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25.8.22

le piccole cose editrici pubblicano delle perle . Cristian Porcino - un'altra vita

 Ho ritrovato questa splendida recensione al primo romanzo dell'amico   \  compagno  di  strada  Cristian   Porcino   ( qui Qui la rassegna stampa completa https://lerecensionidelfilosofoimpertinente.blogspot.com/2014/12/rassegna-stampa-romanzo-unaltra-vita-di.html?m=1 )    e desidero condividerla❤️ con voi  

«Ci ha un po’ stupito questo romanzo del giovane Cristian Porcino, di cui leggemmo tempo fa un bel libro su Michael Jackson e un altro molto originale su alcuni grandi cantautori italiani. Porcino è un ottimo giornalista, fine osservatore del mondo mass – mediatizzato di cui sa cogliere acutamente le ondulazioni del gusto. Il romanzo “Un'altra vita” racconta con uno stile minimalista l’iniziazione

sessuale ed esistenziale di un ragazzo ebreo che, in patria, è costretto dalla propria cultura sessuofobica a nascondere la “diversità”. Nel suo Paese l’omosessualità è considerata un vero e proprio abominio che offende il comandamento divino. Il giovane ebreo Shlomo non è un filosofo, ma sa riflettere sulla propria condizione e si chiede più volte perché l’ebraismo condanna tanto l’omosessualità, mentre il Vangelo cristiano dichiara la libertà di amare. Shlomo fugge di casa, non sopportando la condanna da parte dei genitori e va a New York, la capitale del mondo che lo affascina e gli insegna a compiere quel rito di passaggio che nel mondo Occidentale non è nascosto nel buio della condanna morale. A New York impara a vivere il sesso in modo libero e consapevole e scopre anche quella dimensione della vita che tutti cercano e chiamano Amore. Porcino usa poche pennellate di colore, anche nelle scene erotiche che altri scrittori tratterebbero con un linguaggio trasgressivo. Crediamo che Porcino abbia scelto di non essere uno scrittore erotico, forse per non omologarsi con la pornografia gay di moda alcuni anni fa. Potremmo invece, considerare “Un’altra vita” come un romanzo di formazione sentimentale, secondo la tradizione settecentesca inventata da Goethe e continuata da Sthendal e da Flaubert fino alla sua ultima ed eccentrica ripresa, quel geniale “Seminario della gioventù” di Busi che Porcino conosce perfettamente"» (Riccardo Di Salvo - Claudio Marchese).

18.8.21

CHIACCHERATA INTERVISTA SUL DECRETO ZAN E SUL GENDER A CRISTIAN PORCINO

proseguono le  mie  interviste  \    chiaccherate  ad  amici \  compagnidistrada  - di viaggio   sul decreto zan  in modo da  sentire  più voci  .  Oggi  ,  d opo quella di qualche  tempo fa  che  trovate  qui  https://bit.ly/3z28pZ5  all'amica     Irene Spadaro tocca  Cristian Porcino   (  foto  a  sinistra  )



IO  Indipendentemente da credente o non credente, visto che sei un filosofo e un docente, voglio chiederti cosa ne pensi di queste assurde dichiarazioni: << Mai andare oltre quello che ci è stato consentito, altrimenti si perde il concetto di essere umano >>. Così la senatrice della Lega Antonella Faggi ha concluso il suo intervento nel corso della discussione generale sul Ddl Zan nell'aula del Senato.

 Cristian A. Porcino Ferrara  Solitamente ci si nasconde sempre dietro a un Dio per affermare delle assurdità cosmiche. Le religioni, tutte, hanno contribuito ad avvelenare il pensiero umano. Vedi i talebani che sono ritornati in Afghanistan, i nazisti che dicevano “Gott mit uns - Dio è con noi” e il motto fascista “Dio, patria e famiglia”. Marx sosteneva che “Ogni cosa glorifica Dio vanifica l’uomo”. Il concetto di natura è quasi sempre utilizzato in modo inappropriato e in contesti poco calzanti. Il compianto Gino Strada affermava che i diritti devono essere uguali per ogni essere umano altrimenti diventano privilegi. I limiti che non devono essere oltrepassati sono stati creati proprio da quei soggetti che non volevano e non vogliono in alcun modo raggiungere una parità in ambito di diritti civili e sociali. La disuguaglianza e la discriminazione sono per molti individui un valido carburante per alimentare la loro propaganda d’odio di stampo fascista. L’ignoranza è una brutta bestia! Diceva bene Margherita Hack quando affermava che: “Le leggi morali non ce le ha date Dio, ma non per questo sono meno importanti. Questa dovrebbe essere l'etica dominante, senza aspettarsi una ricompensa nell'aldilà”

IO  Secondo le femministe della vecchia guardia   contrariamente  al neo  femminismo  o  il femminismo  intersezionale (vedi il mio contatto Alice Merlo) andrebbe separata l'identità di genere (il cosiddetto gender) dal sesso, tu che ne pensi ? 

 Cristian A. Porcino Ferrara
Noto con rammarico che chi non condivide alcuni aspetti del Ddl Zan si è arroccato ormai su posizioni ideologizzate. Intavolare un dialogo con qualcuno presuppone l’intenzione di ascolto e io non vedo in certi ambiti alcun interesse in tal senso. Chi ostacola l’approvazione di questo disegno di legge si rende purtroppo complice dei crimini d’odio. Certi esponenti politici italiani guardano con benevolenza alle politiche omofobe e misogine di Russia, Polonia e Ungheria. L’approvazione della legge Zan segnerebbe uno spartiacque tra chi è in prima linea per la difesa dei suoi cittadini e chi invece reprime e annienta tutto ciò che non rientra in uno stereotipo tradizionale di stampo eteronormativo. Bisogna tenere presente che quando nasciamo non abbiamo un genere ma un sesso. In molti hanno una gran confusione in testa su questi termini e li utilizzano erroneamente come sinonimi. A tal proposito vi consiglio la lettura di un libro illuminante scritto dalla sociologa Graziella Priulla 

 “C’è differenza”.

14.7.21

14 luglio Oggi moriva Lady Oscar, icona animata che gli omofobi del 2021 etichetterebbero come ‘indottrinamento gender’


 Avevo  visto      sabato 10 su netflix    il  film (    a  fine      post   l'url  della  mia recensione  )   Marie  Antoniette di  Sofia Coppola  la  cosa  sembrava  chiusa li  quando    stamattina    leggendo  il giornale   


mi sono accorto o che  oggi è  14  luglio   l'anniversario   della  rivoluzione Francese   e qui   grandi celebrazioni  e   post  sui social  dei   fans  del Anime  soprattutto  e   del manga   Lady Oscar  .  
In particolare  l'articolo  riportato oggi     di https://www.gay.it/ .  Esso ha ragione il sito quando afferma  che  se  uscisse oggi, Lady Oscar ,  finirebbe per dividere il Paese, con interpellanze parlamentari e proteste di piazza, bambole bruciate a Montecitorio e figurine esorcizzate dai vescovi della CEI.

N,B
Chi come  me      ed  Cristrian Porcino  nostro  utente  autore    del  libro   Altro ed  Altrove    (  vedere   mia  recensione intervista     nell'archivio el blog  )  ha  vissuto , soprattutto l'adolscenza   negli anni  80\90   del secolo  scorso  , esa  già tutto    dell'anime    e  del manga    che     è  un cult   (   qui   in querto video ulteriori e notizie  ) e continua  ad  esserlo anche  oggi   come   si  può  notare   da quest articolo   di qualche tempo del quotidiano la stampa   può  anche    salvo che non voglia  ricordare   o rivevere    quel  periodo   saltare  quest'articolo  




TV di Federico Boni 14.07.2021 - 08:59 | 3.6k
2 minuti di lettura









Il 14 luglio del 1789, Presa della Bastiglia, Lady Oscar moriva, tra tisi e tumulti. André, suo amato, cadeva il giorno prima, a causa di una pallottola, nel pieno di una dichiarazione d’amore attesa una vita intera.41 anni fa finiva l’anime tratto dal celebre manga di Riyoko Ikeda, nato nel 1972, con una 41esima dolorosa e romanticissima ultima puntata, che vedeva i due innamorati morire a cavallo di un’ideale di libertà assoluta, contro la tirannica monarchia.

Oscar François de Jarjayes è l’ultimogenita di una nobile famiglia da sempre leale alla Corona di Francia. Cresciuta dal padre come un soldato, diventa la fedele spalla destra di Maria Antonietta d’Austria. 
Comandante della Guardia Reale, Oscar vive una vita in abiti maschili, indossando quelli femminili in un’unica occasione, nel corso di un ballo di corte. Passasse oggi in tv come prima assoluta, Lady Oscar scatenerebbe quasi certamente la furia dei catto-estremisti italioti, pronti a brandire i forconi contro ‘l’indottrinamento gender’ dei loro figli, contro quell’identità di genere di fatto al centro della trama. Quella protagonista dai tratti androgini, abile spadaccina, cresciuta come un uomo e quasi unicamente con abiti maschili diventerebbe terreno di scontro mediatico e perché no, persino politico. In un’Italia in cui si discute incredibilmente dell’orientamento sessuale dei conduttori Rai, Lady Oscar finirebbe per dividere il Paese, con interpellanze parlamentari e proteste di piazza, bambole bruciate
all’ingresso di Montecitorio e album di figurine esorcizzatI dai vescovi della CEI.
Nei primi anni ’80, quando arrivò finalmente anche nel Bel Paese, l’anime si limitò invece a fare incetta di ascolti, diventando da subito di culto per un’intera generazione. La sigla dei I Cavalieri del Re, con solista Clara Serina, è ancora oggi giustamente venerata, e quanti ragazzi ogni 14 luglio celebrano lei, Lady Oscar, fregandosene abbondantemente della Presa della Bastiglia?
41 anni dopo una parte d’Italia parrebbe essere tornata indietro di secoli, trincerandosi dietro i grembiulini dei propri pargoli per nascondere un bigottismo, una sordità e un’ignoranza di fondo che polemica dopo polemica, menzogna dopo menzogna, raschiano sempre più il fondo del ridicolo.
 
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Copertina anteriore
Altro e altrove  
Cristian a Porcino Ferrara




  

4.7.21

Insegnando impariamo!


 «I giovani non sono abituati ad essere realmente ascoltati in classe, e quando provano ad esprimere liberamente un loro pensiero vengono zittiti da un sistema gerarchico che pone al di sopra di tutto l’autorità degli insegnanti considerati custodi del sapere acquisito e quindi dato. Io non agisco così. Insegnare per me è condivisione e fascinazione. Non impongo nulla ai miei allievi e cerco sempre di stimolare il loro spirito critico attraverso il dialogo. Jean-Jacques Rousseau sosteneva che: “Per insegnare il latino a Giovannino non basta conoscere il latino, bisogna soprattutto conoscere Giovannino”. Nessuna preparazione, per quanto ottima, ci esonera dal conoscere i nostri allievi. Ascoltarli è un dovere e un’occasione per crescere umanamente e professionalmente» 

                                  Cristian A. Porcino Ferrara ©️

4.6.21

non serve essere accademici per filosofare

 


come al solito ogni volta che condivido 
 


  o copio da internet argomenti di filosofia ed antologica molti \e di voi mi chiedono  se, alcuni in buona fede perché vogliono approfondire  le FAQ  molti perché ma anche molti  mandroni pigri  da non provare a vedere se in un blog  ci sono  FAQ , sono laureato o in filosofia o ho una solida  base filosofica  altri se sono laureato in scienze politiche . In realtà la mia conoscenza filosofica è scolastica ed per giunta insegnata male  e  di conseguenza con poco impegno da parte  mia . infatti  il 28 preso  ad l'unico esame di filosofia che ho dato all'università  è  frutto oltre al mio mettere il culo  sedere sulla sedia per passarlo e non laurearmi  troppo tardi ( anche poi non ce lo fatta a mettere in atto tale proposito , ma questa è  un altra storia che prima o poi  racconterò  ) oltre ad  t ripetete ciò  che  studiavo  e farmelo spiegare da un mio amico laureato e prof  di filosofia alle superiori  da mia zia pedagogista ed ex preside  di scuola (un tempo si chiamavano così  ) elementari
 Le mie condivisioni  provengono oltre che da persone affini ( ma non necessariamente ) da gruppi \pagine  psicologici e filosofici  e di storia e sono anche frutto di  : letture varie    delle diverse culture politiche e culturali  nuove e vecchie ( sono cresciuto durante la fase finale della 1 guerra fredda    1945\7  fino  al 1989\ 92 ovvero Usa contro Urss e paesi non  allineati,  nello scontro  tra fascismo e comunismo , cattolici progressisti \sociali e cattolici conservatrici per concilio  vaticano II  ) ,auto analisi  / messa in discussione, vecchie sedute d'analisi psicologica ( Sophia analisi ) ,esperienze personali ,    letture  di opere politiche e filosofiche  , ascolto di trasmissioni culturali   musica cantautorale e non solo ad argomenti introspettivo ed filosofico (  vedi esempio Battiato ) scambi d'opinione con alcuni amici  laureati  in filosofia  (in particolare il nostro Cristian Porcino  autore  di saggi interessanti non accademici  come i cantautori e  la filosofia  da Battiato a  Zero   vedi   foto di copertina    a  sinistra  ) ed insegnanti della materia ma anche semplici appassionati  senza pregiudizi e preconcetti culturali ed ideologici ascoltando o leggendo anche se  in alcuni casi  dopo alcune righe  o alcuni minuti d'ascolto  sbadiglio perché  troppo i filosofi sono  (soprattutto il primo ) filosofi da salotto  come Fusaro o  troppo accademici  come Cacciari chiamati  solo per fare ascolti  in tv .

P.s
non do consigli  perché





con questo ė veramente tutto . alla prossima 

12.4.21

va bene che siamo in emergenza ma un minimo di rispetto . il caso Shock a Verona dove una studentessa si è bendata durante una lezione in Dad.

Posso capire , provando a fare l'avvocato del diavolo ed ad immedesimarmi nel prof ( anzi nei prof visto che non è vedere quest' articolo https://www.fanpage.it/napoli/dad-scuola-campania-interrogazione-bendati/ che avviene un fatto del genere ) di Verona  dove   Studentessa bendata durante l'interrogazione, shock a Verona. La professoressa di tedesco le ha fatto coprire gli occhi

 

da  https://www.occhionotizie.it/verona-studentessa-bendata-interrogazione-dad/

Cronaca
Scuola a distanza, la prof e la benda per interrogare. Gli studenti: ora basta Studentessa bendata durante l'interrogazione, shock a Verona. La professoressa di tedesco le ha fatto coprire gli occhi


Shock a Verona dove una studentessa si è bendata durante una lezione in Dad. La giovane si è coperta gli occhi con una sciarpa su richiesta della professoressa di tedesco che quasi non credeva alla bravura della 15enne, studentessa di un liceo veronese.
[ .... ] 

Capisco   che   in DAD  o DDE  si  possano  avere dubbi     se uno  studente  sia   stia   copiando o  leggendo  . Ma non che si arrivasse a questo punto . Bastava dire : d'alunna in questione di allargare il raggio della telecamera e levare gli appunti . ma comportarsi in quel modo è bullismo Dad o non  in  certi casi  è un obbrobrio  .Ora La didattica a distanza  come la chiamano  in molti   ha molti limiti educativi. Comprensibile la frustrazione dei ragazzi ma anche quella dei docenti, che nell'ultimo hanno hanno dovuto interamente rivedere i loro metodi di insegnamento per gli studenti di ogni ordine e grado . Ma Questa volta lo stratagemma creato dalla prof per sventare il “rischio imbroglio” ha forse oltrepassato più di un limite. <<Ma -- come dice https://www.ilgiornale.it/news/ e qui mi rova d'accordo -- la spasmodica ricerca di una nuova strada, spesso per arginare l'elevata arguzia dei più giovani, ha portato talvolta a soluzioni poco ortodosse che diventano boomerang per il sistema scolastico, già al tracollo. Lo dimostra l'esperienza personale di una 15enne di Verona, che durante un'interrogazione da remoto si è sentita chiedere dalla sua docente di bendare gli occhi. Questa è la dad? >> Lo chiedo all'amico compagno di strada il prof Cristian Porcino chiedendogli di raccontarci come si trova ed un suo parere 



«Più che Dad (didattica a distanza) mi piace definirla DDE (didattica di emergenza). Da più di un anno noi insegnanti ci siamo dovuti confrontare con un nuovo modo di fare lezioni.
Sull’esperienza dell’ultimo anno scolastico ho scritto un libro dal titolo “Ciao, Prof!”. In Sicilia da diversi mesi la didattica in presenza è ormai al 75% e di conseguenza passo più tempo a scuola e molto meno in Dad. Per me è di vitale importanza la presenza fisica in classe. Il nostro lavoro si nutre dello scambio diretto tra docenti e discenti. La Dad non scomparirà dal nostro orizzonte ma impareremo a conviverci anche nei prossimi anni. Anche a distanza possiamo coinvolgere i nostri allievi e tentare di costruire un percorso formativo accattivante. Non bisogna mai mortificare gli allievi e in special modo durante un’interrogazione. Per il resto preferisco attendere anche la versione della professoressa prima di esprimermi in merito


  

6.7.20

LE RIFLESSIONI DEL FILOSOFO SORRIDENTE - L'ultimo libro di Cristian Porcino


Porcino dà alle stampe un nuovo lavoro, Ciao, Prof!, ed è subito gioia. Come definirlo? Diario d'un insegnante ai tempi del Covid? Riflessioni degli studenti alle prese con la DaD? Troppo poco, e anche scontato, per un autore la cui cifra è l'imprevedibilità. Assieme a Cristian Porcino si sa da dove si parte ma non dove si arriva. E ciò fa di lui, oltre che un narratore, un autentico docente: colui che conduce, stimola e fa emergere la creatività di ogni ragazzo/a. Un novello Socrate - uno dei ricordi del Nostro si apre proprio con questo nome - che prende per mano i suoi Fedone e le sue Diotima, infrange le loro certezze, li fa deragliare, li emoziona, li diverte, per poi condurli sui Campi Elisi del sapere infinito. E irrisolto. Porcino assomma l'entusiasmo del giovane alla saggezza del filosofo. Non fornisce risposte, non è il suo compito. Solo nella diuturna ricerca crescono le civiltà, solo in essa si diviene adulti. Un filosofo sorridente, come il Luciano De Crescenzo cui il volume è dedicato, come la Filosofia del sorriso della quale vengono elargite vivide pennellate, ma non per questo meno rigoroso. Il titolo confidenziale del libro non deve ingannare: il "prof" è sì un amico, però la sua è una philia, affinità d'animo; elevazione. Così, si possono affrontare temi molto seri - i più squisitamente letterario-filosofico-amorosi quali Abelardo ed Eloisa, la coppia Sartre-De Beauvoir o un commosso ricordo di Sepulveda, e altri storico-antropologici (appassionanti i monologhi di Eva e Ipazia sulla condizione femminile), o di più stretta attualità: la pandemia certo, ma anche il razzismo, l'omofobia, la nonviolenza, spaziando da Marco Mengoni a Tiziano Ferro, da Woody Allen ad Harry Potter, da Pinocchio a Margaret Atwood, senza dimenticare la lezione di papa Francesco. Al termine, Porcino si fa da parte per lasciare la parola a Chaplin e al suo celeberrimo Discorso all'umanità: e ha l'umiltà di non affiancargli chiose, che necessariamente svilirebbero la pregnanza di quell'appello. Perché se è vero che le parole hanno un peso - per citare ancora Ferro -, le troppe parole sono un vuoto affabulare, un cupio dissolvi della comunicazione; chi le dilapida è una mala persona, ammoniva Carducci. Un poeta, naturalmente. E la poesia è il luogo dove il verbo si fa carne: "Io sono il ricordo, io sono te", sintetizza Porcino nella lirica conclusiva. E qui, davvero, non occorre aggiungere altro.

(Prof.ssa Daniela Tuscano)


6.3.17

Educare al rispetto attraverso le canzoni

Femminicidio, stalking, abuso sessuale, violenza fisica e psicologica, omofobia, bullismo, sono termini che purtroppo, negli ultimi anni, sono entrati prepotentemente e tristemente nella nostra realtà quotidiana. Il ruolo dei media è stato determinante per far emergere questi fenomeni che, ci rendiamo conto, sono sempre esistiti ma solo attualmente sono diventati un’emergenza pressante e improrogabile, non solo in Italia ma in tutto il mondo. Sebbene negli ultimi anni sono state realizzate delle iniziative pubbliche finalizzate a sensibilizzare e informare su tali fenomeni, istituite delle giornate per condannare ogni forma di abuso e di violenza, purtroppo, giornalmente ci ritroviamo a dover fare in conti con notizie a dir poco inquietanti. Nel mondo vi sono ancora tante donne vittime di violenza fisica o sessuale, una violenza che spesso, nei casi più drammatici, sfocia nel femminicidio: la manifestazione più crudele della sopraffazione da parte dell’uomo sulla donna. E ancora, se da un lato prosegue a livello giuridico una propensione all’inclusione degli omosessuali (vedi legge Cirinnà), purtroppo ancora nel 2017 l’omofobia è una piaga sociale e culturale ancora ben radicata. Non vi sono dubbi, è di fondamentale importanza promuovere costantemente e attuare interventi specifici per prevenire e ridimensionare il manifestarsi di tali fenomeni. Inoltre, sarebbe opportuno attuare nelle scuole interventi destinati ai giovani e finalizzati a educarli a conoscere, capire e gestire le proprie emozioni, aumentare l’empatia, gestire i conflitti, accrescere il rispetto per se stessi e per gli altri così da costruire e mantenere relazioni di qualità, tutte caratteristiche fondamentali dell’Intelligenza Emotiva di Goleman (1995). Lo scrittore Porcino nel suo libro ci fornisce un quadro ben strutturato dei fenomeni sopraccitati, inoltre, riserva la parte finale del testo ad un progetto educativo destinato a studenti di scuola media inferiore e superiore. Nel libro l’autore affronta argomenti forti come violenza sulle donne e omofobia, e lo fa proponendo un’analisi dei testi di alcune note canzoni. Porcino vuole arrivare al cuore delle persone e, in particolare, alla loro coscienza, e si affida alla musica per farlo, una preziosa arte in grado di scatenare emozioni pure. D'altronde come diceva Picasso: “La musica è una meravigliosa bugia che dice la verità”.

Giovanna Prestianni 
(Criminologa e Dottoressa in Psicologia Clinica)


Il libro “Canzoni contro l’omofobia e la violenza sulle donne” può essere acquistato su Amazon al seguente link: https://www.amazon.it/Canzoni-contro-lomofobia-violenza-sulle/dp/1326718746



® Riproduzione riservata

26.12.16

GEORGE MICHEAL PARTE 2

GEORGE MICHEAL PARTE  1   di  Daniela Tuscano

  Lo  so che   dovrei smettere  di usare   parole degli altri  \e  , ma   quando  non sai  cosa  dire  oltre le  solite   frasi di  circostanza   stai zitto  oppure  riportati   delle bellissime parole   altrui  . In questo caso   non  sapendo stare  zitto     riporto   dopo il bellissimo ( trovate l'url  sopra  ) intervento  di Daniela     Tuscano , quanto dice sempre   su tale  evento   un altro mio    compagni di  strada  Cristian  Porcino 

Cristian Porcino George era cresciuto con un padre che non lo stimava e che gli rinfacciava di non avere alcun talento. Diventato adulto con una disistima così persistente riuscì a staccarsi quell' orribile etichetta e a volare in alto grazie proprio a quel talento che il padre non voleva vedere. Michael non voleva essere un attivista gay ma le sue canzoni hanno fatto molto di più di tante parole pronunciate da altri colleghi. "Freedom" "Outside" "Please send me somehone" sono dei veri manifesti contro l'omofobia. Ha sempre detestato questo interesse morboso per la sua sessualità. Non la nascondeva ma voleva viverla senza destare interesse per una parte della sua vita che era solo e soltanto sua. Si è dichiarato tardi perché i pregiudizi nel mondo della musica lo volevano consacrare come il sex symbol più etero di sempre. La stessa Madonna disse che George era stato un vero amante focoso e sessualmente 'dotato'. Rimase segnato dalla perdita del compagno Anselmo e da quel momento per lui fu tutto molto più faticoso. La sua incredibile voce e il deIicato fraseggio vocale ci restituiscono un artista tormentato e geniale. Quattro anni fa era scampato alla morte e aveva scritto "Whithe light" dedicata al suo ricovero. Aveva ringraziato Dio e la preghiera dei fan e aveva promesso di ritornare. Evidentemente qualcuno aveva ben altri piani per lui.


21.7.16

Cristian Porcino. . un filosofo pop contro contro l’omofobia e il femminicidio - Canzoni contro l’omofobia e la violenza sulle donne

Se c’è una definizione in grado di racchiudere l’essenza di Cristian A. Porcino Ferrara è di sicuro quella di filosofo pop. Non ha mai disdegnato di analizzare o giustapporre problematiche, fenomeni e icone che appartengono alla cultura popolare; pensiamo ad esempio a Renato Zero oggetto di un altro bel saggio scritto da Porcino in coppia con Daniela Tuscano.
Ciò che emerge con chiarezza dal libro “Canzoni contro l’omofobia e la violenza sulle donne” è l’estrema attualità, e l’approfondita disamina di due temi che stanno sconvolgendo il nostro presente. Un testo che stimola l’uzzolo del lettore e lo spinge a divorare il libro in un batter di ciglia. Già in passato l’autore si è cimentato nello studio delle canzoni dei nostri cantautori, e ancora una volta riesce a fendere il muro dell’omertà e dell’indifferenza che racchiude la tematica dell’omosessualità e del femminicidio.
Dall’omofobia radicata nel mondo del calcio alla femminofobia di cui si è fatta promotrice la religione e non solo. Troviamo inoltre il sessismo linguistico e la campagna elettorale Usa tra Hillary Clinton e Donald Trump, la legge sulle unioni civili e i significati di alcune canzoni di artisti come Elton John, Renato Zero, Francesca Michielin, Madonna, Mika e tanti altri. Colpisce alla fine il progetto educativo ideato per essere realizzato nelle scuole. “Canzoni contro l’omofobia e la violenza sulle donne” è un valido sussidio per insegnanti, genitori ed educatori, accattivante nel linguaggio e quindi particolarmente adatto ai più giovani. Infine va segnalata la dedica iniziale di Porcino rivolta a Eddie Justice, vittima del massacro di Orlando, e a Sara Di Pietrantonio.

(Gianni Buonafede)


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17.3.16

RENATO ZERO, QUELLO CHE NON HA DETTO Nuova edizione di “Chiedi di lui”, viaggio tra le note dell’artista romano. Incontro con gli autori, Daniela Tuscano e Cristian A. Porcino Ferrara


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1) Una nuova edizione di “Chiedi di lui” alla vigilia del nuovo album “Alt”, anche questa godibilissima, ancor più ricca della prima. Ma perché questa scelta?
Cristian e Daniela: «L’idea della nuova edizione è nata l’anno scorso, quindi ben prima dell’annuncio del suo nuovo lavoro. Infatti è uscito prima di “Alt” e non in contemporanea o subito dopo. Abbiamo semplicemente avvertito la necessità di sviluppare altri aspetti che nella prima edizione erano stati solamente abbozzati. “Chiedi di lui 2.0” è sì una nuova edizione, ma al contempo un nuovo libro. Ci sono più di 150 pagine nuove e percorsi del tutto inediti».
2) Di Zero sembra si sappia tutto, in realtà non è così e forse in questo risiede il suo fascino, che ne pensate?
Cristian: «Certamente. In realtà nessuno può sapere tutto di un artista. Ogni libro è un tassello che arricchisce l’immaginario di un artista. Possiamo leggere mille biografie e interviste di quel dato cantante o pittore, ma non scopriremo mai il suo mondo segreto. Quello che tocca a noi scrittori e studiosi è, per l’appunto, analizzare certi aspetti poco conosciuti, anche da un punto di vista semiotico, e studiarli alla luce della logica, della critica e non basarci solo sull’opinione che ne hanno i suoi ammiratori».
Daniela: «Il fascino di Zero risiede proprio nel presentarsi come una sorta di fratello maggiore o amico intimo, uno che ti confida tutto, che è proprio vicino a te. Il coinvolgimento emotivo è totale. Credo che la sua intimità sia molto più variegata, come quella di ognuno di noi. Ma l’artista amplifica e semplifica: l’identificazione scatta automatica specialmente verso personaggi carismatici come lui».
3) Nella prefazione alla nuova edizione leggiamo che Renato proveniva dall’avanguardia e certo questa cosa sorprende: poi si citano sue frequentazioni davvero inaspettate… e si finisce con Parco Lambro. Come mai?
Daniela: «Oggi uno Zero di quel tipo sarebbe inimmaginabile, ma a quei tempi era un passaggio quasi obbligato. In altri contesti, non lo voleva nessuno. Che poi lui si trovasse a suo agio, era un altro paio di maniche. Negli anni Settanta si respirava quell’aria, volenti o nolenti. Peraltro, in ambienti, diciamo così, duri e puri, i suoi primi lavori suscitavano una certa diffidenza dato che si risolvevano nella consueta formula della canzone di tre-quattro minuti. Renato è riuscito a divulgare con l’essenzialità e con una certa facilità di scrittura espressioni artistiche altrimenti riservate a un pubblico di nicchia».
4) Avete dedicato molta parte della vostra opera alla relazione tra Renato e Pasolini. Non solo nella prima parte della sua carriera, come sarebbe logico supporre, ma anche nella seconda (mi sembra anzi che quella di Cristian sia più corposa). La vicinanza di Pier Paolo alla musica popolare è notoria ma perché nessuno sembra mai accorgersi delle tracce “pasoliniane” in Zero? Al limite si fa un generico accenno alle periferie romane, ma fermi lì. Mentre con De André, Giovanna Marini, De Gregori il discorso cambia notevolmente…
Cristian: «Con Pasolini ho un rapporto speciale e l’ho raccontato anche nel libro. Da ragazzino fui preso di mira da un insegnante che detestava Pier Paolo e lo considerava l’untore, il male assoluto. Nel mio lavoro precedente (“Tutta colpa del whisky” ndr) ho definito Pier Paolo un “maestro dell’esistere”. Pasolini è stato spesso trattato con snobberia, senza tener conto che la sua linfa poetica era alimentata dal popolo, dalla gente comune. In virtù di questo Pasolini può essere considerato un artista pop. Celebri le sue inchieste on the road. Per quanto riguarda Renato Zero all’inizio non fu preso in considerazione perché nelle sue canzoni raccontava le periferie esistenziali, mentre molti cantautori erano più propensi a narrare realtà sociali intrise di ideologie. Oggi però le cose sono sostanzialmente cambiate e Zero è amato e compreso dalla gente».
Daniela: «Le cose sono cambiate ma anche Zero è profondamente cambiato. E onestamente adesso non lo si può più accostare a Pasolini, nemmeno per analogia (non dimentichiamo che lui stesso ne prese le distanze in un’intervista del 2010). Un tempo, però, senza Pier Paolo sarebbe stato difficile comprendere del tutto l’opera di Renato. La scarsa considerazione nei suoi confronti non mi stupisce. La cultura italiana è spocchiosa e, di conseguenza, provinciale. Menzionare De André o Giovanna Marini è considerato un punto d’onore, citare Renato Zero no. Di qui la scarsa attenzione verso un artista che, al contrario, è stato fino a un certo punto il più vicino di tutti al mondo di Pasolini».
 5) De André, Zero, Pasolini… Quali legami, quali differenze?
Cristian: «Sicuramente ci sono dei legami e non solo con il mondo pasoliniano, ma in questa sede è quasi impossibile elencarli tutti. In parte mi sono già occupato della tematica culturale nel mio libro  “I cantautori e la filosofia da Battiato a Zero”. Lascio dunque la parola a Daniela».
Daniela: «Fabrizio aveva un approccio decisamente più intellettuale, di testa; o meglio, aveva il cuore in testa. Renato esattamente l’opposto. Ma cito solo un esempio. Il 28 novembre scorso, coi miei studenti di Ragioneria, organizzai un incontro [fra i partecipanti lo scrittore Mattia Morretta, ndr] dedicato al poeta nel 40° della morte. Aggregammo ai brani del poeta alcune canzoni, fra cui “Casal de’ pazzi” che venne eseguita dal vivo. Un mio collega, dopo averla ascoltata, ha esclamato: “Però! Più l’ascolto e più mi piace, ha un bel testo ed è musicalmente molto elaborata”. Ma prima di quel giorno non la conosceva nessuno».
6) Posto esista, qual è il disco o il brano più pasoliniano di Renato?
Cristian: «Ma un brano o un album in particolare non saprei indicarlo. Chiaramente il Renato Zero degli esordi è più vicino al mondo pasoliniano di quanto, invece, lo sia adesso. Per carità non so se Zero abbia mai letto Pasolini, ma ne condivideva, certamente molti aspetti, anche in modo inconsapevole. “Quando non sei più di nessuno” uscito nel 1993 in un certo qual modo conteneva tracce di quell’universo lì. Infatti al suo interno si trovava “Casal de’ pazzi”. Anche “Per non essere così” è un brano che mi riporta alla mente il mondo di “Accattone”; oppure “ Pionieri” o “Marciapiedi”».
Daniela: «Nemmeno per me esiste un disco “pasoliniano” al cento per cento nella produzione di Renato. Neppure “Zerofobia”, che nella sua metropolitanità esasperata è invece il suo album meno europeo, autenticamente e visceralmente rock. Quindi ben oltre la periferia di Pier Paolo, al limite più confinante con alcuni paesaggi di Testori, che non a caso era e viveva a Milano. Purtroppo oggi l’aggettivo “pasoliniano” è abusato e finisce per significare tutto e niente: qualsiasi situazione scollacciata, qualsiasi canzone con allusioni forti (o circa) viene sbrigativamente definita “pasoliniana”, quando spesso non lo è affatto. Comunque, sono d’accordo con Cristian; forse è proprio in “Artide Antartide” che troviamo affreschi, sia pure un po’ manieristici, capaci di rievocare alcune pellicole di PPP».
7) Un altro artista che ha molto in comune con Pier Paolo è Massimo Ranieri, di cui sta per uscire il film “La Macchinazione”. Anche in tal caso: quali le affinità tra Pasolini, Massimo e Renato? E tra i due cantanti?
Cristian: «Considero Massimo Ranieri uno degli artisti italiani più completi in assoluto. Ha una voce spettacolare e carisma da vendere. La sua presenza in un film o show televisivo è sinonimo di garanzia. Inoltre Ranieri è un eccellente attore di teatro e proprio qualche anno fa ho avuto modo di apprezzarlo dal vivo nello spettacolo “Viviani Varietà”. Con Pasolini Ranieri ha in comune l’aspetto. La sua somiglianza con Pier Paolo è davvero impressionante. Massimo e Renato sono stati, e lo sono ancora, degli istrioni. Devoti alla loro arte si sono cimentati in diversi ruoli e campi artistici. Non a caso la celebre canzone di Charles Aznavour, “L’istrione”, è stata cantata in coppia da Ranieri e Zero durante la trasmissione televisiva TGZDM. Sono certo che “La Macchinazione” renderà il giusto merito a Pier Paolo, sicuramente più del film di Abel Ferrara.»
Daniela: «Aspetto con impazienza il film di Massimo. È un attore molto espressivo. Con Pasolini sarà costretto a diventare espressionista, considerato che, poi, ha dovuto interpretare l’ultimo, e più fosco, capitolo della sua vita. Ecco, somiglianza a parte, per la carnale spontaneità accosto Massimo al Pasolini “friulano”, così goloso della vita, ma anche così ottimisticamente ingenuo e aurorale. Qui invece l’artista napoletano ha dovuto asciugarsi, riporre in un angolo la sua dirompenza meridionale per calarsi nel vuoto dell’uomo incupito, solo, sperduto, dirozzato. Quale che sia il risultato finale, ho fiducia comunque nella buona riuscita dell’opera anche perché l’uomo è umile, sa imparare. In questo è diverso da Renato, che Pier Paolo l’ha spesso subito, sentendoselo gravare sulle spalle in modo talora insopportabile. Poi ha voluto liberarsene. Adesso, Zero somiglia di più a un dispensatore di saggi consigli e sembra aver cancellato la parte nera – “dark”, direi – della sua arte e forse della sua esistenza».
8) Anche Paolo Bonacelli, altro attore pasoliniano (pensiamo a “Salò”) ha lavorato con Renato sia in “Ciao Nì” sia in “Tutti Gli Zeri Del Mondo” [film del ’79 e spettacolo monografico in quattro puntate andato in onda nel 2000, ndr]… Un caso?
Daniela: «Non ne ho la più pallida idea… Può trattarsi, com’è accaduto per “Calore”, d’intertestualità; non va dimenticato che in Bonacelli c’è anche molto Fellini, quell’atmosfera estatica, grottesca e saporosa capace di stendere sulle realtà più sordide un velo d’innocenza fatata».
9) Entrambi ricordate la parentela con Mario Tronti e alcune posizioni di Pasolini contro l’aborto e il divorzio che gli suscitarono fraintendimenti da parte dei settori della sinistra e, al tempo stesso, l’elogio della destra clericale e conservatrice…
Cristian: «Nonostante la parentela con Mario Tronti Renato Zero ha cercato di tenersi ben alla larga dalle correnti politiche. Purtroppo molte frange estremiste di destra amano le sue canzoni e le strumentalizzano per fomentare sentimenti di intolleranza e omofobia».
Daniela: «Tronti appartiene all’antica scuola marxista. È uno spirito immaginifico, con saldi principi morali. Per questo non sorprende la sua opposizione, condivisa da molti intellettuali della sinistra storica, alla tecnocrazia capitalista che trasforma i corpi in merce (utero in affitto oggi, aborto ieri). Pasolini venne strumentalizzato come oggi viene strumentalizzato Zero; fatte le debite proporzioni, sia chiaro. Ma quest’ultimo ha lanciato messaggi più ambigui».
10) Alcuni brani di Renato sono rimasti un po’ in sordina; altri vengono continuamente riproposti. Perché?
Daniela: «Bisognerebbe chiederlo a lui… Certo non è facile operare una selezione dopo 50 anni di carriera e non sta a me suggerire le scalette per i prossimi concerti! Non nascondo, però, che preferirei ascoltare canzoni come, appunto, “Casal de’ pazzi” al posto di altre, magari di maggior impatto, ma meno indicative della ricchezza dell’arte di Renato. Però, lo ripeto, si tratta di scelte molto personali sulle quali non mi pronuncio».
11) A proposito di scelte, cosa ne pensate della copertina di “Alt”? Parrebbe un ritorno a quelle atmosfere “dark” cui ci si riferiva poc’anzi…
Cristian: «La copertina di “Alt” ha un gusto vintage. A me ricorda molto gli anni’80 e in special modo alcuni video dei Pet Shop Boys o di Freddie Mercury e i Village people. Con quel look da Visitors sembra proprio omaggiare quel decennio lì».
Daniela: «Non lo so. Senza dubbio, se voleva scioccare, c’è riuscito. Tutto sta a vedere se rispecchia davvero il contenuto dell’album. A me rievoca certo situazionismo di “Voyeur”, ma le ultime prove, anche i due singoli, non sembrano andare in questa direzione. È pur vero che, a volte, i brani di lancio non esprimono appieno lo “spirito” dell’album. Penso per esempio a “A braccia aperte”: non si può certo dire che fosse il brano più riuscito, né quello più significativo d’un lavoro elaborato come “Cattura”».
12) E le critiche a Madonna?



Cristian: «Zero ha ammesso di non amare Madonna e di non stimarla affatto. Eppure i due artisti rappresentano una tipologia di musica che si concentra anche sull’aspetto visivo della performance musicale. Sull’immagine hanno costruito entrambi una carriera quindi non si capisce da quale pulpito parta la predica o in questo caso la critica di Zero».
13) L’esperienza poco riuscita di TGZDM dimostra che Zero “non è un mito transgenerazionale”, come si legge nel libro; molti, oggi, sarebbero pronti a giurare di sì.
Cristian: «Io non parlerei di esperienza poco riuscita. I programmi televisivi si misurano, ahimé, con i dati Auditel e non con la qualità degli stessi. Detto questo il Renato Zero di TGZDM non era il Renato di oggi. Nel senso che adesso il suo pubblico è enormemente cresciuto ed è diventato un cantante per famiglie. All’epoca manteneva ancora un po’ di quel sano distacco e non temeva la cosiddetta “emarginazione” della maggioranza».
Daniela: «Ho sempre sostenuto che Renato, proveniente dal teatro, non ha i “tempi” televisivi. Ciò premesso, se da un lato concordo con Cristian, dall’altro quell’one-man-show mi ha dato un’idea d’incompiutezza. E non solo per i superospiti negati a Zero. Talora ho avuto davvero la percezione di “vorrei ma non posso”. Quella trasmissione ha tentato di conciliare messaggi importanti, anche forti, e un’immagine sostanzialmente ancora trasgressiva, con la paciosità familiare e familista della prima rete Rai. Un’operazione praticamente impossibile, o impossibile a uno come Renato, che più cerca di “addomesticarsi”, più suscita perplessità». 
15) Cristian, come spieghi l’affinità con Jackson e la freddezza con Bowie dopo la morte? E perché, secondo te, Renato è più affine a Elton John?
Cristian: «All’interno del libro troverete diversi capitoli incentrati sul confronto Jackson-Zero e  Bowie - Renato. Le reazioni sono diverse perché con il Re del Pop Zero non si è mai sentito in competizione, mentre con Bowie ha subìto, nel tempo, diversi paragoni. Detto ciò la freddezza con cui ha trattato la scomparsa di David Bowie è inaccettabile e leggendo il libro capirete perché. Con Elton sono molte le cose che lo accomunano. Look, brio, comportamenti in scena, etc. Ovviamente Michael, David e Elton sono musicisti mentre Renato no. Comunque nel testo si discute delle sue affinità con questi grandi artisti e non di scopiazzamenti inesistenti. Sia chiaro!»
16) L’ammirazione del cantante per Wojtyla non può essere spiegata anche dal fatto che il papa polacco era stato un grande attore?
Cristian: «Ovviamente. Renato Zero ha portato in scena la maschera teatrale e frequentato il mondo della recitazione. Wojtyla è riuscito ad arrivare alle masse grazie proprio al suo trascorso di attore. Giovanni Paolo II nel suo libro “Alzatevi, Andiamo!” ricordava l’importanza formativa del teatro. Anche il pontefice descritto da Nanni Moretti in “Habemus Papam” dice alla psicologa che il suo lavoro è recitare. Senza offesa per nessuno ma Zero ha sempre avuto delle smanie di grandezza tipiche di un artista e Wojtyla è stato il papa più massmediatico di sempre. Non a caso subito dopo la sua elezione alla soglia di Pietro la Marvel, la casa editrice dei supereroi, gli dedicò un fumetto. La fede con lui è diventata spettacolo. Nacquero le messe di massa celebrate da una vera pop(e) star del Sacro».
17) Forse è vero che il travestito di “Mi vendo” non sarebbe mai andato a un Pride ma resta che le sue canzoni ai Pride ancora oggi sono eseguite. Come si spiega?
Daniela: «Perché nessuno meglio di lui ha saputo ritrarre non solo un’epoca ma uno stato d’animo, un vissuto. Chi c’era in quegli anni non può negarlo».
18) “Che lo si voglia ammettere oppure no Renato Zero, come ho già ricordato diverse volte, ha favorito la discussione sull’omosessualità in una nazione ancorata ancora a retrivi pregiudizi di matrice cattolica… Chi lo nega è solamente in malafede, oppure vuole ricondurre tutto ad una strategia di marketing improntata dal cantante per ingannare il suo pubblico e raggiungere facilmente il successo”. Cristian, queste frasi insieme con la matrice cattolica sembrerebbero smentire la posizione di Zero come un papa laico e così la copertina del nuovo album. Oppure no?
Cristian: «Al legame tra Renato Zero e la fede ho dedicato un intero capitolo. Ormai non è un mistero per nessuno che Zero, in più di un’occasione, si è allineato alle direttive del Vaticano. Zero è un cantante e da lui non mi aspetto nulla in materia di religione. Utilizzerà la sua arte per esprimere la sua spiritualità. Io da filosofo non credente non mi trovo nelle sue riflessioni attuali ma questo riguarda piuttosto me e non lui. Anche alla tematica dell’omosessualità nella canzone italiana ho dedicato un capitolo. Forse per non sminuire i concetti è meglio rimandare alla lettura degli stessi».
20) È stato riportato anche un siparietto frivolo (gossip). Perché questa scelta?
Cristian: «Ci è sembrata una scelta interessante per avvicinarci anche ad un pubblico meno propenso allo studio serio e serioso di un artista. È La gente ama il gossip ed è stato accontentato. Chiaramente più che pettegolezzi sono, per l’appunto, delle parentesi frivole in cui si narra di amicizie, di spettacoli televisivi che dovranno, forse, concretizzarsi, etc.»
Daniela: «Io ho cercato di evitarlo il più possibile, perché lo detesto e non sto nemmeno a scomodare Proust e il valore psicologico che dava al pettegolezzo. Per carità, si parla di artisti pop, fa parte del loro mondo (benché non sia inevitabile). Il punto è che però Renato ha deciso di servirsene in passato e lo sta facendo ancora in questi ultimi tempi. È una scelta professionale pure quella e noi ne abbiamo preso atto». 

              Donatella Tinari

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