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28.9.22

intervista a Benedetta Pallavidino autrice di le Tourbillon de la vie - il cinema di Valeria Bruni tedeschi ' edito da Bietti Edizioni nella collana digitale Fotogrammi .


Benedetta Pallavidino ha scritto  le  Tourbillon   de la vie  - il cinema    di Valeria Bruni tedeschi   edito da Bietti Edizioni nella collana digitale Fotogrammi . Unn  piccolo ma grande libro interessantissimo sulla carriera di Valeria Bruni Tedeschi come regista, inoltre, all’interno c’è una bellissima intervista alla stessa Valeria… Ora  Conoscendo Benedetta, profondissima conoscitrice del cinema, è inutile aggiungere altro se non: correte a comprarlo a questo link: https://amzn.eu/d/cneJUou
soprattuto   se  non conoscete questa  regista  Non ve ne pentirete! Un'ottima lettura, soprattutto se come me siete appassionati di cinema e del cinema di Valeria Bruni Tedeschi !  😉😀.
 Infatti, proprio per questo che ho deciso di farle un'intervista/chiaccherata che andasse al di là del suo ultimo lavoro

come riesci a conciliare l'insegnamento sulle presentazioni e l'attività letteraria ed organizzativa incontri letterari  ?

La verità è che se non lo facessi, sentirei di star mettendo da parte ciò che amo di più. La cultura e il suo grande valore, oltre che potere, è ciò in cui credo fermamente, sia come docente che come critico. Provare a fare e diffondere cultura è per me un piacere irrinunciabile, perciò provo a fare dei calendari - mentali soprattutto - che tengano tutto insieme. Vorrei, comunque, avere più tempo per scrivere

come mai pubblichi libri dedicati solo ai registi o attori e non generale sul cinema italiano ?

Non c'è una vera ragione. Quando affronti un singolo personaggio ti concentri su di lui e lo analizzi a 360 gradi, ma parlando di lui e del suo lavoro arrivi comunque a fare osservazioni più ampie sul cinema. Mi è successo con  [  altre     suoi  saggi  . N.t ] Lanthimos e anche con Cronenberg. Ho, in ogni caso, dei nuovi progetti che mi frullano in testa e che mi permetterebbero di focalizzarmi anche su altro.

come si ci sente a d essere un eccellenza ?


Da bambina, quale personaggio della fantasia e della letteratura hai amato in modo particolare ?
Sarò banale: Jo March di 'Piccole donne', indipendente, libera e scrittrice. Però volevo anche somigliare a Romy Schneider, che non è di fantasia. Quando ho scoperto quanto fosse stata sfortunata, ho deciso che sarebbe solo stata il mio 'primo grande amore'.
ed oggi ?
C'è un personaggio di finzione in cui mi ritrovo molto: Frances Ha, protagonista dell'omonimo film di Noah Baumbach. Una quasi trentenne americana che in sé incarna il sentire di tutta la mia generazione, tra sogni e fallimenti, cadute, corse e qualche piccolo successo.

 in post  su facebook non ricordo quale purtroppo avevi scritto che le produzioni netflix e prime video dovrebbero essere escluse dagli oscar come mai questo astio visto che sei un amante ,  oltre a lavorarci ,del cinema e della tv ? 
Non credo di averlo mai detto. Io non demonizzo le piattaforme, preferisco ovviamente la sala e la visione collettiva, ma le piattaforme hanno i loro pregi. Ad esempio veicolano la diffusione di prodotti indipendenti che altrimenti non avrebbero lunga vita. Credo, però, e questa potrebbe essere una critica, che la tendenza generale sia quella di produrre e distribuire opere di qualità discutibile che impigriscono lo sguardo dello spettatore invece di educarlo ad una percezione variegata.
 
il cinema italiano negli ultimi 40 anni è sempre più mediocre o senza infamia e senza lode conconcordi ? 


Restano i grandi autori ancora viventi (Bellocchio, Avati, Taviani ecc.) a cui si accostano altri nomi interessati (Garrone, Sorrentino, D'Innocenzo ecc) ma il cinema che per lo più viene prodotto non vuole scommettere e osare e i primi colpevoli sono i produttori. Le idee, il talento, l'innovazione ci sarebbero, il problema è che raramente si punta coraggiosamente su di essi.

secondo te i reboot , i prequel , sequel , i remarque rovinano i cinema o sono fonte d'arricchimento ?
Dipende che obiettivo ha l'operazione: cito tre casi in cui ci sono stati esiti più che eccellenti: 'Psycho', 'Funny Games' e 'Suspiria' . Sono casi a sé, in cui c'è un lavoro sul linguaggio, sulla filosofia dell'immagine e sulla narrazione. Se il remake o reboot deve essere solo un'operazione di marketing, allora è un fallimento quasi certo. Lo stesso discorso per sequela, prequel e spin off, si cavalca l'onda, certo, ma deve esserci anche la qualità e, perché no, la sperimentazione.

concludo con un ultima domanda cos ne pensi di film che vengo trasformate in serie tv   per prime e netflix è un bene o un male ?

Niente è un male se ci sono dei chiari intenti, una profondità e un ragionamento di fondo coerente con la trasposizione. Non ci sono film o serie necessari, ci sono adattamenti più o meno riusciti, più o meno aderenti al testo (filmico) di partenza, più o meno autoreferenziali e metalinguistici.

8.8.22

La storia di Marlene Engelhorn, 29 anni, discendente dei fondatori di BASF, una delle più grandi aziende chimiche del mondo, che ha rinunciato ad una eredità di 4 miliardi di euro: “Non saprei cosa farne e non potrei essere felice”.

 A 29 anni rinuncia all’eredità della famiglia da 4 miliardi di euro: “Non voglio essere ricca”

La storia di Marlene Engelhorn, 29 anni, discendente dei fondatori di BASF, una delle più grandi aziende chimiche del mondo, che ha rinunciato ad una eredità di 4 miliardi di euro: “Non saprei cosa farne e non potrei essere felice”.

A cura di Ida Artiaco

Ha rinunciato ad un patrimonio di 4 miliardi di euro, il 90% di quello che le spettava, perché non "vuole essere ricca". Sta facendo il giro del mondo la storia di Marlene Engelhorn, 29enne austriaca, studentessa di lingua tedesca a Vienna e discendente dei fondatori di BASF, una delle più grandi aziende chimiche del mondo, che nel 2021 ha registrato un fatturato di oltre 78 miliardi di euro.Sua nonna occupa la posizione numero 687 nella classifica delle persone più ricche del mondo, secondo la rivista Forbes. Una fortuna generata dagli oltre 150 anni di vita dell'azienda di famiglia.A 29 anni rinuncia all’eredità della famiglia da 4 miliardi di euro: “Non voglio essere ricca”La storia di Marlene Engelhorn, 29 anni, discendente dei fondatori di BASF, una delle più grandi aziende chimiche del mondo, che ha rinunciato ad una eredità di 4 miliardi di euro: “Non saprei cosa farne e non potrei essere felice”.Ha rinunciato ad un patrimonio di 4 miliardi di euro, il 90% di quello che le spettava, perché non "vuole essere ricca". Sta facendo il giro del mondo la storia di Marlene Engelhorn, 29enne austriaca, studentessa di lingua tedesca a Vienna e discendente dei fondatori di BASF, una delle più grandi aziende chimiche del mondo, che nel 2021 ha registrato un fatturato di oltre 78 miliardi di euro.ua nonna occupa la posizione numero 687 nella classifica delle persone più ricche del mondo, secondo la rivista Forbes. Una fortuna generata dagli oltre 150 anni di vita dell'azienda di famiglia.Il motivo della sua scelta è presto detto. Marlene dice di non avere bisogno di tutti questi soldi e non ritiene giusto riceverli senza aver fatto nulla per meritarli: "Questa non è una questione di volontà, ma di correttezza. Non ho fatto nulla per ricevere questa eredità. Questa è pura fortuna alla lotteria delle nascite e pura coincidenza", ha spiegato in una delle interviste rilasciate ai giornali tedeschi."Non dovrebbe essere una mia decisione cosa fare con i soldi della mia famiglia, per i quali non ho lavorato". Per la giovane, una ricchezza eccessiva porta a tensioni, problemi e incomprensioni: "Non saprei cosa farne e non potrei essere felice".Ma la 29enne sa comunque di essere molto fortunata. "Essendo una persona che ha goduto dei benefici della ricchezza per tutta la vita e so quanto sia distorta la nostra economia. Non posso continuare a stare seduto ad aspettare che qualcuno, da qualche parte, faccia qualcosa", ha spiegato alla BBC presentando il movimento AG Steuersrechtigkeit, conosciuto in tutto il mondo come "Taxmenow", da lei stessa fondato e composto da eredi di grandi fortune che chiedono un aumento delle tasse sui grandi patrimoni.


Il motivo della sua scelta è presto detto. Marlene dice di non avere bisogno di tutti questi soldi e non ritiene giusto riceverli senza aver fatto nulla per meritarli: "Questa non è una questione di volontà, ma di correttezza. Non ho fatto nulla per ricevere questa eredità. Questa è pura fortuna alla lotteria delle nascite e pura coincidenza", ha spiegato in una delle interviste rilasciate ai giornali tedeschi. "Non dovrebbe essere una mia decisione cosa fare con i soldi della mia famiglia, per i quali non ho lavorato". Per la giovane, una ricchezza eccessiva porta a tensioni, problemi e incomprensioni: "Non saprei cosa farne e non potrei essere felice".Ma la 29enne sa comunque di essere molto fortunata. "Essendo una persona che ha goduto dei benefici della ricchezza per tutta la vita e so quanto sia distorta la nostra economia. Non posso continuare a stare seduto ad aspettare che qualcuno, da qualche parte, faccia qualcosa", ha spiegato alla BBC presentando il movimento AG Steuersrechtigkeit, conosciuto in tutto il mondo come "Taxmenow", da lei stessa fondato e composto da eredi di grandi fortune che chiedono un aumento delle tasse sui grandi patrimoni.

21.11.21

è stato il sosia di massimo troisi , ma non sfrutta l'occasione d'entrare nel mondo del cinema e preferisce fare una vita semplice .

 Ma   non rinega  quell'esperienza  ,  e  da    a  suo  figlio nato  dopo la morte  dell'attore  ,   il nome dell'attore  stesso . Questa  è  la storia di  Gerardo Ferrara era un 31enne di Sapri che in qualche modo somigliava a Massimo Troisi.


Egli  Fu contattato dalla produzione de “Il postino”, alla ricerca di qualcuno che sostituisse nelle scene più pesanti un Massimo sempre più stanco e affaticato per problemi  di  salute .Appena si incontrarono, per entrambi fu come guardarsi allo specchio. Massimo, resosi conto del suo imbarazzo, lo abbracciò e gli disse: “E tu mo’ ti fai vedere”. Per un mese buono fu il suo doppio. Era quello che pedalava sotto il sole di Procida o di Salina, si fermava ad ammirare il tramonto in cima alla collina, con quella bici tra le mani. Durante le riprese sua moglie Elena rimase incinta. Massimo le si avvicinava e le chiedeva: "Come sta Pablito? Mi raccomando, lo dobbiamo chiamare Pablito", che era il nome del figlio del Postino. L'ultimo ciak fu il 3 giugno. Massimo salutò tutti così: “Vi amo tutti, non dimenticatevi di me". Il giorno dopo morì. Oggi Gerardo ha 25 anni in più, una carriera da insegnante, un bed and breakfast e nessun altro ricordo dal mondo del cinema. Ha anche un libro che Massimo gli regalò con una dedica: "A Gerardo, per la pazienza e l'abnegazione con le quali ha reso più piacevole e meno faticoso il mio lavoro". Suo figlio nacque poco dopo la morte di Troisi. Non l'ha chiamato Pablito. D'accordo con sua moglie, decise di chiamarlo Massimo.


 da  Lorenzo Tosa

14.2.18

«Un minuto e mezzo. Ce la faccio». Questa l’unica cosa somigliante a un pensiero che — ore più tardi — il diciottenne Lorenzo Pianazza riesce a ricordare di quei trenta secondi di inconsapevole eroismo metropolitano. Pochi istanti per decidere

da http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/18_febbraio_14/
Lorenzo, l’eroe che ha salvato il bimbo caduto sui binari della metropolitana: «Ho un minuto, salto e lo salvo». E lo stop di Claudia (Atm)
Un 18enne evita la tragedia nella metropolitana. Il sindaco: «Voglio conoscerti»
                                              di Giampiero Rossi

«Un minuto e mezzo. Ce la faccio». Questa l’unica cosa somigliante a un pensiero che — ore più tardi — il diciottenne Lorenzo Pianazza riesce a ricordare di quei trenta secondi di inconsapevole eroismo metropolitano.
Pochi istanti per decidere



«Un minuto e mezzo. Ce la faccio».



Questa l’unica cosa somigliante a un pensiero che — ore più tardi — il diciottenne Lorenzo Pianazza riesce a ricordare di quei trenta secondi di inconsapevole eroismo metropolitano.
Pochi istanti per decidere
Sono quasi le 15, fermata «Repubblica» della linea tre della metropolitana. Il ragazzo sta tornando da scuola e, scendendo le scale, guarda come prima cosa quanto manca all’arrivo del prossimo treno: il display indica un minuto e mezzo. Un attimo dopo si accorge che sta succedendo qualcosa: «Ho visto una donna disperata, china verso i binari e poi, sotto, c’era un bambino, piccolo, evidentemente caduto giù». Lorenzo non ha potuto vedere la sequenza, ripresa dalle telecamere della stazione, del piccolo Mohamed (due anni e mezzo) che sfugge al controllo della madre e scivola fuori dalla banchina. «C’era un po’ di gente che si avvicinava e allora mi sono detto «ce la faccio, salto giù, lo prendo e riesco a risalire». Ho anche immaginato di correre in fondo al binario casomai fosse arrivato il treno, sperando che la metro si fermasse prima».





La cabina di controllo blocca il treno in arrivo

Non sono autentici pensieri, sono fotogrammi immaginati e che precedono i suoi gesti istintivi. Lorenzo non sa che in quello stesso momento Claudia Castellano, 32 anni, assunta dall’Atm soltanto l’estate scorsa, dalla cabina di controllo ha visto tutto e ha bloccato il treno in arrivo su quel binario. Il ragazzo si libera dello zaino, salta giù dalla banchina, afferra il bambino, lo porge alla madre, uno sguardo verso la galleria da cui dovrebbe arrivare il treno, poi si china ancora a raccogliere qualcosa («una trombetta di plastica che gli era caduta»), un’altra occhiata lungo i binari, poi si gira di schiena e facendo leva sulle braccia si issa sul marciapiedi. Sono passati meno di trenta secondi in tutto. È fatta. «Quando sono risalito il bambino piangeva — ricorda ancora — gli ho messo una mano sulla spalla per tranquillizzarlo, anche la mamma era terrorizzata. Mi ha detto grazie e poi io sono andato via».Lorenzo non poteva sapere che, nella cabina di controllo dell’Atm, Claudia Castellano visto tutto sui monitor ha immediatamente premuto il grande pulsante rosso che impone lo stop al convoglio in arrivo. «Ho fatto quello che dice la procedura», si limita a dire la trentaduenne in servizio dall’agosto scorso. Per fortuna aveva gli occhi incollati su quel monitor e nessuno, nel via vai ai tornelli, l’ha distratta proprio in quei secondi decisivi. Intanto sulla banchina è arrivato il suo collega Luca Mancuso, in servizio dalla cabina sul lato opposto. È lui a verificare che tutti sono in salvo e che quindi si può dare il via libera al treno in attesa in galleria (nella foto PhotoMasi, Claudia Castellano nella cabina di controllo Atm)
laura  flora    castellano all'opera 




L’incontro tra Claudia Flora Castellano e Lorenzo Pianazza
in un frame dal TG1 (PhotoMasi ) 
Non sono autentici pensieri, sono fotogrammi immaginati e che precedono i suoi gesti istintivi. Lorenzo non sa che in quello stesso momento Claudia Castellano, 32 anni, assunta dall’Atm soltanto l’estate scorsa, dalla cabina di controllo ha visto tutto e ha bloccato il treno in arrivo su quel binario. Il ragazzo si libera dello zaino, salta giù dalla banchina, afferra il bambino, lo porge alla madre, uno sguardo verso la galleria da cui dovrebbe arrivare il treno, poi si china ancora a raccogliere qualcosa («una trombetta di plastica che gli era caduta»), un’altra occhiata lungo i binari, poi si gira di schiena e facendo leva sulle braccia si issa sul marciapiedi. Sono passati meno di trenta secondi in tutto. È fatta. «Quando sono risalito il bambino piangeva — ricorda ancora — gli ho messo una mano sulla spalla per tranquillizzarlo, anche la mamma era terrorizzata. Mi ha detto grazie e poi io sono andato via».


la classica storia a lieto fine .

18.7.17

Poeta musicale, influencer, regista, sceneggiatore: chi è Francesco Sole

Da "L'amore ai tempi di WhatsApp” alla poesia musicale "Il mondo n silenzioso": l'ascesa virale di un giovane fenomeno del web. Gabriele Dotti, in arte Francesco Sole, 24 anni, modenese, sarà ospite della rubrica dedicata alle webstar in diretta martedì 18 luglio alle 15.25 sulla pagina Facebook della Cronaca Italiana










ROMA."Sai ogni tanto mi capita ancora di vederti, quando chiudo gli occhi, certe sere prima di dormire...ogni tanto ti sento ancora passare tra le mie giornate".  Della gente fermata per strada a Milano ascolta in cuffia questa poesia. A qualcuno gli occhi si velano di lacrime. Altri guardano a terra o fissano un punto nel vuoto pensando forse al loro ricordo della persona che non c'è più. A farla ascoltare è Gabriele Dotti, in arte Francesco Sole, 24 anni, modenese. E la poesia che fa ascoltare è questa:

Gabriele inizia nel 2013 il suo percorso su Youtube caricando un piccolo cortometraggio amatoriale dal titolo: “Come prendere bei voti senza studiare”, a cui poi è seguito il video “L’amore ai tempi di WhatsApp” video che fin dai primi giorni è diventato virale sulla rete (quasi due milioni e mezzo di visualizzazioni su Toutube), portandolo così ad avere un piccolo pubblico virtuale che ha iniziato a seguirlo online.
All'attivo ha già due libri: “Stati d’animo su fogli di carta” (2014) e “Mollato Cronico” (2016). Grazie ai libri e soprattutto alla tv la sua popolarità è cresciuta e il suo pubblico su Facebook si è apmpliato passando dagli adolescenti ai ventenni e trentenni. Nel 2016 realizza il suo primo progetto musicale, scrivendo e arrangiando una poesia, "il mondo in silenzioso" di cui ha poi curato la regia e seguito interamente la produzione.
Poeta musicale, regista, sceneggiatore, presentatore tv, influencer. Unico  neo     che   è  usa  solo i  cuore   e  non    cuore & mente  . , am  diamo tempo al tempo  è  appena  all'inizio  . Speriamo solo che non diventi   melenso e noioso  come  Mogggia  


23.4.17

chi è più eroe un poliziotto ucciso da Isis o un carabiniere che riesce a a salire in cabina e fermare la corsa di un tir lanciato a 100 chilometri all'ora senza controllo poerchè l'autiosta a veva avuto un malore ?

lo  so  che  tale discorso  vi sembrerà cinico  ma  io  considerò   di  più  eroe  chi   fa  qualche cosa    di eroico  .




da repubblica  de  23   aprile  2017



Asti, il carabiniere eroe: "Così ho fermato il tir impazzito. Ma ho fatto solo il mio dovere"
L'appuntato Riccardo Capeccia e il capitano Gianfranco Pino

Riccardo Capeccia: "Sono riuscito a salire in cabina dopo il camion aveva travolto la nostra auto. Ma se non fosse stato per il mio capitano oggi non sarei qui a raccontarlo"
di CARLOTTA ROCCI



Fermare la corsa di un tir lanciato a 100 chilometri all'ora è qualcosa che possono fare solo gli eroi oppure - nella finzione - gli attori dei film americani. E invece no. Venerdì nell'Astigiano ci è riuscito un carabiniere. Riccardo Capeccia, 44 anni, una compagna e una figlia di 13 anni, appuntato scelto da 12 anni in servizio alla compagnia di Villanova D'Asti, è riuscito a frenare un camion impazzito per colpa di un malore del conducente.
A qualche centinaio di metri da lui c'era il suo comandante, il capitano Gianfranco Pino, 32 anni, padre di due bambine di 8 anni e 8 mesi, da due anni e mezzo al comando della compagnia di Villanova d'Asti. Tutto è accaduto lungo la statale di Dusino San Michele, nella curva Migliarina. "Abbiamo rallentato perché abbiamo visto un camion fermo in curva subito dopo un dosso e abbiamo deciso di controllare. Ci aspettavamo tutt'altro tipo di intervento - spiega il capitano Pino - Invece mentre cercavo di chiamare il 118 per soccorrere l'autista in preda alle convulsioni ho sentito lo spostamento d'aria del camion che ripartiva. Ho fatto appena in tempo a urlare a pieni polmoni per avvisare l'appuntato. Per fortuna mi ha sentito". Il carabiniere si è scansato ma poi è sparito alla vista del suo comandante: "Ho pensato fosse stato travolto dal camion o dalla nostra macchina finita nel fosso".
E invece cosa ha fatto, appuntato?
"Il camion ha tamponato la nostra macchina di servizio e l'ha spinta in un fosso. L'impatto lo ha fatto rallentare, così ho potuto aggrapparmi alla maniglia della portiera sul lato del conducente del tir e mi sono buttato nell'abitacolo. Il camion stava andando avanti verso la curva e stava invadendo l'altra corsia. Con una mano sono riuscito a sterzare ma non trovavo nessun freno. In quel momento ho pensato davvero che ce la saremmo vista brutta io e il camionista".
Poi che è successo?
"Poi, mezzo dentro e mezzo fuori dall'abitacolo, perché non riuscivo a spostare l'autista che stava male, sono riuscito a raggiungere il freno a pedale con una mano. Eravamo già sul rettilineo in discesa e avevamo preso ancora più velocità. Alla fine ci siamo fermati a meno di 400 metri dalla casa cantoniera che Giorgio Faletti celebra nella sua canzone "Signor Tenente"".
Cosa ha pensato quando invece di spostarsi e basta ha deciso di aggrapparsi al camion.

"L'ho fatto e basta. Ho visto la strada, le macchine che arrivavano in senso opposto e ho pensato: se il tir non si ferma è una strage".
E se ci ripensa adesso?
"Ammetto che l'altra notte non ho dormito. Subito dopo non ricordavo niente ma ora continuano a tornarmi davanti agli occhi come dei flash. Mi rivedo mentre cerco il freno senza riuscire a raggiungerlo. E poi ripenso che se il capitano non mi avesse avvisato, non avrei fermato nessun tir e non sarei nemmeno qui a raccontarlo".
Adesso è diventato un'eroe, non crede?

"Ho fatto quel che dovevo e basta. Ringrazio chi crede
che abbia fatto qualcosa di straordinario ma io sono contento di aver evitato conseguenze molto più gravi per l'autista del camion e per gli automobilisti di quella strada molto trafficata".

Ha già incontrato l'autista del camion?
"Non ancora, so che è in ospedale ad Asti e aspetterò che stia meglio. È rimasto incosciente fino all'arrivo del 118 che lo ha portato d'urgenza al pronto soccorso".

 dalla nostra    facebook   compagnidistrada


http://www.corriere.it/…/compagno-l-impegno-diritti-gay-l-i…
Xavier, il poliziotto ucciso a Parigi: 37 anni, attivista gay, era alla riapertura del BataclanXavier Jugelle, ucciso giovedì 20 aprile sugli Champs Elysees, faceva parte dell’associazione Lgbt di polizia e gendarmeria, era legato con un Pacs al…
CORRIERE.IT


5.4.17

Viola, pronipote di Arturo Toscanini, talento della musica elettronica: "Se Arturo mi ascoltasse"....


Viola d'Acquarone è la più giovane discendente del maestro Arturo Toscanini, uno dei direttori d'orchestra più grandi di sempre, e ha una grande passione per la musica. A differenza del trisnonno, però, ha scelto un ambito molto più moderno in cui esprimersi: l'elettronica. "Ho sempre avuto la passione per musicisti come Bjork o i Royksopp e ho da poco pubblicato il mio primo ep col nome di Veyl". Al posto dell'orchestra, quindi, ha scelto sintetizzatori e computer: "Toscanini è stato una grande influenza per me ma non mi permetterei mai di paragonarmi a lui. Se ascoltasse quello che faccio? Si metterebbe le mani nei capelli". Mi  sembra    da queste  dichiarazioni  una  ragazza  equilibrata, modesta. A ognuno il suo stile e la propria ispirazione. Non vedo pretesa di essere ciò' che non e' e trovo pur  non piacendomi   granché  alcuni commenti inutilmente acidi.  Brava, se 
quello che fai ti da' gioia, continua cosi. 
 cero  è vero i tempi cambiano  e  di conseguenza  anche i generi   e gli stili musicali infatti concordo  con il commento lasciato al video  sopra  riportato   da 


anglio02
Certamente non è il caso di questa ragazza, ma sarebbe bene tener presente che a volte i tempi cambiano anche in peggio .

Infatti , aggiungo  io  ,  non sempre cambiamento automaticamente significa miglioramento  specie  , ma  ripeto  non è il  suo caso ,  spoecie   quando  avviene senza  basi  ed  improvvisato   ed  avwer tentato prima  i canoni  .

25.3.17

PERSINO IL SOLE di © Daniela Tuscano

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Caro Papà,
E non sbaglio l'accento : proprio "Papà"... Come tutti i papà riservi sempre qualcosa d'imprevedibile. 
Ricordi il celeberrimo discorso del tuo predecessore: "Si direbbe che persino la luna si sia affacciata questa sera..." ?                   Qui a Milano, si direbbe che persino il sole ha deciso inopinatamente di tornare.                   Non s'è trattato d'una semplice occhiata fra le nubi, ma d'un librarsi in questo ciel di Lombardia, così bello quand'è bello, e già impetuoso, caldo. Da tempo Milano non è più la città della scighera.
 Ma il grigio, quello no, non glielo togli. Milano è compenetrata di grigio. Lo sono pure i suoi alberi, sempre spelagni ancorché fronzuti, nelle periferie, alle Case Bianche dove sei appena passato come altrove, come dalle mie parti. C'è sempre, sullo sfondo, un condominio sciatto e anonimo, una vita dove non accade niente, un'esistenza piovosa. Dove Dio non abita perché non ci si pensa, perché ci si è arresi. Non guarda né riguarda. E tu hai voluto cominciare da lì. Sicuramente oggi pomeriggio, nella rigogliosa cornice del Parco, c'infonderai linfa, come i platani secolari. Ci sentiremo forti e orgogliosi e motivati, faremo gruppo, ci sarà il tripudio delle associazioni vocianti, ma la striscia assolata di stamane varrà tutto il resto, forse anche la visita ai carcerati, giusta, ovvia, cristiana nella sua accezione più pura. Ma è questo ministero ordinario, questo sacerdozio universale il tuo tratto veramente prezioso. È questo passare vicino a quartieri senza storia, a chiese e statue prive d'arte, è questo tuo apparente, benefico disinteresse di fronte all'estro umano, il fottertene della perizia di fini cesellatori e architetti di navate, perché anche l'artista può diventare un Oderisi da Gubbio. Ma il centro è Dio, si trova ovunque e il resto è vanità di vanità. Soltanto perdendosi ci si ritrova, soltanto facendosi da parte riacquistiamo il senso dell'umanità profonda. Occorre avere il coraggio di abbandonare il centro per raggiungere il cuore. 
Sei qui; in una spiritualità da padella, come direbbe Teresa di Gesù. Cioè familiare, certo pastorale, ma con più d'una venatura laica, quasi anticlericale. Sei sacerdote desacralizzato. Sei un latino, sì, ma un latinoamericano, gesuita per giunta, percorri le vie con un piacere quasi sensuale, appartieni decisamente alla terra. E la terra è innervata di Dio. Ovunque. In qualsiasi recesso d'asfalto, edicola, deserto, religione. (Ché conta l'uomo, la donna.) 
 Benvenuto, Papà-Papa. I muri non resistono davanti a te. A partire dai nostri. Ti chiediamo di soffiarli via tutti. Di lasciare che, dalle loro crepe, irrompa il sole.


14.2.17

Roberto Baggio, il campione diverso rimasto tra noi con la sua assenza

N.b
 stavolta   non ho nessuna  colonna sonora o musica  consigliata , se  non questa  che mni ritorna  all'orecchio e  mi evoca   ricordi  d'infanzia



  da proporre in quanto  ci sono già le belle canzoni  di  : Cesare Cremonini ,  Tiziano Ferro , Lucio  Dalla presenti  nel filmato   sotto    riportato


Non è necessario essere  onnipresenti   sui media  o  in rete  ( infatti  la  sua pagina ufficiale su  fb non  viene aggiornata  dal  2  settembre  2014 precisamente  da  questa  foto   riportata sotto ) 

L'immagine può contenere: 5 persone, persone che sorridono, persone in piedi e vestito elegante

   da http://www.repubblica.it/  del   13\2\2017


A 50 anni Roberto Baggio è fuori: dal gioco, dal calcio, da ogni falò delle vanità.
Infatti secondo    Ha smesso da oltre dieci anni di misurare il mondo con le righe del campo. Non rilascia interviste, non parla di calcio, non presenzia. Gli è riuscita la magia di scomparire dal palcoscenico, di evitare l'invenzione della nostalgia, niente più c'era una volta in America. Se n'è andato senza avere conti in sospeso con i ricordi, fedele all'idea che un addio è un pallone che non torna indietro. Via la luce, i crucci, e niente più finte. Eppure è stato il pre-Messi e il pre-Neymar, l'ultimo attaccante italiano Pallone d'oro ('93), e l'anno dopo poteva ripetersi (secondo dopo Stoichkov), l'unico azzurro ad aver segnato in tre mondiali diversi ('90, '94, '98), due figli in coincidenza: Valentina ('90), Mattia ('94), l'ultimo, Leonardo, nato invece nel 2005. Miglior marcatore (9 gol) con Rossi e Vieri. Selezionato in nazionale con cinque squadre diverse: Fiorentina, Juventus, Milan, Bologna e Inter. Convocato da 4 ct: Vicini, Sacchi, Maldini e Zoff. Osteggiato e contestato da molti di più, spesso trattato da zoppo, da numero 10 dimezzato, banale portatore di male.






Un diverso, un atipico, uno col codino, poco macho, e per di più buddista. Un coniglio bagnato, per l'avvocato Agnelli. Un nove e mezzo per Platini. Un asso rococò che mette il dribbling anche nel caffellatte, per Gianni Brera. Un involontario agitatore sociale, sempre per l'avvocato Agnelli. "Una volta scendevano in piazza per protestare contro la Fiat, oggi perché Baggio non vada alla Juve. Direi che il paese è migliorato". Questo prima che Baggio si rifiutasse in maglia bianconera di battere un calcio di rigore contro la Fiorentina, ma soprattutto contro la sua ex città Firenze, che per tenerlo era scesa in piazza, come una madre che non si lascia strappare il figlio, scontrandosi con la polizia, con le vecchiette che dalle terrazze di piazza d'Azeglio gettavano i loro vasi di gerani e di limoni contro gli agenti. Baggio per la città era un bene culturale, un quadro degli Uffizi, un Michelangelo moderno, fa niente se nato in Veneto, era comunque un fratello rinascimentale, pure la sua ricerca del tiro a giro sul secondo palo. Tanto che il questore definì la rivolta "una psicosi di folla", senza capire che il calcio nelle sue geometrie distribuisce sentimenti e che il cuore non sempre può essere dribblato.

Baggio è uscito dal campo il 16 maggio 2004, dopo sedici anni di sorrisi, ma anche di dolori e di ginocchia sfasciate, con una sola frase: "Ho dato tutto". E non è più rientrato se non un tentativo federale di farlo presidente del settore tecnico, incarico di facciata lasciato dopo tre anni. L'uomo sbagliato al posto sbagliato. Baggio non ha mai preteso, né comandato, né commentato. Soprattutto dopo la sua conversione buddista: "Tutto arriva dentro di me a mia insaputa". È rimasto un figlio della società contadina, un principino della zolla, uno che amava giocare a calcio, non parlarne, tutto quello che rotola attorno al pallone non gli interessa. Tv, conferenze, visibilità: no grazie. E nemmeno fare l'ambasciatore tra i fili d'erba. Non ha più rimesso gli scarpini. Non guarda più le partite, fa eccezione solo per la squadra argentina del Boca Juniors. Non ha mai voluto costruire un impero, gli bastava essere il cavaliere della passione, il Crociato del divertimento. Si è sottratto da quel "da quando Baggio non gioca più non è più domenica", come canta Cesare Cremonini. Però il calcio italiano anche a Sanremo è ancora quel suo rigore calciato alle stelle nello stadio di Pasadena nel '94, a undici metri dalla felicità, anche se non è detto che l'Italia senza quello sbaglio avrebbe

vinto il mondiale (prima di lui avevano fallito Massaro e Baresi). Come se quella grande illusione contasse ancora di più della grande impresa del 2006.


Nel 2010 a Hiroshima, votato dai premi Nobel, ha avuto il World Peace Award, primo caso di un calciatore che vince il titolo di Uomo di Pace per i suoi assist alla difesa dei diritti umani. A 50 anni la vita è fatta di altre partite. E si può segnare in altri modi. Conigli bagnati si asciugano e corrono felici.


Infatti   egli è un calciatore (o vip se preferite  )  modesto  , anche  troppo ,  riservato .   che ha  dato  tutto (  vedere  scheda  al lato presa dalla sua voce  di   https://it.wikipedia.org/ 
Una  vita   da  mediano (  per  parafrasare  l'omonima  canzone )  insomma 
Roberto Baggio - Italia '90.jpg
Roberto Baggio in maglia azzurra nel 1990
NazionalitàItalia Italia
Altezza174[1] cm
Peso72[1] kg
Calcio Football pictogram.svg
RuoloAttaccantecentrocampista
Ritirato1º luglio 2004
Carriera
Giovanili
1974-1980600px Rosso e Granata.png Caldogno
1980-1982L.R. Vicenza
Squadre di club1
1982-1985L.R. Vicenza36 (13)
1985-1990Fiorentina94 (39)[2]
1990-1995Juventus141 (78)
1995-1997Milan51 (12)
1997-1998Bologna30 (22)
1998-2000Inter41 (9)[3]
2000-2004Brescia95 (45)
Nazionale
1984Italia Italia U-164 (3)[4]
1988-2004Italia Italia56 (27)
Palmarès
Coppa mondiale.svg Mondiali di calcio
BronzoItalia 1990
ArgentoStati Uniti 1994
1 I due numeri indicano le presenze e le reti segnate, per le sole partite di campionato.Il simbolo → indica un trasferimento in prestito.
Concordo con questo articolo  del sito   http://www.ilbianconero.com riportato  sotto e   da  cui ho  estrapolato i pezzi più significativi  

Roberto Baggio, sulla soglia dei suoi primi cinquant’anni, è buddista. Il secondo dei principi fondamentali dettati dal Buddha sostiene che il ciclo vitale di ciascun individuo e di ogni elemento terreno si risolve nei passaggi  obbligati del nascere, crescere, decadere e scomparire. Roberto Baggio è scomparso. Non lui come individuo, naturalmente, ma la sua immagine di cartapesta che i Mangiafuoco del mondo del pallone gli avevano costruito addosso immaginando che, così facendo, avrebbero dato vita ad un bellissimo e affascinante “mostro” usabile e sfruttabile ogni oltre ogni legittimo confine temporale. Il mito. La leggenda. Il pifferaio magico. Illusi che avevano capito niente.
Roberto Baggio, volutamente e coscientemente, dopo essere nato e cresciuto eppoi aver consumato nel dolore fisico e morale la propria decadenza alla fine è scomparso esattamente come impone la regola cardine della sua religione che è anche filosofia oltreché legge immutabile dell’universo. (...) Con felicità e con serenità. Nessuna intervista. Nessuna comparsata televisiva. Nessuna interferenza a commento di un mondo professionale che pure gli appartenne per competenza e per qualità. Nessuna notizia da “vendere” alle copertine del suo presente, di quello di sua moglie e dei suoi figli. Nessuna attenzione alle cronache di quello che per lui è stato e sempre sarà soltanto un gioco. Una piccola e brevissima illusione, soltanto. Quando viene chiamato in Federazione per, dicono, ricoprire un ruolo importantissimo e utile all’educazione sportiva dei bambini. Una balla spaziale. Se ne accorge nel giro di tre mesi. Se ne va. Anzi, forse lì non c’era mai stato.(....)Lui che si guarda bene dal prendere incarichi ufficiali da “ambasciatore” il cui compito sarebbe quello di produrre denaro vendendo la sua immagine di icona del pallone. Poi in Argentina dove va a caccia senza uccidere e dove soddisfa le ultime voglie di calcio andando a vedere qualche partita del Boca che è la sua squadra del cuore. Neppure nel paese di Caldogno lo vedono più di tanto. Vive nella sua “facenda” veneta la sua nuova età del contadino a tempo pieno nel nome e nel rispetto dei suoi antenati che lavoravano la terra. Non è più il simbolo del rigore sbagliato a Pasadina e neppure di quello non calciato a Firenze. Non è più il “Nove e mezzo” di Platini o il “Coniglio bagnato” dell’Avvocato. Erano stereotipi, quelli. Sovrastrutture create da altri per lui il quale di tutta quella baraonda intorno non aveva mai provato il bisogno. Un prato, un pallone e una porta dove metterlo dentro. Anche soltanto due sacchi a fare da pali e la luna a illuminare l’erba. Questo e basta ha sempre voluto. Il resto gli è stato dato perché lui lo ha meritato. Non richiesto. Resterà nelle canzoni di Cremonini e di Ferro. Nelle fotografie degli archivi di tutto il mondo. Negli articoli scritti per narrare le sue avventure. Resterà il mito. Non Roberto Baggio che, scegliendo di non esserci più, ha dato l’esempio più clamorosamente bello e pulito a quella parte di mondo che pur di esserci ad ogni costo venderebbe l’anima al diavolo


 mi piace concludere  questo articolo con una frase   dello stesso baggio  , lui  che  ha  sbagliato   il rigore decisivo  (  secondo  alcuni )  di Italia-Brasile  finale  mondiali   1994 « I rigori li sbagliano soltanto quelli che hanno il coraggio di tirarli. » Roberto Baggio










emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...