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7.2.17

Cosa rimane dell'esodo istriano: storia di Maria Soldati, comunista irriducibile rimasta in Istria per insegnare – Storie

Prima di'iniziare devo far due precisazioni :
1) l'articolo riportato sotto    della rivista    storie.it è stato riportato   con il  copia e incolla  senza    aspettare la  risposta  via email della rivista  .Quindi  se   al redazione  o  gli autori dovessero    vederne una violazione del copy right    , esso sarà rimosso  , lasciando  solo  l'indirizzo    internet  
2)   ho  solo accennato    a una  " categoria  " d'italiani   rimasti  dopo il 1945 nella  Jugoslavia  di Tito ora   Slovenia e  Croazia  perchè  online   (  forse  ho cercato male  o   chi  sa per  quale  arcano motivo  )  ho trovato   solo queste  storie  ma  grazie  ai rappresentanti   l'Unione Italiana in Croazia, Slovenia qui  loro  siti  di  riferimento    :

Nei  post  su tali argomento, negli anni precedenti ,   ho sempre  parlato  :  dell'esodo  ,  delle comunità sarde   degli esuli  istriani  . Ebbene stavolta   riporto la storia    di quegli Italiani che  sono rimasti .
Infatti  (....)  Una piccola parte della comunità italiana, soprattutto proletari, scelse, per ragioni ideologiche o per l'impossibilità "fisica" di affrontare l'esilio (per età, salute, vincoli famigliari (.....)
Foibe, convegno "negazionista" patrocinato dal Comune
di non emigrare e s'integrò nella società jugoslava ottenendo negli anni seguenti il riconoscimento di alcuni diritti, sia pure più formali che sostanziali; alcuni, perfino, non si resero conto che l'autorizzazione all'esilio, rilasciata dalle autorità jugoslave, era soggetta a scadenza, e lasciarono decorrere il termine, magari per prestare le ultime cure ai campi o alle vigne; ad altri Italiani, in generale medici, tecnici, ecc., considerati utili dal regime titoista, fu semplicemente negato il diritto all'opzione e all'esilio; talvolta gli Jugoslavi adottarono l'escamotage di autorizzare la partenza di tutti i membri di una famiglia tranne un figlio o, preferibilmente, una figlia, inducendo così anche gli altri a rinunciare. Secondo gli ultimi censimenti sloveni e croati vivono nell'Istria slovena intorno a 3.000 membri dichiaratisi di etnia italiana, mentre il loro numero in Croazia - fra l'Istria, Fiume e la Dalmazia - si aggira intorno ai 34.000  (....)  da https://it.wikipedia.org/wiki/Esodo_giuliano_dalmata
per  chi  ritenesse   l'articolo riportato sotto   poco rappresentativo sugli italiani  rimasti in  quei territori    sotto il regime  \   dittatura   Comunista  può consultare  questi documenti   bibliografici e  video


MONAI, Fulvio, Un pittore rimasto sempre fedele alla sua terra: Nino Perizzi sta in: ALTRA, L', Sponda;A.IV.Nr.10-12.1959., Milano, 1959., 5409/10

160/L-2012 LXI/B4 SIMONE, (De) Pasquale / Lettere dopo vent'anni ad un amico rimasto a Pola / Gorizia : Tipografia Budin, 1968. - 78 pp. ; 22 cm.

123/L-2006PAIANO, Giacomo / La memoria degli italiani di Buie d'Istria : Storie e trasformazioni di una comunità contadina tra il 1922 e il 1954 nelle testimonianze dei "rimasti" / Rovigno-Trieste : Unione Italiana-Università Popolare, 2005. - 220 pp. ; 24 cm. - (Monografie IX)
65/L-2008LXI/C2TAZZER, Sergio / Tito e i rimasti : La difesa dell'identità italiana in Istria, Fiume e Dalmazia / Gorizia : LEG, 2008. - 230 pp. ; 21 cm.
67/L-2010LXI/B3BERNAS, Jan / Ci chiamavano fascisti. Eravamo italiani : Istriani, fiumani e dalmati: storie di esuli e rimasti / Milano : Mursia, 2010. - 178 pp. : ill. ; 21 cm.
646/L-2011CXIX/4RADIVO, Paolo / Una riconciliazione tra "esuli" e "rimasti" nella Sebenico del 1412 / S.l. : S.n., s.a. - ill. ; 24 cm. Estr. da: Archeografo Triestino, Serie IV - 2009 Volume LXIX (CXVII della Raccolta), 233-350
43/L-2013NEMEC, Gloria / Nascita di una minoranza : Istria 1947-1965: storia e memoria degli italiani rimasti nell'area istro-quarnerina / Rovigno-Fiume-Trieste : Centro di Ricerche Storiche-UI-UPT-Università degli Studi Dipartimento Studi Umanistici, 2012. - 446 pp. : ill. ; 24 cm. - (Etnia - XIV)
486/DVD-2010III/2-DVD/ ITALIANI sbagliati, storia e storie dei rimasti / Con la partecipazione di Ester Barlessi, Alessandro Damiani, Mario Schiavato, Giacomo Scotti, Claudio Ugussi; interventi di Silvio Forza, Elis Deghenghi Olujić, raul Pupo, Giovanno Radossi, Maurizio Tremul. - Soggetto e sceneggiatura Francesco Cenetiempo, musiche Thomas Bali. 

disponibili  presso il Centro di Ricerche Storiche di Rovigno 
Rovigno-Rovinj 52210, piazza/Trg Matteotti, 13 - Tel. +385 52 811133 / 811412 - Fax +385 52 815786  Orari: da Lunedì a Venerdì 07.00-15.00
 


da http://www.storie.it/storia/cosa-rimane-dellesodo-istriano-storia-di-maria-soldati-comunista-irriducibile-rimasta-in-istria-per-insegnare/


Maria Soldati (vedova Velan) è comunista da sempre. Non dice “socialista”, ma “comunista”, lei che è nata, ha vissuto e lavorato in Istria, a Rovigno, da comunista con i comunisti italiani rimasti, con gli italiani anticomunisti più o meno dichiarati rimasti, con quelli rimasti e basta e naturalmente con gli jugoslavi che arrivarono dopo la fine della seconda guerra mondiale, anzi, dopo l’esodo che svuotò queste terre nella seconda metà degli anni ‘40 del secolo scorso e oltre, negli anni ‘50. Maria è comunista, ma dice con schiettezza da brivido: “Ora sono anziana, mi è difficile anche pensarle, certe cose, però una cosa devo dirla: o abbiamo scherzato prima, intendo durante tutta la storia della Repubblica Socialista Federale Jugoslava, oppure abbiamo scherzato dopo”. Maria si riferisce al periodo che va dal 1944, con la proclamazione della generica Democrazia Federale di Jugoslavia, alla sua frantumazione conclusasi nel 1992.
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La locandina de “La città dolente” di Mario Bonnard,  (immagine  sopra  )  preziosa pellicola sul drammatico esodo degli italiani dall’Istria in seguito al trattato di pace di Parigi stipulato tra l’Italia e le potenze vincitrici con il quale fu decretata la cessione dell’Istria e di gran parte della Venezia Giulia alla Jugoslavia. Il film, realizzato nell’autunno del 1948, è quasi contemporaneo agli avvenimenti che racconta ed è stato sceneggiato, tra gli altri, da Fellini



Quasi mezzo secolo durante il quale dramma e commedia si fondono e, chiedendo scusa a Maria, viene in mente Maurizio Ferrini, comunista romagnolo di “Quelli della notte” di Arbore, rappresentante di pedalò della ditta Cesenautica, che condiva ogni suo intervento con il tormentone “non capisco, ma mi adeguo” e parlava del comunismo come di un destino dell’umanità “in un futuro di popoli” (richiamandosi allo Stalin della Conferenza di Yalta). Ecco appunto, popoli che si fecero guerra nei Balcani. Ma Maria è sincera: si rifà in primo luogo alle cosiddette “decisioni di Pisino” del 13 settembre 1943, cinque giorni dopo l’8 settembre, e confermate il 26 dello stesso mese, quando il Comitato regionale della Liberazione Popolare dell’Istria deliberò autonomamente sulla “unione alla madre patria e proclamazione dell’unione con i nostri fratelli croati”.
In pratica, i partigiani comunisti (tra i quali molti italiani provenienti dal nostro esercito, ma che non facevano parte del comitato direttivo) che insieme all’Armata Rossa e agli alleati avevano vinto la guerra, precorsero i tempi. Tanto più che le “decisioni di Pisino” annullarono le leggi fasciste, riconoscendo agli italiani d’Istria “tutti i diritti nazionali”. In realtà dopo l’8 settembre 1943 le truppe tedesche occuparono Trieste, Pola e Fiume, ma non riuscirono a controllare veramente l’interno dell’Istria, dove appunto si trova Pisino. Lì e in altre località affluirono le formazioni partigiane slave e un po’ ovunque vennero instaurati poteri popolari. Gli arresti e le violenze contro squadristi, gerarchi locali, rappresentanti dello Stato furono le prime manifestazioni del nuovo potere.
Ragioni storiche, etniche e politiche si fusero a istanze sociali e così furono colpiti anche possidenti terrieri italiani, dirigenti e dipendenti di aziende che il tribunale rivoluzionario di Pisino condannò e fece uccidere già nel corso di settembre-ottobre anche per liberarsi di pericolosi testimoni durante un’eventuale controffensiva tedesca. I fatti di Pisino si sommarono a quelli della primavera del 1945, quando alcune centinaia di militari italiani repubblichini furono giustiziati. Altri migliaia di uomini moriranno in seguito nei campi di prigionia titini, fra i quali anche finanzieri e membri della guardia civica, cioè corpi largamente infiltrati dal Comitato di Liberazione Nazionale italiano, che “non avevano mai partecipato ad azioni antipartigiane e avevano anzi preso parte all’insurrezione contro i tedeschi” (“La Storia, Biblioteca di Repubblica”, De Agostini/UTET 2004).
napolitano-turk-josipovic-monumento-esodo
Il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano, quello sloveno Danilo Turk e quello croato Ivo Josipovic di fronte al monumento dell’Esodo di Trieste in occasione della storica commemorazione del luglio 2010 che ha sancito la riconciliazione tra italiani, sloveni e croati

Le drammatiche notizie allarmarono profondamente la popolazione italiana, affievolendone la spinta a collaborare alla guerra contro il nazifascismo ancora in corso, nel timore che i partigiani titini vincitori avrebbero commesso nuove violenze. “A parte i casi evidenti di giustizia sommaria, sia gli arresti (…) sia le eliminazioni non avvennero tanto sulla base delle responsabilità personali quanto su quella della mera appartenenza nazionale”. Per quanto riguarda le vittime, “si può affermare che il numero di coloro che vennero gettati nelle foibe è probabilmente intorno al migliaio”. Tra scomparsi in prigionia e dispersi, per i giuliano dalmati le perdite furono “circa 10.000, contando anche le vittime di guerra in generale”. (op.cit.)
Maria, nata nel 1934, non aveva ancora dieci anni l’8 settembre. Continuò a studiare in scuole italiane e si diplomò maestra. Conseguì poi a Pola una sorta di laurea breve che la abilitò come insegnante di lingua e cultura italiana per le scuole medie e, dopo decenni di insegnamento, negli anni finali della sua carriera Maria è stata dirigente scolastica della scuola italiana di Rovigno, che comprendeva la materna, le elementari e la media inferiore. È in pensione dal 1991.
Più che le “decisioni di Pisino”, per quanto significative, fu il trattato di Parigi, firmato nel 1947 fra lo Stato italiano e gli Stati vincitori della seconda guerra mondiale, a cambiare per sempre la vita di Maria Soldati. Il trattato sancì infatti la cessione alla Jugoslavia, da parte dell’Italia sconfitta, della città di Fiume, del territorio di Zara, delle isole di Lagosta e Pelagosa, di gran parte dell’Istria, oltre che del Carso triestino e goriziano e dell’alta valle dell’Isonzo. Maria rimase. La sua famiglia rimase. Assistettero all’esodo di amici, parenti, conoscenti e concittadini, a quella diaspora storicamente definita “esodo giuliano dalmata” che fu particolarmente massiccio in Istria e portò al quasi completo svuotamento di interi villaggi e città, visto che anche numerosi croati e sloveni seguirono gli italiani nell’esilio.
La diaspora di circa duecentocinquantamila persone fu una decisione, o una costrizione, diffusa in tutte le classi sociali, dai professionisti agli impiegati pubblici ai molti artigiani e operai specializzati dell’industria: da ciò una profonda crisi economica del Paese, privato di risorse umane, di conoscenze, del proprio tessuto socio-culturale insomma. Risalgono proprio a quegli anni i ricordi più duri di Maria: chi partiva sapeva che avrebbe perso tutto ma lo stesso considerava inspiegabile la scelta di coloro che sarebbero rimasti e sarebbero andati incontro a nuove tensioni: come sarebbero stati trattati dai nuovi venuti, dai nuovi leader, quale sarebbe stato il futuro di una comunità ridotta, stroncata, decapitata? Chi rimase, però, ebbe una grande occasione, una sfida: mantenere in vita quella comunità, significando con questo la lingua, le tradizioni, i libri, i giornali, l’arte, insomma la cultura italiana.
Una dura lotta, lo si avverte anche dal racconto pacato di Maria, che ebbe sempre ben chiara questa missione, e per realizzarla lavorò a testa alta. Ben avvertendo, certo, l’ostilità dell’ambiente circostante, eppure, rigando dritto e lavorando sodo, poté fare molto, se è vero che le scuole italiane attirarono anche le famiglie croate. L’unica costrizione che Maria riconobbe chiaramente fu il divieto di professare a scuola qualsiasi religione, argomento peraltro drammaticamente attuale. Natale e Pasqua si celebravano all’inizio privatamente, con il passare degli anni sempre più apertamente. Ma Maria è atea e non avvertì più di tanto questa pressione. Poi ci furono gli anni belli, gli anni ’70 e ‘80, quando la famiglia Soldati passava le vacanze in Italia e andava a sciare in Trentino.

zampa-cuori-senza-frontiere
Gina Lollobrigida e Raf Vallone in una scena di “Cuori senza frontiere” di Luigi Zampa. Ambientato in un paesino del Carso che si ritrova diviso in due dal confine fra Italia e Jugoslavia, il film vuole denunciare l’assurdità di un provvedimento che ha letteralmente lacerato la vita della popolazione locale



All’epoca Maria lavorava, il marito faceva il veterinario e avevano un figlio. Nel Paese del socialismo “dal volto umano”, nella Jugoslavia di Tito, si poteva fare anche questo. Ma il regime era sempre in allerta e già nel 1952, con la promulgazione dei decreti sulla scuola dell’Ispettore generale dell’istruzione pubblica jugoslava Anton Perusko, si erano create commissioni incaricate di verificare la “vera” nazionalità degli alunni delle scuole italiane. I cognomi che avevano un suono “slavo”, magari terminanti in “ch”, condannavano il portatore ad essere trasferito dall’istituto italiano in uno croato o sloveno. Comunque la storia superò anche Perusko, e la cultura italiana in Istria poté sopravvivere e persino prosperare, anche grazie a insegnanti e dirigenti come Maria. Nelle scuole, ma anche nei teatri, nei centri culturali italiani, un po’ ovunque, in uno spirito di unità e fratellanza.
Vennero pure gli aiuti dallo Stato italiano, attraverso accordi con quello jugoslavo prima e croato poi: sostegno attraverso libri di testo, gite in Italia, formazione degli insegnanti, scambi con scuole del Friuli Venezia Giulia, manifestazioni culturali. Una comunità e un organismo vivo. E allora ecco che, secondo il censimento del 2001, i comuni della Croazia con il maggior numero di parlanti italiano si trovavano tutti in Istria: Grisignana 66%, Verteneglio 41%, Buie: 40%, Portole: 32%, Valle d’Istria: 22%, Umago: 21%, Dignano: 20%. In molti comuni della Regione istriana della Croazia vigono statuti bilingui, e la lingua italiana è considerata lingua co-ufficiale. Vi sono alcune scuole italiane in Istria: scuole elementari a Buie, Umago, Cittanova, Parenzo, Pola e Rovigno; scuole medie a Pola e Rovigno. A Fiume (Rijeka) la comunità italiana dispone di asili, elementari, medie e un liceo. Vi è inoltre la proposta di elevare l’italiano a lingua co-ufficiale, come nella Regione Istriana. A Zara la comunità italiana locale ha richiesto la creazione di un asilo italiano che avrebbe dovuto essere aperto nel 2009, ma l’imposizione di un filtro nazionale – che imponeva l’obbligo di possesso di cittadinanza italiana per l’iscrizione – ne ha bloccato la nascita. In compenso, un asilo italiano è stato aperto nel 2010 a Lussinpiccolo.
Nel frattempo la politica ha fatto, pur con colpevole ritardo, dei passi avanti nel riconoscimento delle tragedie collaterali alla seconda guerra mondiale che hanno colpito rispettivamente il popolo italiano e quello slavo. In Italia è stato istituito dal 2004 il Giorno del ricordo, solennità civile nazionale, celebrata il 10 febbraio, giorno in cui, nel 1947, fu firmato il trattato di Parigi. Vale la pena citare il testo della legge: “La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale ‘Giorno del ricordo’ al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Nella giornata […] sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado. È altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende. Tali iniziative sono, inoltre, volte a valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario e artistico degli italiani dell’Istria, di Fiume e delle coste dalmate, in particolare ponendo in rilievo il contributo degli stessi, negli anni trascorsi e negli anni presenti, allo sviluppo sociale e culturale del territorio della costa nord-orientale adriatica ed altresì a preservare le tradizioni delle comunità istriano-dalmate residenti nel territorio nazionale e all’estero”.zampa-cuori-senza-frontiere2

Nel luglio 2010, come scrive forse un po’ affrettatamente il Piccolo online “La riconciliazione tra italiani, sloveni e croati è compiuta. Come da programma, il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, quello sloveno Danilo Turk, e quello croato Ivo Josipovic hanno deposto corone all’ex Hotel Balkan, luogo simbolo delle sofferenze patite dalla minoranza slava nel corso del Novecento, e al monumento all’Esodo degli istriani, fiumani e dalmati di piazza Libertà”.
Maria, che era ed è comunista, ripensa alla sua vita, ma non ha una soluzione, una sintesi, come la maggior parte di noi. Guarda il sublime panorama del panettone di Rovigno nella mite e luminosissima giornata di febbraio che ha benedetto il nostro incontro. Pensa al comunismo, pensa alla Jugoslavia, pensa ai morti, i suoi italiani, i fascisti italiani, i comunisti italiani, i partigiani jugoslavi e italiani, gli jugoslavi, i suoi concittadini croati, i suoi concittadini italiani, e ai vivi, agli esuli sopravvissuti e ai loro discendenti. Persone e ideali, fatti e conquiste concrete che non ci sono più, o che hanno cambiato definizione, o che non sono più sentite come tali. Confini, forme di governo, e tutto mentre la vita continua e cambia. Perché la vita non sempre aderisce ai trattati: “Non è una storia semplice. E comunque nelle partite con la Croazia faccio il tifo per l’Italia”, confida Maria. (Marco Zovi)




12.2.14

magazino18 di Cristicchi un primo passo di memoria condivisa sulle foibe e sull'esodo ?

Prima d'iniziare  la mia recensione   dell'opera  teatrale   contesta   ( vedi a destra  una delle  foto  con insulti  a  cristicchi    riportate  dalla  stesso    sula  sua  pagina   ufficiale  di  Facebook
) riporto  qui  questo  editoriale  di Michele Serra   dedicandolo a   chi contesta  un opera  senza  prima averla vista  . 

<<“Grazie mamma Rai, più che seconda serata è un notturno per chi soffre d’insonnia!!!>>   ho visto su rai replay  lo spettaclomagazino18 di Cristicchi  . Come  dice il http://www.secoloditalia.it/

 Va beh…”. “Simone non c’impediranno di vederti nemmeno se mandano Magazzino 18 alle 3 di notte! Rai ha cercato di calmare le “acque”, ma l’orario è improponibile…ci vediamo a Udine!!”. È la voce del web all’indomani della Giornata del ricordo dell’esodo giuliano-dalmata e del dramma delle foibe,  troppo ingombrante persino per il servizio pubblico. Dopo una giostra di stop and go, annunci e ripensamenti, per la Giornata istituita dieci anni fa dopo mezzo secolo di silenzio e occultamenti, la rete ammiraglia Rai ha scelto una soluzione a metà, un compromesso all’italiana: relegare in seconda serata  dopo Porta a Porta (per fortuna dedicata alle foibe) lo spettacolo Magazzino 18 di Simone Cristicchi. Il monologo, registrato a ottobre al Politeama Rossetti di Trieste, è apparso sul piccolo schermo pochi minuti prima della mezzanotte, orario in cui gli sbadigli sono in agguato. Chi ha resistito al richiamo del letto ha potuto apprezzare il musical recitato da Cristicchi. accompagnato dall’Orchestra Sinfonica e dal Coro dei bambini del Friuli  Venezia Giulia. per “ricordare” i 350.000 italiani di Fiume, Istria e Dalmazia che nel 1947 furono costretti ad abbandonare tutto per sfuggire all’occupazione titina e al disegno ella Grande Jugoslavia comunista. Nessun intento revisionista, nessuna apologia di fascismo nell’opera di Cristicchi che vuole recuperare una pagina di storia strappata, ignorata dai libri di storia, messa a tacere dal Partito comunista italiano, trascurata dai governi democristiani, insabbiata dall’Italia ufficiale e dagli alleati che non mossero un dito per impedire l’esodo disperato di quelli italiani (tra i quali preti, bambini, partigiani e comunisti, non solo fascisti).«Contro ogni negazionismo – ha spiegato Jan Bernas coautore di Magazzino 18 – la storia non appartiene a nessuno ma la verità è di tutti. E deve diventare coscienza e conoscenza nazionale». Questo il senso dello spettacolo, messo all’indice dalla sinistra militante, dai nostalgici della guerra civile, contestato a teatro da patetiche incursioni dei centri sociali a suon di slogan pro Tito in un crescendo di veleno fino alle minacce di ieri  (Cristicchi boia!) durante la rappresentazione a Roma dello spettacolo [....]  continua  qui 


 la storia è sempre fatta di fatti che si concatenano c'è un PRIMA e un DOPO . Ma il DOPO non è mai giustificato dal DOPO ma spiegato dal PRIMA .
Ecco perchè la rai visto che cristicchi parla di tale fenomeno a 360 gradi senza nessun sconto a nessuno. Ecco perchè l'opera magazino18  non è  andato in onda  in prima  serata  ma  a notte fonda. 
È una narrazione forte e schietta, che ti entra dentro, che non scade mai nella retorica commemorativa, un piccolo capolavoro che gli addetti ai lavori hanno ribattezzato  “Musical Civile”. Un’opera coraggiosa che ha stregato il pubblico triestino riscuotendo un successo crescente in tutte le tappe della tournée.Un 'opera bella bello e triste .Originale  e toccante    il modo  di raccontare  tali eventi
. Infatti Magazzino 18 si apre con la visione dell’impressionante mole di oggetti personali (che gli italiani di Istria, Fiume e Dalmazia costretti a evacuare lasciarono al Servizio Esodo) ancora ammassati dopo sessant’anni al Porto di Trieste all’interno, appunto, del Magazzino 18 abitato da fantasmi e da topi. L’escamotage dell’archivista inviato dal ministero per inventariare “quella roba” permette di riportare alla luce le vite che si nascondono dietro una sedia, una chitarra, una lettera, una panca.
Spalancando le porte del magazzino vengono riesumati brandelli di un’immensa tragedia di cui quasi nessuno sa nulla. Le foibe, le esecuzioni sommarie che non risparmiarono donne, bambini e sacerdoti, la vita nei campi profughi, il dolore straziante degli italiani imbarcati sulla nave Toscana nel vedere via via all'orizzonte allontanarsi la loro terra. I “fantasmi delle masserizie” evocano Norma, figlia di un fascista, violentata e poi scaraventata in una foiba con i seni pugnalati; Mafalda, caricata con centinaia di prigionieri su una nave lanciata verso mine galleggianti; Marinella, la bambina di appena un anno morta di freddo in un campo profughi vicino Trieste; Geppino Micheletti, il medico che prestò soccorso ai sopravvissuti della strage di Vergarolla nella quale aveva appena perso i suoi due figli. È una narrazione forte e schietta, che ti entra dentro, che non scade mai nella retorica commemorativa, un piccolo capolavoro che gli addetti ai lavori hanno ribattezzato “Musical Civile”.Essa  rende  benissimo  il monologo  un genere  teatrale   se  fatto  tanto per  fare   pesante  e noioso .
Nonostante  alcuni limiti storici  vedere  qui, e la  dimenticanza  (  scritta  in fretta  o errore ? )  dei campi di concentramento  italiani  o  quelli  nazisti  a  fossoli   e  risiera  di  san saba  , la  sua  opera  è un qualcosa  di scomodo e  d'indigesto  per tutti  perchè non fa  favori nè a destra  nè a  sinistra  .
Perchè racconta  la situazione storica  del   confine  orientale  (  Croazia ) a  360  gradi e senza   strumentalizzazioni  o melglio uso politico  ( vedere i miei post  su tali eventi )  di queste  vicende  .Una ferita  ancora  aperta. Vicende  che non vanno dimenticate  ne strumentalizzate   come  ho detto  ( e  continuerò a dire ) in tutti i miei post   fatti in  questi  10 anni  di blog  . 
Grazie   Cristicchi  pernon aver fatto a nessuno .Ed  aver attaccato  : 1) i  giustificazionisti  , gli scaricabarile ,2)  gli indifferenti  e  i silenti  che hanno permesso  l'oblio di queste vicende .3 ) a certa  sinistra  quella   del partito  comunista    che dissero  e fecero  (   ed alcuni vedi i contestatori aprioristici  dell'opera teatrale in questione , continuano )  a definire  gli italiani fuggiti  da tali  zone  come  fascisti 

2.2.14

quando alle foibe saranno ricordate a 360* e non solo le brutture comuniste si potrà avere un ricordo comune o condiviso . io ricordo ma non celebro

per  approfondire  l'argomento

Terribile constatare  che  man mano che  ci si avvicina  al  10  febbraio , come   per la giornata della memoria  : << quasi tutti si affannano a ricordare le vittime dell'olocausto, ma alcune persone che conosco personalmente, non sono nemmeno capaci di far pace con il loro cervello, e portano rancore per i propri simili ,familiare e amici. Fino a ieri gridavate morte per l'intera umanità. Ma stranamente questo fenomeno "TELEVISIVO" dell'olocausto lo usate come pretesto per ricorda (AGLI ALTRI) che si deve essere buoni con ebrei,sunniti ,rom, omosessuali etc. Ricordate a voi stessi che siete FALSI COME LA MERDA .
 

Gli altri non hanno bisogno delle vostre finte prediche. Sicuramente e vi vedete un trans che vi sculetta davanti, vi viene voglia di prenderlo a mazzate, così come se ascoltate un discorso di un ebreo , sul fatto che vi considera INFERIORI siete i primi ad urlare "H H" merde ipocrite.>> , tutti    s'affanno a ricordare   e celebrare  le  vittime delle foibe    slave  - comuniste   ed   l'esodo   di tali popolazioni  dimenticando  ed  omettendo   le cause  che  l'hanno originate     e decontestualizzandole  .   iL Corsivo è  tratto    dalla pagina  (  vera  o presuinta  )  facebook di valentina  nappi   https://www.facebook.com/valex.nap 

Inizialmente    volevo non celebrare  ( ATTENZIONE   COSA BENE  DIVERSA  DAL RICORDARE  O  INVITARE  AL RICORDO  )  perchè   : <<
(  .... ) Forse oggi il problema sta proprio nel fatto che abbiamo ripulito le nostre coscienze istituendo una giornata della memoria. Abbiamo relegato il compito di ricordare a quei docenti volenterosi che il 27 gennaio mostrano ai propri alunni La vita è bella e le immagini Auschwitz, dimenticando di parlare, per esempio, delle leggi razziali e scordando di studiare con dovizia il fascismo. Stamattina il ministro della Pubblica istruzione, Maria Chiara Carrozza, parteciperà alla classica inaugurazione di una mostra e poi da domani nelle scuole si torna a far finta di nulla. Una memoria da “operazione edicola” dove per l’occasione è spuntato persino un Dvd della Nazionale italiana che visita il campo di sterminio di Birkenau.
La memoria deve diventare vita. Nelle mie classi ricordo l’Olocausto quando parlo di razzismo e intolleranza leggendo con i bambini Girogirotonda di Federico Taddia, la storia di una piccola rom, che lava i vetri agli incroci o quando abbiamo ospitato il partigiano bolognese 86enne Armando Gasiani che ha passato ai miei ragazzi il testimone.
Faccio memoria di quella tragedia quando ogni giorno leggo il quotidiano con loro, quando in storia, arrivato al capitolo sulla civiltà ebraica, nonostante il libro di quinta citi a malapena la Shoah, mi fermo per qualche giorno a scoprire chi erano gli ebrei nel nostro territorio, cosa facevano e che fine hanno fatto. Onoro i rom, gli omosessuali, i partigiani, gli ebrei quando parliamo di Europa perché come scrive Bensoussan “bisogna avere ben chiaro che in realtà l’Unione Europea l’ha istituita per celebrare la rifondazione dell’Europa. L’unità europea è stata costruita sull’antinazismo e il simbolo del nazismo, ciò che lo differenzia dall’altro grande totalitarismo, il comunismo, è appunto la Shoah. È la Giornata della Memoria europea, non ebrea. È l’Europa dei lumi contro la notte della ragione”.
Non abbiamo bisogno di mostre, di dvd, di inaugurazioni, di belle parole a tempo determinato ma di assumere i valori che la Storia ci ha insegnato a tempo indeterminato, vivendoli nelle nostre classi ogni giorno.   (....)   da   http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/01/27/shoah-oggi-in-classe-si-celebra-il-funerale-della-memoria/858144/
 Sul perchè bisogna  ricordare ed  ascoltare  oltre che cercare  di bloccare  con scritti  , video  , ecc   le terstimonianze     anche a costo  di    passare per matti  e \o fissati   perchè    "Quando si guarda la verità solo di profilo o di tre quarti, la si vede sempre male. Sono pochi quelli che sanno guardarla in faccia." ( Gustave Flaubert )  ecco altri due  url  


 Ma  sopratutto  come   ho già detto  in tutti i miei  post precedenti  su  tale  evento   per  evitare  che  :
-  che tali eventi  siano   da  una parte  ( sinistra  )  e  dall'altra  ( destra  )   usati , travisati e decontestualizati  ideologicamente  sminuendo  quello che  è avvenuto prima  o quiello  che avvenuto  dopo  
-  che  non accada mai  più . 
- perchè     Il silenzio   durato  60  anni  ( salvo  poche  eccezzioni  )  per  oportunità politichje  \  ideologiche  derivate  dal clima  della guerra fredda  . Infatti secondo lo storico Gianni Oliva il silenzio è da ricondurre a tre motivi principali :     <<  (....)  innanzitutto la necessità, subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, del blocco occidentale di stabilire rapporti meno tesi con la Jugoslavia in funzione antisovietica; cause politiche dal momento che il PCI non aveva interesse a evidenziare le proprie contraddizioni sulla vicenda e le proprie subordinazioni alla volontà del comunismo internazionale; un silenzio da parte dello Stato Italiano che voleva sorpassare tutto il capitolo della sconfitta nella guerra da poco conclusasi.  (...) >>  da  http://www.quotidianogiovanionline.it/  per   l'articolo  completo   di  Nicolamaria Coppola  qui  . Ecco   dunque   che  esso  è  un brutto segnale per un Paese che voglia vivere serenamente il suo presente e progettare unito il suo futuro.

«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

  corriere  della sera   tramite  msn.it  \  bing    Rahma Nur insegna italiano, storia e inglese alla scuola elementare Fabrizio De André d...