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27.11.25

Non erano solo tre o quattro.Erano più di 100. Cento italiani che, secondo le accuse, letteralmente pagavano per uccidere persone, civili, donne e bambini durante l’assedio di Sarajevo, tra il 1992 e 1996.

 Apro   come di consueto  il web per  la mia rassegna  sull'italia  e  sul mondo  ecco   che  leggo   mi pare  se  non ricordo male  dalla bacheca  di Lorenzo Tosa   che   

 Non erano solo tre o quattro.Erano più di 100.  Cento italiani che, secondo le accuse, letteralmente pagavano per uccidere persone, civili, donne e bambini durante l’assedio di Sarajevo, tra il 1992 e 1996.Tra loro professionisti noti, “di elevata disponibilità economica”, insospettabili che imbracciavano un fucile e si divertivano nei fine settimana a sparare su innocenti, in quelli che erano dei veri e propri “safari umani”.La testimonianza della criminologa Martina Radice a “Fanpage” è agghiacciante.“Posso dire
sicuramente che erano più di 100 gli italiani coinvolti nei safari umani di Sarajevo”.
All’inizio si parlava di tre persone: “un uomo di Torino, uno di Milano e l'ultimo di Trieste". Erano solo le prime persone coinvolte nell’indagine, come ha spiegato Radice.Oggi viene fuori che sarebbero molti, ma molti di più. Così tanti che è anche impossibile stabilire un numero esatto.Cecchini improvvisati che partivano dall’Italia, arrivavano a pagare fino all’equivalente attuale di 300.000 euro per un weekend, per poi tornarsene a casa, dalle loro famiglie e al loro lavoro, come se nulla fosse.La banalità del male. Una macchia morale che - se dimostrata - tocca, per numeri e gravità, un intero Paese.Mi auguro che l’indagine vada fino in fondo, che venga fuori tutto, che la giustizia faccia il suo corso, che non cada tutto nel vuoto. Non basta, ma è il minimo.Èuno squarcio nell’anima del Paese.Perché non stiamo parlando di tre folli isolati.Stiamo parlando ,se tutto verrà confermato, di oltre cento italiani che avrebbero trasformato la guerra in un parco giochi per psicopatici, pagando per “giocare” a fare i cecchini su donne, bambini, civili inermi. Gente “perbene”, con soldi, con famiglia, con rispettabilità sociale.Gente che il lunedì mattina tornava in ufficio con la coscienza linda e la camicia stirata, dopo aver passato il weekend a sparare su esseri umani come fossero bersagli di cartone.Se tutto questo venisse provato, non sarebbe una semplice vergogna: sarebbe una ferita etica nazionale, la dimostrazione lampante che il male non abita solo nei regimi o nei fanatici, ma può covare tranquillo nelle nostre case, nei nostri condomìni, negli stessi luoghi in cui ci illudiamo che la civiltà sia garantita.E allora sì, che si scavi fino in fondo.Che non si chiuda un occhio, che non si insabbi nulla, che nessuno si rifugi dietro la comoda foglia di fico del “non sapevo”.Perché la Verità, quando è così sporca, non si guarda: si affronta.E se tutto questo sarà confermato, non basteranno scuse, né processi individuali.Servirà una riflessione collettiva, feroce, onesta, perché una cosa è certa:non doveva succedere.Non poteva succedere.Non in nostro nome.


  che  di.re  al  peggio   non c'è ma fine   . So   d'essere  banale   , scontato  , retorico  ,  ecc    ma   non riesco a  rovare altre parole per  commentare    ed  esprimere  le mie  sensazioni ed  emozioni   davanti a sifatte notizie  . Riersco   solo a  dire  che esse   mettono in evidenza    come il culto della  violenza     e della guerra   sia   ancora  vivo   dopo  le  inutili stragi   del  XXI secolo   e stia    in particolare dopo  l'11 settembre   2001  ritornamdo sempre  di più    come  un fenomeno  carsico . E  oem  l'umanità  si stia preparando   un altra catastrofe  globale   

11.11.25

Bambini e guerra a Sarajevo: quando il denaro spezza l’infanzia a Milano l’inchiesta sui “cecchini del weekend”

  Libro cnsigliato 
I bastardi di Sarajevo, di Luca Leone

di  solito sono  molto prolisso , loquace   , logorroico  . Ma  questa  è una  dell poche volte   in cui  non riesco a   trovare  le parole  , anzi meglio  a  controllarmi   per non abbassarmi  al  loro livello d'odio ,   che  esprimano   senza  cadere   indiscorsi d'odio    il mio  ribrezzo e  disgusto   davanti  a  simili  abberrazioni  .  Lascio   la  paola   a  questi due   articoli che  aprono   la mia rassegna  web   quotidiana 

 da   Unione sarda online





Partivano dall'Italia pagando somme «ingenti» ai militari serbi per partecipare all'assedio di Sarajevo e sparare «per divertimento» contro i cittadini della capitale bosniaca durante la guerra. Per individuare questi «turisti della guerra» a Milano è aperta un'inchiesta che punta a individuare coloro che parteciparono al massacro di oltre 11mila persone tra il 1993 e il 1995, come riportano oggi il Giorno e La Repubblica.
Il fascicolo - di cui aveva già scritto Il Giornale a luglio - è stato aperto dal pm Alessandro Gobbis con l'accusa di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e dai motivi abbietti ed è al momento a carico di ignoti e nasce dall'esposto presentato dal giornalista e scrittore Ezio Gavazzeni. In base alle testimonianze raccolte, da tutto il nord Italia questi “cecchini del weekend”, perlopiù simpatizzanti di estrema destra con la passione per le armi, si radunavano a Trieste e venivano portati poi sulle colline attorno a Sarajevo dove potevano sparare sulla popolazione della città assediata dopo aver pagato le milizie serbo-bosniache di Radovan Karadzic. Nel fascicolo c'è anche una relazione su questi «ricchi stranieri amanti di imprese disumane» inviata alla Procura di Milano dall'ex sindaca di Sarajevo Benjamina Karic.
«Ciò che ho appreso, da una fonte in Bosnia-Erzegovina, è che l'intelligence bosniaca a fine 1993 ha avvertito la locale sede del Sismi della presenza di almeno 5 italiani, che si trovavano sulle colline intorno alla città, accompagnati per sparare ai civili». Lo si legge nell'esposto dello scrittore Ezio Gavazzeni. La «mia fonte», spiega lo scrittore assistito dagli avvocati Nicola Brigida e Guido Salvini, «faceva parte dell'intelligence bosniaca» e nell'atto viene indicato con nome e cognome. Gavazzeni riporta uno scambio di mail del novembre 2024 con la fonte che scriveva: «Ho appreso del fenomeno alla fine del 1993 dai documenti del servizio di sicurezza militare bosniaco sull'interrogatorio di un volontario serbo catturato, venuto a combattere dalla parte dei serbi di Bosnia ed Erzegovina. Ha testimoniato - si legge - che 5 stranieri hanno viaggiato con lui da Belgrado alla Bosnia Erzegovina (almeno tre di loro erano italiani, e uno ha detto di essere di Milano)». All'epoca, ha raccontato l'ex 007 bosniaco, «lavoravo nel servizio di intelligence militare dell'esercito bosniaco. Condividemmo le informazioni con gli ufficiali del Sismi (ora Aisi) a Sarajevo perché c'erano indicazioni che gruppi turistici di cecchini/cacciatori stavano partendo da Trieste». Lo scrittore nelle 17 pagine dell'esposto dà conto che «in una testimonianza è riportato che tra questi ci fossero degli italiani: un uomo di Torino, uno Milano e l'ultimo di Trieste». E ancora: «Uno dei cecchini italiani identificati sulle colline sopra Sarajevo nel 1993, oggetto della segnalazione al Sismi, era di Milano e proprietario di una clinica privata specializzata in interventi di tipo estetico».
Per ora agli atti dell'indagine ci sono solo i documenti presentati dall'autore dell'esposto, datato 28 gennaio, e nelle prossime settimane il pm Alessandro Gobbis, con delega al Ros dei carabinieri, dovrà effettuare verifiche, ascoltando semmai le persone indicate dallo scrittore. Per ora, spiega lo scrittore, «sono solo 'soffiate'», ma sarebbe esistita anche «una tariffa per queste uccisioni: i bambini costavano di più, poi gli uomini (meglio in divisa e armati), le donne e infine i vecchi che si potevano uccidere gratis». Lo scrittore fa anche riferimento al documentario "Sarajevo Safari" del 2022 e chiarisce che «il regista Miran Zupanic ci ha dato le password per accedere alla visione riservata del film sul sito di Al Jazeera e posso fornirle al magistrato che ne farà richiesta». Nel filmato anche un testimone anonimo. E ancora: «Alcune fonti parlano di americani, canadesi e russi, ma anche di italiani, che erano disposti a pagare per giocare alla guerra». I clienti, ha raccontato l'ex 007 bosniaco, erano «sicuramente persone molto ricche» che potevano «permettersi economicamente una sfida così “adrenalinica”». Per il modo in cui «tutto era organizzato, i servizi bosniaci ritenevano che dietro a tutto ci fosse il servizio di sicurezza statale serbo». E con «le infrastrutture dell'ex compagnia aerea serba di charter e turismo Aviogenex». Jovica Stanišić, «condannato per crimini di guerra al Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia, svolgeva un ruolo chiave in questo servizio». Stando all'esposto, tra questi "turisti-cecchini" c'erano anche appassionati di caccia e armi. E la «copertura dell'attività venatoria serviva così per portare, senza sospetti, i gruppi a destinazione a Belgrado».
«Ho assistito in più di un'occasione a persone che non mi sembravano persone del posto per il loro abbigliamento, per le armi che portavano, per il modo in cui venivano trattati, gestiti, cioè guidati dai locali. Ho visto questo a Sarajevo in diverse occasioni». Così un passaggio della testimonianza di John Jordan, un ex vigile del fuoco statunitense che era volontario nella città assediata di Sarajevo negli anni '90, davanti alla Corte internazionale dell'Aja nel processo al comandante dell'esercito serbo-bosniaco Ratko Mladic. Passaggi di questa deposizione del 2007 è contenta sempre nell'esposto dello scrittore Ezio Gavazzeni ai pm milanesi. «Era chiaramente evidente - si legge ancora nella testimonianza di 18 anni fa - che la persona guidata da uomini che conoscevano bene il terreno era completamente estranea al terreno, e il suo modo di vestire e le armi che portava con sé mi hanno fatto pensare che fossero tiratori turistici». E ancora: «Quando un ragazzo si presenta con un'arma che sembra più adatta alla caccia al cinghiale nella Foresta Nera, che al combattimento urbano nei Balcani... Quando lo si vede maneggiare e si capisce che è un novizio...». In questi giorni, tra l'altro, alla Casa della Memoria di Milano è in corso una mostra fotografica intitolata 'Shooting in Sarajevo', che ricorda proprio l'assedio alla città di 30 anni fa.

da  fanpager  10 NOVEMBRE 2025  13:00

Cosa sappiamo sull’indagine sui “turisti della guerra” che pagavano per uccidere civili nell’assedio di Sarajevo
Un esposto del giornalista Ezio Gavazzeni ha portato la Procura di Milano ad aprire un’indagine, al momento a carico di ignoti, per plurimo omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e dai motivi abbietti. Tra il 1993 e il 1995, “almeno 5 italiani” avrebbero pagato ingenti somme di denaro per poter andare a Sarajevo a sparare ai civili.

A cura di Enrico Spaccini

I civili che corrono lungo la "sniper alley" cercando di evitare il fuoco dei cecchini (foto da LaPresse)
La Procura di Milano ha aperto un fascicolo d'indagine sui cosiddetti "turisti della guerra" che, tra il 1993 e il 1995, avrebbero partecipato all'assedio di Sarajevo "per divertimento". Si tratterebbe di "almeno cinque italiani", tra cui un milanese al tempo "proprietario di una clinica privata", i quali avrebbero pagato decine di migliaia di euro di oggi per poter essere accompagnati sulle colline della capitale della Bosnia ed Erzegovina e da lì sparare su civili inermi. L'indagine, al momento a carico di ignoti, è nata dall'esposto presentato dal giornalista e scrittore Ezio Gavazzeni, con la collaborazione dell'avvocato Nicola Brigida e dell'ex giudice, e avvocato, Guido Salvini. L'ipotesi di reato è plurimo omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e dai motivi abbietti. "Sono crimini mostruosi contro l'umanità", ha commentato Brigida a Fanpage.it, "la speranza è che come con i Desaparesidos argentini si arrivi a individuare i colpevoli e alla giusta sanzione penale".
Gli "stranieri" arrivati a Sarajevo "per sparare ai civili"
L'assedio di Sarajevo da parte dell'esercito serbo era iniziato il 6 aprile del 1992, non appena la Bosnia-Erzegovina aveva dichiarato la propria indipendenza. Passato alla storia come l'assedio più lungo della storia moderna, era terminato ufficialmente il 29 febbraio 1996, quasi quattro mesi dopo la firma dell'Accordo di Dayton che pose fine alla guerra. Le vittime furono in totale 11.541 civili, di cui 1.601 bambini, e i feriti oltre 60mila.
"Ciò che ho appreso, da una fonte in Bosnia-Erzegovina, è che l'intelligence bosniaca a fine 1993 ha avvertito la locale sede del Sismi della presenza di almeno cinque italiani, che si trovavano sulle colline intorno alla città, accompagnati per sparare ai civili", si legge nelle 17 pagine di esposto firmato da Gavazzeni e che ha portato all'apertura dell'inchiesta del pm Alessandro Gobbis. Nel documento, come riportato da Ansa, viene citato uno scambio di mail avvenuto nel novembre del 2024 in cui la "fonte" scriveva: "Ho appreso del fenomeno alla fine del 1993 dai documenti del servizio di sicurezza militare bosniaco sull'interrogatorio di un volontario serbo catturato, venuto a combattere dalla parte dei serbi di Bosnia ed Erzegovina. Ha testimoniato che cinque stranieri hanno viaggiato con lui da Belgrado alla Bosnia-Erzegovina".
La Procura pronta ad ascoltare i testimoni
Di questi "cinque stranieri" citati dalla "fonte", almeno tre sarebbero italiani: "un uomo di Torino, uno Milano e l'ultimo di Trieste". Chiamati "cecchini del weekend", sono stati descritti come perlopiù simpatizzanti di estrema destra con la passione per le armi e per la caccia. I "turisti della guerra", o anche "cacciatori di umani", si riunivano a Trieste, dove partivano con un volo della compagnia serba Aviogenex verso Belgrado e, infine, venivano accompagnati sulle colline di Sarajevo. Secondo le testimonianze, da là avrebbero sparato a civili inermi e, pagando un po' di più (fino anche a 100mila euro di oggi), anche ai bambini.
Di "tiratori turistici" se ne era già parlato alla Corte penale internazionale dell'Aia nel processo a Slobodan Milosevic, presidente della Serbia negli anni dell'assedio e accusato di crimini contro l'umanità. Alcuni testimoni affermarono di averli riconosciuti perché portavano armi e indumenti che stonavano con il contesto di guerra. Nel fascicolo della Procura, poi, è presente anche la relazione firmata dall'ex sindaca di Sarajevo Benjamina Karic sui "ricchi stranieri amanti di imprese disumane". Come anticipato da Repubblica e Il Giorno, la Procura di Milano sarebbe già pronta a convocare i primi testimoni. Il pm e il reparto Ros dei carabinieri avrebbero una lista di persone da convocare, tra cui un ex agente segreto bosniaco.

Ora  a  mente  fredda      come      


Claudio BANCARO18 ore fa
Come mai queste storie escono fuori dopo trent'anni? Cosa hanno aspettato fin ora? Che i responsabili morissero nel frattempo?
    Sandro Staiano17 ore fa
    Penso che una tale brutturia sia stata abilmente nascosta, dobbiamo anzi ringraziare i pochissimi individui che hanno mostrato grande coraggio nel denunciare lo schifo di queste persone. perciò c'è voluto un sacco di tempo perché uscisse allo scoperto tutto cio. Voglio sperare che escan fuori i nomi di questa gente maledetta, in particolare quelli dei nostri connazionali che hanno ammazzato bambini, uomini, donne e gratis, gente anziana.

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