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26.11.25

L’islamofobia uccide solo chi ne è accusato” di Younès Ben

Rigrazio la nostra l'utente daniela Tuscano per     avermi segnalato quest  articolo   di  ( foto   al centro  )   su   l'Attivista per la laicità fin dall'adolescenza, il ventiduenne Younes Ben Haddou è membro del movimento Primavera Repubblicana. Sbalordito dai risultati "agghiaccianti" del sondaggio Ifop, lo studente di economia invita i giovani francesi di origine musulmana a "scegliere la Repubblica" rispetto all'islamismo.


Di fronte alla dilagante ascesa dell'islamismo, che sta colpendo una fetta sempre più ampia della nostra gioventù, è giunto il momento di un risveglio repubblicano. Per contrastare questa ideologia mortale, che si sta diffondendo tra un numero allarmante di giovani musulmani francesi, la semplice indignazione non è più sufficiente. Di fronte alla negazione e alla compiacenza di una certa estrema sinistra [in Italia, vedi la difesa di predicatori che inneggiano al 7 ottobre https://www.quotidianopiemontese.it/2025/11/25/non-solo-contro-la-violenza-sulle-donne-a-torino-si-sfila-in-solidarieta-allimam-espulso-video/ , ndr], e di fronte alle fantasie di "grande sostituzione" dell'estrema destra, riaffermare con forza i nostri principi repubblicani e intraprendere azioni concrete per neutralizzare l'idra islamista devono diventare priorità assolute.


Impegnato nella lotta contro l'islamismo fin dall'adolescenza, non ho mai smesso di impegnarmi per promuovere una società basata sull'emancipazione e sulla libertà. Ho visto la violenza dell'islamismo crescere nella nostra società, in un silenzio assordante.


Islam rigoroso

Da giovane musulmano francese, profondamente devoto ai valori della Repubblica, non posso ignorare ciò che rivela l'ultimo sondaggio Ifop: un preoccupante aumento dell'ideologia islamista, in particolare tra i giovani. I dati sono agghiaccianti. Mi rifiuto categoricamente di permettere che vengano minimizzati in nome di un fuorviante "antirazzismo", così come mi rifiuto di permettere che vengano strumentalizzati per trasformare milioni di cittadini musulmani in sospetti permanenti.


L'aumento della pratica religiosa non è di per sé un problema. Lo diventa quando funge da trampolino di lancio per un progetto separatista, quando troppi giovani, immersi in un "Islam 2.0" più rigoroso, si allontanano dall'ideale repubblicano. Quando quasi una giovane donna musulmana su due indossa il velo, quasi tre volte di più rispetto a vent'anni fa, sorge legittimamente la questione del significato di questo simbolo: non è un mero dettaglio dell'abbigliamento, ma un segno diametralmente opposto all'ideale repubblicano e femminista.


Una società emancipatrice, in cui le donne siano pienamente uguali agli uomini, non può essere costruita se una parte significativa dei nostri giovani sceglie – o è costretta a scegliere – un simbolo di regressione, spesso intriso di significato politico. Ho già denunciato questo nel caso degli abaya : questi indumenti non sono neutri; sono al centro di una battaglia culturale. La nostra società è malata di un'ideologia a cui sempre più giovani stanno aderendo. Quando quasi il 40% di loro approva in tutto o in parte le posizioni islamiste, il doppio rispetto a un quarto di secolo fa, dobbiamo affermare con forza che l'islamismo non ha posto nel nostro Paese e non ci sarà mai.


Trappola islamista

La strategia islamista mira a indebolirci dall'interno: a indebolire chi siamo, ciò in cui crediamo, il nostro stile di vita, le nostre libertà fondamentali, l'uguaglianza, la laicità e il nostro modello universalista. Si basa anche su un vittimismo perpetuo, tentando di dipingere i repubblicani come "islamofobi". Respingo questo termine perché "islamofobia" uccide solo coloro che ne sono accusati, come Samuel Paty o la redazione di Charlie Hebdo . Questa accusa fallace e pericolosa impedisce a molti musulmani di denunciare gli abusi a cui assistono nelle loro famiglie, nei loro quartieri e nei loro luoghi di culto. Questo processo estremamente pericoloso mette in pericolo coloro che, come me, difendono un Islam illuminato, pienamente compatibile con i principi repubblicani.


La battaglia culturale deve essere condotta con risolutezza all'interno delle famiglie musulmane stesse, incoraggiando i genitori ad adottare misure preventive contro i predicatori islamisti che prosperano sui social media. Dobbiamo riprendere il controllo affinché i nostri giovani non cadano più preda di un indottrinamento violento e radicale. Questa lotta deve essere condotta anche nelle moschee, attraverso una formazione più solida per gli imam e una posizione inequivocabile contro l'islamismo. Vi ricordo che nei paesi governati da salafiti o islamisti, è la maggioranza silenziosa a pagare il prezzo più alto.


La Repubblica, da parte sua, deve affrontare questa questione con ben maggiore determinazione, senza alcun compromesso con il veleno dell'islamismo. La scuola deve essere il fondamento di una società che non tollera alcun estremismo. Ciò richiede la ferma applicazione della legge del 2004, maggiori risorse per consentire agli insegnanti di trasmettere i principi che sostengono il nostro fondamento repubblicano e sanzioni esemplari contro coloro che cercano di intimidire o delegittimare l'istituzione educativa. La laicità deve essere al centro di questa battaglia. La sua promozione deve accompagnare l'intero percorso scolastico dei nostri giovani cittadini al fine di sviluppare le loro capacità di pensiero critico, condizione essenziale per resistere ai tentativi di indottrinamento.


Scegliere la Repubblica

Dobbiamo anche perseguire una politica molto più ambiziosa in materia di diversità sociale e residenziale, al fine di allentare la morsa della retorica comunitaria che ha prosperato sulla segregazione e sull'isolazionismo per troppi anni. È necessario dare maggiore sostegno alle associazioni che difendono concretamente i principi repubblicani sul campo, nonché una lotta incessante contro le ingerenze straniere, in particolare in ambito religioso. Per questo motivo, chiedo una rinascita repubblicana, che unisca tutti i nostri cittadini di buona volontà, per sradicare l'islamismo ovunque metta radici. La dinamica attuale è preoccupante, ma non siamo condannati all'inevitabilità di fronte a questa ideologia medievale.


Faccio appello ai nostri giovani concittadini musulmani: scegliete la Repubblica e la libertà anziché l'oscurantismo, respingete la tentazione del vittimismo e intraprendete una lotta coraggiosa e imprescindibile contro l'islamismo. L'islamismo non è altro che odio. Questa ideologia è il pericolo che dilaga in tutto il mondo, anche in Francia. Diffonde ideologie razziste, omofobe, antisemite e sessiste. Lo dico da musulmano francese: non cederemo mai.


Testo originale qui https://www.marianne.net/agora/tribunes-libres/refusez-la-tentation-victimaire-l-appel-d-un-jeune-francais-musulman-au-sursaut-contre-l-islamisme?fbclid=IwY2xjawORqklleHRuA2FlbQIxMQBzcnRjBmFwcF9pZA80MDk5NjI2MjMwODU2MDkAAR4YV_9NDuCVLZhZQGRIcgxFc6KYrZvjbrhIbvHBa4P2FSMTLoERpKKmKAyYkw_aem_HhxGmaBN0f7k0pg-3ONlxw&utm_campaign=mrf-facebook-Marianne&mrfcid=2025112469216d82f83ced3cfcae350a

2.11.25

Bazulini Pasolini, a 50 anni dalla morte di © Daniela Tuscano

Così leggerebbe il suo nome un giovane arabo che non l'avesse mai sentito nominare, e credo che Pier Paolo sarebbe il primo a esserne divertito. Forse persino lusingato. E così molti lo leggeranno, perché la prima traduzione di «Ragazzi di vita» è uscita a Beirut (edizioni Dar as-Saqi) due settimane fa. «Ragazzi di vita» è il suo romanzo più noto, e insieme il più datato, come del resto gran parte della narrativa pasoliniana. Ma questo stare fuori tempo si situa anche fuori del tempo, e solo a noi europei, in grado ormai di concepire nient'altro che la linearità cronologica, sfugge quel senso di parola sacra, vale a dire inalterata e inalterabile, che invece altrove si ritrova, anzi si vive, in quotidianità spietata, coi suoi atroci
limiti verghiani, afasica, forse senza riscatto. Ma chissà. E allora «Bazulini» - storpiatura che rievoca il Bayazid di Racine, e come quest'ultimo figlio cadetto, erede d'una dinastia gloriosa ma destinato a una fine miseranda -, il più europeo (e italiano) dei poeti del secondo Novecento, potrà essere compreso, e amato, proprio dall'altra sponda del Mediterraneo. Più che da noi, che l'abbiamo ridotto a un santino, o un santone, fra citazioni false, celebrazioni retoriche e accostamenti inutili. La verità è che «Bazulini» ancora infastidisce e imbarazza, sia i conservatori, impossibilitati a eluderne l'epilogo infame, sia, ancor più, i progressisti, i quali, semplicemente, lo rimuovono - «datato», appunto - per i suoi sensi di colpa (di peccato, in realtà, ma la differenza non si concepisce più), e per quel lato nero da nascondere, come certe fiabe ch'essi vorrebbero stolidamente edulcorare. La vitalità di Pasolini-Bazulini non è vitalismo ma aspirazione di purezza, resurrezione impossibile e però nominabile, come si nomina ancora l'inferno, il bene, il male, Dio. Certo, non da noi; non qui. Pasolini-Bazulini è un reperto di ciò ch'eravamo stati, un fossile d'anima, un frammento d'umanità comune in cui fra mille incagli ci si poteva ritrovare. Per questo la sua critica al consumismo e al liberalismo è tanto più vera, e così fraintesa: non in nome del sol dell'avvenire, ma per quell'unità spezzata ch'egli cercò strenuamente nel tempo eterno delle periferie, dei
 ragazzi mai cresciuti, poi dell'Africa, e finalmente negli Orienti, ben sapendo che anche Alì avrebbe avuto gli occhi azzurri un giorno, e sarebbe finito malandro, ma forse ci si poteva provare, pur senza speranza - egli l'aveva perduta - ma tentare, scommettere, fino a morirne, perché no. Unico modo di vivere appieno. Quello che noi abbiamo svenduto.
 © Daniela Tuscano

10.10.25

letterio buonomo Dignità Sfrattata di ©daniela tuscano

 Chi attenta alla propria vita, salvo rare eccezioni, non è affatto stanco di essa, né la disprezza. È stanco, semmai, d'un certo tipo di vita, di una vita che non riesce più a considerare tale. E che magari non lo è davvero. Letterio Buonomo era un uomo stanco. Uno che aveva paura: paura della vita che gli si prospettava, e che alla vita conosciuta, la vita amata, la vita degna, non somigliava più. Non ne «poteva più» - come riportato nell'ultimo messaggio - di quell'incubo, di quel vuoto che lo perseguitava da anni, e dal quale, alla fine, è stato risucchiato. Sì, il vuoto pesa, l'assenza è sempre fisica nella sua impalpabilità. I silenzi, le care cose, hanno un grido, tutta una storia la cui perdita si avverte solo dopo, quando è tardi. Letterio aveva 71 anni, abitava a #sestosangiovanni, separato, senza figli. Da tempo non pagava l'affitto. Sembra avesse #fragilità personali. Lo #sfratto era diventato esecutivo e quando l'ufficiale giudiziario ha bussato alla sua porta ha capito, ha deciso, che era finita .


Ha lasciato la casa che non voleva lasciare gettandosi dalla finestra, ché la porta no, quella è inviolabile, è saluto, intimità. La porta introduce, non scaccia.
Letterio se ne è andato da irregolare, stanco della irregolarità che subiva, in cui forse era piovuto, e ancor più,La sua rinuncia, definitiva, è in realtà una supplica, un'affermazione a rovescio sul diritto di tutti, in particolare dei più deboli, alla cura, alla tenerezza. Letterio ha avuto un vuoto di tenerezza. Vi è entrato nel disperato tentativo di recuperarla.

20.9.25

Regresso verso nuove bestialità di ©daniela tuscano

 Cinque anni fa i #talebani tornavano al potere in #afghanistan e per le #donne è ricominciato l'inferno. E anche adesso che quell'infelice paese è stato devastato da uno spaventoso terremoto, i colpevoli del più lsanguinoso #apartheiddigenere della storia trovano il tempo, non per soccorrere le vittime femminili del sisma - le donne non possono essere toccate, quindi restino sotto le macerie e amen -, ma per soffocarle ulteriormente. Dopo il divieto di studiare, uscire sole, parlare tra loro, cantare, pregare, adesso il regime ha messo al bando pure i libri di autrici donne; si appresta a oscurare #internet, per impedire soprattutto alle donne stesse di comunicare col mondo esterno e proseguire gli studi online. In #iran sono trascorsi tre anni dal #femminicidio di #mahsaamini e dalla nascita del movimento #donnavitalibertà. A #charlotte, negli #statiuniti, la rifugiata ucraina #irynazarutska è stata massacrata a coltellate da #decarlosbrownjr, criminale razzista (sì, razzista) che malgrado precedenti di violenza girava a piede libero, armato fino ai denti. Voleva far fuori una «bianca» - peraltro sostenitrice di #blacklivesmatter - e l'ha fatto, su una metropolitana, tra la noncuranza degli altri passeggeri. Del controverso attivista ultraconservatore #charliekirk, ucciso sempre negli Usa da #tylerrobinson, ormai sappiamo tutto, o forse no, data la mole di #fakenews diffusa sul suo conto. in #asia e #africa sta infine aumentando in modo esponenziale la #persecuzionedeicristiani: oltre 380 milioni di persone. Le più a rischio sono le donne (ma guarda!), anche a causa dei #matrimoniforzati. Nessuno si mobilita per queste «cause». Quanto ai cristiani, poi, il menefreghismo occidentale ha raggiunto livelli epici, senza capire - afferma Marta Petrosillo di #acs - che se la libertà viene negata a un gruppo, prima o poi sarà negata agli altri. Forse stupirà la menzione di Kirk, ma solo chi rifiuta l'assunto di fondo: non si uccide. Kirk andava smentito dal pensiero, dalle idee versus l'ideologia, insomma dalla dialettica. Si è preferita la vendetta, che unita all'indifferenza caratterizza il regresso verso la bestialità di questo primo ventennio del Duemila.


        © Daniela Tuscano

18.9.25

Fede e bellezza a Gazadi © Daniela Tuscano



Non affiancherò a questo ritratto gioioso del piccolo Hassan la fotografia che lo mostra smunto e immobile su un tavolo freddo. Perché Hassan non ce l'ha fatta, come tanti, troppi che nascono oggi a Gaza. 
Il vero Hassan è qui. Nella magnificenza esplosiva del suo sorriso, irrefrenabile malgrado le cannule nasali. Sembrano tagliargli il volto in due, e testimoniano che no, Hassan non si trovava nella comoda culla di casa, ma in un lettino d'ospedale. Il primo e l'ultimo della sua brevissima vita.
Eppure ecco, la vita. Hassan sapeva essere felice anche con quei cosi addosso. Poiché un bimbo è sempre un di più. Un troppo di bellezza, e Hassan era bello al punto da togliere il fiato.
Ma il sorriso, lo sguardo, l'incarnato, non lo rispecchiano appieno. Quella di Hassan era una bellezza leopardiana; cioè spirituale. Tutta rivolta all'alto. 
È così per tutti i bambini. È la loro ostinata, piena naturalezza a renderli splendidi, pur se imperfetti e mancanti. «Definisci bambino», ha dichiarato sconsideratamente qualcuno che, all'evidenza, la sua infanzia l'ha dimenticata. Ma i bambini non si «definiscono». Impossibile circoscriverli. Il loro sorriso sconfigge qualsiasi guerra, perché resiste alle bombe, alle macerie, al cinismo, alla tracotanza dei potenti che, ai loro occhi, sono sempre nudi. Non s'illuda chi crede di spegnerlo: il solo ricordo di quell'eccesso, di quella forza gentile di cui sono ricchi tutti gli Hassan del mondo, attesta che la vera umanità è altrove, ed è Altra.

© Daniela Tuscano


26.4.25

Papa Francesco, il cammino d'un lottatore di © Daniela Tuscano

 Francesco è stato un lottatore, non un combattente.

Lottatore, perché non si è mai arreso alle ingiustizie, alla guerra, alla violenza economica, all'umanità fragile e indifesa, ai cosiddetti «lontani» che la Chiesa gerarchica a volte ha trascurato. Imitando il Maestro, Francesco, il successore di Pietro, era venuto per i malati, non per i sani.Francesco dunque

lottatore. Ma non combattente, perché Francesco ha dichiarato definitivamente fuorilegge la guerra, anzi, fuori della Legge. Quella del Vangelo.Francesco capì, sulla scorta di Simone Weil, che non esiste alcuna guerra giusta, neppure quella rivoluzionaria. Non ha offerto formule, come non le offri Gesù. Diede l'esempio.
 Francesco ha insistito sull'educazione perché, in un mondo in cui l'opzione del conflitto è considerata ormai scontata, solo una cultura di pace, incistata e direi trasfusa nel sangue, può disarmare il concetto stesso di guerra.
Francesco ha creduto nell'ecumenismo, quello vero. Restituendo all'uomo Gesù la realtà delle sue radici mediorientali, ha ridonato universalità al cristianesimo; ha fatto capire che tutto ci importa, «I care» diceva don Milani.



 Nessuno escluso: cristiani, musulmani, ebrei e fratelli (e sorelle) tutti. Tanto avrei ancora da dire su questo Papa che considero di transizione, e non è definizione riduttiva: Papa in un mondo che ha «disimparato» Gesù, ma che ne avverte confusamente la mancanza, Francesco, come il buon pastore, ha «transitato» fra noi, umanità smarrita. Ma il tempo non mancherà e, dopo tante emozioni, è giusto lasciar spazio al raccoglimento. D'altronde, è Pasqua. La Pasqua presuppone la morte ma ha vinto la morte. Raccogliere il testimone d'un camminatore, anche quando costretto su una sedia a rotelle, significa metterci in cammino a nostra volta. Sulle orme dell'unico Maestro.
                                           © Daniela Tuscano

22.3.25

Sperare per vivere. Un grande convegno a Milano di Daniela Tuscano

 Trascriviamo i passaggi fondamentali dello storico incontro «Il dialogo della speranza, Chiesa e Islam» organizzato dalla Fondazione Oasis il 22 marzo a Milano, nella chiesa del SS. Redentore. Ospite d'eccezione Mons. Paolo Martinelli, milanese, francescano, vicario apostolico per l'Arabia meridionale (Eau). 


I frati cappuccini sono arrivati nel Golfo nel 1800, ma la presenza cristiana risale ai santi Areta e Ruma, sposi e martiri di Najran (attuale Arabia Saudita) massacrati, assieme a 340 compagni, nel V secolo, in età pre-islamica: «Non siamo un "corpo estraneo" nella penisola» puntualizza Martinelli.Il prelato ha illustrato come Francesco d'Assisi, dopo l'incontro in Egitto col sultano al-Kamil e la spiritualità musulmana, abbia approfondito il concetto di alterità e assolutezza di Dio. Il santo di Assisi rimase affascinato dall'idea di «sottomissione» alla volontà divina, che non è schiavitù ma abbandono fiducioso a Dio fonte di misericordia. La stessa scelta dI chiamarsi frati «minori» conforta questa percezione di piccolezza-fiducia. Partito con il proposito di convertire i musulmani, Francesco si trovò ad approfondire le radici della fede cristiana e del suo personale carisma. Egli sviluppò l'intuizione che il primo a sottomettersi fu Dio, quando decise di calarsi nella storia umana.Anche nelle lettere «ai reggitori dei popoli» l'esortazione a farsi carico affinché il popolo elevasse la sua lode a Dio attesta la suggestione esercitata sul Poverello dal richiamo continuo del muezzin che evoca in continuazione il legame tra l'umano e l'Eterno.Martinelli ha illustrato il progetto della Abrahamic Family House, sorta nel 2019 dopo la pubblicazione del Documento sulla fratellanza umana redatto da Francesco, vescovo di Roma, e dall'emiro al-Tayeb della Grande Moschea di al-Azhar. La cittadella, realizzata da un architetto ghanese naturalizzato britannico, comprende una moschea, una chiesa (con croce e campanile visibili), una sinagoga con la menorah e uno spazio comune, denominato Forum, in cui le persone di diverse religioni si incontrano su temi comuni, specialmente educativi.Questo ci ha fatto pensare alla comunità di Neve Shalom Wahat as Salam che, in Israele, riunisce israeliani e palestinesi impegnati per la pace e la coesistenza, e allo spazio comune per preghiere e riunioni laggiù chiamato Casa del Silenzio.A proposito di coesistenza, mons. Martinelli ha comunicato che negli Emirati esiste un Ministero della Tolleranza (ora Ministero della Tolleranza e della Coesistenza) che favorisce le relazioni tra i cittadini e gli ospiti (scuole comuni, possibilità di fare catechismo...) e si preoccupa di tutelare le iniziative di dialogo. La tolleranza non è intesa nel senso di sopportazione ma piuttosto di ospitalità. Le occasioni non mancano: nel 2024, in occasione della Pasqua, i musulmani organizzarono un pranzo per festeggiare i cristiani, pur senza mangiare assieme poiché in periodo di Ramadan. Martinelli ricambiò presenziando all'iftar, la rottura del digiuno alla quale possono partecipare fedeli di qualsiasi confessione. Ad Abu Dhabi, il Comune ha preparato pacchetti di cibo per quanti sono in viaggio e i volontari di tutte le religioni lo hanno distribuito ai semafori.Peraltro, se - ha ricordato la moderatrice, dott. Braccini - esiste in moschea un percorso della tolleranza simile al tunnel dell'amicizia di Giacarta, capitale dell'Indonesia (il più grande paese a maggioranza islamica), che collega la moschea Istiqlal, progettata dall’architetto (cristiano) Friedrich Silaban, alla cattedrale di Santa Maria dell'Assunzione, non si può dimenticare la folta minoranza indù. Sempre lo scorso anno mons. Martinelli è stato invitato a parlare dell'armonia del creato in occasione dell'apertura del nuovo tempio.«Noi siamo differenti - ha scandito mons. Martinelli - e il nostro compito non è cancellare tali differenze ma riconoscere la comune umanità, la sua «esigenza di Dio». La laicità in Occidente è stata travisata, secondo il religioso, con il tentativo di confinare la religione nella sfera strettamente privata e messa in contrapposizione alla religione stessa. Ciò che colpisce invece, in questi Emirati politicamente giovani, è la grande ansia di futuro. Le religioni non sono vissute come momenti di conservazione o di ritorno/rimpianto del passato ma considerate e vissute come motore di civiltà, dai momenti «ufficiali» alla quotidianità. Ciò è dato anche da una immigrazione qualificata - le chiese sono costituite totalmente da migranti in maggioranza filippini - che favorisce l'interculturalità e al tempo stesso l'appartenenza. Gli «ospiti» pur non essendo cittadini partecipano a vario titolo alla vita del paese.

L'evento ha segnato un passo fondamentale sia nel dialogo tra religioni sia nella costruzione di un rinnovato umanesimo di cui si avverte più che mai l'urgenza. Unico neo, avremmo preferito una maggiore interazione col numeroso pubblico che, malgrado il clima cordiale, è stato penalizzato dalla mancanza di tempo. Ci sarebbe piaciuto approfondire il tema della condizione della donna, la cui presenza nella società emiratina è significativa - moltissime le laureate - e si apprezza il tentativo di superare il gender gap, pur non mancando difficoltà e problemi anche seri. Inoltre, ci si domanda se la buona accoglienza riservata alle religioni non islamiche sia la stessa di fronte a eventuali rappresentanti di confessioni cristiane non cattoliche di sesso femminile.
                                              (Daniela Tuscano)


Bibliografia e sitografia 


  • P. Martinelli, «Venite e vedrete. La vita come vocazione», Bologna, EDB, 2024.

7.10.24

Lea e Sammy i due campioni - © Daniela Tuscano

 Credo di essere stata un po' innamorata di #leapericoli, da bambina. Era l'opposto di me, biondissima, aggraziata ma non leziosa, pareva non toccar mai terra. Le avevano disegnato un completo con piume di cigno, che indossava con spontaneità non umana. Quella che vedevo era un vero uccello, forse per questo mi piaceva tanto. #langelocapovolto fu il giusto titolo del suo ultimo libro. Impagabile la sua torsione berniniana, che sfidava le leggi di gravità.
Era una milanese d'Africa, vissuta ad #addisabeba. Laggiù emerse la sua passione e a quei luoghi sempre rimase legata, come ricorda nella sua autobiografia #maldafrica.Poi la terribile malattia. #Carcinomaallutero. Lo seppi dai miei genitori. Se adesso difficilmente se ne esce, nel 1972 non dava scampo. E le cure erano, come Lea stessa dichiarò, «devastanti». Quando le comunicano la notizia, sviene. Ma ricorda subito chi è. Sconfigge il #tumore. Non è finita. Il maledetto si ripresenta nel 2012, quarant'anni dopo. Questa volta al #seno. I tempi sono mutati, la medicina meno invasiva, ma Lea è sempre Lea, malgrado gli sfregi al suo corpo e alla sua femminilità. Arriva a quasi 90 anni in salute, ancora bellissima, sempre tanto bionda (ma mai troppo), elegante per antonomasia, non solo campionessa sportiva: scrittrice, conduttrice televisiva, #testimonial contro una malattia che non è riuscita a domarla, segno di speranza non solo per chi ne è preda. Muore il 4 ottobre, festa di San Francesco, coetanea di mio padre; ma l'ha superato di un anno.
Due giorni dopo la segue #sammybasso, che di anni ne ha solo 28, ma il cui fisico è già arrivato al
punto di Lea. La «bionda» di Sammy è la sua splendida madre. Lui è il più «vecchio» paziente al mondo affetto da #progeria, invecchiamento precoce e mente giovane. Due lauree summa cum laude, il sogno di lavorare al #CERN, fondatore dell'associazione per la ricerca su questo morbo raro e spietato. Ma Sammy è stato, soprattutto, uomo di #pace. «Se i grandi della terra capissero cosa significa lottare per la #vita - dice - credo non avrebbero il coraggio di fare la #guerra». La vita. L'unico valore che non s'insegna, e il solo per cui valga la pena morire.

17.7.24

Cara beltà da dols.it Di Daniela Tuscano


     da    https://www.dols.it/  

 

La bellezza di Jasmine Paolini, anzitutto. Il suo sorriso a specchio, privo di malizia. Tanto diretto elibero da andare oltre il sesso. Sorriso meticcio, futuro. Fortissima nella sua donnità – che riempie e prevarica – Jasmine trionfa pure nelle défaillance, sprigiona energia e ottimismo.
Sinner la bacia da galantuomo, le braccia potenti lasciate inerti, quasi timide, per rispetto e dolcezza.
Non deve dimostrare nulla, Sinner. È un nordico italiano che la sa lunga, da quando è nato. Come Lorenzo Musetti, sperticato neopapà che vince con la stessa naturalezza con cui spinge la carrozzella del piccolo Ludovico. Come Matteo Berrettini, un Marcell Jacobs del tennis. Sono giovani, millennials o quasi, ma decisi, indipendenti, persino prolifici. E belli, fiorentemente belli.
Poi c’è Yamine Lamal, il diciassettenne del pallone, che non è italiano bensì spagnolo… Di padre marocchino e madre guineana.
Yamine ha un secondo padre, una fidanzata e un fratellino che, in un’istantanea tenerissima, egli «allatta» maternamente con la coppa dei campioni conquistata di fresco. Italiano non è, ma potrebbe esserlo perché queste miscellanee appartengono a ogni luogo.
E dànno origine a generazioni bellissime, fresche, gaudiose. Genti feconde, per cui la #famiglia non è un’astrazione. Ma nemmeno uno stereotipo. Lo è, famiglia, nella complessità delle relazioni, dell’allargamento, nello sdoppiamento dei rapporti, che si superano e ripigliano, ma forse, faticosamente, riescono ad agguantare la luce.
                  Di Daniela Tuscano

11.2.24

Figli senza padri di DANIELA TUSCANO



 DA https://www.dols.it/ ON 

                                   Daniela Tuscano



Uno dei motivi per cui amo febbraio è il Festival di Sanremo. Ecco, l’ho detto, anzi scritto, e sono spacciata poiché, com’è noto, scripta manent.



Le ragioni sono molteplici e quasi tutte extramusicali: amore per la mia seconda città, voglia di leggerezza, ricordi di gioventù. Ciò non toglie che uno spazio per le canzoni – e i loro interpreti – lo riservi sempre. Non mi dilungo in analisi approfondite sui brani: Angelina Mango probabilmente meritava di vincere, voce bella e versatile, brano piacevole, faccia normale e sentore di fiori, come certe mie cugine, come gli assolati pomeriggi del Sud.Sono rimasta piacevolmente sorpresa da Ghali, cantante prestato al rap: genere che, letteralmente, non sopporto, e di cui l’artista milanese è famoso portavoce. Infatti non l’ho
mai seguito. In questa prova l’ho trovato misurato e credibile. Tra lui e Angelina corre una generazione, non a livello anagrafico (Mango è pure più giovane) ma sociologico: l’Italia delle radici e quella che verrà, che è già venuta, con tutti i torbidi della modernità.
E qui ci colleghiamo a Mahmood, il bellissimo Mahmood italo-milanese-sardo-egizio tanto più apprezzabile nelle ballate e nelle commistioni (che bella la cover di Dalla con Tenoresdibitti!) che nei motivi danzerecci stile-“Soldi”, ma tant’è.
Paolo Jannacci era fuori gara e non certo un giovincello però il duetto con Stefano Massini sulla dignità del lavoro mi ha ricordato alcuni pezzi migliori del suo compianto padre, in particolare “Vincenzina e la fabbrica” e la folgorante “Fotografia” presentata proprio a Sanremo. E nel protagonista della “Fotografia” Jannacci senior, da genio par suo, ritrasse precisamente il futuro, le generazioni fragili e complicate senza più radici, o troppe e volteggianti, non si sa bene dove né perché. Ma da non trascurare, anche perché non ne abbiamo altre ! Altro elemento che accomuna, sia pure in modi diversissimi, i quattro sanremesi è la mancanza della figura paterna. Due di loro l’hanno dentro di sé, naturalmente, e possiedono una solidità spirituale che nessuno potrà loro togliere; manca il contatto umano.
Non so se Sanremo sia lo specchio d’Italia, so però che un mondo senza padri è disancorato, latitante. Un mondo inclinato e in ansia, di sopravvissuti a chissà quale terremoto sociale/emotivo; un mondo che non smette di chiedere.Due di loro l’hanno dentro di sé, naturalmente, e possiedono una solidità spirituale che nessuno potrà loro togliere; manca il contatto umano. Non so se Sanremo sia lo specchio d’Italia, so però che un mondo senza padri è disancorato, latitante. Un mondo inclinato e in ansia, di sopravvissuti a chissà quale terremoto sociale/emotivo; un mondo che non smette di chiedere.Ecco, in questo declinare d’inverno, mentre scorrono le ultime immagini della kermesse canora, mi sono ritrovata a pensare a questa icona, il padre, così possente prima e così labile adesso, forse più mito che realtà, e che solo scendendo dall’Olimpo potrà farsi ritrovare, e finalmente amare.

31.8.23

prima dello schianto fatale. Il crocifisso del saldatore. In fondo anche Cristo fu un manovale di DANIELA TUSCANO

kevin laganà, 22 anni. michael zanera, 34 anni. giuseppe sorvillo, 43 anni. giuseppe saverio lombardo, 53 anni. giuseppe aversa, 49 anni.

Nomi, età e volti dei cinque #operai travolti da un treno a #brandizzo, in #piemonte, nello svolgimento del loro lavoro. "Mentre lavoro mi è apparso un #crocifisso", scrive Michael nell'ultimo post, poco prima dello schianto fatale. Il crocifisso del saldatore. In fondo anche Cristo fu un manovale. Nomi, età e volti di gente perbene. L'Italia ha il diritto-dovere di vedere non soltanto gli aspetti del Male (gli stupratori di #palermo e #caivano, gli adolescenti ricchi e annoiati che si sono "divertiti" a massacrare una bestiola...), ma di conoscere altri visi, in cui finalmente identificarsi. Perché Kevin, Michael e i tre Giuseppe sono tutti noi. Non un anonimo numero statistico. Il paese ha risposto con l'ingratitudine al loro impegno quotidiano e discreto. Non abbiamo saputo riconoscerli, come non abbiamo riconosciuto il Messia.




15.6.23

guerra di classe di Daniela Tuscano

Erano nascosti nella stiva dell'ennesima carretta del mare. Sono morti in 100 nel Mare Egeo, tutti bambini.A Roma è morto un bambino. Ed è lo stesso. Sia quei cento sia quell'uno sono vittime dell'ignoranza prepotente, dell'ignoranza voluta ed esibita, sfacciata, vuota. I primi subiscono le migrazioni a causa dei predatori delle loro terre, dai magnati delle guerre, locali e occidentali. Che ingrassano sulle miserie altrui. E le irridono. Il bambino italiano viaggiava su una Smart con la madre e la sorellina di tre anni. Lui ne aveva cinque. Cinque come i debosciati che li hanno falciati via. Balordame che le Smart, si dice, le schifavano. "Ah poraccio!" strillavano all'indirizzo del guidatore. Loro, youtubers di successo, acchiappalike del niente, si potevano permettere la Lamborghini. Mica per usarla, eh. Per sgassare. Per sfasciarla se la scommessa era quella. Perché sì. La Lamborghini si è trasformata nella simbolica arma della lotta di classe. No, della guerra. I "povery" non lottano più: subiscono. Come prima, peggio di prima. La Lamborghini dello youtuber è l'arma di distruzione delle masse che senza soldi non contano niente.
Eppure continuiamo a invocare giustizia. Ce l'hanno promessa. Non vorremmo essere costretti a prendercela.

17.2.23

Welch e Radius, l'ultimo sogno di © Daniela Tuscano



Di Raquel Welch, scomparsa a 82 anni il 15 febbraio scorso, sapevo pochissimo. Quanto bastava. Che era bella e festosa, donna totale, più erede di Mae West o Rita Hayworth che antenata di Shakira.  Anche se si denudava, c'era qualcosa di pudico nel suo corpo, nel suo sorriso eburneo e meticcio. Qualcosa che l'accomunava alle tele rinascimentali, alle allegorie di Giacomo Serpotta, e, in fondo, alla famiglia.



Mentre lei spopolava con pellicole destinate a rimanere nell'immaginario collettivo benché non sempre memorabili ("Un milione di anni fa, il bikini in pelle!),  io trascorrevo la mia estate calda ad Arenzano in compagnia dei pupazzi Disney e di mio padre che si divertiva leggendo "Piccolissimo" del mitico Antonio Amurri :
  piccolissima, gustosa saga familiare grazie alla quale conobbi per la prima volta il nome di Raquel. Il protagonista, papà Antonio medesimo, trovava "inquietante" l'apprezzamento verbale - "fichissima'! - tributato all'attrice dai numerosi figli (allora i figli erano numerosi, in Italia). Raquel, bastava il nome. Ma come lo pronunciava Manuel Fantoni, nessuno. Nel monologo di "Borotalco" la descriveva tutta: seni-borracce, capezzoli-chiodi, "belli, rosa, da attaccarci un quadro". Alla faccia delle arditezze futuriste. Pronunciato con un'enfasi così vellutata che, lo capivi, gli bastava il sogno, e Manuel, un po' playboy un po' bambino, di sognare era capace. Ed è scomparso anche Alberto Radius. Non apparteneva ai miei anni spensierati, ma all'adolescenza tumultuante. Era metropolitano, 


Radius, un romano-milanese per la militanza con la Pfm e pure con Battisti, laziale atipico. Radius era "Nel ghetto", brano-manifesto di quel periodo militante e illusorio. 




Ma, se il tempo ha impolverato gli slogan, ha conservato intatte le schitarrate nervose, riconoscibili al primo attacco, come un Hendrix al calor bianco, figlie di un'epoca elettrica che non tornerà.

© Daniela Tuscano

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...