Benedetta Pallavidino ha scritto le Tourbillon de la vie - il cinema di Valeria Bruni tedeschi edito da Bietti Edizioni nella collana digitale Fotogrammi . Unn piccolo ma grande libro interessantissimo sulla carriera di Valeria Bruni Tedeschi come regista, inoltre, all’interno c’è una bellissima intervista alla stessa Valeria… Ora Conoscendo Benedetta, profondissima conoscitrice del cinema, è inutile aggiungere altro se non: correte a comprarlo a questo link: https://amzn.eu/d/cneJUou
Infatti, proprio per questo che ho deciso di farle un'intervista/chiaccherata che andasse al di là del suo ultimo lavoro
La verità è che se non lo facessi, sentirei di star mettendo da parte ciò che amo di più. La cultura e il suo grande valore, oltre che potere, è ciò in cui credo fermamente, sia come docente che come critico. Provare a fare e diffondere cultura è per me un piacere irrinunciabile, perciò provo a fare dei calendari - mentali soprattutto - che tengano tutto insieme. Vorrei, comunque, avere più tempo per scrivere
Non c'è una vera ragione. Quando affronti un singolo personaggio ti concentri su di lui e lo analizzi a 360 gradi, ma parlando di lui e del suo lavoro arrivi comunque a fare osservazioni più ampie sul cinema. Mi è successo con [ altre suoi saggi . N.t ] Lanthimos e anche con Cronenberg. Ho, in ogni caso, dei nuovi progetti che mi frullano in testa e che mi permetterebbero di focalizzarmi anche su altro.
come si ci sente a d essere un eccellenza ?
Da bambina, quale personaggio della fantasia e della letteratura hai amato in modo particolare ?
Sarò banale: Jo March di 'Piccole donne', indipendente, libera e scrittrice. Però volevo anche somigliare a Romy Schneider, che non è di fantasia. Quando ho scoperto quanto fosse stata sfortunata, ho deciso che sarebbe solo stata il mio 'primo grande amore'.
C'è un personaggio di finzione in cui mi ritrovo molto: Frances Ha, protagonista dell'omonimo film di Noah Baumbach. Una quasi trentenne americana che in sé incarna il sentire di tutta la mia generazione, tra sogni e fallimenti, cadute, corse e qualche piccolo successo.
Non credo di averlo mai detto. Io non demonizzo le piattaforme, preferisco ovviamente la sala e la visione collettiva, ma le piattaforme hanno i loro pregi. Ad esempio veicolano la diffusione di prodotti indipendenti che altrimenti non avrebbero lunga vita. Credo, però, e questa potrebbe essere una critica, che la tendenza generale sia quella di produrre e distribuire opere di qualità discutibile che impigriscono lo sguardo dello spettatore invece di educarlo ad una percezione variegata.
Restano i grandi autori ancora viventi (Bellocchio, Avati, Taviani ecc.) a cui si accostano altri nomi interessati (Garrone, Sorrentino, D'Innocenzo ecc) ma il cinema che per lo più viene prodotto non vuole scommettere e osare e i primi colpevoli sono i produttori. Le idee, il talento, l'innovazione ci sarebbero, il problema è che raramente si punta coraggiosamente su di essi.
Dipende che obiettivo ha l'operazione: cito tre casi in cui ci sono stati esiti più che eccellenti: 'Psycho', 'Funny Games' e 'Suspiria' . Sono casi a sé, in cui c'è un lavoro sul linguaggio, sulla filosofia dell'immagine e sulla narrazione. Se il remake o reboot deve essere solo un'operazione di marketing, allora è un fallimento quasi certo. Lo stesso discorso per sequela, prequel e spin off, si cavalca l'onda, certo, ma deve esserci anche la qualità e, perché no, la sperimentazione.