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25.1.25

la bambinaia che salvò un neonato ebreo premiata grazie a un discendente genovese

 tra  le tante storie      sul  27  gennaio    ecco una  che mi    ha  colpito particolarmente 

da  Genova24  tramite   msn.it  

Genova. Tina Baldi oggi avrebbe 101 anni. E’ morta nel 2011. Quando aveva appena 19 anni, nel 1943, mise in salvo un bambino ebreo dalla persecuzione nazista, nascondendolo e fingendo per mesi che fosse figlio suo, e poi portandolo ai genitori, scappati in Svizzera, mettendo in pericolo la propria stessa vita.Lunedì 27 gennaio, in occasione del Giorno della memoria, a Parma si terrà la cerimonia in cui i familiari di
tina baldi 

Tina Baldi riceveranno la targa e la pergamena con cui la coraggiosa bambinaia sarà inserita per sempre nell’elenco dei “Giusti fra le nazioni”, l’onorificenza che lo Stato di Israele conferisce a uomini e donne che aiutarono chi rischiava la deportazione nei campi di sterminio.
Se dopo 81 anni il comitato dei “Giusti tra le nazioni” è arrivato a questa storia è grazie a un genovese, Silvio Sciunnach, nipote di Tullo Vigevani, il neonato messo in salvo. Sciunnach, da Genova, in collaborazione con la cugina Mara, che invece vive in Israele, ha contattato la famiglia di Tina e poi raccolto le testimonianze e i documenti utili a far andare a buon fine la pratica. “Soprattutto racconti e dettagli stratificati negli anni – spiega – perché gran parte delle carte del tempo sono andate perse”. Suo è stato proprio suo zio Tullo, fratello della madre, più volte, a dire che non sarebbe vivo se non fosse stato per la “Tata Tina”.
Tullo Vigevani oggi ha 82 anni, vive in Brasile, ed è un ex docente di Scienze politiche in pensione. Non ha avuto un’esistenza semplice. Dopo quei primi anni di vita in Svizzera, nel 1950 è stato anche prigioniero politico durante la dittatura militare brasiliana. Non ha vissuto la deportazione ma ha comunque subito un arresto e torture.
La storia dei suoi genitori, Rolando e Enrica Vigevani, era stata al centro del lavoro di una scuola di Fidenza, premiato nel 2019. La coppia, residente al tempo nella zona di Parma, era stata aiutata a scappare in Svizzera dall’allora pretore di Fornovo, Pellegrino
Tullo Vigevani, per mano, insieme al papà e al fratello

Riccardi, altro “Giusto fra le nazioni”.
Ma quando si svolse la premiazione degli studenti che avevano realizzato la ricerca, il nipote di Riccardi disse che c’era un’altra “Giusta”, Tina Baldi appunto. Ed è stata in quell’occasione che il genovese Silvio Sciunnach, presente all’evento come familiare dei Vigevani, si mise in testa che sarebbe stato bello farle avere lo stesso riconoscimento.La storia è drammatica ma a tratti anche rocambolesca. “I Vigevani – racconta Sciunnach – riuscirono a salvarsi all’ultimo minuto perché Riccardi li avvisò che a casa loro stavano arrivando i tedeschi, fuggirono in Svizzera con il suo aiuto ma nella concitazione del momento non riuscirono a recuperare il figlio piccolo, Tullo, che restò alla bambinaia”.
Tina Baldi se ne prese cura come se fosse figlio suo. “Lei finse che fosse figlio suo, per nasconderlo, e peraltro assieme a quel bambino si trovò a scappare in diversi posti, il caso vuole che finì ospite addirittura in una casa di cura dove stava anche la figlia di Mussolini, Edda Mussolini, la moglie di Galeazzo Ciano”.
Un altro episodio che Sciunnach racconta, ancora incredulo e ammirato, è quello della consegna del piccolo Tullo alla famiglia Vigevani, al confine svizzero. “Già potete immaginare come il viaggio fino al confine, per una 19ene con un bambino di pochi mesi, non fosse semplice ma poi accadde che per passare il piccolo tra le reti del confine, Tina e una sorella della madre di Tullo, si riconobbero utilizzando, quasi come un codice da servizi segreti, una banconota strappata a metà, se le due metà fossero coincise ci sarebbe stata la certezza che il bambino stava andando nelle mani giuste”. La consegna non fu direttamente alla madre di Tullo perché proprio in quei giorni stava partorendo il secondogenito.

la famiglia Vigevani

Ad ogni modo, lunedì 27 gennaio, si chiude un cerchio. “Non è stato facile arrivare a questo risultato – commenta Sciunnach – l’iter è iniziato nel 2019 ma nel frattempo c’è stato anche il Covid che ha rallentato le procedure di verifica da parte del comitato, però siamo contenti, io ho saputo che la procedura era andata a buon fine nel 2023, proprio nei giorni in cui trovavo in Israele per le vacanze”.Lunedì Sciunnach sarà a Parma, insieme alle figlie di Tina, Lauretta e Carla Baldi, e a Homero e Darsin Vigevani, figlio e nipote di Tullo. Il bambino salvato, purtroppo, non riuscirà a volare dal Brasile per questioni di salute ma con il cuore sarà vicino a Tata Tina, come sempre è stato in questi anni.

il fascismo di sinistra e gl insulti alla Segrè

Gentile compagno di strada  

non capisco questa contraddizione: gente di sinistra accusa la destra di essere fascista e razzista, ma coloro che hanno insultato, diffamato,minacciato Liliana Segre sono persone di sinistra che seminano antisemitismo e odio.Lei come se lo spiega?
                           Lettera  firmata

Caro ******
i progressisti o  almenola  maggior  parte   tacciano i conservatori di essere fascisti, ma i primi sono addirittura nazisti.   Alcune frange      della  sinistra  lo  hanno  mostrato, dal 7 ottobre del 2023, giorno dell'attacco di Hamas contro Israele, un'altra parte del suo deformato volto. L'antisemitismo  esiste    anche  a   sinistra. Lo vediamo ad ogni manifestazione, quando gli ebrei vengono insultati,mentre vengono sventolate bandiere della Palestina e bandiere pacifiste, come se chiedere la pace seminando odio e incitando alla violenza sia normale e credibile.
Ricorderai quanto è accaduto a Milano, quando, in occasione della prima alla Scala, nel dicembre del 2023, montò una polemica poiché per i radical-chic era inaccettabile che una vittima della persecuzione, la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta al campo di sterminio, sedesse accanto al presidente del Senato Ignazio La Russa, ritenuto e chiamato   da quella   che   molti defiscono  melma rossa «fascista». Poi si  è  scoperto che gli antisemiti,sempre  secondo   la  destra , quelli veri, non quelli inventati, sono proprio quelli di sinistra, i quali hanno mantenuto un atteggiamento ambiguo nei confronti dei violenti che in questi mesi sono scesi in piazza non contro la guerra, contro Israele e il suo popolo, contro gli ebrei. In questo caso nessuno o quasi  è insorto, nessuno si è indignato.
La stessa Segre   verso la  quale  non condivido  a  la  difesa  ad  oltranza  del  governo  Istraeliano  è stata fatta bersaglio quotidiano di attacchi e violenza verbale, e lo è tuttora, tanto che ella, qualche giorno fa, a causa dell'acredine   e  dell'odio  che ha  ricevuto   per  la  proiezione nelle sale  cinematografiche  del suo biotopic  , ha deciso  (  anche  se  lei  lo ha  smentito ) di non partecipare all'inaugurazione, al Memoriale della Shoah di Milano, della mostra dell'artista Marcello Maloberti, dove la senatrice era attesa. Ed è ignobile che una donna che è sopravvissuta al campo di concentramento debba oggi, all'età di 94 anni, scegliere di stare chiusa in casa per proteggersi dalla medesima ferocia antisemita che la investì e contro la quale lottò decenni e decenni addietro, uscendone miracolosamente viva ma con ferite indelebili impresse nella carne, nelle ossa, nell'anima e nella mente.I 12 rinviati a giudizio perché accusati di avere perseguitato Segre sulla rete non sono  da  quel che ne  so  soggetti che appartengono alla destra, bensì gravitano all'interno della galassia di sinistra. Quindi è lecito domandarci: ma il vero razzismo, il vero fascismo, il vero nazismo, il vero antisemitismo sono di destra o di sinistra? La domanda ormai è divenuta addirittura retorica, in quanto  negli ultim   405  anni    la 
sinistra   (  soprattutto quella  istituzionale   )  sista  spostando  sempre  più  a destra  , come confermato  dal  notevole libro   Categorie  della  politica     dopo  destra e sinistra       di Vincenzo costa [  foto  a  destra  ]    in quanto mi pare evidente che il livore sia appannaggio dei sedicenti democratici, che lo adoperano alla stregua di uno strumento politico.
Persino i rappresentanti politici di sinistra (  ma    anche   della  destra  ) che siedono all'interno delle istituzioni sposano un atteggiamento alquanto equivoco: non condannano e non si schierano apertamente contro i criminali che intonano cori o vergano frasi antisemite sui muri poiché sanno che potrebbero perdere voti, insomma sanno bene che una parte del loro elettorato possiede uno spirito schiettamente nazista, che disprezza e odia a morte gli ebrei.
Trovo che questo sia alquanto grave, tanto più ove consideriamo che poi questi dem puntano il dito contro un uomo come La Russa che non ha mai smesso   anche se   a  scopo     di  trasformismo    il  cosidetto   fascismo in doppietto   ,  di esprimere sostegno, solidarietà e amicizia alla comunità ebraica, sempre più vittima di atti intimidatori e aggressioni in Italia come nel resto dell'Occidente.
Approfitto di questa occasione per manifestare la mia vicinanza alla senatrice, che ingiustamente sta patendo una seconda vergognosa caccia operata da chi si dice «democratico» e «antifascista». 

2.1.25

Sopravvissuta all'Olocausto, ha vinto 10 medaglie alle Olimpiadi: Agnes Keleti si è spenta a 103 anni

  fonti  corriere dela sera tramite msn.it  e https://www.thesocialpost.it/ e https://www.ilmessaggero.it/video/sport/ per il video

Agnes Keleti, una delle più grandi atlete ebree della storia, è morta a 103 anni in Ungheria. Sopravvissuta all’Olocausto, era la campionessa olimpica vivente più anziana, con 10 medaglie conquistate nella ginnastica . “Avrebbe compiuto 104 anni giovedì prossimo”, un traguardo che avrebbe celebrato con lo stesso spirito indomabile che l’ha sempre contraddistinta.Nata Agnes Klein nel 1921, la sua carriera fu drammaticamente interrotta dalla Seconda guerra mondiale e dalla cancellazione delle Olimpiadi del 1940 e 1944. Nel 1941, a causa delle leggi razziali, fu costretta ad abbandonare la squadra di ginnastica e a nascondersi nella campagna ungherese sotto una falsa identità, lavorando come domestica. La madre e la sorella sopravvissero grazie al diplomatico svedese Raoul Wallenberg, ma il padre e altri familiari furono deportati e morirono ad Auschwitz.
Dopo la guerra, Keleti tornò ad allenarsi con determinazione. Sebbene un infortunio le avesse impedito di partecipare alle Olimpiadi di Londra del 1948, il debutto a Helsinki nel 1952 la vide brillare: un oro, un argento e due bronzi negli esercizi a corpo libero. La consacrazione definitiva arrivò alle Olimpiadi del 1956 a Melbourne, dove conquistò 4 ori e 2 argenti.
Agnes è rimasta un’icona anche dopo il ritiro. Nel 2017 ha ricevuto il prestigioso Premio Israele, mentre l’Ungheria l’aveva già insignita del titolo di “Atleta della Nazione” nel 2004. Sorprendentemente, ha continuato a eseguire spaccate fino ai 90 anni, dimostrando che la sua forza andava ben oltre il tempo . i.
Keleti conquistò le medaglie olimpiche in due edizioni dei Giochi: Helsinki 1952 e Melbourne 1956, dove batté la leggendaria ginnasta sovietica Laris Latynina. Ha dovuto aspettare, dopo un mucchio di occasioni sfuggite: prima a causa della guerra, poi per un infortunio che l'ha costretta a rinunciare ai Giochi del 1948 a Londra. Era sopravvissuta agli orrori dell'Olocausto, aveva dovuto lasciare la ginnastica e superare il dolore per la scomparsa del padre e di diversi parenti, uccisi dalla ferocia nazista nel campo di concentramento di Auschwitz. Agnes si è salvata e con lei anche mamma e sorella.
 


Keleti è considerata una delle più grandi atlete ebree di sempre ed era la campionessa olimpica vivente più anziana: era nata a Budapest il 9 gennaio 1921 e giovedì prossimo avrebbe compiuto 104 anni. Agnes ha ottenuto anche successi importanti in Italia: ai Campionati del Mondo di Roma 1954 si è laureata Campionessa del Mondo alle parallele asimmetriche. Keleti ha lasciato l'Ungheria a causa della rivoluzione scoppiata nel '56, proprio durante le Olimpiadi di Melbourne: dopo aver chiesto asilo politico in Australia, si è trasferita in Israele. In un'intervista di tre anni fa, disse: «Ho 100 anni, ma ne sento 60. Amo la vita». Lo sport piange una donna che è stata più forte di tutto.

20.1.23

la giornata della memoria dovrebbe servire a evitare e rimuovere l'idiota equiparazione fra Lager nazisti e Gulag comunisti

 Come  ho detto nel  post  precedente  << la  labile  differenza  tra  Shoah  ed  olocausto ma  stessa  tragedia  ed  aberrazione   >>  di  non voler  più  scrivere    e  riportare storie   e notizie    in  merito  all'olocausto  \ shoah   , ma  ho  deciso       di continuare   a  fare  quello  che  faccio  ogni anno   nella  giornata    ora   diventata  settimana   della  memoria  ovvero    il   27   gennaio   .  E di  fregarmene    poi   ho  cambiato idea   ed  eccomi qua  .Infatti inizialmente  oltre     che  sfiduciato    ero  assuefatto   per la  massiccia  esposizione  a  documentari e programmi  di
storia  (  mixer  , La Storia siamo noi  ,  Trent'anni della nostra storia ,  ecc  )    film  ,  fumetti  (  vedi archivio e  foto  accanto del n 83   di  Dylan  dog    )   ,   letture  scolastiche  (   i libri  di Primo  levi e  il  diario  di anna  frank  e il  acchetto  di  biglie    )   .  .  Ma  poi  oltre  il fatto citato nel post  precedente   l' imbrattamento   delle  pietre  d'inciampo    a  Firenze 













Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
18 gennaio 2023 22:11
 
 
 
Imbrattata 'Pietra d’inciampo' in via Aretina
"Un oltraggio gravissimo alla memoria della Shoah. Chi vandalizza le Pietre d’inciampo disonora Firenze e i suoi cittadini». Così l'assessora alla cultura della memoria Maria Federica Giuliani commenta il danneggiamento di una 'Pietra d’inciampo' posata sul marciapiede di via Aretina 131 per ricordare Bruno Corsi, deportato a Fallingbostel e ucciso a Braunschweig nel 1944.  .....  segue  qui

 E questo scritto   di   Pier  Paolo Pasolini  



ma   soprattutto   il  botta  e risposta  via  email   che  trovate  sotto  su   una   forma  di revisionismo   diffuso    fra  la  massa   ormai (  salvo  eccezioni  sempre  più  rare  purtroppo  )    sempre  più analfabetizzata   che mette    sullo   stesso  piano     due  grandi  genocidi    quello  del gulag   sovietici  e  i  lager  nazisti   .


Salve 

ho letto   i suoi interessanti e notevoli post   sul genocidio   ed  aberrazione   dei campi nazisti  .  Ma  devo  farle  un  osservazione critica  . Non parla  di quelle   che   sono peggiori   ed  allo stesso   livello  di  atrocità  ed  aberrazioni   che  sono  avvenute    nel regime  sovietico  . In attesa   di un  suo  post  in merito la  saluto  e le  auguri  buon lavoro 

                                          lettera  firmata  



Caro Utente Se vuoi , visto che il blog è aperto a chiunque ha qualcosa da dire , se vuoi mandami un tuo scritto o un tuo articolo in merito , oppure se ti vuoi iscrivere su gmail puoi pubblicare direttamente sul nostro blog . Sono due storture ideologiche diverse  come dice il  video  sotto  riportato      


 che non dovrebbero essere messi sullo stesso piano e non si posso comparare con il classico questo è peggio di quello . Non esistonono genocidi di serie A e di serie B . Concludo questa mia replica con con quanto ha detto in un intervista ( e poi ribadito alla 5 domanda in appenddice nell'edizione del 1976 di se questo un uomo che trovi qui https://www.vocedellasera.com/arti/libri/primo-levi-se-questo-e-un-uomo-appendice/ ) ripresa da https://www.qualcosadisinistra.it/2015/02/15/lager-e-gulag-parla-primo-levi/ : [... ]“Il Gulag fu prima di Auschwitz è vero; ma non si può dimenticare che gli scopi dei due inferni non erano gli stessi. Il primo era un massacro fra uguali; non si basava su un primato razziale, non divideva l’umanità in superuomini e sottouomini: il secondo si fondava su un’ideologia impregnata di razzismo. Se avesse prevalso, ci troveremmo oggi in un mondo spaccato in due, ‘noi’ i signori da una parte, tutti gli altri al loro servizio o sterminati perché razzialmente inferiori. Particolari esemplari di questo disprezzo sono il tatuaggio e l’uso nelle camere a gas del veleno originariamente prodotto per disinfettare le stive invase dai topi“. E ancora: “L’empio sfruttamento dei cadaveri, e delle loro ceneri, resta appannaggio unico della Germania hitleriana, e a tutt’oggi, a dispetto di chi vuole sfumarne i contorni, ne costituisce l’emblema.” [....] . Quindi smettiamola di strumentalizzare e ussare ideologicamente la memoria di simili tragedie con questo è tutto




Libri di approfondimento su Lager nazisti e GULag sovietici

Primo Levi - Se questo è un uomo - https://amzn.to/3okVj4M
Primo Levi - La Tregua - https://amzn.to/3uP5JMk
Varlam Salamov - Racconti della Kolyma - https://amzn.to/2RTYu7q
Aleksander Solzenicyn - Arcipealgo gulag - https://amzn.to/3hkt98j
Anne Applebaum - Gulag: storia dei campi di concentramento sovietici - https://amzn.to/2RNCD1d
Vasili Grossman - L’Inferno di Treblinka - https://amzn.to/33EBSdx




24.11.22

Genova, Mussolini fece confiscare il suo conto: dopo 70 anni fa causa alla banca e allo Stato

Piero Riccardo Pavia era solo un bimbo quando arrivarono le leggi razziali. I genitori gli avevano aperto un libretto - ritrovato solo poco tempo fa - al Banco di Chiavari che oggi gli offre 800 euro, lui chiede mezzo milione



Il signor Piero Riccardo Pavia oggi ha 81 anni. Ne aveva appena 3 quando il Governo fascista, con lo strumento delle leggi razziali e attraverso la prefettura di Genova, nel procedere alla confisca di tutti i beni degli ebrei e quindi anche di quelli della sua famiglia, si appropriò del libretto di risparmio numero 3142 che i suoi genitori gli avevano aperto all’allora Banco di Chiavari e che conteneva 11 mila lire. Era il 6 aprile del 1944. Oggi, 78 anni dopo, una giudice del tribunale di Genova deve decidere sulla richiesta di risarcimento depositata dal signor Pavia attraverso il suo legale, l’avvocato Mauro Frigerio.
Se Piero Riccardo Pavia si è mosso solo dopo così tanto tempo è perché lui neppure sapeva di quel libretto. Lo ha ritrovato di recente, rimettendo in ordine antichi ricordi, documenti e cimeli di famiglia. E quella carta antica e scolorita ha riportato alla luce angosce, sofferenze e una richiesta di giustizia ancora, dolorosamente, vive.
Molteplici sono le sfumature di questa vicenda storico-giudiziaria che ruota attorno ad una cifra, o meglio due. Da un lato gli 838,96 euro che il Banco Bpm (che oggi ingloba l’antico Banco di Chiavari e della Riviera Ligure) ha offerto al signor Pavia come rimborso per le 11mila lire “rivalutate dalla data del sequestro ad oggi”.

La sede dell'ex Banco di Chiavari oggi Bpm in via Garibaldi (bussalino)

Dall’altro la richiesta, in base a conteggi effettuati da consulenti, avanzata dal signor Pavia che ammonta a 420mila 748,68 euro. La citazione, in solido, riguarda, oltre a Bpm anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri, incarico in questo momento ricoperto da Giorgia Meloni, al quale, in gioventù, aderì al Msi, partito fondato da Giorgio Almirante, convinto fascista che della Repubblica Sociale Italiana fu un importante esponente. Un incrociarsi di vicende storiche e personali che riduce le distanze temporali.
Tornando alla somma richiesta come risarcimento, seppur importante, non è il cuore di questa causa sul tavolo della giudice Barbara Romano.
In tempi di revisionismo e omologazioni diffuse, sono utili, per capire lo spirito che permea questa causa, le parole che pronunciò Tina Anselmi nella sua veste di presidente della Commissione che tra il 1998 e il 2001ebbe il compito di ricostruire, e lo fece in 500 pagine, quella gigantesca rapina dello stato fascista che fu il decreto legislativo di Mussolini con cui si stabilivano le “Nuove disposizioni concernenti i beni posseduti dai cittadini di razza ebraica”.
Scrive Tina Anselmi: “Prima di essere un affare di denaro, la spoliazione è stata un persecuzione il cui obiettivo finale era l’annullamento morale e quindi lo sterminio”.
Un concetto che ribadisce il signor Pavia: “Vede, sicuramente a differenza di tante altre famiglie ebree e non solo, la mia è stata anche più fortunata, tocca dire così di fronte all’orrore di quanto accaduto. Noi venimmo derubati dallo stato fascista e per salvarci, con un viaggio rocambolesco non privo di sofferenze e umiliazioni riuscimmo a raggiungere la Svizzera. Ma quelle confische furono il primo atto concreto di aggressione e credo sia un mio dovere, oggi, chiedere un risarcimento che non può essere solo simbolico ma contenga in sé una sorta di monito rispetto alle leggi razziali”
La causa è già stata avviata e il primo febbraio del 2023 ci sarà un’udienza decisiva poiché la giudice dovrà decidere se vada accolta la richiesta dell’Avvocatura di trasferire il processo a Roma dove aveva sede l’Egeli, ovvero “Ente di gestione e liquidazione immobiliare” al quale Mussolini aveva affidato la criminale classificazione e reimpiego dei beni delle famiglie ebraiche italiane.
Ma quel che più conta è che un giudice dovrà dire se il signor Pavia abbia solo diritto a recuperare quegli 800 euro come se il suo caso sia omologabile a una negligenza, un errore, una frode nel peggiore dei casi, o se invece le 11 mila lire di quel bimbofossero solo il primo, barbaro passo compiuto da una dittatura per sterminare un intero popolo ed appropriarsi, come l’ultimo dei briganti, dei loro beni.

23.1.21

UN RIFUGIO VICINO AL CIELO, la storia delle famiglie ebree salvate dagli abitanti di un intero paesino delle Orobie Bergamasche

Poichè ogni commento personale è inutile ed il rischio di cadere nella retorica , cosa che voglio come ho già detto precedentemente evitare ,preferisco lasciare che a parlare di tale argomento siano le storie . E' più eficace di mille commenti di noi che non l'abbiam vissuto e lo conosciamo , parlo per la mia generazione ( meta degli abnni 70 ) attraverso documentari televisivi pre  dei canali   di   rai5 e rai storia 
La storia che riporto sotto tratta da l'ultimo numero dell'inserto settimanale robison di repubblica è anche la storia di un libro  particolare   .  

  da   https://acantini.altervista.org/un-rifugio-vicino-al-cielo-la-storia-delle-famiglie-ebree-salvate-dagli-abitanti-di-un-intero-paesino-delle-orobie-bergamasche/



UN RIFUGIO VICINO AL CIELO, la storia delle famiglie ebree salvate dagli abitanti di un intero paesino delle Orobie Bergamasche
Scritto il       NOVEMBRE 30, 2020 AURORA CANTINI


IN OCCASIONE DEL 75° ANNIVERSARIO DELLA FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE…
QUESTA È LA STORIA DI ALCUNE FAMIGLIE ITALIANE DI RELIGIONE EBRAICA NASCOSTE DAL 1943 AL 1945 AD AMA, PICCOLA FRAZIONE DEL COMUNE DI AVIATICO, OROBIE BERGAMASCHE, TRA PERQUISIZIONI E SFOLLATI. SULLA BASE DELLA TESTIMONIANZA DIRETTA DI GIUDITTA MARIA USUBELLI, CHE NON HA MAI DIMENTICATO LA SUA AMICA DI INFANZIA ELSA IACHIA E I SUOI FRATELLI E CUGINI. È LA STORIA DI UNA FUGA (VERSO LA SVIZZERA) E DI UN RITORNO (VERSO CASA). UN AMORE GRANDE PER LA VITA E UN INTERO PAESINO CON I SUOI ABITANTI CHE DIVENNE CULLA E RIFUGIO PER 16/17 PERSONE IN FUGA DALLA GUERRA, DALL’ORRORE, DALLA SHOAH.
ERANO CIRCA CINQUE FAMIGLIE LEGATE DA PARENTELA CHE ABITARONO NELLE CASE MESSE A LORO DISPOSIZIONE DA ALCUNI PAESANI, A LORO VOLTA IMPARENTATI. DI QUELLE FAMIGLIE E DI QUEI BAMBINI OGGI SONO RIMASTI POCHI SOPRAVVISSUTI ORMAI ANZIANI. EPPURE, GRAZIE AD UNA METICOLOSA RICERCA, INSIEME, SI È RIUSCITI A RICOSTRUIRE, ANCHE SOLO PARZIALMENTE, LE VICENDE DI CUI TUTTI SONO STATI PROTAGONISTI, IMPREZIOSENDO IL LIBRO CON FOTOGRAFIE E DOCUMENTI PREZIOSI.
UNA STORIA TRAGICA EPPURE RICCA DI VALORI E DI CORAGGIO, NATA E CRESCIUTA GERMOGLIANDO DA SEMPLICI GESTI DI SOLIDARIETÀ, GENEROSITÀ E SALVEZZA, FINO AD ARRIVARE AD UN’AMICIZIA SEMPLICEMENTE AUTENTICA. UN AFFRESCO CORALE, DOVE HA INCISO L’AIUTO DEL PARROCO DON MODESTO GASPERINI, DELLA MAESTRA ORSOLINA BERBENNI USUBELLI E DI MOLTE FAMIGLIE DEL PAESE. SI CHIAMAVANO USUBELLI, FOGACCIA, MOSCA, ARISTOLAO, CARRARA, MADUNÌ. MA IMPORTANTE FU ANCHE L’AIUTO DEI GIOVANI ALPINI RICERCATI CHE, SEPPURE LORO STESSI IN COSTANTE PERICOLO DI FUCILAZIONE, NON ESITARONO A NASCONDERE I BAMBINI EBREI E I LORO NONNI E GENITORI NELLE GROTTE SOTTO IL PAESE QUANDO GIUNGEVA LA NOTIZIA DI UN IMMINENTE RASTRELLAMENTO DA PARTE DEI NAZIFASCISTI. NEL VICINO PAESE DI SELVINO VI ERANO INFATTI BEN 4 PRESIDI MILITARI E OLTRE 100 SOLDATI DELLA FAMIGERATA DECIMA MAS. INFINE UN OMAGGIO ALL’EROISMO DEL GIOVANE TASSISTA GINO FOCACCIA CHE HA DATO IL VIA A QUESTA RETE DI AIUTO E SALVEZZA! CON PIÙ DI 100 FOTOGRAFIE!
PER NON DIMENTICARE, PER DARE UN SEGNO DI SPERANZA. UNA STORIA A LIETO FINE!L’Altopiano Selvino Aviatico Orobie Bergamasche. In primo piano il paesino di Ama, rifugio delle famiglie ebree dal 1943 al 1945


DOVE TROVARE IL LIBRO
IN TUTTI I CIRCUITI E GLI STORE ON LINE.
IBS, UN RIFUGIO VICINO AL CIELO
LAFELTRINELLI, UN RIFUGIO VICINO AL CIELO
MONDADORISTORE, UN RIFUGIO VICINO AL CIELO
AMAZON, UN RIFUGIO VICINO AL CIELO
LIBRERIAUNIVERSITARIA, UN RIFUGIO VICINO AL CIELO


IL LIBRO È PRENOTABILE IN TUTTE LE LIBRERIE ED EDICOLE NAZIONALI. NON POTENDO FARE PRESENTAZIONI PUBBLICHE PER LE RESTRIZIONI DI LEGGE, PER CHI FOSSE INTERESSATO POTETE CONTATTARMI DIRETTAMENTE. PROVVEDERÒ A SPEDIRE LA COPIA RICHIESTA AL VOSTRO RECAPITO A PREZZO SCONTATO. IL SAGGIO È GIÀ DISPONIBILE ANCHE NELLE EDICOLE SULL’ALTOPIANO SEMPRE A PREZZO AGEVOLATO.
L’ARTICOLO SU L’ECO DI BERGAMOL’articolo su L’Eco di Bergamo per il libro “Un rifugio vicino al cielo” di Aurora Cantini
L’INTERVISTA AD ANTENNA2TV



 da  Robison di repubblica del  23\1\2021

  Diciassette persone in tutto, e altre tre non ancora identificate che affittavano stanze con documenti falsi, comprati chissà dove Aurora Cantini Un rifugio vicino al cielo Silele edizioni pagg. 168 euro 16 I giusti di Ama Viaggio nel paese del silenzio  Un gruppo di ebrei trovò rifugio sulle Orobie Siamo tornati nel borgo che li ha protetti e che per generazioni ha mantenuto il segreto Diciassette persone in tutto, e altre tre non ancora identificate che affittavano stanze con documenti falsi, comprati chissà dove Aurora Cantini Un rifugio vicino al cielo Silele edizioni pagg. 168 euro 16 I giusti di Ama Viaggio nel paese del silenzio

                               dalla nostra inviata Brunella Giovara 

Ama di Aviatico (Bergamo)

Qui sono passati gli anni, e gli anni, e nessuno ha mai parlato. C’era un segreto tremendo da mantenere, è rimasto chiuso tra queste case di pietra, il paese ha ubbidito nel silenzio come se fosse ancora nel 1943, e c’erano i tedeschi in piazza, con i repubblichini e gli uomini neri della Decima Mas. C’era anche un gruppetto di ebrei, salito fin sulle Orobie bergamasche a cercare salvezza. L’hanno trovata, ma da allora nessuno ha mai più pronunciato la parola ebreo. Fino a un giorno d’estate del 2016, un giovane insegnante era a passeggio nella borgata di Ama, incontra Giuditta Maria Usubelli di anni 88, si chiacchiera e a un certo punto la donna dice «ah, mi piacerebbe tanto sapere che fine ha fatto la mia amica Elsa, la bambina ebrea che viveva nascosta qui. Sarà ancora viva?». 



Lui scolora. Si chiama Mattia Carrara, conosce le storie vecchie del suo paese, «però questa non l’avevo proprio mai sentita, neanche
dai più anziani». Non ci crede. Interroga Giuditta ancora una volta, chiede i particolari, i nomi, e poi telefona, controlla, e va anche a cercare negli archivi del Comune, «dove non c’è traccia di cittadini ebrei sfollati qui durante la guerra, tra i tanti che salirono da Milano e da altre città». La storia era vera. La sapevano tutti, nel 1943. Il falegname Luigi Fogaccia. Il parroco, don Modesto Gasperini. I bambini, le ragazze, le loro madri. La maestra Orsolina. I proprietari dell’osteria Madunì, e anche quelli della trattoria Tre Corone, che avevano l’unico telefono. I giovani partigiani della zona, che vivevano nascosti sulla montagna. Il tassista del paese, Gino Fogaccia, che forse era quello più di mondo, perché andava a prendere i turisti alla stazione di Bergamo e li portava su, alla villeggiatura, tra Selvino e Aviatico, ai bei tempi in cui c’erano le ville che aprivano per la stagione, si respirava aria buona e si facevano pranzi e cene, poi a ottobre si scendeva in città. Bene, di questa frazione Ama, che aveva un cento abitanti in tutto, nessuno ha mai detto una parola della famiglia Iachia di La Spezia (8 persone, più uno zio Alberto Carubà), dei Lascar di Torino (4 persone), dei loro 4 cugini Lascar di Genova. Diciassette persone in tutto, e altre tre non ancora identificate (la sarta Gina e il marito, una bambina Giovanna Giua, una ragazza incinta) che affittavano stanze con documenti falsi, comprati chissà dove. Dopo la Liberazione sono tornati a respirare, dopo due anni vissuti nella paura, di essere venduti, scoperti, e quindi deportati «Eh, il mio destino era Auschwitz, invece eccomi qui». Sergio Iachia, 81 anni, nel ’43 ne aveva quattro. «Devo ringraziare un paese, se ci siamo salvati. E Aurora, che ci ha trovati». Si battono i piedi sulla terra gelata, davanti alla piccola chiesa dedicata al Santissimo Salvatore, e qui di salvatori ce ne sono stati tanti. C’è sole ma si è sottozero, e Aurora Cantini spiega al gruppetto che si può fare «una passeggiata, e vedere le case dove erano nascoste le famiglie». Aurora è una di quelle persone come ancora se ne trovano nei paesi, appassionata di storia del posto, «di quelle minime che a volte incrociano la grande storia», uno era Nuto Revelli, che girava le Langhe registrando le voci dei vecchi, quello che avevano passato, le tribolazioni di vite povere e oneste, le guerre, le miserie. «Sono autodidatta, scrivo poesie e libri, vorrei che restasse la memoria», poi insegna italiano con altrettanta passione alle elementari di Villa di Serio. Aurora accompagna e spiega, dietro ci sono i figli di Giuditta, Annamaria e Giovanni, e il pronipote del prete, che si chiama Fabio Chiesa. Il professor Carrara, ora sindaco. E Sergio Iachia con la figlia Sarah, che dice «l’unica parola è gratitudine. Se Ama non avesse aiutato la mia famiglia, io non sarei qua, oggi». Sarah è stata una benedizione, per la scoperta di questa storia. Un giorno ha visto su Facebook l’appello di Aurora, che cercava notizie di certi Iachia e Lascar, rifugiati ad Ama, provincia di Bergamo, niente di più. Ha risposto, da lì ci sono state molte telefonate, molti ricordi sono tornati alla luce, fotografie, episodi, racconti. Da lì è nato un libro, Un rifugio vicino al cielo, libro piccolo ma importante, edito da Silele Edizioni. Così, si arriva su una strada in salita, a sinistra c’è una casa che sembra abbandonata, poi il nuovo proprietario la apre, si salgono scale strette e a un certo punto Lascar dice «riconosco le mattonelle, erano queste, bianche e grigie», come si usava nelle case di inizio secolo. E il balconcino dove lui e suo fratello, bambini, si affacciavano su un mondo che non sapevano se ostile --- «ero troppo piccolo» --- o amichevole, ma di certo erano amici, quegli uomini e quelle donne, silenziosi ma vicini, preoccupati alla morte per il rischio tremendo, consapevoli di star facendo la cosa giusta. Giovanni, figlio di Giuditta: «Nostra madre era molto religiosa, era sicura che sarebbe finita bene. Aveva fede. Ma forse aveva ancora paura, perciò non ne parlava mai. E se ne parlava, io purtroppo non ho mai capito l’importanza dei suoi racconti». Giuditta era una ragazzina di 14 anni, con le trecce lunghe, una «di quelle che nei paesi le trovi dappertutto, una sveglia». Aveva una nuova amica, questa Elsa Iachia, bionda, nelle foto poi recuperate dell’anteguerra, è una bambina che sorride, ignara di quello che stava per succedere ad altre bambine come lei. «Insieme giocavano, andavano a cicorie nei campi, proprio qui, su questo prato, dove vennero sorprese da un mitragliamento aereo», Aurora racconta, e racconta anche Sergio, che intanto entra in una camera dove ci sono ancora i mobili del tempo, il letto, l’armoir con lo specchio, il comò. «Questa era la stanza dei mei genitori. E qui stavamo io e mio fratello». Non è cambiato niente — è incredibile ma è così — gli anni sono passati e in queste stanze nessuno ha toccato più niente. «Qui stava lo zio Carubà. Poveretto, è poi morto mentre attraversava la linea gotica, a guerra finita. Tornava verso casa in bicicletta con mio padre, venne schiacciato da un camion americano. Mio papà l’ha portato in un cimitero lì vicino, con un carretto». Ora, sono quasi tutti morti. Di quelli che c’erano, restano i fratelli Guerino e Clara Mosca. Si va sotto la loro casa, che è ancora quella, all’albergo Tre Corone. Si apre una finestra e si affaccia Clara, «quanta paura abbiamo avuto, i tedeschi venivano a cercare mio padre, ci puntavano il mitra in faccia». Clara aveva 8 anni, era piccola e seria. Sapeva cos’era un mitra, e che nell’appartamento a fianco c’erano i Lascar, che durante le incursioni spegnevano tutto e stavano zitti, fermi, pregando. In quell’albergo arrivava sempre una telefonata di preallarme. Una amica chiamava da Bergamo, e diceva una sola parola: «Arrivano». Era il segnale del rastrellamento del giorno dopo. Il paese si preparava, si immaginano le corse, la paura, le preghiere alla madonna. I giovani caricavano i bambini ebrei in spalla e li portavano a Predale, una borgata di 12 case e 12 stalle, dove si rifugiavano i ragazzi renitenti alla leva, e i partigiani. Cessato l’allarme, si tornava alle case. Finita la guerra, i 17 ebrei sono tornati alle loro città, poveri ma vivi. Che vite hanno fatto, tutti. I salvati e i salvatori, con un terrore che è rimasto lì, fermo, per anni, «perché magari qualcuno vuole vendicarsi, chi lo sa. Meglio stare zitti, ancora un po’». Infine ha parlato la ragazzina Giuditta, quella con le trecce, voleva solo sapere della sua amica Elsa, se era viva, ed era viva. Sono morte prima di ritrovarsi, entrambe hanno avuto famiglie felici, e molti nipoti. Ma ignare e lontane, a volte le cose vanno così.






8.1.21

speriamo che il QAnon italiano e i loro seguaci non ripetano nella giornata della memoria ( 27 gennaio ) quanto fece Alessandro Meluzzi su twitter l'anno scorso con l'immagine del cancello di

La  settimana  "  rompi  "  sta  per  iniziare  . speriamo    che per  questo  27   gennaio d non  dover  assistere  di  novo a  simili  bestialità   come    quella  fatta   da Alessandro Meluzzi su Twitter il  cui post  è  stato  rimosso  (  forse  in un barlume  di   razionalità  o  forse  per  evitare  insulti personali  )  ma  fortunatamente  la  foto    dell'orripilante  misfatto  è stata   salvata  in tempo    per  essere  messa  in circolo  nella rete  . 


La foto ritoccata e postata ( poi rimossa visto che se si cerca su twitter compare la scritta : << Questo Tweet non è disponibile. ) da Alessandro Meluzzi 



Purtroppo non è la prima volta che succede, che il fotoritocco, cioè, arrivi a prenderla a prestito. A taroccarla. A cambiarne le parole. A utilizzarla, nonostante ciò che rappresenta di per sé, per veicolare messaggi di altro tipo. Accadde nel 2014 con Beppe Grillo, che la scelse, stravolgendola tra le polemiche, per attaccare il Colle e il governo. Riaccade oggi con Alessandro Meluzzi, psichiatra e già parlamentare - nel 1994 e 1996 - con Forza Italia. Opinionista televisivo, è riallacciandosi all'emergenza Covid che su Twitter Meluzzi pubblica un post con la foto del campo nazista. In alto, la rivisitazione della scritta: al posto de Il Lavoro Rende Liberi, il copia e incolla di un leit motiv degli ultimi mesi, quell'Andrà Tutto Bene che ha accompagnato emotivamente le settimane di lockdown prima dell'estate (sui balconi, alle finestre, nei selfie dei bambini) e che ora, con la risalita del numero dei contagi e il ritorno delle misure restrittive, si ripropone per molti. 


Premetto  che non sono    del   Pd  e  non lo  voto  più  perchè  ..  ma    questo  è  un altro  discorso  . Ma    concordo  con loro  

[... ]

Pd si è levato un coro di polemiche per l'uso di un'immagine che riconduce ai crimini dell'Olocausto. "Twitter oscuri il 'cinguettio' dello psichiatra Alessandro Meluzzi con un richiamo a Auschwitz". È quanto chiede Alessia Morani (Pd), sottosegretaria al ministero dello Sviluppo economico. Nel tweet, spiega Morani, "c'è una foto dell'ingresso al campo di sterminio con la scritta Arbeit macht frei sostituita da Andrà tutto bene. Io mi chiedo come Twitter possa consentire questa vergogna. Ma oscuratelo santo cielo!", conclude la sottosegretaria.Le fa eco il deputato dem Andrea Romano: "Chi si fa beffe della Shoah per la propria piccola, misera propaganda non merita la dignità di interlocutore. Nel mio piccolo, non parteciperò ad alcuna trasmissione televisiva che abbia questo signore tra i suoi ospiti #orabasta".


"Questo Meluzzi, psichiatra, passa la giornata sui canali Mediaset a dispensare lezioni su qualsiasi aspetto della vita umana. Qui ha toccato il fondo". Lo scrive il responsabile esteri del Pd, Emanuele Fiano, su Facebook commentando la fotografia pubblicata da Meluzzi. "Io non ammetto scuse con chi gioca con il simbolo dell'abominio dell'essere umano. Auschwitz. Utilizzare il simbolo della fabbrica della morte nazista, dove un milione e duecentomila persone sono state rese schiave, torturate, picchiate gasate e bruciate, dove è stata cancellata l'idea stessa di umanità per pura propaganda politica, a me fa orrore e schifo", aggiunge Fiano. "Fossi un conduttore di Mediaset non chiamerei più una persona del genere in trasmissione".

da    repubblica   del 19\10\2020   qui l'articolo

25.1.20

E' per fatti come questi di Mondovi che scrivo sul 27 gennaio pur giudicandola una giornata rompi


Prima  dell'inizio  del  post  d'oggi    Troverete     quegli approfondimenti  che mettono  a  fine post ,   qui  ho  deciso di metterli  all'inizio  post  in quanto   davanti a fatti simili  e    in vista  di giornate celebrative  di  solito    sono le  cose  che  si leggono  per  prima  ,    sulla  differenza  di  come    nei  lager  ci finirono  cosa  che    l'autore  (  o gli autori  )   di   tale infamia  e    vergogna  ignora  ,   anche   non ebrei  ma  politici  ,   omosessuali , ecc




di cosa  stiamo  parlando

Mondovì, scrivono "Qui c'è un ebreo" sulla porta del figlio di una deportata

L'uomo aveva ricordato su un giornale locale la madre, Lidia Beccaria Rolfi, che era stata imprigionata a Ravensbruck come politica. Il figlio: "Si è creato un clima e questi sono gli effetti". La ministra Azzolina: "Sono turbata, si è passato il limite".

Ora  dopo questa pippa iniziamo  il post    vero e proprio


Come  ho già detto nel  titolo di questo post m   ed ripetuto  ( l'ultima  qualche  post  fa  )   sarà una  giornata  rompi  e  puli coscienza   e  quindi davanti a fatti come  quello successo recentemente  Mondovì   non si ripetano e  non siano considerati  solo dei  gesti  isolati di deficienti   che  lo fanno  per  noia ed  emulazione     bisogna  parlarne ed  scriverne  sempre non solo a date    fisse    ed  evitare   la retorica   e di concentrarsi  come    non solo  il   27 gennaio   o quando  si tratta appunto  d'anniversari   come  quello  di  2  anni fa   in cui   si celebravano gli  80  anni  delle  leggi razziali  -  SIC  -  italiane , ma   tutti  i giorni  .
Parlare  ed  possibilmente  agire  In modo  di

31.1.19

Abbiamo smarrito il senso di ciò che succede , abbagliati dal pensiero dominante . ecco perché serve ricordare anche le giornate rompi come il 27 gennaio e il 10 febbraio


Infatti dopo " la  giornata  rompi    del 27  gennaio  "



Nonostante tutta l'ipocrisia ed il ricordo a senso unico e la rottura retorica ( ecco perché le definisco giornate rompi ) ricordo e scrivo post in merito . Infatti cerco il più possibile di farlo in maniera alternativa ed il più lontano possibile dai canoni ufficiali /istituzionali fatte (salvo eccezioni per lo più individuali ) di ricordi a senso unico e parziali ovvero come    dice https://www.fanpage.it in  :<< la Giornata della Memoria selettiva: ricordiamo i lager tedeschi ma non quelli italiani >>   visto   che  ricordiamo   ( salvo  eccezioni  )  Auschwitz, la Shoah \  olocausto  \  genocidio  e quindi   i lager tedeschi ma non conosciamo la storia dei nostri campi di concentramento italiani in Libia, Eritrea ed Etiopia. Ed  soprattutto   quelli  nei due  campi  Italiani   usati dai tedeschi  con la  nostra  complicità  e  collaborazione  Fossoli ( in emilia  romagna  )   e La  riviera  di San  Sabba (trieste.
 Una giornata della Vergogna per i crimini coloniali fascisti sarebbe doverosa nell’epoca di “Prima gli Italiani” come l'appena trascorsa giornata del 27 gennaio edizione 2019
Ecco perché, rispondo così a chi mi chiede perché da uomo di sinistra ricordo e celebro la giornata delle foibe , sempre in maniera alternativa per il suddetto motivo espresso nelle righe precedenti ,  il 10 febbraio ovvero  il cosiddetto    giorno del  ricordo o   giornata    delle foibe che  ha  sempre    e  causa    sempre  polemiche  e  critiche   per  l'uso   strumentale  che  se  ne  fa   da  una parte     e  dall'altra  .  Infatti 
  [....]    da  https://it.wikipedia.org/wiki/Giorno_del_ricordo#Critiche_e_polemiche

L'istituzione del Giorno del ricordo venne tacciata di neofascismo e revanscismo, in quanto decontestualizzerebbe i massacri delle foibe dall'invasione della Jugoslavia, dai precedenti crimini di guerra italiani in Jugoslavia e dalla forzata italianizzazione delle terre di confine[74][75][76][77][78].
Critiche storiografiche[modifica | modifica wikitesto]Secondo Giovanni De Luna e Franco Cardini, il Giorno del ricordo, istituito quattro anni dopo il Giorno della memoria, si è di fatto contrapposto a quest'ultimo[79][80]Filippo Focardi ha rilevato la contrapposizione del Giorno del ricordo - "tenuto conto della prassi e dello stile commemorativo - sia alla memoria della Resistenza sia alla memoria della Shoah sia alle celebrazioni del 25 aprile"[81]. Lo stesso studioso ha in seguito meglio precisato il suo pensiero: secondo Focardi, «il giorno in ricordo delle foibe, fortemente voluto da Alleanza Nazionale, si è caratterizzato per una costruzione della memoria imperniata sulla denuncia della violenza comunista jugoslava contro gli italiani senza alcun riferimento al contesto storico, né alla precedente oppressione fascista delle minoranze slovene e croate incluse nel Regno d'Italia dopo la Grande Guerra, private della loro lingua e della loro cultura, né ai crimini commessi dal 1941 al 1943 dalle armate di Mussolini; antecedenti che almeno in parte spiegano la "controviolenza" successiva (animata però anche da radicali progetti annessionistici). Si è così proposta una memoria modellata sulla narrazione di matrice neofascista sviluppata fin dall'immediato dopoguerra, che riversa esclusivamente sulla Jugoslavia di Tito l'accusa di aver commesso crimini efferati in nome di un odio antitaliano votato alla pulizia etnica e giunge iperbolicamente a equiparare le foibe alla Shoah (si è parlato infatti di "Shoah italiana"). Risultano in questo modo del tutto trascurati sia le reali dimensioni del fenomeno sia i risultati della storiografia italiana e internazionale che ha indagato a fondo, ponendola in un più generale quadro europeo, l'evoluzione dei rapporti fra le popolazioni di origine italiana e slava di quelle regioni, nonché le violenze e i torti reciproci»[82].
Enzo Collotti ha invece rilevato come "delle vittime delle foibe e dei dolori e delle sofferenze di coloro che condivisero l'esodo istriano ai politici che ne vogliono monumentalizzare il ricordo in un secondo ambiguo giorno della memoria interessi relativamente poco. Sono in gioco esclusivamente interessi elettorali (...). Ad una cultura legata ai valori della Resistenza e dell'antifascismo (...) si va sostituendo una cultura diffusa fatta (...) di vere e proprie falsificazioni". Collotti definì il Giorno del ricordo "un ambiguo contraltare del Giorno della memoria"[83].
"Forti perplessità" sono state espresse anche da parte dello storico del colonialismo italiano Angelo Del Boca, il quale ha fra l'altro definito la commemorazione "una battaglia strumentale della destra in contrapposizione alla Giornata della Memoria, a cui i partiti di sinistra si sono adeguati per non lasciare il monopolio assoluto all'altra fazione"[84]. Gustavo Corni ha invece rilevato come l'istituzione del Giorno del Ricordo sia stata progettata "come possibile elemento unificante e legittimante di un nuovo patriottismo" fortemente avallato dal centrodestra italiano.[85]Critiche alla ricorrenza sono state espresse a vario titolo anche da altri storici accademici, intellettuali ed associazioni italiane, quali Angelo d'Orsi[86], Davide Conti[87]Paolo Rumiz[88] e l'ANPI[89]. Altre critiche - in particolare riferite al discorso del 2006 di Ciampi - furono espresse sia dallo scrittore Antonio Tabucchi[90] che dallo storico triestino Galliano Fogarazionista ed esponente di punta del CLN triestino, che criticò pure alcune precedenti affermazioni di sostegno alla proposta di Menia di istituzione del Giorno del ricordo da parte di Fassino e Violante, e parlò di memoria dimezzata e di rimozione del fascismo e dei crimini di guerra italiani in Jugoslavia quali terreno di coltura delle successive violenze postbelliche da parte jugoslava[91].
ed anche molte sempre secondo la stessa fonte critiche storiografiche

Secondo Giovanni De Luna e Franco Cardini, il Giorno del ricordo, istituito quattro anni dopo il Giorno della memoria, si è di fatto contrapposto a quest'ultimo[79][80]Filippo Focardi ha rilevato la contrapposizione del Giorno del ricordo - "tenuto conto della prassi e dello stile commemorativo - sia alla memoria della Resistenza sia alla memoria della Shoah sia alle celebrazioni del 25 aprile"[81]. Lo stesso studioso ha in seguito meglio precisato il suo pensiero: secondo Focardi, «il giorno in ricordo delle foibe, fortemente voluto da Alleanza Nazionale, si è caratterizzato per una costruzione della memoria imperniata sulla denuncia della violenza comunista jugoslava contro gli italiani senza alcun riferimento al contesto storico, né alla precedente oppressione fascista delle minoranze slovene e croate incluse nel Regno d'Italia dopo la Grande Guerra, private della loro lingua e della loro cultura, né ai crimini commessi dal 1941 al 1943 dalle armate di Mussolini; antecedenti che almeno in parte spiegano la "controviolenza" successiva (animata però anche da radicali progetti annessionistici). Si è così proposta una memoria modellata sulla narrazione di matrice neofascista sviluppata fin dall'immediato dopoguerra, che riversa esclusivamente sulla Jugoslavia di Tito l'accusa di aver commesso crimini efferati in nome di un odio antitaliano votato alla pulizia etnica e giunge iperbolicamente a equiparare le foibe alla Shoah (si è parlato infatti di "Shoah italiana"). Risultano in questo modo del tutto trascurati sia le reali dimensioni del fenomeno sia i risultati della storiografia italiana e internazionale che ha indagato a fondo, ponendola in un più generale quadro europeo, l'evoluzione dei rapporti fra le popolazioni di origine italiana e slava di quelle regioni, nonché le violenze e i torti reciproci»[82].
Enzo Collotti ha invece rilevato come "delle vittime delle foibe e dei dolori e delle sofferenze di coloro che condivisero l'esodo istriano ai politici che ne vogliono monumentalizzare il ricordo in un secondo ambiguo giorno della memoria interessi relativamente poco. Sono in gioco esclusivamente interessi elettorali (...). Ad una cultura legata ai valori della Resistenza e dell'antifascismo (...) si va sostituendo una cultura diffusa fatta (...) di vere e proprie falsificazioni". Collotti definì il Giorno del ricordo "un ambiguo contraltare del Giorno della memoria"[83].
"Forti perplessità" sono state espresse anche da parte dello storico del colonialismo italiano Angelo Del Boca, il quale ha fra l'altro definito la commemorazione "una battaglia strumentale della destra in contrapposizione alla Giornata della Memoria, a cui i partiti di sinistra si sono adeguati per non lasciare il monopolio assoluto all'altra fazione"[84]. Gustavo Corni ha invece rilevato come l'istituzione del Giorno del Ricordo sia stata progettata "come possibile elemento unificante e legittimante di un nuovo patriottismo" fortemente avallato dal centrodestra italiano.[85]Critiche alla ricorrenza sono state espresse a vario titolo anche da altri storici accademici, intellettuali ed associazioni italiane, quali Angelo d'Orsi[86], Davide Conti[87], Paolo Rumiz[88] e l'ANPI[89]. Altre critiche - in particolare riferite al discorso del 2006 di Ciampi - furono espresse sia dallo scrittore Antonio Tabucchi[90] che dallo storico triestino Galliano Fogar, azionista ed esponente di punta del CLN triestino, che criticò pure alcune precedenti affermazioni di sostegno alla proposta di Menia di istituzione del Giorno del ricordo da parte di Fassino e Violante, e parlò di memoria dimezzata e di rimozione del fascismo e dei crimini di guerra italiani in Jugoslavia quali terreno di coltura delle successive violenze postbelliche da parte jugoslava[91].   


quindi per  evitare    sia quello  che   dice  nel  video  citato all'inizio     sia  per    evitare  che simili cose    si ripetano e  ritornino    l, lo so  che sembrerò retorico ed  ripetitivo  , ma  non mi  viene  in mente  altro     , ricordiamo  . Soprattutto   che  la storia  sia  usata  per  speculazione  e strumentalizzazione  politica (  vedi il 10  febbraio per  rimanere  al caso italiano    )  , non basta  quanto lo  è  stata  nel secolo scorso   

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...