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22.1.25

«Lavoro da anni in terapia intensiva e ho ascoltato i rimpianti dei pazienti terminali: ecco cosa pensano prima di morire»

da leggo tramite msn.it

Perdere una persona non è facile soltanto per i suoi familiari, ma anche per gli stessi medici che hanno assistito il paziente. Lo racconta Julie McFadden, un'infermiera che nel corso della sua carriera ha assistito diversi malati ricoverati in terapia intensiva. «Il mio
obiettivo è quello di aiutare le persone ad accettare che la loro vita sta per finire prima di comprenderlo da sole o che a dirglielo sia un parente - ha raccontato al podcast Disruptors di Rob Moore - e nel corso del tempo ho capito che c'è sempre una situazione che accomuna i pazienti terminali». 

 

Il desiderio dei pazienti

«Vorrei non aver sottovalutato la mia salute». Questa è soltanto una delle frasi che Julie McFadden si è sentita dire mentre lavorava nel reparto di terapia intensiva di un ospedale della California. L'infermiera è conosciuta sui social per condividere contenuti inerenti alla propria esperienza nei reparti, nei quali ha avuto modo di parlare con diverse persone che avevano mali terminali. Un fatto che, come ha dichiarato più volte, l'ha «resa più forte» perché nel corso degli anni «le ha permesso di riflettere sulla prospettiva della vita e della morte».«Parlando con i pazienti, diversi mi hanno detto che avrebbero preferito apprezzare di più le cose piccole della vita - ha spiegato Julie - in tanti avrebbero desiderato fare più passeggiate o stare di più in famiglia. E proprio i parenti sono la loro maggiore preoccupazione, perché chi non può permettersi le cure o addirittura il funerale tende a chiedere aiuti finanziari alle persone vicine. Ho capito che, chi vive una condizione economica più adagiata, affronta la morte con meno stress». L'obiettivo dell'infermiera è quello di sensibilizzare riguardo gli ultimi momenti, perché a suo parere tutti dovrebbero sapere cosa succede prima di affrontare una realtà complessa e spesso difficile da digerire, ovvero il fatto di essere giunti alla fine del propri percorso. 

4.3.17

i miei dubbi etici e morali sulla vita e sull'accanimento terapeutico

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canzone suggerita Qualche Splendido Giorno - Modena City Ramblers

Mentre si continua a parlare della scelta di Dj Fabo e di una legge su eutanasia e fine vita, arriva la testimonianza-appello di Marisol Calligaro. 47enne di Buja affetta da tetraparesi spastica perinatale, Marisol è disabile dalla nascita




. «Sono orgogliosa della mia voglia di vivere. Il rischio di una norma è che le persone siano incentivate a lasciarsi andare».   il resto della  sua  storia la   trovate in questo  articolo  de il messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/ del 1-3-2017

L'unica  cosa   che mi sento  di  dire   su   questi argomenti    sono  due  o tre   cose  :
  • Impariamo a rispettarci profondamente. È meglio per tutti. Più rispetto c'è più libertà ci sarà e meno le nostre sofferenze saranno usate contro noi e contro gli altri. Ho nel cuore Marisol e Fabo e tutti quelli amano la libertà.
  • la  condivisione  
  • Commenti
    Debora Bobo Demontis Il rischio di un vuoto normativo è che le persone decidano di farla finita a costo di atroci sofferenze. Nell'ultimo anno, in Italia, ci sono stati 800 suicidi di malati (dati istat), chi ha preso questa decisione se ne frega delle norme, agisce. Nessuno vuole incentivare il suicidio, si chiede solo una legge di civiltà, che permetta di terminare la propria vita con dignità.

    Elisa Ranedda Ma lei ci è nata cosi, e lo ha accettato. Ma una persona che nasce sana ed è abituata a poter fare qualsiasi cosa, ritrovarsi immobile e cieco è come essere già morto.
    Mi piaceRispondi14 h
    Daniele Jommi Il mio parere è che in Italia c'è paura ingiustificata dei farmaci antidolorifici oppiacei. Nessuno deve sentire talmente tanto dolore fisico da voler morire: si deve medicare PRIMA di arrivare a tanta sofferenza. Non sono solo questi i problemi, ma in Italia potremmo iniziare a migliorare con le cure palliative. Dovremmo iniziare da qui.
    Debora Bobo Demontis Mio personale parere, in Italia risentiamo dell'assioma cattolico sofferenza uguale espiazione. C'è il culto del dolore che avvicina a Dio e non viene tollerato che si chieda sollievo.
    Mi piaceRispondi115 min
  • io che sono contrario all'eutanasia   fatta tanto per  fare   come  questo caso  :  <<  Laura, 24 anni, depressa: "Lasciatemi morire, la vita non fa per me". >> ogni volta che sento storie a favore (https://goo.gl/PwabCu ) o contro il fine vita mi chiedo : ma perchè , e soprattutto chi sono IO per imporre i miei principi ed il miei valori etico \ morali a chi sceglie tale soluzione per porre fine alle loro sofferenze , debbo proibire \ vietarlo a chi vuole farlo o vuole farsi assistere in quest'ultimo  istante di vita ?

1.3.17

Il fine vita non è solo eutanasia un breve dizionario sui termini onde evitare come fanno mario adinolfi e soci confusione e d strumentalizzazione


l'altro giorno avevo condiviso sull'appendice facebookiana del blog ( https://www.facebook.com/compagnidistrada/ ) questa news


Il veterinario: "Non faccio più eutanasie non necessarie"Era stufo di ascoltare le richieste di clienti che gli chiedevano di sopprimere il cane perché "non so più dove metterlo" o il gatto perché "rovina i divani". E ha deciso di dire basta esponendo nel suo ambulatorio a Milano un cartello in cui prende una posizione netta contro l'eutanasia di animali praticata quando non necessario. Alessio Giordana, veterinario che gestisce uno studio in via delle Primule, in zona Lorenteggio, sta ricevendo centinaia di messaggi di apprezzamento e solidarietà da tutta Italia sui social network (testo di Lucia Landoni, foto dal profilo Facebook del veterinario )

 con questa  discussione

aniela Tuscano Eutanasia sugli animali è crudele. Eutanasia sulle persone è un diritto.

Compagnidistrada Anche su gli uomini
Mi piaceRispondiCommento di Giuseppe Scano9 h


  Ora   molte  gente     chi  :   in buona  fede  (visto le   radici  cattoliche      e  la  disinformazione  e riduttivismo  dei media  )   chi   in  malafede (per  strumentalizzazione  ideologica  e culturale  )  confonde  i  termini ed  usa  i termini sbagliati   .  L'eutanasia, la libera scelta non può dipendere da una guerra di definizioni : Infatti  come  dicono MARCO CAPPATO e FILOMENA GALLO   qui su  repubblica  del  28\2\2017 : <<  Nel dibattito in corso, la guerra delle definizioni allontana la possibilità per il cittadino di comprendere, e soprattutto allontana dalla chiarezza della decisione di fondo: alla fine chi sceglie ?  >> (  ....  continua  qui  ) .  Infatti   suggerisco   di leggere  ad   entram bi gli  schieramenti  prima d'iniziare a parlare  e confrontarsi
  questo   articolo

“Il dizionario del fine vita” di Maria Novella De Luca (  sempre  su  Repubblica 28.2.17 )


Eutanasia, la libera scelta non può dipendere da una guerra di definizioni
Fabiano Antoniani (dj Fabo), morto in una clinica Svizzera (ansa)
“”Eutanasia, suicidio assistito, accanimento terapeutico, rifiuto delle cure, sedazione. Libertà di vivere, scelta di morire. Nel grande e immenso tema del fine-vita le parole sono più importanti che mai. Perché è sui termini, e spesso sulla mistificazione di questi, che si gioca oggi la grande partita di leggi e protocolli che regoleranno d’ora in poi la vita di tutti noi. Con l’aiuto di Maurizio Mori, professore di Bioetica all’università di Torino, abbiamo provato a definire i termini più importanti che riguardano, appunto, il diritto o meno di poter decidere quando e come morire se gravemente malati.
ACCANIMENTO TERAPEUTICO. Si definisce “accanimento” la somministrazione di terapie sproporzionate per le condizioni del paziente, terapie che producono sofferenze estreme e non sono di alcun beneficio per il malato. «Il punto delicato – spiega Maurizio Mori – è chi decide se si tratta di accanimento, il medico o il paziente? Non esiste una legge che definisca qual è il limite tra la cura e l’abuso della cura, e in questa zona grigia il rischio di non rispettare il paziente è ancora molto alto».
Nessun testo alternativo automatico disponibile.BIOTESTAMENTO. Oppure Dat. Oppure Testamento biologico. Ognuna di queste definizioni ha sfumature diverse ma la sostanza è la stessa, sia che vengano definite testamento, o “Dichiarazioni anticipate di trattamento” come nell’attuale proposta di legge che verrà discussa la prossima settimana alla Camera. Spiega Mori: «In tutti i casi si tratta di una dichiarazione, scritta ora per allora, in cui la persona specifica quali sono le cure a cui vorrà essere sottoposta quando si troverà in una determinata situazione di malattia o disabilità. E soprattutto quando e come le cure dovranno essere interrotte, e quale il limite oltre il quale i sanitari non potranno proseguire con i trattamenti». Sembra semplice, in realtà le posizioni etiche e politiche sul testamento biologico restano nel nostro paese abissalmente lontane.
EUTANASIA. È l’atto con cui il medico causa volontariamente la morte del paziente su richiesta del paziente stesso. La parola viene dal greco e vuol dire “buona morte”. Da non confondersi, assolutamente, con il suicidio assistito. È vietata in Italia e praticamente in tutta Europa tranne che in Belgio e in Olanda, dove è stata ammessa, tra durissime polemiche, anche per i minorenni. In commissione Giustizia giace una legge per la depenalizzazione dell’eutanasia, ma è assai difficile che approdi, né ora né mai, al dibattito parlamentare. Il mondo cattolico parla poi anche di “eutanasia passiva” per definire il rifiuto delle cure da parte del malato, e la sospensione di queste da parte del medico. Ma gran parte dei bioeticisti afferma che questa definizione non esiste, perché il rifiuto delle cure è qualcosa di ben diverso dall’eutanasia.
RIFIUTO DELLE CURE. Nel nostro paese è legittimo e sancito dall’articolo 32 della Costituzione il diritto di rifiutare le cure. In ogni momento il paziente può ottenere la sospensione dei trattamenti medici, in qualunque fase della malattia. I problemi sorgono, naturalmente, in assenza di una legge sul testamento biologico, quando il paziente non è più autonomo e in grado di far valere le sue volontà. Come ad esempio, nel caso di Eluana Englaro, a cui alla fine della lunga battaglia giudiziaria del padre Beppino, furono sospese la nutrizione e l’idratazione artificiale (vuol dire mangiare e bere attraverso un sondino o attraverso la Peg, Sossia un bottone posizionato nella pancia, e nel quale viene immesso il cibo frullato o artificiale). Questo è un punto cruciale, sia per quanto riguarda il testamento biologico sia per la sospensione delle cure. Chiarisce Maurizio Mori: «C’è chi ritiene idratazione e nutrizione terapie mediche, di cui è lecita l’interruzione, e chi invece le definisce sostegni vitali e quindi impossibili da sospendere». La legge sul biotestamento in discussione al Parlamento prevede che si possa ottenere lo stop dell’alimentazione artificiale.
SEDAZIONE PROFONDA. È una pratica della medicina palliativa. Consiste nel somministrare al paziente, su sua richiesta, farmaci che ne annullino progressivamente la coscienza, allo scopo di alleviarne i sintomi fisici e psichici, nelle condizioni di imminenza della morte. È ciò che chiedono spesso i malati terminali, in particolare i malati di Sla quando rifiutano le cure per poter morire senza dolore. Il caso emblematico è quello di Piergiorgio Welby che la ottenne, dopo essersi fatto togliere il respiratore.
SUICIDIO ASSISTITO. Da non confondere mai con l’eutanasia, ed è la strada scelta per morire dal Dj Fabo. In strutture a questo dedicate, il paziente beve autonomamente il cocktail di farmaci che lo porteranno alla morte. È dunque un atto volontario del malato, e per questo non deve essere confuso con l’eutanasia. Vietato in Italia, è invece permesso in Svizzera, e sono ormai centinaia i pazienti in fase terminale che spesso accompagnati dai parenti, e grazie ad associazioni come “Exit”, giungono nello chalet d’oltralpe dove assistiti da medici e infermieri muoiono dolcemente. Per ottenere il suicidio assistito si devono presentare cartelle cliniche che attestino la fase terminale della malattia.”

L'immagine può contenere: sMS
concludo  rispondendo  a  chi  mi dice ed  accusa  che   che sono per una cultura di morte o che solo dio può e darti toglierti la vita , ecc rispondo condividendo :  ciò  che ha scritto  Elisa  Fini      << (...) Per la legge italiana non puoi accompagnare chi sta intraprendendo questo cammino o vieni punito con un conconcorso in omicidio e 12 anni di reclusione. La cosa che trovo assurda e vergognosa è che si debba morire lontano da casa, solo e senza il conforto, senza un ultima carezza sul viso, senza un bacio in fronte. Lontano da chi ti ha amato e continua a farlo. E' ora di prendere seriamente in considerazione il diritto del libero arbitrio quando la propria vita (supportata da documentazioni mediche) non e' piu vita; perche le macchine si sono anteposte al volere di Dio....non il contrario !!!! Qui Dio non c'entra nulla.Qui e ora c'entra solo l'uomo. (...) >> sul  gruppo  fcebook  Eutanasia e Testamento Biologico




25.2.15

la morte dei vecchi



accusatemi pure d'essere un cinico e d'essere pro eutanesia viste , chi legge il mio blog e la mia bacheca dagli esordi o con attenzione a lo sa , posizioni su testamento biologico e fine vita . Ma la penso , anche per esperienza personale ( il ricovero per  frattura  di un braccio  di una mia prozia  di  70\80 anni ) come il post di questo sito http://nottidiguardia.it/.
 
 
Scritta da Goldencharlie su giugno 08, 2009
                        .                  
Pur essendo assolutamente contrario filosoficamente, umanamente ed eticamente alla pena di morte, ci sono altre morti che mi colpiscono e mi addolorano maggiormente.
Penso alla morte delle persone anziane. Come muoiono oggi i vecchi? Muoiono in OSPEDALE. Perché quando la nonna di 92 anni è un po’ pallida ed affaticata deve essere ricoverata. Una volta dentro poi, l’ospedale mette in atto ciecamente tutte le sue armi di tortura umanitaria. Iniziano i prelievi di sangue, le inevitabili fleboclisi, le radiografie.
“Come va la nonna, dottore?”. “E’ molto debole, è anemica!”.
Il giorno dopo della nonna ai nipoti già non gliene frega più niente!
“Come va l’anemia, dottore?”. “Che vi devo dire? Se non scopriamo la causa è difficile dire come potrà evolvere la situazione”.
“Ma voi cosa pensate?”. “Beh, potrebbe essere un’ ulcera o un tumore… dovremmo fare un’ endoscopia”. Io faccio il chirurgo e lavoro da venti anni in ospedale. Mi sono trovato moltissime volte in situazioni di questo tipo. Che senso ha sottoporre una vecchia di 92 anni ad una gastroscopia? Che mi frega sapere se ha l’ulcera o il cancro? Perché deve morire con una diagnosi precisa? Ed inevitabilmente la gastroscopia viene fatta perché i nipoti vogliono poter dire a se stessi e a chiunque chieda notizie, di aver fatto di tutto per la nonna.
Dopo la gastroscopia finalmente sappiamo che la vecchia ha solamente una piccola ulcera duodenale ed i familiari confessano che la settimana prima aveva mangiato fagioli con le cotiche e broccoli fritti, “…sa, è tanto golosa”.
A questo punto ormai l’ ospedale sta facendo la sua opera di devastazione. La vecchia perde il ritmo del giorno e della notte perché non è abituata a dormire in una camera con altre tre persone, non è abituata a vedere attorno a sé facce sempre diverse visto che ogni sei ore cambia il turno degli infermieri, non è abituata ad essere svegliata alle sei del mattino con una puntura sul sedere. Le notti diventano un incubo. La vecchietta che era entrata in ospedale soltanto un po’ pallida ed affaticata, rinvigorita dalle trasfusioni e rincoglionita dall’ambiente, la notte è sveglia come un cocainomane. Parla alla vicina di letto chiamandola col nome della figlia, si rifà il letto dodici volte, chiede di parlare col direttore dell’albergo, chiede un avvocato perché detenuta senza motivo.
All’inizio le compagne di stanza ridono, ma alla terza notte minacciano il medico di guardia “…o le fate qualcosa per calmarla o noi la ammazziamo!”. Comincia quindi la somministrazione dei sedativi e la nonna viene finalmente messa a dormire.
“Come va la nonna, dottore? La vediamo molto giù, dorme sempre”.
Tutto questo continua fino a quando una notte (chissà perché in ospedale i vecchi muoiono quasi sempre di notte) la nonna dorme senza la puntura di Talofen.
“Dottore, la vecchina del 12 non respira più”.
Inizia la scena finale di una triste commedia che si recita tutte le notti in tanti nostri ospedali: un medico spettinato e sbadigliante scrive in cartella la consueta litania “assenza di attività cardiaca e respiratoria spontanea, si constata il decesso”. La cartella clinica viene chiusa, gli esami del sangue però sono ottimi. L’ospedale ha fatto fino in fondo il suo dovere, la paziente è morta con ottimi valori di emocromo, azotemia ed elettroliti.
Cerco spesso di far capire ai familiari di questi poveri vecchi che il ricovero in ospedale non serve e anzi è spesso causa di disagio e dolore per il paziente, che non ha senso voler curare una persona che è solamente arrivata alla fine della vita. Vengo preso per cinico, per un medico che non vuole “curare” una persona solo perché è anziana. “E poi sa dottore, a casa abbiamo due bambini che fanno ancora le elementari non abbiamo piacere che vedano morire la nonna!”.
Ma perché? Perché i bambini possono vedere in tv ammazzamenti, stupri, “carrambe” e non possono vedere morire la nonna? Io penso che la nonna vorrebbe tanto starsene nel lettone di casa sua, senza aghi nelle vene, senza sedativi che le bombardano il cervello, e chiudere gli occhi portando con sé per l’ultimo viaggio una lacrima dei figli, un sorriso dei nipoti e non il fragore di una scorreggia della vicina di letto.
Regaliamo ai nostri vecchi un atto di amore, non cacciamoli di casa quando devono morire.
 
                                 Glodencharlie
  Articolo che fa riflettere… . Dovremmo riappropriarci della morte, ma fa paura e nessuno vuol sentirsi responsabile del non aver concesso qualche giorno in più ai propri cari, anche quando stanno veramente male.
Qui si entra in tema di fine vita, di accanimento diagnostico e terapeutico. E’ necessario un grande coraggio per lasciare la gente morire quando il loro momento è arrivato. E forse anche un grande altruismo..dovremmo pensare un pò meno ai nostri sensi di colpa e un pò di più agli altri.Ed  affrontare la   vita  senza  stupidi tabù  o  sensi di cola inutili  . accettando   che  anche la  vita può  finire da   un momento all'altro  . Ma  soprattutto  come   dice   uno dei  commenti all'articolo  

Carlo scrive:
10 giugno 2009 alle 15:07
Una risata con la figlia, uno strano sospiro e poi qualcuno o qualcosa (o tutte e due, chi lo sa) scrive la parola “fine” su quasi un secolo di vita con un ictus cerebrale fatale. In pochi attimi dobbiamo decidere se chiamare una autoambulanza, fare qualcosa, tentare l’impossibile …. Purtroppo il medico ci consiglia di apettare quella manciata di tempo di una vita che vita non è più. Con tanta paura di sbagliare accettiamo di lasciarla in casa vicino a noi, tre figli che stringendole le mani l’accompagneranno su un letto di parole, ricordi e sentimenti. Nessuno di noi saprà mai cosa lei possa aver provato o sentito; di sicuro, nel silenzio della sua camera, nella intimità del contatto con i figli si è chiusa degnamente e con rispetto una vita. Nulla di questo sarebbe stato possibile in una corsia di un ospedale…
Carlo  
Lo     che  e’difficilissimo essere costretti a scegliere dove un anziano  starà meglio quando lui stesso afferma di “non stare più bene da nessuna parte” e che le cose che vorrebbe fare non potrà mai più farle.
I sensi di colpa sono devastanti perchè non è tanto importante dove  finirà i suoi giorni, me è essere vicino a lui quando accadrà. Questa è una scommessa terribile! Allora non ci resta che difendere a tutti i costi la dignità di queste persone care sono ridotte a esseri deboli, defedati, emaciati in cui la vita non è che un sottile respiro superficiale in condizioni di riposo…
Quindi  credo   che  bisognerebbe riflettere in tal senso non solo per quanto riguarda le persone anziane, ma per noi tutti.
Quando l’intubazione e  l'alimentazione  (  vedi il caso di eluana  englaro , solo per  citare il più noto  )  non serve più, quando le flebo, i cateteri, i farmaci per pisciare, per nutrirsi, per controllare la frequenza cardiaca, per mantenere calmo il cervello…non sortiscono alcun effetto terapeutico. Quando la cura diventa una sorta di prigione da cui non si può scegliere di uscire…
Ci vuole tanto buon senso per cercare di arrivare a delle leggi – sicuramente difficili da redigere   soprattutto     quando   sisottoposti a pressioni     dei  gruppi  di potere  esterni , la  chiesa  o meglio le gerarchie  ecclesiastiche      in questo caso  – in materia. Ci vuole buon senso e coscienza. Così come bisognerebbe che chi presenta i disegni di legge, o chi evita anche solo di mettersi in discussione in nome di credi diversi, avesse a che fare per mesi con un famigliare in camera di rianimazione, totalmente non autosufficiente, che ti chiede, come ultimo atto d’amore da parte di chi lo ha sempre amato e protetto, di potersene andare in pace, senza essere torturato ulteriormente. Mio marito, per fortuna, si è spento da solo dopo due mesi di calvario…ma non potrei nemmeno immaginare come sarebbe stato doverne affrontare lo sguardo dopo mesi ed anni in una simile condizione…  <<  Ora lo piango, e mi manca tantissimo, ed ho il cuore distrutto, e avrei fatto di tutto per salvarlo, se questo avesse significato poterlo riportare a casa…riportare a casa. Ma almeno adesso sto male io, mentre lui non sente più dolore.  >>  (  da  un altro commengto delll'articolo ) . Lo so  che  è difficile   come  dice   

giovanna scrive:

3 agosto 2009 alle 16:04

ho letto solo ora…e sto vivendo la stessa situazione da lei descritta..mio nonno è in terapia intensiva da una settimana,completamente sedato e intubato,dicono per una polmonite e un accumulo di liquidi nei polmoni.
quando lo abbiamo portato in ospedale era in coma e i medici ci hanno detto che l’unica ,piccola possibilità di salvargli la vita fosse l’intubazione! qual è la cosa più giusta da fare in una situazione simile?! rimani pietrificato,devi decidere in un attimo,altrimenti è trp tardi,il destino di una persona a te cara,dalla quale,nonostante l’età e la consapevolezza che qsta è la vita,nn sei mai pronto a distaccartene.
Nn si tratta di accanimento o di nn rassegnazione,si tratta solo di fare tt il possibile,fino all’ultimo,per una persona a te cara e poi in una situazione improvvisa nn sempre,e nn tutti,riescono ad essere lucidi e calcolatori. Chi può stabilire cn certezza,che dopo la rianimazione una persona,per quanto anziana,nn possa riprendersi e vivere un altro mese,un altro anno o solo una settimana?!
per un attimo ci siamo illusi che tt poteva essere passato,mio nonno si era ripreso,ma solo per qualke giorno.ora da una settimana,tt i giorni,alla stessa ora,andiamo in ospedale,attendiamo in silenzio il nostro turno,speriamo in un lieve miglioramento che è destinato a rimanere un’utopia nn appena vediamo l’immagine sul monitor,da 5 giorni sempre la stessa,come un rituale.
Ora, con il senno del poi mi chiedo se all’inizio abbiamo preso la decisione giusta ma qlla decisione ,subito dopo la sua ripresa, ci ha permesso di dirgli, per l’ ultima volta, “ti vogliamo bene” e lui ha annuito.E credetemi per noi è già molto.

giovanna
 
 
Ma   chiediamoci su lui avrebbe deciso  nella sua  situazione ?  avrebbe voluto  l'accanimento  o   avrebbe voluto morire  subito ?    Concludo    con quest'altro comento  che credo descriva  benissimo tale situazione 




sorriso scrive:

20 aprile 2010 alle 15:52

…complesso, troppo, il tema della dignità della morte per cercare di spiegarlo o comprenderlo in poche parole…
Lasciatemi solo dire, senza voler in nessun modo giudicare o entrare in merito a scelte e situazione troppo personali, che forse nel nostro tempo manca la capacità di accettare la morte e l’impotenza che l’uomo e di conseguenza la medicina hanno di fronte ad alcune situazioni… Non credo che si debba sempre “fare qualcosa”, a volte il “fare” più grande è proprio il non fare medicalmente nulla, ma ascoltare, guardare, stare vicino a chi amiamo accompagnandolo alla fine del suo tempo con rispetto, senza “macchinose torture” e inutili sofferenze… Già, per questo ci vuole un gran coraggio, un immenso altruismo e una grande forza..e forse qualcuno che con altrettante qualità, che ci aiuti a sostenerla…
a voi  ogni ulteriore  commento  in merito  







emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...