da repubblica online
A volte scattare in modo frenetico immagini, può impedire di fissare nella memoria i momenti importanti della nostra vita. Lo rivela uno studio della Victoria University di Wellington
di VALERIA PINI
DIMENTICARE momenti importanti della propria vita, perché presi dall'ansia di fotografare o filmare . L'ossessione di immortalare episodi con video e foto, per poi condividerli, potrebbe avere un effetto negativo sulla memoria. Lo rivela uno studio coordinato da Maryanne Garry, docente di Psicologia alla Victoria University di Wellington, in Nuova Zelanda. Secondo la ricerca, la fotocamera e la videocamera che si trovano ormai nella maggior parte dei cellulari, stanno rovinando i nostri ricordi, impedendoci di vivere con serenità il presente. L'idea di cogliere in uno scatto istanti magici e unici di matrimoni, feste o viaggi impedisce di partecipare a pieno a situazioni piacevoli. Stress e tensione fanno sì che nulla viene impresso nella nostra mente. Un problema che tende ad aumentare nel caso dei selfie, dove alla preoccupazione per la scelta dell'inquadratura giusta, si aggiunge quella di apparire fotogenici.
Insomma più si fotografa, meno si 'vive' il momento. Fra chi osserva e il mondo si crea una parete invisibile, che impedisce di vivere completamente esperienze. Garry ha approfondito da tempo il rapporto fra tecnologie digitali e cervello e ora sta studiando gli effetti della fotografia sui ricordi d'infanzia. "Le persone fanno mille foto e poi le scaricano da qualche parte e in realtà non hanno il tempo di guardarle molto perché è troppo difficile etichettarle e organizzarle. Questa mi sembra una perdita", spiega Garry.
Dai compleanni alle vacanze, tutti vogliamo ricordare quei momenti preziosi grazie a una fotografia. Ma scattarle in modo frenetico, può secondo la psicologa farci dimenticare tutto in un lampo. Inoltre mentre in passato gli album esposti nelle librerie di casa, potevano essere sfogliati di tanto in tanto, oggi centinaia di immagini digitali archiviate nei computer, su chiavette o cd sembrano 'scomparire'. E nell'era della 'dematerializzazione' anche l'album dei nostri ricordi si cancella.
Un precedente studio della
Fairfield University in Connecticut, pubblicato su
Psycological Science, aveva rivelato che le troppe foto possono impedirci di avere ricordi più dettagliati. I ricercatori hanno chiesto a un gruppo di studenti di visitare un museo e fotografare alcune opere. Il giorno dopo i ragazzi sono stati interrogati ed è stato così possibile verificare che avevano difficoltà a riconoscere quadri e sculture che avevano fotografato rispetto a quelli che avevano solo guardato.
Per gli studenti è risultato difficile ricordare i dettagli delle opere fotografate. "La gente spesso tira fuori le macchine fotografiche senza pensarci. Quando però si affidano alla tecnologia per ricordare, questo può avere un impatto negativo sul modo in cui si memorizzano le esperienze", spiega Linda Henkel, autrice dello studio. Precedenti studi hanno dimostrato che rivedere vecchie foto può aiutarci a ricordare, ma solo se dedichiamo abbastanza tempo a quest'operazione. "Per ricordare - ha detto Henkel - dobbiamo accedere e interagire con le foto, e non solo accumularle".
Infine uno studio della Harvard University, della University of Wisconsin-Madison e della Columbia University ha invece messo in evidenza che molte persone sostituiscono i propri ricordi con il web. Utilizzano la rete come 'una memoria esterna' da consultare di volta in volta, in caso di necessità. Secondo i ricercatori statunitensi, oggi siamo talmente dipendenti da smartphone e tablet, da abbandonare le ricerche su un determinato argomento se non troviamo una risposta on line in tempi rapidi.
da l'unione sarda online del 27 maggio 2014 16:02
Vita privata addio. Il confine tra lavoro, casa, vacanze si fa sempre più labile. Ecco perché.
In Italia solo un quarto degli impiegati afferma di non lavorare nel weekend o fuori dall'orario d'ufficio, mentre gli altri dichiarano di lavorare in orari non convenzionali, o per necessità (il
42% ) o per proprio desiderio. A fronte di tanta invasività, il 52% sarebbe disponibile a lavorare anche più ore pur di beneficiare di maggiore flessibilità. Lo rivela una ricerca di Microsoft-Harris Interactive diffusa oggi a Torino, in occasione di una dimostrazione con Alpitour World di "ufficio a cielo aperto" grazie alle tecnologie più innovative.
Oltre la metà di coloro che lavora in ufficio (57%) desidererebbe essere messo nelle condizioni di lavorare, se non interamente, almeno in gran parte da casa. Il 45% degli interpellati lavora durante il viaggio verso l'ufficio o di rientro, il 27% mentre mangia a casa e il 25% mentre guarda la televisione. Inoltre il 12% dei genitori che lavorano in ufficio ammette di aver sbrigato compiti di lavoro durante eventi o attività dei propri figli.
In generale 6 su 10 di coloro che lavorano in ufficio (67%) contano di essere in grado di lavorare fuori sede in posti come aeroporti, treni, bar, parchi. Quando sono fuori dalle quattro mura dell'ufficio, gli impiegati per lo più leggono e rispondono alle e-mail (62%), scrivono (50%) collaborano (33%) su documenti, e analizzano dati e informazioni (49%).
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