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14.11.22

Vita da clochard a Palermo: "Non abbiamo niente ma possiamo guardare le stelle"

 

Vita da clochard a Palermo: "Non abbiamo niente ma possiamo guardare le stelle"

Sono 148 le persone senza dimora che trascorrono le notti sulle panchine o sui marciapiedi. Ad aiutarle sono i volontari dell'Unità di strada della Croce Rossa  


Per l'anagrafe, non esistono. Sono gli invisibili. Centoquarantotto persone senza dimora che trascorrono le notti sulle panchine o sui marciapiedi, coperte da cartoni isolanti per non sentire troppo freddo. Alcuni, addirittura, dormono in fetide

discariche dalle quali, nonostante tutto, dicono di vedere le stelle. In una qualunque sera di novembre in cui, nonostante qualche goccia di pioggia, il freddo intenso non è ancora arrivato, inizia il turno di Valentina Vivona, Salvo Raccuglio e Laura Sangiorgi, volontari dell'Unità di strada della Croce Rossa. 

(palazzotto)
Al Foro Italico, in una panchina viola che guarda verso il mare, trascorre le proprie notti, in compagnia di un cartone di vino, un uomo sulla cinquantina. Capelli arruffati e tanta rabbia nel cuore. "Io sono ebreo - ci dice - e i nazisti mi vogliono fare fuori. Adesso cerco solo un riparo, mi basterebbe una stanza o una tenda da piantare qui, lo scriva e lo faccia sapere al Comune, però non dica il mio nome. "E come dobbiamo chiamarla?" domandiamo. "Mi chiami semplicemente un ex punk". Pare che l'ex punk, dal linguaggio forbito, forse laureato in psicologia, in realtà sia stato in gioventù un bravo musicista. "Accusa dei problemi psichici abbastanza gravi", spiega Valentina Vivona, 41 anni, che dal 2019 è responsabile del progetto della Croce Rossa "DimOra". "Il problema - continua la volontaria - è che molte di queste persone rifiutano di andare nelle comunità di accoglienza, dove ovviamente ci sono delle regole da rispettare".

(palazzotto)
Secondo le stime della Caritas, a Palermo sono 448 i senza dimora ospiti nelle strutture, alcune delle quali accolgono 25 persone a volta, mentre le altre comunità, come La casa di Muhil, gestita dall'associazione La danza delle Ombre e il dormitorio "A casa di Aldo", in via Messina Marine, ospitano circa cinquanta persone a notte. "Negli altri centri - dice Giuseppe Giambusso, responsabile della Caritas di Palermo - è previsto un percorso di accompagnamento e di reinserimento alla vita sociale, dove è compresa anche la ricerca di un'abitazione e un sostegno economico al primo affitto. Tra gli ospiti entrati nelle strutture, circa il 30% è stato sistemato". Ma gli "irriducibili", così vengono chiamati, non vogliono andarci perché alle comunità preferiscono la strada. Come Mohammed, iraniano, 67 anni, da più di trenta a Palermo. Lui è il vicino di panchina dell'"ex punk", ma tra loro parlano poco.

L'uomo tempo fa si è fratturato le costole ed è appena uscito dall'ospedale e nonostante non cammini ancora bene, ci tiene ad accompagnare i volontari della Croce Rossa fino alla macchina per scambiare ancora qualche chiacchiera e con una scusa o l'altra, tende a ritardare i saluti. Sembra che più che fame di cibo, abbia fame di contatti umani. Un tempo Mohammed era il punto di riferimento per tanti clochard, "quasi un'autorità" precisa Valentina Vivona. Fuggito dall'Iran e sbarcato a Palermo, Mohammed ha iniziato a collaborare con Biagio Conte per aiutare le persone in difficoltà, poi è andato via dalla Missione Speranza e Carità e ha deciso di condividere la strada con gli amici che aveva aiutato.

(palazzotto)
"Mohammed - dice Vivona - è un "socratico", il mondo è la sua terra e possiede una cultura e una saggezza fuori dal comune. Purtroppo, in questo periodo non sta bene, ha un inizio di demenza e nella sua vita ne ha viste di tutti i colori. E' stato vittima di gravi vessazioni, viveva in una roulotte che anni fa è stata bruciata mentre lui dormiva al suo interno. E' vivo per miracolo, ora non ha più niente, ma continua a ripetere che vuole morire sotto le stelle". In questo girone infernale, esiste un mondo parallelo dei cosiddetti "lavori ombra". "Tra di loro - spiegano i volontari - c'è chi fornisce i medicinali, chi dà informazioni, chi sorveglia gli effetti personali, chi fa da vedetta in cambio di cibo, soldi, alcol o droghe".
Il viaggio prosegue verso la periferia, direzione la Bandita, nella costa sud della città, una delle tappe più strazianti del percorso dove incontriamo Sergej, 40 anni, di origine ucraina. L'uomo, sempre sorridente, vive in una discarica. Guai a pulirla o liberarla da tutti gli ingombranti che i cittadini, noncuranti, continuano a gettare come se nulla fosse. Il suo eloquio è particolare: conosce la lingua italiana, ma si limita a unire le parole senza nessuna connessione logica. Gli operatori della Croce Rossa hanno anche chiesto aiuto a un interprete, ma nulla da fare, ciò che dice Sergej è incomprensibile. "Ogni tanto - dicono - ripete "mine anti uomo", ma poi i suoi pensieri corrono via". Sergej soffre della cosiddetta "sindrome di Diogene", la patologia che si manifesta con la perdita di interesse nella cura fisica, igienica e mentale della propria persona ed è un accumulatore seriale. "Quando il martedì, la Rap fa la pulizia della zona - dice Valentina Vivona - lui scompare, ma l'indomani ritorna con altre cianfrusaglie".

Alle 23 termina il turno notturno dei volontari della Croce Rossa. "Queste persone - concludono - hanno bisogno di cibo, è vero, ma sono soprattutto affamati di sorrisi e parole. Questo è il senso della nostra missione: pensare ai bisogni, senza trascurare i loro sogni".

15.11.21

Johnny, clochard italiano in riva alla Darsena di Milano: «Vivo grazie all’aiuto di rider e venditori di rose



dopo   quella  raccontata     qui   su  queste  pagine ecco  Ancora   un altra storia  ai margini 

 corriere della sera 10 novembre 2021 | 07:46


Johnny, clochard italiano in riva alla Darsena di Milano: «Vivo grazie all’aiuto di rider e venditori di rose» La gara di solidarietà dei lettori
Johnny, 31 anni, senzatetto dopo la morte dei genitori, ha perso il lavoro interinale e non riesce a pagare l’affitto: «Conciato così non mi prendono neanche per fare il lavapiatti». Vive accanto al distributore di sigarette in piazza XXIV Maggio per chiedere le monetine del resto: «Mi negano anche i centesimi». E per una doccia dai frati c’è la lista d’attesa di un mese


                             di Andrea Galli






Vita e sopravvivenza di Johnny, italiano 31enne, senza più famiglia, casa e lavoro, stanziale dalle 20 all’alba davanti al distributore di sigarette in corso di Porta Ticinese, prima della Darsena, di fronte al McDonald’s.
Questa la sua storia, questa la sua Milano.



«A volte le cose vanno veloci. Con me, sono andate velocissime. Figlio unico, papà morto di infarto a 57 anni, mamma morta di tumore nel giugno 2020. Avevano una piccola impresa nel tessile: crisi del settore, chiusura, debiti che si sono mangiati i risparmi, casa in affitto che è rimasta una casa in affitto. Non mi piaceva studiare ma non mi sono adagiato a fare il bamboccione: sono stato muratore, ho fatto lunga esperienza nei calzaturifici, ho fatto facchinaggio, traslochi, e via elencando. Nella fase finale della malattia di mia madre sono restato a spasso: c’era la pandemia ma già cominciavano a non rinnovare i contratti prima. Con le agenzie interinali funziona così, hai il periodo di prova, il primo step, il secondo, il terzo, fin quando ti tocca il tempo indeterminato e ti salutano. Avanti il prossimo sfigato, nuovo giro dell’oca. L’affitto costava 600 euro più le spese; l’ultimo mio stipendio era di 800 euro. Ho tirato e tirato, ma alla lunga mi hanno mandato via. Parenti? Qualcuno, in lontane zone d’Italia, ma per orgoglio, per dignità, preferisco non chiedere aiuto. Non voglio farmi vedere conciato così e infatti ok la foto, ma tengo giù il cappuccio... Abitavo nell’hinterland, ma se devo stare per strada tanto vale farlo qui sui Navigli. I locali, i soldi. Ho scelto di fermarmi vicino al distributore, chiedo le monete di resto. Chi abita qui, dopo un po’ sbuffa: «Se mollo un euro di elemosina ogni giorno, fumare mi costa un capitale». Ma non generalizziamo: il titolare del ristorante pugliese mi regala da mangiare. Il signore del negozio di scarpe è cortese. Questi di fianco, invece, piuttosto il cibo che avanza lo buttano nel cesso. I ristoranti asiatici lasciamo perdere, nemmeno una sigaretta danno... Per fortuna ho l’amico del Bangladesh. Vende cappelli di Inter e Milan, le statuette del Duomo, quelle cose lì. Il mattino prende una brioche per me. Cascasse il pianeta. I venditori di rose, se avanzano dei centesimi li allungano. Quelli del McDonald’s mi fanno andare in bagno. Mi pulisco al lavandino. Del resto ho la doccia il 27».
In che senso? «Nel senso che, tanti siamo e tante sono le procedure per il Covid, che la lista d’attesa alle docce pubbliche è infinita. Ho addosso le stesse mutande da una settimana. Le scarpe non le tolgo da un mese. Tra le scarpe sformate e i piedi conciati dal freddo, il rischio è che se le levo poi non mi entrano
più. E comunque te le rubano. Motivo per cui nei dormitori non ci vado. Ti portano via tutto, pure gli occhi se non stai attento. Gente che delira, chi schiatta, quello che ti salta addosso… Chiaro, dormo all’aperto, ma lo faccio dalle sette in avanti, quando fa meno freddo. Di notte, meglio stare in piedi».
Tre rider sostano, chiacchierano, ridono tra loro. «Con ’sti cristiani sono in debito. Quando hanno un ordine che torna indietro, perché magari la pizza del fighetto di turno non era bollente e quello non la vuole più, la dividono tra di noi. Dico “noi”: siamo una marea. Hai visto in Darsena? Una marea invisibile. A me non mi vedi dormire. Mi imbosco. Più che altro imbosco la roba: l’altra volta stavo sul tram e mi hanno fregato le salviette umidificate, quelle dei bambini. Sono essenziali, riesci a lavarti un minimo. Anche se adesso arriviamo al vero problema».
Quale? «Ti giuro amico, i locali della zona li ho girati tutti. Per come sono messo, pulirei anche i cessi con le mani. Ma puzzo come una carogna, si capisce che non c’ho una casa, passo per uno non affidabile, e manco a fare il lavapiatti riesco… Mi basterebbe davvero poco, con venti euro ci campo pure quattro, cinque giorni. Però non è il punto. Il punto è che servirebbe un mestiere un attimo stabile, così da avere uno stipendio per un posto letto. Sincerità per sincerità, ho delle denunce per delle risse, robe di strada, di disperazione, ma non ho mai fatto male a nessuno. Non nascondo che quando mi risveglio, circondato dal casino, dalle occasioni — e certo, amico, le occasioni — mi dico, Dio santo, Dio santissimo, ora punto quella passante, le rubo qualsiasi cosa... Invece no, mi calmo, cammino... Ci sono servizi per i poveri ma certi servizi devi prenotarli al telefono e non ce l’ho un cellulare... Ci aiutiamo, tra di noi. Lì in Darsena un altro ragazzo di strada mi ha regalato la cintura. Mi cascavano i pantaloni. Li avevo chiesti in parrocchia, ero disperato, mi avevano dato quelli che avevano. Larghissimi. Pochi giorni fa mi scappava, stavo in una zona di ressa, non c’erano angoli, in un locale non mi facevano entrare manco pregando, non avevo gli spicci per un caffè… Vicino ai palazzi, se gli abitanti mi vedevano chiamavano la polizia… Insomma, mi sono pisciato addosso. Io quella doccia del 27 la sogno più del pane. Pulito, magari qualcuno mi concederà una possibilità. Fidati: me la saprei giocare con chiunque».

12.4.19

alla ricerca di un centro di gravità permanente ed altre storie [ l'imprenditore ricompra l'abbazia per farne un oasi di ace ed un clochard che ama i libri ed il cinema ]

 la   fede  e  spiritualità oppure  business  ?

Nessuna descrizione della foto disponibile.

  la  seconda     è una  risposta    a chi  vede  ( uso il termine  straniero  anziché  il corrispettivo italiano  in  quanto esso mi sembra  offensivo      verso  chi  obbligato  o  meno  fa     tali scelte   di  vita   )   clochard    come  scarti  e  come  criminali    senza  sapere    il perchè  sono  o hanno scelto  quello stato

Nessuna descrizione della foto disponibile.

il che  mi   ha  fatto riflettere  insieme  a  questa  osservazione     fattami  su  fb

Giornata di .... Ma si va lo stesso . Chi non lavora non mangia bene o ruba
Commenti


22.2.16

Un cuore e una capanna sul Tevere: i murales di Laura Galletti pittrice clochard e le libertà roitrovate

Ci sono persone che mettono in pratica concetti filosofici da cattedra sulla propria pelle e con semplicità'  ed  è questa  la prima   storia  o storia  portante  del post  d'oggi 

Laura Galletti, 70 anni, vive in una capanna di fronte al Gazometro, a Roma, sul Lungotevere. Prima di ritrovarsi in strada ha lavorato per 30 anni come grafica pubblicitaria "ma avevo una sola certezza, non volevo certezze", racconta. Alla morte della madre e del suo compagno ha deciso di lasciare i "beni materiali e dedicarsi a Dio". Da oltre un anno sta dipingendo un murales di 20 metri: foglie, fiori e animali, che colorano il grigio argine del fiume



Strartisti di Arianna Di Cori
riprese di Sonny Anzellotti e Leonardo Meuti
montaggio di Mariagrazia Morrone





2 giorni fa
a61
questa donna e' fantastica, secondo me il sindaco di Roma dovrebbe chiederle aiuto su come abbellire la citta', ma penso che lei potrebbe aiutare ad abbellire tutte le nostre citta' ed anche all'estero, ha una forza spirituale che ispira calma. Se in questo nostro mondo tutte le persone fossero come lei in questo pianeta vivremmo molto meglio.

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2 giorni fa
Nicola Piscitelli
Persona gradevole, educata, disponibile, altruista e intelligente da ammirare per la enorme capacità di amore verso ciò che è bello.

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2 giorni fa
gr23gr23
Dove si osserva lo strame che il "mondo civile", fondato sull'individualismo e sull'adorazione del dio denaro, fa delle persone meritevoli.


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2 giorni fa
Vincenzo Di Martino
che bella persona. Che bella anima. Davvero tanto di cappello

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2 giorni fa
kundalini1956
Queste persone dovrebbero essere considerate quasi dei mostri sacri di creatività, invece in un mondo all'incontrario come il nostro, sono gettati ai margini della società. Feccia come Gasparri e i suoi amici di merende impazzano e distruggono tutto ciò che toccano.

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3 giorni fa
tantatanta
in fondo bastan poche briciole,
lo stretto indispensabile
e puoi sorridere e puoi dimenticar.
Ti serve solo il minimo
e poi trovarlo è facile,
lo stretto indispensabile
quel poco che ti basta per campar.
Grazie di avermi fatto sorridere, Laura Galletti

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3 giorni fa
barabeke
Grazie carissima Laura per insegnarci quanto si può essere felici senza avere niente, oltretutto portando bellezza e umanità nel degrado urbano. Il prossimo sindaco si dovrebbe dare da fare per costruirgli una capanna decente in quel luogo dato il servizio che rende alla comunità e al paesaggio urbano con la sua presenza. Una santa moderna.







Sempre  su  tale forma d'arte   riporto anche  quest'altra  storia , lo so che  è di  3  anni fa  , ma  chi  se  ne frega  ,  presa  da  http://www.ilquotidiano.it/articoli/2013/08/2/118138/liberta-ritrovate






Libertà ritrovate

San Benedetto del Tronto | Per ricominciare a sperare a volte basta un po’ di colore.
di Martina Oddi



Coloriamo il carcere




Il comando automatico apre il cancello e passando oltre le sbarre l'ansia comincia a salire. Nel ricordo le immagini delle strutture super affollate dove si consumano abusi e violenze. Ma il carcere di Marino non ha nulla a che fare con i frame scioccanti della tv, e già varcando la soglia del cortile l'ansia lascia il posto a una sorpresa inaspettata.
Entrando nella zona interna, quella che dà accesso alle aule di uso comune, tipo la lavanderia e la biblioteca, ci sono Simuno, al secoloSimone Galiè, Manu Invisible, alias Emanuele Massessi, eGiorgio Lambiase, in arte Je, i writers vincitori del concorso "coloriamo il carcere" indetto lo scorso anno dalla Provincia. Sono concentrati nelle loro evoluzioni acrobatiche con cui dominano tutta la parete, e riescono solo a dire che questa è "un'esperienza interessante mai fatta prima".
Un cantiere di colori e forme ispirate alla libertà, anche per il progetto di Marta Alvear Calderon, Annalisa Accicca e LauraGaletti, le tre studentesse del Liceo artistico di Porto San Giorgio neodiplomate che partecipano all'iniziativa, supervisionata daLaura Cennini, architetto in prestito dal club Unesco.
I muri spruzzati di vernice sono incisi da visi e libri, "simboli della cultura che libera le menti e nutre lo spirito, tanto da impedirti di fare errori, o di ripeterli" sottolinea Teresa Valiani, direttrice del periodico Io e caino, scritto di primo pugno dai detenuti. Nelle lingue gialle, blu, verdi e rosse che corrono lungo la parete verranno incisi messaggi dedicati al tema della libertà nei principali idiomi parlati dai detenuti: arabo, spagnolo, rumeno e albanese.
I murales che prendono vita sotto le mani esperte dei writers, l'atmosfera partecipativa e serena che si respira durante i lavori, tra la curiosità dei presenti coinvolti in prima persona nella realizzazione dei disegni - come Gaston, che quando disegna " si sente libero" - sono merito della lungimiranza di Lucia DiFeliceantonio, la direttrice illuminata che ha reso la casa circondariale un'isola felice nonostante il sovraffollamento. E i calibri da 90 del 41 bis, i super reclusi della struttura che non possono entrare in contatto con nessuno e che nessuno dei detenuti o del personale, se non gli addetti alla sicurezza, possono vedere in faccia.

L'idea che la libertà sia nella testa e si alimenti di cultura si coniuga con le direttive governative orientate a rendere il carcere, nonostante la condensazione umana, un ambiente il più possibile vivibile. Per facilitare la riabilitazione e il recupero sociale dei detenuti, la cultura è lo strumento "per non smettere mai di sognare" capace di dare nuovi stimoli e far germogliare i migliori propositi. "Per uscire con la testa fuori, con i colori, e non vedere tutto in due dimensioni solo in grigio e bianco" spiega Vittorio"Perché - conclude Salvatore - camminare tra queste immagini è come immergersi in una doccia tiepida". La sorgente delle buone intenzioni.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...