Questa è l'unica foto
L'Afghanistan è un Paese giovane e pullula di visi come questo. Limpidi, affacciati sul mondo. Con le loro belle e invincibili speranze. Un viso familiare perché dappertutto lo stesso. Il viso di chi crede, di chi ha fiducia in un domani felice e grandioso.
Si gettano allo sbaraglio, i giovani. Non sono saggi. E li chiamiamo sventati, generosi forse, ma in fondo inutili, e quel loro naturale prodigarsi per gli altri ci fa storcere la bocca. Tanto, fra poco matureranno. Fra poco "la vita" li temprerà, diventeranno come noi, scettici, umoristi.
A me invece pare che questo viso, e quelli rimasti ancora anonimi, fossero già assai maturi. Temprati, anche. Scettici e umoristi certo no. E meno male
Vogliamo quei volti non solo per piangere un efferato assassinio definito oscenamente "danno collaterale". Li vogliamo non solo per onorare, sia pur in maniera tardiva e inefficace, un sacrificio che la stampa d'Occidente continua a trascurare, preferendo occuparsi d'altre faccende e faccenduole, tanto si sa come vanno le cose da quelle parti lì. Da quelle parti lì le cose vanno come dovrebbero andare dappertutto, quando si tratta di giovani. Vogliamo quei volti perché, nonostante tutto, c'infondono coraggio. Perché sono esperti. Perché sanno. Perché in essi si scorge il midollo dell'umanità. Il futuro sarà su questa Terra, non su remoti pianeti come sentenzia qualche luminare, molto scettico e molto umorista, rivolgendosi naturalmente ai pochi privilegiati che potrebbero permettersi viaggi intergalattici. Il futuro sarà qui finché esisteranno questi volti, volti di tutti, per tutti, per ognuno.
Li ha spenti lo scetticismo della gerontocrazia. È questo il danno collaterale, l'accidente della storia. Non permettiamogli più di sovrastarci.
Abbiamo diritto a quei volti. Ne abbiamo distrutto i corpi, ancora una volta, noi saggi che non impariamo mai nulla. Ma i corpi dopo tre giorni, tre interminabili giorni, risorgono. E saranno lì a giudicarci.
© Daniela Tuscano