneo individuale dell'arco compound (un tipo di arco che ha alcuni accorgimenti per limitare gli sforzi fisici), ed è stata in qualche modo storica. Durante la gara «il bambino non ha smesso di muoversi», ha detto Grinham, che ha spiegato di aver fatto allenamenti specifici per controllare quella situazione. Sarà difficile dopo di lei vedere alle Paralimpiadi atlete con gravidanze più avanzate. Nella storia delle Olimpiadi moderne si ha notizia di 25 atlete che hanno gareggiato incinte, ma nessuna al settimo mese.


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La più giovane di tutta la delegazione italiana


Dei 141 atleti e atlete italiani a queste Paralimpiadi, la più giovane in assoluto è Giuliana Chiara Filippi  ( foto  a   destra )  , che è del 2005 e deve ancora compiere 19 anni. Gareggia nei 100 metri e nel salto in lungo della categoria T64, per atlete con disabilità a un arto inferiore sotto al ginocchio: a Filippi manca il piede destro dalla nascita.
Nonostante sia molto giovane, quest'anno ha già fissato i record nazionali praticamente in tutte le sue specialità: 60, 100 e 200 metri, oltre al salto in lungo. Ieri è arrivata nona nella finale di salto in lungo e il 5 settembre tornerà a gareggiare nei 100 metri. Qualche settimana fa lei stessa aveva detto di andare a queste Paralimpiadi «senza aspettative», perché «comunque sono ancora giovane»: ma è una di quelle atlete da cominciare a tenere d'occhio.




Infatti    è  leggendo  le  sue  dichiarazioni    che non vedo  una  grande   sostanziale     differenza , in qiuanto  lo  spirito olimpico   è lo stesso  ,   tra  i  giochi olimpici  e  paraolimpici 

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Un'altra medaglia per Carlotta Gilli, una delle atlete di punta della nazionale italiana a queste Paralimpiadi: è la terza, e nei prossimi giorni gareggerà ancora.


Un'altra medaglia per Carlotta Gilli, una delle atlete di punta della nazionale italiana a queste Paralimpiadi: è la terza, e nei prossimi giorni gareggerà ancora.

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Gli esseri umani fanno ricorso a protesi di vario tipo fin dall'antichità, ma per molto tempo il loro scopo è stato più che altro quello di nascondere la mancanza di un arto. Affinché siano utili e funzionali, invece, in tempi più recenti si è capito che le protesi non devono per forza assomigliare agli arti umani.











 



uno degli inventori dello sport e dei giochi paraolimpici era il reduce della II guerra mondiale Giovanni pische

Giovanni Pische al centro in carrozzina, Gianni Minà è il primo a sinistra


Oggi voglio  raccontare    tra le  storie olimpiche  ( ma  non solo  ) .  Purtroppo  in quanto l'articolo   della  nuova sardegna  odierna    in cui  si parla    di  lui ,    nella    online  è  a  pagamento  ,    e non  ho voglia  di € per un articolo   quando  se  ne  parla  in altri siti . Comunque  polemica  a    a  parte  è  grazie   al web   che   ho  scoperto  anzi  riscoperto     in quanto    ne  avevo sentito  parlare    da  bambino    in famiglia   ed   letto   qualcosa  quando  s'inzio   a parlare    di queli che ora  sono  , anche se  anncora   c'è molta  strada  da  fare     , dei giochi paraolimpici . 

  da    <<  Giovanni Pische maestro di vita >> di lacanas.it 


Egli    fu   un  maestro di vita. Con queste parole il noto giornalista Gianni Minà definiva Giovanni Pische. Manon solo Minà, tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo hanno potuto apprezzare le sue doti umane.

Giovanni Pische nasce a Santu Lussurgiu nel mese di febbraio del 1921. Da ragazzo impara a nuotare nel rio Sos Molinos (in su foiu de tiu Pane Dente), e gioca come portiere nella locale squadra di calcio. Un ragazzo pieno di vitalità e di amicizia per tutti, giovani e vecchi.
A diciott’anni si arruola nell’Aeronautica Militare e partecipa alla seconda guerra mondiale come marconista di bordo. Il 14 giugno del 1943 il suo aereo viene abbattuto in un conflitto con due caccia inglesi. Si ritrova così in mare, ferito, aggrappato all’ala del suo aereo. Per sei ore lotta tra le onde, in quell’acqua che era da sempre il suo elemento vitale, sino a quando alcuni pescatori di Carloforte lo traggono in salvo.

Giovanni Pische sopravvive ma le ferite riportate lo rendono paraplegico, costringendolo sulla sedia a rotelle per tutto il resto della sua vita. Inizia una lunga serie di cure e trasferimenti da un ospedale all’altro sino ad approdare alla clinica Santa Lucia di Roma. Qui inizia una seria terapia riabilitativa e riprende a nuotare.
Nel 1961 partecipa ai Giochi Internazionali di Stoke Mandeville dove conquista una medaglia d’oro. Tre anni più tardi conquista una medaglia di bronzo alle Olimpiadi per paraplegici di Tokyo in seguito alla quale viene insignito dell’onorificenza di Gran Cavaliere della Repubblica.
Ma nella vita di Giovanni Pische non c’è solo lo sport. Al primo posto mette sicuramente l’impegno a favore delle persone sfortunate come lui (fu il fondatrore dell’Associazione nazionale tutela handicappati e invalidi). Ludwig Guttmann, creatore del Centro per le malattie spinali di Stoke Mandeville (Inghilterra), lo vuole nel Consiglio mondiale dello sport per paraplegici. Grazie alle sue tante battaglie civili i disabili possono oggi guidare l’automobile. Con l’aiuto di altre persone e di  qualche politico Giovanni Pische è riuscito a portare lo sport per diversamente abili in Sardegna.


Altro interesse di Giovanni Pische era la poesia. Nella sua vita, terminata immaturamente a sessantasei

anni ha scritto numerose poesie, alcune delle quali raccolte e pubblicate da Gastaldi Editore in un volumetto dal titolo ”Gocce del mio sangue”.
Nel 1999 Santu Lussurgiu ha voluto perpetuare la memoria di Giovanni Pische intitolandogli la nuova palestra comunale. La cerimonia di inaugurazione ha visto tra gli altri la presenza di Gianni Minà, grande amico di Pische, e Carmelo Addaris atleta paraplegico di Cagliari plurimedagliato alle Olimpiadi per paraplegici di Toronto nel 1976, anche lui amico di Giovanni.
Nel 2000 l’Associazione Culturale Elighes Uttiosos di Santu Lussurgiu ha raccolto e pubblicato altre sue poesie nel libro ”Sul Sentiero delle Stelle”, titolo tratto da una delle sue più belle poesie: L’approdo.Anche se la maggior parte della sua vita è trascorsa lontano dalla Sardegna, non ha mai dimenticato la sua terra e tornava frequentemente a Santu Lussurgiu, alla casa dei suoi genitori in Sa Carrela ’e Nanti, dove amava assistere come faceva da bambino alle corse dei cavalli carnascialesche. Quest’uomo, Giovanni Pische, questo maestro di vita, questo poeta, questo sportivo, forse sconosciuto alla maggioranza dei sardi, merita un posto tra i sardi illustri, tra quelli che si sono distinti nella loro vita per l’impegno sociale a favore degli altri, dei più sfortunati, per il suo impegno nello sport come atleta, come dirigente e organizzatore, nella cultura con la sua poesia e con la sua prosa fatta di racconti autobiografici, per i suoi rapporti umani con tutti, dai più grandi ai più umili.Nel suo racconto L’aquilotto ferito scritto nel ’49, narra i tragici momenti del suo ferimento: ”Il fedele aereo, benché anche lui  ferito a morte, lottava nell’azzurro spazio, voleva a tutti i costi ritornare al suo nido, e riportare l’aquilotto nella sua patria per ridargli la vita. (…) Quando tutto sembrava perduto e lentamente s’inabissava nei flutti, urtò in qualcosa di duro, istintivamente si aggrappò e fu la sua salvezza. Il fedele aereo ancora una volta gli diede aiuto, gli porse la sua ala infranta, gli ridonò la vita.(…)  – Coraggio, aquilotto ferito, mio fedele amico non disperare, tutto non è ancora perduto se in te rimane la fede.-  (…) L’aereo lentamente si inabissò nei flutti solo l’ala galleggiò ancora per ridare alla vita, alla sua terra il giovane aviatore. (…)
Giovanni Pische è morto a Bordighera nel 1987 e riposa nel cimitero di Santu Lussurgiu, il suo paese natale.

La  sua memoria  è  ancora  viva  .  in quanto   dalle memorie  dei nonni e  prozii   oltre   che  quelle  dei  miei   genitori    ne deduco    che  Giovanni Pische amava la vita anche se il destino gli aveva riservato un tiro mancino. Era un uomo di grande spirito, risoluto, con una straordinaria energia vitale.  Infatti leggo  su  

 l'unione  sarda 24 luglio 2024 alle 17:38

Il suo candido sorriso è un ricordo indelebile che affonda nei cuori dei Lussurgesi e di chi ha avuto la fortuna di conoscerlo. Sebbene fosse costretto tutta la vita in carrozzina, per un incidente aereo durante la seconda guerra mondiale, Pische aveva sempre un sorriso da regalare a tutti, un sorriso pieno di speranza, che infondeva coraggio.Era un grande atleta, un ottimo nuotatore. Proprio grazie alla terapia riabilitativa alla clinica Santa Lucia a Roma affinò la sua abilità acquatica che gli fece vincere i Giochi Internazionali di Stoke Mandeville in Inghilterra nel 1961 e tre anni più tardi il bronzo alle Paralimpiadi di Tokyo (1964), per cui ottenne il titolo di Gran Cavaliere della Repubblica per meriti sportivi.La sofferenza gli è stata sempre accanto però mai ha intaccato il suo spirito volitivo, il suo sorriso e le sue opere in favore dei più deboli di questa società che non aspetta chi ha difficoltà. La sua è una storia fatta di impegno verso gli altri e orientata al recupero dei disabili attraverso lo sport ma non solo. La sua figura rimarrà per sempre impressa nella comunità lussurgese, che infatti lo ricorderà venerdì 26 luglio nel centro di Cultura Popolare alle 18.30, attraverso le pagine del bel libro “Giovanni Pische, eroe, atleta, maestro di vita”, scritto a quattro mani da due lussurgesi che sempre lo hanno serbato nel cuore: Bachisio Serra e Francesca Manca. È un'antologia di ricordi, articoli di giornale, racconti degli amici e delle toccanti testimonianze degli atleti che sono stati cresciuti da Pische nel centro di Santa Lucia a Roma: Giuseppe Trieste, Claudio Tombolini, MariaPia Vezzaro e Roberto Valori.Una vita al servizio degli altri, un impegno sociale di grande valore e poca pubblicità. Se i paraplegici oggi possono guidare l’automobile è merito suo. Pische fu il fondatore dell’Associazione nazionale tutela handicappati e invalidi. Ludwig Guttmann, creatore del Centro per le malattie spinali di Stoke Mandeville, lo volle fortemente nel Consiglio mondiale dello sport per paraplegici. Con l’aiuto di uomini e di alcuni politici illuminati Giovanni Pische riuscì a portare lo sport per diversamente abili anche in Sardegna. Gianni Minà, suo grande amico, ricordava di lui: «ci insegnò ad avere interessi per quella che non doveva essere una vita banale. Un maestro di vita, è stato un italiano importante, un vero italiano di cui andare orgogliosi». Non solo Minà, tutti quelli che lo hanno conosciuto hanno potuto apprezzare le sue incomparabili doti umane.I due autori hanno voluto perpetuare la sua memoria intitolandogli la nuova palestra comunale nel 1999 quando erano amministratori del Comune. La cerimonia di inaugurazione vide, tra gli altri, la partecipazione di Gianni Minà e di Carmelo Addaris, atleta paraplegico di Cagliari plurimedagliato alle Olimpiadi di Toronto nel 1976, grande amico di Pische.





Ogni speculazione politica sul delitto è un'offesa a Sharon Verzeni,Il legale della famiglia di Sharon: 'Non si parli di raptus

 ritorno    dopo  il  post precedente   ancora  su    rispondendo    cosi a  chi  mi  accusa  di  buonismo   ed  altre menate  simili .  Riportando:   un  articolo    che nonostante  le  divergenze  culturali  (  quello che  un tempo  si chiamava ideologia  )   la  pensa  come me   sperando  di non doverci ritornare  sopra    ogni qualvolta      a commettere   dei  reati e  dei  crimini  , non solo violenza  di genere  o  femminicidi  ,  sia  un  immigrato o    un  nuovo italiano .,   ma  soprattutto   le 

da   avvenire   online  d'ieri  

                        di Andrea Lavazza


Ogni speculazione politica sul delitto di Terno d’Isola, adesso che il presunto assassino è stato arrestato, è un’offesa a Sharon Verzeni, una donna che ha avuto in modo assurdo (forse il più assurdo, se vere le prime ricostruzioni) la sua giovane esistenza spezzata, e a tutti coloro che l’amavano, colpiti da un enorme dolore. In premessa, va detto questo: alle vittime dovrebbe essere orientata la maggiore sollecitudine. Ma c’è chi ha subito approfittato di quel nome, Moussa Sangare, dato in pasto ai social media prima ancora che emergessero elementi forti del suo coinvolgimento nel delitto - e in totale spregio della presunzione d’innocenza - per alimentare una meschina polemica sulla cittadinanza.
Sarebbero questi gli italiani che vogliamo?, si è detto in sostanza, soprattutto da parte di esponenti della Lega. Se Sangare risulterà colpevole, dovrà pagare senza sconti il reato abietto compiuto. Ma che c’entrano la sua origine maliana e i documenti italiani poi ottenuti? Che dire allora delle donne massacrate dai loro italianissimi compagni e dei genitori fatti scomparire o dei neonati maltrattati da nativi della Penisola dai caratteri “caucasici”? Ripugna fare questi confronti, ma si deve chiaramente affermare che c’è una vittima da rispettare insieme a un razzismo risorgente da evitare e, se ricompare, da condannare senza alcuna esitazione.Infatti  se  a  un lato   Rossano Sasso, deputato leghista, comincia invece un post accusatorio nei confronti della sinistra e delle sue politiche migratorie, chiamando in causa la vittima: “Oggi piangiamo l'ennesima sorella italiana ammazzata con brutale violenza”. E  quindi Definire Sharon Verzeni ‘sorella italiana' è un modo per attribuire alla nazionalità della vittima l'ambito nel quale cercare la matrice del delitto. Sharon diventa importante in quanto ‘sorella italiana', non in quanto Sharon punto. Lo sottolinea molto bene Alessandra Mussolini: “Cercare di trasformare un efferato delitto ai danni di una donna in un tiro all'africano è, oltre che indegno, anche una mancanza di rispetto alla vittima. Quasi la sua morte non facesse abbastanza notizia e ci volesse una nota di discriminazione per interessare questi incauti commentatori”. L'idea che una volta eliminato il mistero dell'identità dell'assassino, sia necessario ricorrere ad un elemento ideologico per coinvolgere l'audience, è uno degli aspetti più deprimenti del dibattito pubblico.

P.s
leggo   proprio in questo istante  mentre  sto   per  riportare  il secondo articolo     che   a permettere  la  cattura   dell'assasino    è  stata la  testimonianza  di alcuni  immigrati  anch'essi  marocchini  


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E'  vero   che     anch'io  , quando  iniziai ad appassiornarmi i cronaca  nera  , usavo per delitti  el genere  il tremine  raptus  ma  poi   da letture ,  chiacchere  e discussioni con amici    psicologici e  pschiatri  mi sono accorto    che  è come ho detto     nel  post  precedente  ( url  inizio post  )    che  è  un termine  ambiguo  e  quasi  assolutorio  e   giustificazionista    verso il carnedice  .  Ma  soprattutto   perchè Si fa presto a dire raptus o a parlare di infermità mentale. A volte quello che scatta nella testa del killer è talmente incomprensibile da lasciare ancora più sgomenti. Perché se un qualsiasi delitto, è ingiustificabile, quando a muovere una mano criminale non c'è nemmeno un motivo scatenante, per assurdo che possa essere, si va oltre ogni soglia del comprensibile. 
  Infatti  concordo  con   il   legale della famiglia di Sharon Verzeni, Luigi Scudieri, respinge



l'idea del raptus che potrebbe aver colto l'omicida reo confesso della donna."Ho sentito parlare in queste ore di 'raptus improvviso', di 'scatto d'ira' e assenza di premeditazione.
Tuttavia faccio notare che il signor Moussa Sangare sarebbe uscito di casa con ben quattro coltelli e prima di uccidere Sharon ha avuto tutto il tempo di minacciare anche altre due persone. Queste farebbero bene a farsi avanti". "Mi ha molto stupito - aggiunge - che si sia parlato di 'verosimile incapacità' subito dopo il fermo, prima ancora di un esame completo di tutti gli atti".


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