Era senza il casco
GENITORI E FIGLI
Iniziamo oggi una nuova rivista e la principiamo da fatti di cronaca avvenuti e chiari a tutti, parliamo del rapporto tra genitori e figli. Non vuole essere un manuale delle cose giuste e di quelle sbagliate ma un confronto serio su temi ricorrenti in una società come la nostra che si trova al suo crepuscolo e che deve ritrovare il senso di un ragionamento diretto e semplice tra i vari corpi sociali e principalmente all'interno di quel microcosmo che è la famiglia dove si avvertono e si subiscono gli scivoloni e il degrado del mondo esterno, che, inevitabilmente, fa parte e deve far parte della nostra vita. Il dualismo corpo spirito porta ad una drammatica gestione dell'essere in termini di apparenza e di sostanza, guidato da un Grande Fratello, Orwell docet, che entra ogni giorno e ogni istante nella nostra vita, nella nostra coppia, nella nostra famiglia. Questo effetto spacca in due la nostra vita e la fa apparire una mera essenza biologica, così non è. Accettiamo le regole e non le condividiamo, siamo disposti a rischiare solo se ci mettono nelle condizioni di non poter più mangiare, ma dovremmo riflettere e capire che non è solo sopravvivendo che giustifichiamo la nostra esistenza e la possiamo indicare come esempio ai nostri figli che, in una società come la nostra, diventano isterici, schizzofrenici e passano da un esaltazione all'altra senza capire i passaggi e le compnenti subdole che le determinano, questo è terreno fertile per il sopravvento di un NUOVO FASCISMO che si insinua già nelle nostre case senza che noi possiamo fare molto per difendere la LIBERTA', LA GIUSTIZIA e soprattutto la prima regola di una DEMOCRAZIA: l'eguaglianza di tutti! Il tema è troppo importante, lo sappiamo, così abbiamo deciso di cominciare dalle piccole cose e dalla cronaca di tutti i giorni per dare il nostro piccolo contributo ..... speriamo. Aspettiamo le vostre CRITICHE E ANNOTAZIONI, non pensiamo di aver scelto da subito la via giusta, ma proprio nell'ambito della scuola di ecologia culturale questo è un TEMA FONDANTE: L'EDUCAZIONE IN UNA SOCIETA' DIVISA IN DUE e surrogata dalla televisione e dal consumismo.
Ugo Arioti e Daniela La Brocca
Il primo articolo lo prendiamo dal CORRIERE.IT del 24 Aprile 2009 e riguarda un piccolo tema: il casco da portare quando si guida il motorino.
Il caso di un diciassettenne e l’incidente sullo scooter
Era senza il casco, condannati i genitori
Mamma e papà: aveva 17 anni e mezzo e un lavoro, è responsabile. I magistrati: dovevano educarlo meglio
ROMA - Se un ragazzino guida lo scooter senza mettersi il casco, la colpa non è (solo) sua. Ma dei genitori che evidentemente l’hanno educato male. E che vanno dunque considerati responsabili degli incidenti causati dal figlio minorenne e indisciplinato. A questa conclusione è arrivata la sentenza n. 9556 della terza sezione civile della Cassazione. Che ha applicato il principio nella vicenda di Vito P., un ragazzo di Potenza che nel 1990, a 17 anni e mezzo, ebbe un incidente con il motorino su una strada provinciale di Avigliano: si scontrò con la Vespa guidata da Rocco M., un altro giovane, che morì pochi giorni dopo. La responsabilità di Vito fu riconosciuta nel 70 per cento. Perciò la Corte d’Appello di Potenza, nel 2005, aveva condannato i suoi genitori, Salvatore e Anna, oltre che a pagare la metà delle spese processuali, a risarcire i familiari di Rocco per i danni morali patiti e per le spese mediche sostenute.
La coppia aveva presentato ricorso ma la Corte Suprema ha dato loro torto definitivamente. Impartendo una lezione di pedagogia. «Lo stato di immaturità, il temperamento e l’educazione del minore si possono desumere anche dalle modalità dell’incidente». Vito non portava il casco. «Ma aveva una certa dimestichezza con i veicoli, pur minorenne». Vuol dire che mamma e papà non gli hanno spiegato bene come si guida in sicurezza, per sé e per gli altri. Mentre secondo l’art.2048 del codice civile, scrivono i giudici, i genitori di un minore «hanno doveri di natura inderogabile, finalizzati a correggere comportamenti sbagliati e quindi, meritevoli di costante opera educativa, per realizzare una personalità equilibrata, consapevole della razionalità della propria esistenza e della protezione della propria e altrui persona».
Insomma Anna e Salvatore in questo non sono stati bravi genitori. E poco conta, dice la Corte, che Vito all’epoca fosse quasi maggiorenne e avesse già lavorato, prima da un fabbro e poi da un carrozziere. E che dunque fosse maturo. Perché se ciò può escludere la loro colpa in vigilando non cancella quella in educando. Conclusione: madre e padre non sono stati capaci di impartire al figlio «un’educazione normalmente sufficiente ad impostare una corretta vita di relazione in rapporto al suo ambiente, alle sue abitudini e alla sua personalità». Perciò dovranno pagare.
Giovanna Cavalli