Vita da clochard a Palermo: "Non abbiamo niente ma possiamo guardare le stelle"
Sono 148 le persone senza dimora che trascorrono le notti sulle panchine o sui marciapiedi. Ad aiutarle sono i volontari dell'Unità di strada della Croce Rossa
Per l'anagrafe, non esistono. Sono gli invisibili. Centoquarantotto persone senza dimora che trascorrono le notti sulle panchine o sui marciapiedi, coperte da cartoni isolanti per non sentire troppo freddo. Alcuni, addirittura, dormono in fetide
discariche dalle quali, nonostante tutto, dicono di vedere le stelle. In una qualunque sera di novembre in cui, nonostante qualche goccia di pioggia, il freddo intenso non è ancora arrivato, inizia il turno di Valentina Vivona, Salvo Raccuglio e Laura Sangiorgi, volontari dell'Unità di strada della Croce Rossa. Al Foro Italico, in una panchina viola che guarda verso il mare, trascorre le proprie notti, in compagnia di un cartone di vino, un uomo sulla cinquantina. Capelli arruffati e tanta rabbia nel cuore. "Io sono ebreo - ci dice - e i nazisti mi vogliono fare fuori. Adesso cerco solo un riparo, mi basterebbe una stanza o una tenda da piantare qui, lo scriva e lo faccia sapere al Comune, però non dica il mio nome. "E come dobbiamo chiamarla?" domandiamo. "Mi chiami semplicemente un ex punk". Pare che l'ex punk, dal linguaggio forbito, forse laureato in psicologia, in realtà sia stato in gioventù un bravo musicista. "Accusa dei problemi psichici abbastanza gravi", spiega Valentina Vivona, 41 anni, che dal 2019 è responsabile del progetto della Croce Rossa "DimOra". "Il problema - continua la volontaria - è che molte di queste persone rifiutano di andare nelle comunità di accoglienza, dove ovviamente ci sono delle regole da rispettare".Secondo le stime della Caritas, a Palermo sono 448 i senza dimora ospiti nelle strutture, alcune delle quali accolgono 25 persone a volta, mentre le altre comunità, come La casa di Muhil, gestita dall'associazione La danza delle Ombre e il dormitorio "A casa di Aldo", in via Messina Marine, ospitano circa cinquanta persone a notte. "Negli altri centri - dice Giuseppe Giambusso, responsabile della Caritas di Palermo - è previsto un percorso di accompagnamento e di reinserimento alla vita sociale, dove è compresa anche la ricerca di un'abitazione e un sostegno economico al primo affitto. Tra gli ospiti entrati nelle strutture, circa il 30% è stato sistemato". Ma gli "irriducibili", così vengono chiamati, non vogliono andarci perché alle comunità preferiscono la strada. Come Mohammed, iraniano, 67 anni, da più di trenta a Palermo. Lui è il vicino di panchina dell'"ex punk", ma tra loro parlano poco.L'uomo tempo fa si è fratturato le costole ed è appena uscito dall'ospedale e nonostante non cammini ancora bene, ci tiene ad accompagnare i volontari della Croce Rossa fino alla macchina per scambiare ancora qualche chiacchiera e con una scusa o l'altra, tende a ritardare i saluti. Sembra che più che fame di cibo, abbia fame di contatti umani. Un tempo Mohammed era il punto di riferimento per tanti clochard, "quasi un'autorità" precisa Valentina Vivona. Fuggito dall'Iran e sbarcato a Palermo, Mohammed ha iniziato a collaborare con Biagio Conte per aiutare le persone in difficoltà, poi è andato via dalla Missione Speranza e Carità e ha deciso di condividere la strada con gli amici che aveva aiutato.
"Mohammed - dice Vivona - è un "socratico", il mondo è la sua terra e possiede una cultura e una saggezza fuori dal comune. Purtroppo, in questo periodo non sta bene, ha un inizio di demenza e nella sua vita ne ha viste di tutti i colori. E' stato vittima di gravi vessazioni, viveva in una roulotte che anni fa è stata bruciata mentre lui dormiva al suo interno. E' vivo per miracolo, ora non ha più niente, ma continua a ripetere che vuole morire sotto le stelle". In questo girone infernale, esiste un mondo parallelo dei cosiddetti "lavori ombra". "Tra di loro - spiegano i volontari - c'è chi fornisce i medicinali, chi dà informazioni, chi sorveglia gli effetti personali, chi fa da vedetta in cambio di cibo, soldi, alcol o droghe".Il viaggio prosegue verso la periferia, direzione la Bandita, nella costa sud della città, una delle tappe più strazianti del percorso dove incontriamo Sergej, 40 anni, di origine ucraina. L'uomo, sempre sorridente, vive in una discarica. Guai a pulirla o liberarla da tutti gli ingombranti che i cittadini, noncuranti, continuano a gettare come se nulla fosse. Il suo eloquio è particolare: conosce la lingua italiana, ma si limita a unire le parole senza nessuna connessione logica. Gli operatori della Croce Rossa hanno anche chiesto aiuto a un interprete, ma nulla da fare, ciò che dice Sergej è incomprensibile. "Ogni tanto - dicono - ripete "mine anti uomo", ma poi i suoi pensieri corrono via". Sergej soffre della cosiddetta "sindrome di Diogene", la patologia che si manifesta con la perdita di interesse nella cura fisica, igienica e mentale della propria persona ed è un accumulatore seriale. "Quando il martedì, la Rap fa la pulizia della zona - dice Valentina Vivona - lui scompare, ma l'indomani ritorna con altre cianfrusaglie".
Alle 23 termina il turno notturno dei volontari della Croce Rossa. "Queste persone - concludono - hanno bisogno di cibo, è vero, ma sono soprattutto affamati di sorrisi e parole. Questo è il senso della nostra missione: pensare ai bisogni, senza trascurare i loro sogni".