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9.2.24

DIArio di bordo n 34 anno II Elena Cecchettin attacca Sanremo e le "parole dell'amore" lette dagli attori di Mare Fuori: «Roba da Baci Perugina» ma non fa nessuna controposta ., Si chiama dignità l’unica via per trasformare l’immigrazione da problema a risorsa. E questa via passa per la formazione e il lavoro

"Con grande sentimento e grande sensibilità", dice Amadeus, i ragazze e le ragazze di 'Mare Fuori' portano il tema della violenza di genere sul palco dell'Ariston. Lo fanno spiegando le parole chiave in una relazione basata sul rispetto dell'altro ma anche di se stessi: "accetta, ascolta, accogli, impara, verità, accanto e no". Quest'ultima "necessaria per stabilire il perimetro della nostra volontà e rendere chiaro che l'amore non deve mai centrare col possesso e per questo a volte è la più alta dichiarazione d'amore che si possa fare insieme". il testo di Matteo Bussola e recitato dai protagonisti di #marefuori è un testo bellissimo .


Non capisco le reazioni di #elenachettin sorrella di #giulia . E delle critiche fermministe in particolare Tra queste, proprio la scrittrice ripostata da Elena Cecchettin: «Le "nuove regoledell’amore" portate sul palco di Sanremo martedì, in quella che a tutti gli effetti è una promo al sapore di pinkwashing di Mare Fuori, sono un concentrato di privilegio maschile e naftalina – scrive Carlotta Vagnoli – Ma soprattutto non sono a fuoco. Non si parla di patriarcato, di cultura dello stupro, di violenza maschile contro le donne, di privilegio, di mascolinità tossica. Far scrivere a un uomo un pezzo del genere mi sembra il punto più ridicolo della serata di ieri».Quindi le chiedo loro oltre a lamentarsi cosa proponete in alternativa che non sia il solito refrain del termine , ormai abusatissimo , patriarcato ?

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Un motivo per restare di Mario Calabresi


Si chiama dignità l’unica via per trasformare l’immigrazione da problema a risorsa. E questa via passa per la formazione e il lavoro. Come raccontano in questo podcast Hamady, Anastasiia, Abdulkarim e Marieme. Che avevano un sogno e hanno trovato una mano tesa che li ha aiutati a realizzarlo
Ci sono momenti in cui scopriamo con sollievo che l’Italia è molto meglio di come viene descritta, che non è lo specchio del dibattito politico, ma un Paese che, lontano dalle polemiche politiche, è capace di risolvere problemi, inventarsi soluzioni e immaginare il futuro. Questo succede perfino nel tema che più divide, più accende gli scontri, le ansie e le paure: l’immigrazione. E se vi dico che esistono soluzioni che sostituiscono la paura con la speranza è perché ho 5.600 esempi.



Alcuni ragazzi e alcune ragazze che partecipano al progetto “Without Borders”, portato avanti da oltre sei anni da Randstad, azienda che si occupa di ricerca, selezione e formazione di personale




Alcuni anni fa ho conosciuto due medici siriani, due chirurghi per la precisione, che erano fuggiti dalla guerra insieme alle loro famiglie e, dopo un lungo viaggio fino alla Libia, erano saliti su un barcone verso la Sicilia. Avevano fatto naufragio ma si erano salvati ed erano riusciti a raggiungere la Germania. Dopo poco tempo erano stati assunti dalla sanità tedesca e lavoravano a pieno ritmo in due ospedali pubblici. Ho ripensato mille volte a loro e a come noi italiani, per miopia e scarso senso pratico, li avremmo lasciati a far nulla in un centro di accoglienza.
Mille volte ho pensato a quello che viene chiamato “l’inverno demografico”, ovvero il calo drammatico delle nascite e l’invecchiamento della popolazione (per chi non l’avesse letta vi consiglio di recuperare l’intervista al demografo e Rettore della Bocconi Francesco Billari: la trovate qui), alla mancanza di manodopera che viene denunciata da ristoranti, alberghi, fabbriche, magazzini, ospedali e cantieri e nello stesso tempo alla quantità di persone che arrivano sulle nostre coste e che noi teniamo inattivi e marginalizzati. Che incredibile spreco di risorse e possibilità.
Credo che l’integrazione non sia da catalogare alla voce “buoni sentimenti”, ma possa essere invece una strada per ridurre gli impatti negativi delle migrazioni e valorizzare le opportunità.
Tutto questo è rimasto nella mia testa finché non ho incontrato Hamady, un ragazzo senegalese che nel suo Paese ha fatto il contadino e poi l’idraulico ma che, complici i racconti di uno zio che viveva in Italia, aveva il sogno di attraversare il Mediterraneo. Il suo viaggio, cominciato a vent’anni, è durato oltre un anno (per due mesi è stato nelle carceri libiche, ma prima di essere arrestato era riuscito a nascondere sottoterra i soldi che aveva messo da parte per pagare il viaggio verso Lampedusa) e lo ha portato dove sognava.



Hamady e Anastasiia, due dei quattro protagonisti delle storie raccontate nel podcast “Una ragione per restare”




Il sogno di farsi una nuova vita è però svanito in fretta. Per tre anni è stato in un centro di accoglienza in provincia di Varese, completamente inattivo, con la sola opportunità di fare il centrocampista nella squadra di calcio locale. Ha sfruttato quel tempo vuoto per prendere la licenza media e, appena l’ha ottenuta, pur di lavorare, e grazie ad una colletta dei parenti, ha preso un treno verso Sud. In Puglia ha raccolto per due anni pomodori e zucchine per una paga da fame (4 euro l’ora), con turni estivi di 11 ore. Poi, sfinito da una quotidianità senza prospettive, ha trovato lavoro in un ristorante cinese nel centro di Foggia e poi in uno in provincia di Roma. Nessuno di questi impieghi gli ha mai permesso di poter pagare un affitto, costringendolo a un peregrinare lungo quasi dieci anni senza una meta. Sconfortato, a febbraio dello scorso anno è tornato alla casella di partenza: in Lombardia.
Una sera a Lodi, un ragazzo somalo gli ha parlato di un corso per provare a entrare a lavorare in un’azienda di cosmetici: «Mi ha detto che dovevo andare in una casa dove, sulla porta, c’era scritto Randstad. Sono andato la mattina dopo e mi hanno messo in mano un questionario da compilare, ho pensato che fosse un’altra strada senza speranza, ma quello stesso pomeriggio mi hanno chiamato». Hamady ha seguito ogni giorno un corso di lingua italiana e una serie di moduli sull’educazione civica e le regole dei posti di lavoro e, dopo tre mesi, è stato inserito come tirocinante nel magazzino dell’azienda di cosmetici. A settembre ha avuto il suo primo contratto e in un attimo tutto è cambiato: ha affittato una casa insieme ad altri due ragazzi, ha comprato il suo primo biglietto per andare allo stadio Meazza a vedere il Milan e oggi è un uomo che sorride spesso. Quando l’ho incontrato mi ha parlato dei suoi colleghi di lavoro, del responsabile del magazzino che ha avuto la pazienza di formarlo e di quanto sia orgoglioso di tutto questo. Poi mi ha fatto notare il regalo che si è fatto per Natale: un piumino rossonero.
L’opportunità che ha cambiato la direzione alla vita di Hamady e di altre 5.600 persone che sono arrivate in Italia da ogni luogo del mondo è un progetto che si chiama “Without Borders”, Senza Confini, e che silenziosamente viene portato avanti da oltre sei anni da Randstad, azienda che si occupa di ricerca, selezione e formazione di personale. Un programma pensato per favorire l’integrazione occupazionale di migranti e rifugiati, offrendogli le competenze, la formazione e anche il supporto psicologico per inserirsi nel mondo del lavoro.
Su queste storie è stato realizzato un podcast in 4 puntate, che si intitola “Una ragione per restare”, in cui si raccontano le vite di Hamady, Anastasiia (scappata dal Kiev due anni fa nel giorno delle bombe sull’aeroporto), Abdulkarim (studente afghano che, dopo aver partecipato al progetto è tornato all’Università e oggi studia informatica a Bari) e Marieme, arrivata in Italia dal Senegal per raggiungere il marito che grazie all’inserimento nel mondo del lavoro – oggi fa la cuoca – ha conquistato un’orgogliosa indipendenza economica.
Narrato dalla voce dell’attore Alberto Boubakar Malanchino, il podcast racconta il progetto insieme a Francesca Passavanti che è la responsabile del programma e a Giulia Ricci, un’insegnante di italiano, che spiega come sia importante non solo trasmettere la lingua ma anche la cultura e la tradizione del nostro Paese.
Spesso sono i dettagli a fare la differenza e così Anastasiia, che ha seguito i suoi corsi, mi ha raccontato di aver imparato la differenza tra spumante, Prosecco e Champagne, oppure quella tra i vari tipi di mozzarella: «È un modo per sentirsi un pochino italiani e a me ha fatto un regalo ancora più grande: mi ha permesso di trovare l’amore della mia vita, un ragazzo italiano che per passione fa il sommelier!».
Una cosa mi ha colpito delle storie che ho ascoltato: il modo in cui queste persone guardano all’Italia. Nonostante le difficoltà non c’è pessimismo e non ci sono mai i toni critici, disillusi con cui noi descriviamo il nostro Paese. Parlano di luce, di rinascita, di opportunità e di futuro. Avremmo bisogno, ogni tanto, di vederci con i loro occhi. Sarebbe molto utile.








25.3.17

PERSINO IL SOLE di © Daniela Tuscano

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Caro Papà,
E non sbaglio l'accento : proprio "Papà"... Come tutti i papà riservi sempre qualcosa d'imprevedibile. 
Ricordi il celeberrimo discorso del tuo predecessore: "Si direbbe che persino la luna si sia affacciata questa sera..." ?                   Qui a Milano, si direbbe che persino il sole ha deciso inopinatamente di tornare.                   Non s'è trattato d'una semplice occhiata fra le nubi, ma d'un librarsi in questo ciel di Lombardia, così bello quand'è bello, e già impetuoso, caldo. Da tempo Milano non è più la città della scighera.
 Ma il grigio, quello no, non glielo togli. Milano è compenetrata di grigio. Lo sono pure i suoi alberi, sempre spelagni ancorché fronzuti, nelle periferie, alle Case Bianche dove sei appena passato come altrove, come dalle mie parti. C'è sempre, sullo sfondo, un condominio sciatto e anonimo, una vita dove non accade niente, un'esistenza piovosa. Dove Dio non abita perché non ci si pensa, perché ci si è arresi. Non guarda né riguarda. E tu hai voluto cominciare da lì. Sicuramente oggi pomeriggio, nella rigogliosa cornice del Parco, c'infonderai linfa, come i platani secolari. Ci sentiremo forti e orgogliosi e motivati, faremo gruppo, ci sarà il tripudio delle associazioni vocianti, ma la striscia assolata di stamane varrà tutto il resto, forse anche la visita ai carcerati, giusta, ovvia, cristiana nella sua accezione più pura. Ma è questo ministero ordinario, questo sacerdozio universale il tuo tratto veramente prezioso. È questo passare vicino a quartieri senza storia, a chiese e statue prive d'arte, è questo tuo apparente, benefico disinteresse di fronte all'estro umano, il fottertene della perizia di fini cesellatori e architetti di navate, perché anche l'artista può diventare un Oderisi da Gubbio. Ma il centro è Dio, si trova ovunque e il resto è vanità di vanità. Soltanto perdendosi ci si ritrova, soltanto facendosi da parte riacquistiamo il senso dell'umanità profonda. Occorre avere il coraggio di abbandonare il centro per raggiungere il cuore. 
Sei qui; in una spiritualità da padella, come direbbe Teresa di Gesù. Cioè familiare, certo pastorale, ma con più d'una venatura laica, quasi anticlericale. Sei sacerdote desacralizzato. Sei un latino, sì, ma un latinoamericano, gesuita per giunta, percorri le vie con un piacere quasi sensuale, appartieni decisamente alla terra. E la terra è innervata di Dio. Ovunque. In qualsiasi recesso d'asfalto, edicola, deserto, religione. (Ché conta l'uomo, la donna.) 
 Benvenuto, Papà-Papa. I muri non resistono davanti a te. A partire dai nostri. Ti chiediamo di soffiarli via tutti. Di lasciare che, dalle loro crepe, irrompa il sole.


27.11.13

Olbia Dopo l'alluvione le donano un giubbotto Trova mille euro in tasca e li restituisce

unione sarda del 27\11\2013..












Una donna di Olbia ha trovato dentro un giaccone che le era stato donato dopo l'alluvione oltre mille euro e si è rivolta ai carabinieri per rintracciare il proprietario e restituirgli i soldi.
Protagonista una donna di Olbia che a causa dell'alluvione aveva perso tutto nella sua casa allagata. La donna, una casalinga di 55 anni, nel ritirare alcuni vestiti al Centro di smistamento della zona industriale, si è resa conto che all'interno del giubbotto, in una tasca interna, c'erano 1.180 euro in contanti. La donna, la cui casa è stata pesantemente danneggiata dall'alluvione della scorsa settimana, mostrando riconoscenza nei confronti di chi le aveva dato solidarietà, questa mattina si è rivolta ai carabinieri di Olbia per rintracciare il legittimo proprietario del giaccone. Ora i militari, utilizzando alcuni scontrini trovati nelle tasche, stanno cercando di risalire al proprietario.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...