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25.2.25

diario di bordo n 105 anno III . Rania zariri da popstar in olanda a clochard ad Avellino ., Salvi dalla fucilazione, piantano un albero: la storia del monumentale “Piopp de Ambrous” le medaglie olimpiche del 2024 sono patacche

Da popstar a senzatetto. È la storia incredibile e drammatica di Rania Zariri, una vera celebrità del mondo dello spettacolo in Olanda che ora vive per strada ad Avellino. Dopo la morte della madre, all'improvviso il buio, con problematiche psicologiche e depressive, condizioni che l’hanno portata a vivere per strada ora si è ritrovata a vivere senza fissa dimora a girovagare per l'Irpinia. Anche i suoi amici olandesi stanno lanciando appelli per salvare questa donna che anni fa era una stella nascente nello spettacolo.
La giovane donna, trentenne, trovandosi in una situazione di grave difficoltà e senza dimora, è stata soccorsa nei giorni scorsi dalla polizia municipale e dai servizi sociali del Comune di Avellino, che hanno tentato di offrirle un aiuto concreto. Nonostante l'impegno delle istituzioni, Rania ha rifiutato ogni forma di assistenza, dichiarando con fermezza «il desiderio di restare libera e di rivendicare il diritto all'autodeterminazione». La sindaca Laura Nargi ha avviato un dialogo con le autorità competenti e con l'azienda sanitaria locale per predisporre un piano di assistenza mirato. L'intento è quello di garantire a Rania un'accoglienza sicura in una struttura adeguata, dove potrebbe ricevere supporto sia dal punto di vista sociale che sanitario.
«Non siamo rimasti indifferenti di fronte a questa emergenza- ha dichiarato la sindaca - importante una risposta tempestiva e coordinata. L'obiettivo principale dell'amministrazione è sempre stato quello di offrire a Rania una via d'uscita dalla sua condizione di precarietà, coinvolgendo tutti gli enti preposti per costruire un percorso di recupero e reinserimento nella comunità». Ma Rania ha opposto un netto rifiuto all'assistenza proposta, dichiarando la volontà di non essere vincolata a strutture o programmi di recupero, ritenendo che la libertà personale debba prevalere su qualsiasi intervento esterno.
L'ex popstar ieri da Avellino si è incamminata ed è arrivata a Mercogliano, dove, questa notte, ha dormito sotto una pioggia battente. «Stiamo cercando di aiutare la giovane cantante olandese in difficoltà. Sono in contatto con l'ambasciata olandese-ha detto  il sindaco di Mercogliano, Vittorio D' Alessio- alla quale ho spiegato la situazione di Rania e sto ricevendo le giuste indicazioni. Intanto, è sul posto la psicologa Michela Bortugno dei nostri servizi sociali che sta tentando di dialogare con la ragazza. Abbiamo già ottenuto la disponibilità di una struttura sul territorio, nella quale poter ospitare Rania non solo per una doccia, ma un posto sicuro per consentirle un recupero psicofisico».
Per Rania si sta impegnando anche Francesco Emilio Borrelli, il parlamentare napoletano. «Faremo da tramite con l'ambasciata olandese affinché possa essere messa in contatto con la famiglia - ha detto Borrelli - la storia di Rania è la testimonianza di come ognuno di noi, nessuno escluso, possa vivere, a prescindere dalla condizioni di partenza, dallo stato sociale, dalla professione, dal successo, momenti drammatici e farsi sfuggire dalle mani il controllo della propria vita».«Rania Zeriri è a Mercogliano». È un nome che a molti potrebbe non dire nulla, ma in olanda Rania è una pop star molto famosa. La 39enne ora si trova ad Avellino, non su un palco o in qualche hotel di lusso, ma per strada, come clochard. Sono tantissimi gli appelli sui social che riguardano la giovane donna. Il sindaco Vittorio D'Alessio ha condiviso un post sulla sua pagina Facebook
Gli aiuti

«Sono in contatto con l'Ambasciata olandese»  afferma il sindaco «alla quale ho spiegato la situazione di Rania e sto ricevendo le giuste indicazioni. Intanto, è sul posto la psicologa Michela Bortugno afferente ai nostri servizi sociali che sta tentando di dialogare con la ragazza.Abbiamo già ottenuto la disponibilità di una struttura sul territorio, nella quale poter ospitare Rania non solo per una doccia, ma un posto sicuro per consentirle un recupero psicofisico».


La giovane, infatti, «Dopo la morte della madre ha sviluppato psicosi e depressione, condizioni che l’hanno portata a vivere per strada ora si è ritrovata a vivere senza fissa dimora ad 
Avellino. Ora, la sua famiglia la sta cercando in Olanda».Secondo gli ultimi aggiornamenti, come condiviso sui social di Francesco Emilio Borrelli, i soccorritori assieme al sindaco Di Mercogliano hanno convinto oggi Rania, per la prima volta, ad accettare aiuti e cure.
Chi è Rania Zeriri
Rania Zeriri è una cantante olandese, nata il 6 gennaio 1986 a Enschede, nei Paesi Bassi. Cresciuta in una famiglia mista, ha studiato spagnolo in Spagna e ha lavorato nel settore dell'animazione turistica, iniziando a cantare in alberghi. Ha guadagnato notorietà partecipando alla quinta edizione del talent show tedesco "Deutschland sucht den Superstar" (DSDS), dove si è classificata quinta.
La sua carriera musicale è decollata dopo il programma, con la pubblicazione del suo singolo di debutto "Crying Undercover" nel 2008. Rania ha anche affrontato controversie durante la sua partecipazione al DSDS, inclusa un'accusa di uso di droghe, che ha respinto pubblicamente. Oltre alla musica, ha studiato al Conservatorio di Enschede e lavora come reporter per un'emittente locale.

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Salvi dalla fucilazione, piantano un albero: la storia del monumentale “Piopp de Ambrous

da mbnews

Varedo. Sono 207 gli alberi monumentali presenti in Brianza. Giganti verdi custodi non solo di maestosità e bellezza, ma anche di storie lontane. E tra questi, c’è un albero in particolare che è testimone di un periodo storico importante per tutti noi: quello della


Seconda guerra mondiale. Si tratta del Pioppo di Varedo, “nato” nel 1946 come simbolo di libertà. I protagonisti di questa incredibile storia sono Carlo e Ambrogio, due fratelli. A raccontarci del loro pioppo è Saro Sciuto dellAssociazione RAMI che ha raccolto la testimonianza di Ambrogio.
Il Piopp de Ambrous: l’albero simbolo di libertà

“La famiglia di Carlo e Ambrogio vive accanto alla Villa Bagatti, quartier generale dei nazisti in quel di Varedo. Visto l’orientamento politico non in contraddizione con gli obiettivi nazi-fascisti, sono ben conosciuti dal luogotenente locale, e la vicinanza tra i due edifici è talmente esigua da permettere al piccolo Ambrogio di poter guardare perfino nell’aia della storica villa, costruita nel secolo precedente”, spiega Sciuto. L’inizio di questa storia, però, risale al 10 luglio 1943.“Ambrogio ha soli 3 anni e 3 mesi: dalla radio un severo quanto speranzoso annuncio recita che gli Alleati sono sbarcati in Sicilia. Il piccolo Ambrogio è accanto al luogotenente e non dimenticherà mai l’espressione del nazista che esclama per ben tre volte un rassegnato: ‘Non va bene, non va bene, non va bene'”.
La guerra e quel pioppo di Varedo piantato per dire “grazie”

Da quell’estate del ’43, i ricordi di Ambrogio fanno un salto fino al 1945: i nazisti sono costretti alla resa e hanno ormai raccattato i loro averi, pronti per imboccare, a una certa altezza, la statale dei Giovi.
“A partenza imminente, un facinoroso antifascista sbuca da un bar e spara, ferendo mortalmente un tale Otto, che muore sul colpo. Il suo corpo resterà nel cimitero di Varedo per oltre 70 anni. La rappresaglia è praticamente immediata: vengono presi in ostaggio dai soldati sette uomini, tra i quali Carlo e suo fratello, pronti per essere giustiziati. Ma la regola nazista dice che devono essere dieci i condannati a morte per ogni singolo tedesco ucciso. Si cercano gli altri tre, ma in giro tutti si sono dileguati come potevano”, racconta ancora Saro Sciuto, che ha raccolto la testimonianza dell’anziano brianzolo.“Nel frattempo, il caporale tedesco riconosce in mezzo al gruppo Carlo e suo fratello e ordina che queste due persone non vengano giustiziate. Si cercano così inutilmente altri cinque uomini, che furbescamente si erano dileguati in vari nascondigli, chissà dove. La rappresaglia non viene eseguita e il capo ordina che per tre giorni nessuno si facesse vedere in giro e per nessun motivo. L’invito, però, non viene colto da tutti e alcuni curiosi vengono uccisi da infallibili cecchini. La guerra è finita”, conclude.
Come ringraziamento alla vita per essere stati risparmiati, nel 1946, quando Ambrogio ha solo 6 anni, i due fratelli mettono a dimora nel loro campo di Varedo due pioppi, uno accanto all’altro.
Tra i 207 alberi monumentali in Brianza, anche il Pioppo di Varedo

Di quei due pioppi, oggi ne è sopravvissuto solo uno. Ha 80 anni e misura ben 4 metri di circonferenza. Un gigante verde che custodisce un pezzo di storia davvero importante e sicuramente molti ricordi. Ambrogio accanto al suo pioppo. Foto di Saro Sciuto“Un albero della libertà? – conclude Sciuto – Ambrogio non lo reputa tale, perché il belligerante lustro ad Ambrogio non ha portato, tutto sommato, dolore, ma il contrario”.


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Mostra lo stato della medaglia d’oro vinta a Parigi 2024, non sa cosa fare: “È da restituire?”

 da  fanpage


Ancora una volta si torna a discutere delle medaglie degli ultimi Giochi di Parigi. Un altro atleta si è lamentato e non poco per le condizioni del prestigioso cimelio vinto alle ultime paralimpiadi. Si tratta di Hunter Woodhall, che ha conquistato l'oro nella prova dei 400 metri T62 maschili. A soli cinque mesi dal successo, in un video suo social, il classe 1999 americano ha posto ai suoi followers una domanda sulla fine da far fare alla

medaglia.
Woodhall ha mostrato a tutti le condizioni della sua medaglia. In realtà il problema non è il premio vero e proprio, ma il laccio che lo tiene legato che si è quasi completamente tagliato. Per questo il campione olimpico nel video ha spiegato: "Ho bisogno del vostro parere su una questione. Come avrete visto, ho strappato accidentalmente il nastro della mia medaglia di Parigi. Mi sono rivolto agli organizzatori e hanno detto che avrebbero riparato il nastro. L'unico problema è che non puoi rimuoverlo senza rovinare la medaglia, quindi ho due opzioni".L'atleta può seguire solo due strade a questo punto: "O tengo la medaglia originale e aggiusto il nastro cucendolo e quindi possono tenere il tutto con ammaccature e colpi. Oppure posso rispedire indietro la medaglia e loro possono inviarmene una nuova con un nastrino fisso. In questo caso però sarà una medaglia diversa. Non riusciamo proprio a decidere". 
Molto combattutto dunque Woodhall che si unisce al coro dei campioni olimpici e paralimpici che hanno avuto a che fare con problemi alle loro medaglie. Sono circa 100 gli atleti che hanno restituito i loro cimeli, alcuni di questi a causa di danni e ruggine. Una situazione che ha alimentato il dibattito sulla qualità dei premi, non proprio di primissimo livello. Infatti secondo la stampa francese, la dirigenza dell'azienda produttrice delle medaglie è stata tagliata fuori dal comitato olimpico. I problemi sono sorti proprio a causa della mancanza di tempo nella realizzazione delle stesse che ha portato ad un'accelerata nei test.

14.11.22

Vita da clochard a Palermo: "Non abbiamo niente ma possiamo guardare le stelle"

 

Vita da clochard a Palermo: "Non abbiamo niente ma possiamo guardare le stelle"

Sono 148 le persone senza dimora che trascorrono le notti sulle panchine o sui marciapiedi. Ad aiutarle sono i volontari dell'Unità di strada della Croce Rossa  


Per l'anagrafe, non esistono. Sono gli invisibili. Centoquarantotto persone senza dimora che trascorrono le notti sulle panchine o sui marciapiedi, coperte da cartoni isolanti per non sentire troppo freddo. Alcuni, addirittura, dormono in fetide

discariche dalle quali, nonostante tutto, dicono di vedere le stelle. In una qualunque sera di novembre in cui, nonostante qualche goccia di pioggia, il freddo intenso non è ancora arrivato, inizia il turno di Valentina Vivona, Salvo Raccuglio e Laura Sangiorgi, volontari dell'Unità di strada della Croce Rossa. 

(palazzotto)
Al Foro Italico, in una panchina viola che guarda verso il mare, trascorre le proprie notti, in compagnia di un cartone di vino, un uomo sulla cinquantina. Capelli arruffati e tanta rabbia nel cuore. "Io sono ebreo - ci dice - e i nazisti mi vogliono fare fuori. Adesso cerco solo un riparo, mi basterebbe una stanza o una tenda da piantare qui, lo scriva e lo faccia sapere al Comune, però non dica il mio nome. "E come dobbiamo chiamarla?" domandiamo. "Mi chiami semplicemente un ex punk". Pare che l'ex punk, dal linguaggio forbito, forse laureato in psicologia, in realtà sia stato in gioventù un bravo musicista. "Accusa dei problemi psichici abbastanza gravi", spiega Valentina Vivona, 41 anni, che dal 2019 è responsabile del progetto della Croce Rossa "DimOra". "Il problema - continua la volontaria - è che molte di queste persone rifiutano di andare nelle comunità di accoglienza, dove ovviamente ci sono delle regole da rispettare".

(palazzotto)
Secondo le stime della Caritas, a Palermo sono 448 i senza dimora ospiti nelle strutture, alcune delle quali accolgono 25 persone a volta, mentre le altre comunità, come La casa di Muhil, gestita dall'associazione La danza delle Ombre e il dormitorio "A casa di Aldo", in via Messina Marine, ospitano circa cinquanta persone a notte. "Negli altri centri - dice Giuseppe Giambusso, responsabile della Caritas di Palermo - è previsto un percorso di accompagnamento e di reinserimento alla vita sociale, dove è compresa anche la ricerca di un'abitazione e un sostegno economico al primo affitto. Tra gli ospiti entrati nelle strutture, circa il 30% è stato sistemato". Ma gli "irriducibili", così vengono chiamati, non vogliono andarci perché alle comunità preferiscono la strada. Come Mohammed, iraniano, 67 anni, da più di trenta a Palermo. Lui è il vicino di panchina dell'"ex punk", ma tra loro parlano poco.

L'uomo tempo fa si è fratturato le costole ed è appena uscito dall'ospedale e nonostante non cammini ancora bene, ci tiene ad accompagnare i volontari della Croce Rossa fino alla macchina per scambiare ancora qualche chiacchiera e con una scusa o l'altra, tende a ritardare i saluti. Sembra che più che fame di cibo, abbia fame di contatti umani. Un tempo Mohammed era il punto di riferimento per tanti clochard, "quasi un'autorità" precisa Valentina Vivona. Fuggito dall'Iran e sbarcato a Palermo, Mohammed ha iniziato a collaborare con Biagio Conte per aiutare le persone in difficoltà, poi è andato via dalla Missione Speranza e Carità e ha deciso di condividere la strada con gli amici che aveva aiutato.

(palazzotto)
"Mohammed - dice Vivona - è un "socratico", il mondo è la sua terra e possiede una cultura e una saggezza fuori dal comune. Purtroppo, in questo periodo non sta bene, ha un inizio di demenza e nella sua vita ne ha viste di tutti i colori. E' stato vittima di gravi vessazioni, viveva in una roulotte che anni fa è stata bruciata mentre lui dormiva al suo interno. E' vivo per miracolo, ora non ha più niente, ma continua a ripetere che vuole morire sotto le stelle". In questo girone infernale, esiste un mondo parallelo dei cosiddetti "lavori ombra". "Tra di loro - spiegano i volontari - c'è chi fornisce i medicinali, chi dà informazioni, chi sorveglia gli effetti personali, chi fa da vedetta in cambio di cibo, soldi, alcol o droghe".
Il viaggio prosegue verso la periferia, direzione la Bandita, nella costa sud della città, una delle tappe più strazianti del percorso dove incontriamo Sergej, 40 anni, di origine ucraina. L'uomo, sempre sorridente, vive in una discarica. Guai a pulirla o liberarla da tutti gli ingombranti che i cittadini, noncuranti, continuano a gettare come se nulla fosse. Il suo eloquio è particolare: conosce la lingua italiana, ma si limita a unire le parole senza nessuna connessione logica. Gli operatori della Croce Rossa hanno anche chiesto aiuto a un interprete, ma nulla da fare, ciò che dice Sergej è incomprensibile. "Ogni tanto - dicono - ripete "mine anti uomo", ma poi i suoi pensieri corrono via". Sergej soffre della cosiddetta "sindrome di Diogene", la patologia che si manifesta con la perdita di interesse nella cura fisica, igienica e mentale della propria persona ed è un accumulatore seriale. "Quando il martedì, la Rap fa la pulizia della zona - dice Valentina Vivona - lui scompare, ma l'indomani ritorna con altre cianfrusaglie".

Alle 23 termina il turno notturno dei volontari della Croce Rossa. "Queste persone - concludono - hanno bisogno di cibo, è vero, ma sono soprattutto affamati di sorrisi e parole. Questo è il senso della nostra missione: pensare ai bisogni, senza trascurare i loro sogni".

15.11.21

Johnny, clochard italiano in riva alla Darsena di Milano: «Vivo grazie all’aiuto di rider e venditori di rose



dopo   quella  raccontata     qui   su  queste  pagine ecco  Ancora   un altra storia  ai margini 

 corriere della sera 10 novembre 2021 | 07:46


Johnny, clochard italiano in riva alla Darsena di Milano: «Vivo grazie all’aiuto di rider e venditori di rose» La gara di solidarietà dei lettori
Johnny, 31 anni, senzatetto dopo la morte dei genitori, ha perso il lavoro interinale e non riesce a pagare l’affitto: «Conciato così non mi prendono neanche per fare il lavapiatti». Vive accanto al distributore di sigarette in piazza XXIV Maggio per chiedere le monetine del resto: «Mi negano anche i centesimi». E per una doccia dai frati c’è la lista d’attesa di un mese


                             di Andrea Galli






Vita e sopravvivenza di Johnny, italiano 31enne, senza più famiglia, casa e lavoro, stanziale dalle 20 all’alba davanti al distributore di sigarette in corso di Porta Ticinese, prima della Darsena, di fronte al McDonald’s.
Questa la sua storia, questa la sua Milano.



«A volte le cose vanno veloci. Con me, sono andate velocissime. Figlio unico, papà morto di infarto a 57 anni, mamma morta di tumore nel giugno 2020. Avevano una piccola impresa nel tessile: crisi del settore, chiusura, debiti che si sono mangiati i risparmi, casa in affitto che è rimasta una casa in affitto. Non mi piaceva studiare ma non mi sono adagiato a fare il bamboccione: sono stato muratore, ho fatto lunga esperienza nei calzaturifici, ho fatto facchinaggio, traslochi, e via elencando. Nella fase finale della malattia di mia madre sono restato a spasso: c’era la pandemia ma già cominciavano a non rinnovare i contratti prima. Con le agenzie interinali funziona così, hai il periodo di prova, il primo step, il secondo, il terzo, fin quando ti tocca il tempo indeterminato e ti salutano. Avanti il prossimo sfigato, nuovo giro dell’oca. L’affitto costava 600 euro più le spese; l’ultimo mio stipendio era di 800 euro. Ho tirato e tirato, ma alla lunga mi hanno mandato via. Parenti? Qualcuno, in lontane zone d’Italia, ma per orgoglio, per dignità, preferisco non chiedere aiuto. Non voglio farmi vedere conciato così e infatti ok la foto, ma tengo giù il cappuccio... Abitavo nell’hinterland, ma se devo stare per strada tanto vale farlo qui sui Navigli. I locali, i soldi. Ho scelto di fermarmi vicino al distributore, chiedo le monete di resto. Chi abita qui, dopo un po’ sbuffa: «Se mollo un euro di elemosina ogni giorno, fumare mi costa un capitale». Ma non generalizziamo: il titolare del ristorante pugliese mi regala da mangiare. Il signore del negozio di scarpe è cortese. Questi di fianco, invece, piuttosto il cibo che avanza lo buttano nel cesso. I ristoranti asiatici lasciamo perdere, nemmeno una sigaretta danno... Per fortuna ho l’amico del Bangladesh. Vende cappelli di Inter e Milan, le statuette del Duomo, quelle cose lì. Il mattino prende una brioche per me. Cascasse il pianeta. I venditori di rose, se avanzano dei centesimi li allungano. Quelli del McDonald’s mi fanno andare in bagno. Mi pulisco al lavandino. Del resto ho la doccia il 27».
In che senso? «Nel senso che, tanti siamo e tante sono le procedure per il Covid, che la lista d’attesa alle docce pubbliche è infinita. Ho addosso le stesse mutande da una settimana. Le scarpe non le tolgo da un mese. Tra le scarpe sformate e i piedi conciati dal freddo, il rischio è che se le levo poi non mi entrano
più. E comunque te le rubano. Motivo per cui nei dormitori non ci vado. Ti portano via tutto, pure gli occhi se non stai attento. Gente che delira, chi schiatta, quello che ti salta addosso… Chiaro, dormo all’aperto, ma lo faccio dalle sette in avanti, quando fa meno freddo. Di notte, meglio stare in piedi».
Tre rider sostano, chiacchierano, ridono tra loro. «Con ’sti cristiani sono in debito. Quando hanno un ordine che torna indietro, perché magari la pizza del fighetto di turno non era bollente e quello non la vuole più, la dividono tra di noi. Dico “noi”: siamo una marea. Hai visto in Darsena? Una marea invisibile. A me non mi vedi dormire. Mi imbosco. Più che altro imbosco la roba: l’altra volta stavo sul tram e mi hanno fregato le salviette umidificate, quelle dei bambini. Sono essenziali, riesci a lavarti un minimo. Anche se adesso arriviamo al vero problema».
Quale? «Ti giuro amico, i locali della zona li ho girati tutti. Per come sono messo, pulirei anche i cessi con le mani. Ma puzzo come una carogna, si capisce che non c’ho una casa, passo per uno non affidabile, e manco a fare il lavapiatti riesco… Mi basterebbe davvero poco, con venti euro ci campo pure quattro, cinque giorni. Però non è il punto. Il punto è che servirebbe un mestiere un attimo stabile, così da avere uno stipendio per un posto letto. Sincerità per sincerità, ho delle denunce per delle risse, robe di strada, di disperazione, ma non ho mai fatto male a nessuno. Non nascondo che quando mi risveglio, circondato dal casino, dalle occasioni — e certo, amico, le occasioni — mi dico, Dio santo, Dio santissimo, ora punto quella passante, le rubo qualsiasi cosa... Invece no, mi calmo, cammino... Ci sono servizi per i poveri ma certi servizi devi prenotarli al telefono e non ce l’ho un cellulare... Ci aiutiamo, tra di noi. Lì in Darsena un altro ragazzo di strada mi ha regalato la cintura. Mi cascavano i pantaloni. Li avevo chiesti in parrocchia, ero disperato, mi avevano dato quelli che avevano. Larghissimi. Pochi giorni fa mi scappava, stavo in una zona di ressa, non c’erano angoli, in un locale non mi facevano entrare manco pregando, non avevo gli spicci per un caffè… Vicino ai palazzi, se gli abitanti mi vedevano chiamavano la polizia… Insomma, mi sono pisciato addosso. Io quella doccia del 27 la sogno più del pane. Pulito, magari qualcuno mi concederà una possibilità. Fidati: me la saprei giocare con chiunque».

12.4.19

alla ricerca di un centro di gravità permanente ed altre storie [ l'imprenditore ricompra l'abbazia per farne un oasi di ace ed un clochard che ama i libri ed il cinema ]

 la   fede  e  spiritualità oppure  business  ?

Nessuna descrizione della foto disponibile.

  la  seconda     è una  risposta    a chi  vede  ( uso il termine  straniero  anziché  il corrispettivo italiano  in  quanto esso mi sembra  offensivo      verso  chi  obbligato  o  meno  fa     tali scelte   di  vita   )   clochard    come  scarti  e  come  criminali    senza  sapere    il perchè  sono  o hanno scelto  quello stato

Nessuna descrizione della foto disponibile.

il che  mi   ha  fatto riflettere  insieme  a  questa  osservazione     fattami  su  fb

Giornata di .... Ma si va lo stesso . Chi non lavora non mangia bene o ruba
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targa speciale degi alfieri della repubblica a una classe del Parini di Torino «Con gli occhi e un puntatore comunichiamo con il nostro compagno disabile»

I media nazionali parlando degli Alfieri della Repubblica si sono dimenticati o hanno fatto passare in secondo piano questa notizia...